percefal
Utente Old Style
Introdotti con il Decreto Legislativo nr. 47 del 2000, l'idea è quella di lanciare il secondo pilastro della previdenza in Italia.
Personalmente ritengo i PIP ben strutturati nel loro complesso, discutibili, invece, nel caso in cui non si sia "interessati" al "blocco" intero che la legislazione offre.
In particolare, il decreto prevede la possibilità di dedurre dal proprio reddito il 12% del reddito imponibile lordo, con un limite massimo di € 5.164,57: questo significa che per redditi elevati, con aliquota marginale al 45%, il risparmio fiscale effettivo, a fronte di un investimento di € 5.164,57, è pari a € 2.324,06.
I soldi immessi nel sistema dei PIP vengono investiti in fondi assicurativi: è possibile scegliere, suppongo che questo valga per tutte le società che propongono lo strumento, sia investimenti azionari, sia obbligazionari a capitale protetto, sia investimenti bilanciati.
Ovvio, quindi, che, a parte l'investimento in fondi obbligazionari a capitale protetto (che scoperta... ), non vi è alcuna garanzia di rendimento e/o di salvaguardia del capitale alla scadenza. Tuttavia, essendo un investimento che ha come scadenza l'età pensionabile, attualmente fissata a 65 anni, e quindi di lunga durata, è altrettanto ovvio che, affrontando un investimento a forma, praticamente, di pac con durata ventennale/trentennale, si può affermare che, storicamente, l'investimento è vincente.
Per spingere la diffusione del PIP, inoltre, il decreto legislativo prevede una tassazione delle plusvalenze dell'11% anziché del 12,5%.
Tuttavia, essendo lo strumento nato come soluzione al problema del secondo pilastro, vi è un vincolo fondamentale per cui alla scadenza del contratto, convenzionalmente fissato, lo ricordo, al sessantacinquesimo anno di età, è permesso ritirare al massimo il 50% del capitale, mentre il resto andrà a costituire una rendita vitalizia rivalutabile, eventualmente percepibile in forma certa per 5 o 10 anni, o reversibile su una seconda testa.
Lato negativo in ciò: i coefficienti di conversione del capitale in rendita: con le polizze tradizionali tali coefficienti venivano fissati per contratto sin dall'inizio, con il PIP sono certi fino al 2010 (almeno per RB Vita), e, successivamente, saranno applicati i coefficienti in vigore alla scadenza: in pratica il D. Lgs. ha liberato le Società di Assicurazione dal rischio di allungamento della vita media.
NB: il thread nasce in risposta ad una domanda di mac.
Tuttavia un eventuale dibattito non mi dispiacerebbe.
Il post di mac:
http://www.finanzaonline.com/forum/showthread.php?s=&threadid=272791
Personalmente ritengo i PIP ben strutturati nel loro complesso, discutibili, invece, nel caso in cui non si sia "interessati" al "blocco" intero che la legislazione offre.
In particolare, il decreto prevede la possibilità di dedurre dal proprio reddito il 12% del reddito imponibile lordo, con un limite massimo di € 5.164,57: questo significa che per redditi elevati, con aliquota marginale al 45%, il risparmio fiscale effettivo, a fronte di un investimento di € 5.164,57, è pari a € 2.324,06.
I soldi immessi nel sistema dei PIP vengono investiti in fondi assicurativi: è possibile scegliere, suppongo che questo valga per tutte le società che propongono lo strumento, sia investimenti azionari, sia obbligazionari a capitale protetto, sia investimenti bilanciati.
Ovvio, quindi, che, a parte l'investimento in fondi obbligazionari a capitale protetto (che scoperta... ), non vi è alcuna garanzia di rendimento e/o di salvaguardia del capitale alla scadenza. Tuttavia, essendo un investimento che ha come scadenza l'età pensionabile, attualmente fissata a 65 anni, e quindi di lunga durata, è altrettanto ovvio che, affrontando un investimento a forma, praticamente, di pac con durata ventennale/trentennale, si può affermare che, storicamente, l'investimento è vincente.
Per spingere la diffusione del PIP, inoltre, il decreto legislativo prevede una tassazione delle plusvalenze dell'11% anziché del 12,5%.
Tuttavia, essendo lo strumento nato come soluzione al problema del secondo pilastro, vi è un vincolo fondamentale per cui alla scadenza del contratto, convenzionalmente fissato, lo ricordo, al sessantacinquesimo anno di età, è permesso ritirare al massimo il 50% del capitale, mentre il resto andrà a costituire una rendita vitalizia rivalutabile, eventualmente percepibile in forma certa per 5 o 10 anni, o reversibile su una seconda testa.
Lato negativo in ciò: i coefficienti di conversione del capitale in rendita: con le polizze tradizionali tali coefficienti venivano fissati per contratto sin dall'inizio, con il PIP sono certi fino al 2010 (almeno per RB Vita), e, successivamente, saranno applicati i coefficienti in vigore alla scadenza: in pratica il D. Lgs. ha liberato le Società di Assicurazione dal rischio di allungamento della vita media.
NB: il thread nasce in risposta ad una domanda di mac.
Tuttavia un eventuale dibattito non mi dispiacerebbe.
Il post di mac:
http://www.finanzaonline.com/forum/showthread.php?s=&threadid=272791