Val
Torniamo alla LIRA
A due settimane dalla parziale riapertura del Paese la paventata ecatombe preconizzata da molti stregoni, alias scienziati,
del terzo millennio non si è affatto realizzata.
La costante ritirata del Covid-19, tratteggiato come un nemico invisibile più letale del gas nervino,
dimostra che l’emergenza sanitaria non è più in atto da tempo.
I numeri, con il crollo verticale dei ricoveri, lo segnalano in modo incontrovertibile.
Ora i membri del liberticida Comitato di salute pubblica, che con un semplice atto amministrativo
ci hanno tolto la maggior parte dei diritti civili e imposto la museruola,
tanto inefficace in sostanza quanto indicativa quale simbolo di oppressione,
diranno che è proprio grazie alle loro “straordinarie” misure che si sta rapidamente uscendo dalla crisi sanitaria.
Peccato però, come risulta in modo eclatante dall’esperienza di tanti altri Paesi europei,
che laddove si è deciso di adottare un lockdown assai più blando del nostro,
o dove non c’è stata addirittura alcuna chiusura, l’epidemia ha prodotto molti meno danni che in Italia,
in particolare sul piano fondamentale dell’economia.
Ma noi, che evidentemente abbiamo ben presente nel nostro dna il fiero retaggio dell’antica supremazia romana,
siamo ancora ostinatamente all’inseguimento del nemico che fugge.
Parecchi dei nostri sindaci e governatori sceriffi non mollano la presa contro i criminali
che escono senza mascherina, laddove la loro rigorosa tutela della salute pubblica
li ha convinti a renderla obbligatoria anche all’aperto.
Ciò malgrado l’insensatezza di utilizzarle all’esterno, soprattutto con una temperatura quasi estiva,
e considerando che, come molti esperti spiegano, esse più che proteggere
rischiano di trasformarsi in un pericoloso ricettacolo di altri virus e batteri, in particolare se indossate troppo a lungo.
Nel frattempo, pur con l’aggiunta di qualche elemento di buon senso,
fioccano decreti e protocolli per consentire a ciò che resta del nostro tessuto produttivo di riaprire.
E se già prima della pandemia l’oppressione fiscale e burocratica rendeva quasi impossibile la vita economica
di gran parte delle imprese private di questo disgraziato Paese, l’aggiunta di quella sanitaria si preannuncia per loro ben più letale del coronavirus.
In questo senso il distanziamento tra chi governa e la realtà delle cose appare abissale.
Sarò forse troppo pessimista, ma se tanto mi dà tanto, nutro la sempre più chiara percezione di un sistema fallito,
gestito da una classe dirigente demenziale, che viaggia inesorabile verso il baratro del fallimento,
con tanto di mascherina, guanti e ipocondriaca sanificazione di ogni spazio sociale.
Si chiama riapertura dell’attività economica, ma si legge desertificazione produttiva, ahinoi!
del terzo millennio non si è affatto realizzata.
La costante ritirata del Covid-19, tratteggiato come un nemico invisibile più letale del gas nervino,
dimostra che l’emergenza sanitaria non è più in atto da tempo.
I numeri, con il crollo verticale dei ricoveri, lo segnalano in modo incontrovertibile.
Ora i membri del liberticida Comitato di salute pubblica, che con un semplice atto amministrativo
ci hanno tolto la maggior parte dei diritti civili e imposto la museruola,
tanto inefficace in sostanza quanto indicativa quale simbolo di oppressione,
diranno che è proprio grazie alle loro “straordinarie” misure che si sta rapidamente uscendo dalla crisi sanitaria.
Peccato però, come risulta in modo eclatante dall’esperienza di tanti altri Paesi europei,
che laddove si è deciso di adottare un lockdown assai più blando del nostro,
o dove non c’è stata addirittura alcuna chiusura, l’epidemia ha prodotto molti meno danni che in Italia,
in particolare sul piano fondamentale dell’economia.
Ma noi, che evidentemente abbiamo ben presente nel nostro dna il fiero retaggio dell’antica supremazia romana,
siamo ancora ostinatamente all’inseguimento del nemico che fugge.
Parecchi dei nostri sindaci e governatori sceriffi non mollano la presa contro i criminali
che escono senza mascherina, laddove la loro rigorosa tutela della salute pubblica
li ha convinti a renderla obbligatoria anche all’aperto.
Ciò malgrado l’insensatezza di utilizzarle all’esterno, soprattutto con una temperatura quasi estiva,
e considerando che, come molti esperti spiegano, esse più che proteggere
rischiano di trasformarsi in un pericoloso ricettacolo di altri virus e batteri, in particolare se indossate troppo a lungo.
Nel frattempo, pur con l’aggiunta di qualche elemento di buon senso,
fioccano decreti e protocolli per consentire a ciò che resta del nostro tessuto produttivo di riaprire.
E se già prima della pandemia l’oppressione fiscale e burocratica rendeva quasi impossibile la vita economica
di gran parte delle imprese private di questo disgraziato Paese, l’aggiunta di quella sanitaria si preannuncia per loro ben più letale del coronavirus.
In questo senso il distanziamento tra chi governa e la realtà delle cose appare abissale.
Sarò forse troppo pessimista, ma se tanto mi dà tanto, nutro la sempre più chiara percezione di un sistema fallito,
gestito da una classe dirigente demenziale, che viaggia inesorabile verso il baratro del fallimento,
con tanto di mascherina, guanti e ipocondriaca sanificazione di ogni spazio sociale.
Si chiama riapertura dell’attività economica, ma si legge desertificazione produttiva, ahinoi!