PIU' CHE SANTA PAZIENZA... AVREI BISOGNO DI SANTO DOMINGO

A due settimane dalla parziale riapertura del Paese la paventata ecatombe preconizzata da molti stregoni, alias scienziati,
del terzo millennio non si è affatto realizzata.

La costante ritirata del Covid-19, tratteggiato come un nemico invisibile più letale del gas nervino,
dimostra che l’emergenza sanitaria non è più in atto da tempo.

I numeri, con il crollo verticale dei ricoveri, lo segnalano in modo incontrovertibile.

Ora i membri del liberticida Comitato di salute pubblica, che con un semplice atto amministrativo
ci hanno tolto la maggior parte dei diritti civili e imposto la museruola,
tanto inefficace in sostanza quanto indicativa quale simbolo di oppressione,
diranno che è proprio grazie alle loro “straordinarie” misure che si sta rapidamente uscendo dalla crisi sanitaria.


Peccato però, come risulta in modo eclatante dall’esperienza di tanti altri Paesi europei,
che laddove si è deciso di adottare un lockdown assai più blando del nostro,
o dove non c’è stata addirittura alcuna chiusura, l’epidemia ha prodotto molti meno danni che in Italia,
in particolare sul piano fondamentale dell’economia.

Ma noi, che evidentemente abbiamo ben presente nel nostro dna il fiero retaggio dell’antica supremazia romana,
siamo ancora ostinatamente all’inseguimento del nemico che fugge.

Parecchi dei nostri sindaci e governatori sceriffi non mollano la presa contro i criminali
che escono senza mascherina, laddove la loro rigorosa tutela della salute pubblica
li ha convinti a renderla obbligatoria anche all’aperto
.

Ciò malgrado l’insensatezza di utilizzarle all’esterno, soprattutto con una temperatura quasi estiva,
e considerando che, come molti esperti spiegano, esse più che proteggere
rischiano di trasformarsi in un pericoloso ricettacolo di altri virus e batteri, in particolare se indossate troppo a lungo.

Nel frattempo, pur con l’aggiunta di qualche elemento di buon senso,
fioccano decreti e protocolli per consentire a ciò che resta del nostro tessuto produttivo di riaprire.

E se già prima della pandemia l’oppressione fiscale e burocratica rendeva quasi impossibile la vita economica
di gran parte delle imprese private di questo disgraziato Paese, l’aggiunta di quella sanitaria si preannuncia per loro ben più letale del coronavirus.

In questo senso il distanziamento tra chi governa e la realtà delle cose appare abissale.

Sarò forse troppo pessimista, ma se tanto mi dà tanto, nutro la sempre più chiara percezione di un sistema fallito,
gestito da una classe dirigente demenziale, che viaggia inesorabile verso il baratro del fallimento
,
con tanto di mascherina, guanti e ipocondriaca sanificazione di ogni spazio sociale.

Si chiama riapertura dell’attività economica, ma si legge desertificazione produttiva
, ahinoi!
 
Parole sante che valgono per tutti i prodotti agricoli e per i lattiero-caseari.

"fragole care, perchè la grande distribuzione ci specula alla grande, con l'aiuto proprio della nostra ministra.
Almeno i nostri agricoltori, vedessero una parte di quei soldi, invece a loro danno quasi nulla,
e noi ce li ritroviamo in vendita a prezzi folli."
 
Che cosa sarebbe successo senza il lockdown?

A questa domanda ha risposto il Politecnico federale di Zurigo (ETHZ).

Ecco i calcoli, riportati dal sito Swissinfo.

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“Il lockdown – o quarantena – dei Paesi europei ha prodotto un risultato che siamo stati in grado di quantificare.

Calcoliamo una riduzione dei decessi nell’ordine di cinquanta persone per milione di abitanti”.

Secondo i calcoli del team guidato dal professore Didier Sornette, esperto di rischi presso il Politecnico federale di Zurigo (ETHZ),
il confinamento ha avuto effetti relativamente bassi sulla mortalità della popolazione.

In Italia, secondo questo studio, avremmo avuto circa tremila morti in più.

Per avere un raffronto obiettivo, dovremmo capire quanti morti in più abbiamo invece avuto per le conseguenze del lockdown.

Mancate diagnosi, cure non effettuate su malati gravi, femminicidi, suicidi.

Questo, al momento, non è dato saperlo.


Nell’articolo pubblicato sul sito svizzero, lo scienziato francese demolisce il modello del confinamento:

“Uno strumento brutale, medievale, a cui far capo in ultimo ricorso quando si è disarmati o in uno stato di massima incertezza”.

Inoltre, sapendo che forse la Covid-19 era già presente in Svizzera all’inizio dell’anno,
il confinamento tardivo – sostiene Sornette – avrebbe avuto un effetto molto limitato.


Il professor Sornette è inoltre convinto che il processo sia stato già mal gestito in termini di prevenzione.

Usa inoltre una metafora automobilistica.

“Ci siamo addormentati al volante. Così abbiamo dapprima abbiamo assistito
ad una negazione dell’importanza
di questa pandemia che si stava sviluppando in Cina,
poi a una critica della Cina che confinava in modo eccessivo”.

Per lo scienziato dell’università di Zurigo, “in alcuni Paesi europei (il riferimento è all’Italia?) c’è stato il panico
e molti hanno cominciato ad imitare la Cina, ma meno bene.
Non si sarebbero dovute attuare misure di confinamento così brutali, bensì focalizzarsi sulle zone calde e gli epicentri”.

Una sonora bocciatura per Conte e i suoi “esperti”.
 
La Cina, ed il Partito Comunista Cinese stanno perdendo il loro potere sui paesi in via di sfiluppo e soprattutto sull’Africa.

Gli eventi del COVID-19 ed il comportamento del WHO, pesantemente supportato da Pechino
e con farmaci e test cinesi, spesso fallaci, ha fatto il miracolo di far compattare molti paesi in via di sviluppo sulle posizioni di Washington.

Oggi, alla riunione del OMS, si è formata un’inedita coalizione di ben 110 paesi che sono favorevoli
ad un’inchiesta ufficiale sull’origine del COVID-19 e sulla valutazione dei ritardi nella sua terapia,
cosa che chiaramente andrà a ficcare in naso nei laboratori cinesi.

Nonostante la promessa di un “Vaccino gratis per tutti” che ancora non esiste,
e due milairdi in più destinati agli aiuti all’estero, Pechino non è riuscita a convincere i 54 paesi dell’Unione Africana
a prendere posizione contro questa iniziativa, e quindi la risoluzione presentata da USA, Australia ed altri paesi occidentali
ha ricevuto l’appoggio dei paesi africani, ma anche di Russia, Indonesia , India, Nuova Zelanda, Messico.

Una bella maggioranza che Trump non ha mancato di celebrare:


We are with them! SBS News on Twitter

— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 18, 2020

La risoluzione approvata a larga maggioranza prevede che le ricerche siano svolte da una commissione imparziale,
indipendente e multilaterale che sia in grado di rispondere alla pandemia, ripudiando così che questa commissione potesse essere un “Sabotaggio politico”.

Gli australiani sono stati particolarmente decisi e duri sulla questione, affermando che bisogna andare a fondo
sulla comprensione di quanto è successo, questo per bocca del loro viceminsitro alla sanità Paul Kelly.

Questo mette anche in difficoltà la OMS e la posizione apertamente filocinese della sua dirigenza.

Questo voto, con il taglio dei finanziamenti da parte di Regno Unito ed USA, viene ad essere una lettera di sfratto verso la sua dirigenza.
 
Se Luigi Di Maio ha raggiunto i vertici un motivo ci sarà.

E qui non si tratta di discutere di doti oratorie, comunicative o ideologiche.

Ma di rapporti.

L’ex leader dei Cinque Stelle negli ultimi giorni ha deciso di ritornare sulla scena.

Con l’avvio della Fase 2 ha capito che è tempo di smettere i panni da profilo istituzionale e tornare a guadagnare terreno politico.

Prima mossa: mettere in minoranza l’ala sinistra del movimento, sempre più vicina a Conte e sempre più pappa e ciccia con il Pd.

Ma il problema vero è che Conte vola nei sondaggi e larga parte del Movimento ora vorrebbe lui come leader,
mentre Di Maio è proprio alla leadership che sta di nuovo puntando, ma non direttamente…

In autunno ci saranno i famosi “Stati generali” dei grillini per la nomina del nuovo capo politico.

E lì si scopriranno le carte.

Come scrive L’Espresso, “il ministro, ad ora, ha deciso di non ricandidarsi,
ma sa che chiunque vorrà avere speranze di succedergli, dovrà bussare alla sua porta”.

E qui veniamo al tema dei rapporti di cui si diceva all’inizio.


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Emiliano Fittipaldi, su L’Espresso, ricostruisce la ragnatela:

“Di Maio è un politico scaltro e calcolatore, con una rete di potere di tutto rispetto, che sarà comunque decisivo per il futuro del Movimento.
A due anni dal trionfo dei grillini alle elezioni del 2018, giostrandosi tra due governi, tre ministeri e una vicepresidenza a Palazzo Chigi,
il ragazzo di Pomigliano ha dimostrato che il potere lo sa maneggiare. Nei palazzi ha imparato a muoversi con cinismo e imperio,
e una capacità di lottizzazione seriale che nessuno gli accreditava. Nell’ultimo anno, soprattutto, il ministro si è infatti dedicato anima e corpo
alla costruzione di una galassia relazionale dentro gli apparati statali. Mettendo in piedi, ben oltre il suo storico cerchio magico targato Pomigliano,
un gruppo di burocrati, amministratori delegati, vertici ministeriali e commis di società pubbliche
che non rispondono né al Movimento, né a Beppe Grillo né a Casaleggio. Ma direttamente a lui”.


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Partiamo dai dicasteri.

“Di Maio ne controlla, direttamente o indirettamente, almeno tre.
Alla Farnesina, poco influente ai tempi di Enzo Moavero Milanesi, ha accentrato nelle mani sue e dei suoi centurioni
(tra cui s’annovera il portavoce Augusto Rubei e l’ambasciatore Ettore Sequi, ex feluca a Pechino e oggi capo di gabinetto)
non solo la diplomazia, ma pure la gestione del Commercio estero dell’Ice.
L’istituto che cura il Made in Italy da sempre era ente vigilato dal Mise.
Ma Stefano Patuanelli, messo lì a fare il ministro anche grazie ai rapporti stretti con Di Maio, è stato costretto ad accettare il ratto.
Anche la Simest, società di Cassa depositi e prestiti votata allo sviluppo all’estero delle nostre imprese,
è finita sotto il controllo del Mae a inizio 2020: come presidente Di Maio ha voluto Pasquale Salzano,
ex ambasciatore italiano in Qatar oggi pure a capo degli Affari internazionali in Cdp
(guidata da un manager che a Di Maio deve più di qualcosa, Fabrizio Palermo).
Il numero uno di Ice è invece Carlo Ferro, che fu indicato al ministro direttamente da Assolombarda: il rapporto tra i due è ottimo,
e Luigi spera che possa ora fare anche da “sherpa” con il nuovo leader di Confindustria Carlo Bonomi,
che ha iniziato il mandato accusando Palazzo Chigi di essere “unfit” ad affrontare lo tsunami economico del dopo Covid.
Nell’Ice anche il di-rettore generale Roberto Luongo è considerato vicinissimo a Di Maio:
spostato da Carlo Calenda ad altri incarichi nel 2016, è stato richiamato dal grillino e rimesso sulla sua vecchia poltrona”.

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Al ministero, oltre agli ormai noti Casaleggio Boys Cristiana Belotti e Pietro Dettori,
nell’esercito di Luigi militava fino a qualche giorno fa anche Carmine America:

“L’ex compagno di scuola a Pomigliano d’Arco per 80 mila euro l’anno era ‘consulente per la sicurezza e difesa’.
Adesso è stato promosso (inopinatamente secondo i più) nel cda di Leonardo, il nostro colosso degli armamenti.
A Piazza Monte Grappa il ministro ha piazzato anche la professoressa del Link Campus Paola Giannetakis.
Alla Farnesina Di Maio e Sequi, ovviamente, comandano a braccetto con Elisabetta Belloni.
Il segretario generale della Farnesina, stimata dall’intero arco costituzionale e dal Quirinale,
è il perno di tutta la macchina da quattro anni, e non ha mai rischiato il posto.
Anzi: nelle ultime settimane l’ipotesi accarezzata da Giuseppe Conte di sistemare sulla sua poltrona il fidato consigliere Pietro Benassi
(con spostamento della Belloni ad altro incarico di rilievo, come i servizi di intelligence esterni che finiranno a Gianni Caravelli)
s’è infranta sul niet di Di Maio”.

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E ancora:

“Il grillino ha lasciato allo Sviluppo economico una parte delle sue truppe. Patuanelli è circondato dalla segretaria Assia Montanino,
assunta da Di Maio nel 2018, dal capo della segreteria tecnica Daniel De Vito, dal numero uno dell’ufficio legislativo Enrico Esposito,
ex collega di università di Gigi scoperto dall’Espresso a twittare spazzatura omofoba.
E se il fidato Salvatore Barca, figura centrale del Mise, è rimasto segretario generale con pieni poteri,
l’ex capo di gabinetto del Mise Vito Cozzoli è stato invece spostato in una posizione di peso e prestigio:
oggi è presidente di Sport e Salute, spa in house del ministero dell’Economia.
Anche Girgis “Giorgio” Sorial, dimaiano di ferro al centro di polemiche feroci per la mancanza di un’esperienza adeguata
a gestire le difficili crisi aziendali che planano sui tavoli degli uffici di via Molise, sarà sostituito con un classico promoveatur ut amoveatur:
per lui pare sia pronta una se-dia da presidente della società Traforo del Monte Bianco (gli azionisti di maggioranza sono Autostrade e Anas).
Al ministero del Lavoro i fedelissimi riferibili strettamente a Di Maio, oltre alla stessa ministra Nunzia Catalfo, non sono tantissimi:
tra loro, c’è di sicuro il portavoce Luigi Falco”.

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Ma anche quasi tutti i vertici delle agenzie chiave del settore sono ancora appannaggio della corrente di Gigi.

Lo sospettavate?

Scrive Fittipaldi:

“All’Inps siede il presidente Pasquale Tridico e, nel cda, Rosario De Luca
(Di Maio l’ha conosciuto ai tempi della vicepresidenza della Camera, e fu colpito da alcune sue proposte sul microcredito).
All’Inail siede il vicepresidente Paolo Lazzara, professore che scrisse per Di Maio il decreto per i rider.
Anche il capo dell’Ispettorato nazionale del lavoro, il generale dei carabinieri Leonardo Alestra, è stato chiamato direttamente da Luigi:
il nome gli fu fatto dal comandante Giovanni Nistri, con cui Di Maio mantiene da sempre un ottimo rapporto”.

È tutto?

Macché:

“Negli ultimi mesi ha affondato gli artigli nel deep state chiamando all’Agenzia del Demanio (come direttore) Antonio Agostini,
un funzionario in forze a Palazzo Chigi diventato amico di Luigi anni fa.
Poi è stato il turno di Marcello Minenna al Demanio.
Totalmente “dimaizzata” appare anche l’Anpal, l’Agenzia per le politiche del lavoro.
Qui Luigi ha prima ha chiamato dal Missisipi, come presidente, Mimmo Parisi, poi ha infilato nel cda dell’agenzia pure Giovanni Capizzuto,
il suo ex segretario tecnico del ministero del Lavoro”.

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“La rete di Giggino è gigantesca: voi parlate solo delle nomine più discutibili, dei protegè più implausibili.
Ma lui in pochi mesi ha allungato i tentacoli dappertutto”, ragionano i nemici interni con L’Espresso.
Ma Fittipaldi continua, perché la rete è davvero gigantesca:

“All’Enav Di Maio, senza chiedere il permesso a nessuno, nell’ultimo giro nelle partecipate ha invece piazzato Paolo Simioni,
che fu ad di Atac dietro cooptazione diretta di Luigi. Di seguito ha miracolato alla presidenza dell’Eni Lucia Calvosa.
Ancora, ha incoronato come presidente di Enel Michele Crisostomo, poi Elisabetta Lunati nel cda di Poste”.

Se negli enti pubblici i dimaiani nelle posizioni di vertice sono una ventina, il ministro degli Esteri – per non farsi mancare nulla nella su abbuffata –
ha voluto una trentina di accoliti nelle partecipate.

Quali?

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Lo spiega sempre Fittipaldi:

“Nella cruciale Cassa depositi e prestiti, Di Maio può contare sull’amicizia di Francesco Floro Flores
(imprenditore napoletano che risulta all’Espresso essere gestore dell’Arena Flegrea, dove si svolse “Italia a Cinque Stelle” nel 2019)
e Fabiana Massa, napoletana e professoressa di diritto commerciale.
Il sodale Emanuele Piccinno è finito all’Eni, mentre Marco Bellezza (suo ex consigliere all’innovazione allo Sviluppo economico)
a gennaio è diventato amministratore delegato di Infratel, società in house del Mise che si occupa di banda larga.
Non solo: Bellezza siede anche nel cda di Cdp Venture Capital, a cui fa capo il Fondo nazionale innovazione.
Anche il presidente del fondo, Enrico Resmini, con Di Maio ha un eccellente rapporto.

La lista è sterminata.

Comprende pedine importanti nelle banche, al Monte dei Paschi il nuovo ad Guido Basiannini è stato chiamato da lui e Riccardo Fraccaro.
In Anas: l’ad Massimo Simonini è targato Cinque Stelle, nelle Ferrovie, nell’Ilva di Taranto, pure nel cda di Invitalia
il grillino ha chiamato qualche settimana fa una sodale di ferro: Paola Ciannavei”.

E ora ridite a Di Maio che è uno sprovveduto, un impreparato e che non azzecca i congiuntivi…

Ecco la sua rete, e così si spiega tutto.
 
Arrivano le prime notizie sul Recovery fund,quello su cui si appoggiano le speranze di Conte e , che andrà bene, partirà dal 2021.

Alla fine il “Recovery fund” sarà di 500 miliairdi per tutta l’Unione, cioè, facendo un calcolo sul PIL,
più o meno , al massimo, una settantina per l’Italia, e nel 2021.

Questi sono i “Potenti mezzi” che , alla fine, metterà a disposizione l’Unione,
di quello che abbiamo già fatto, poco più del 10% che da sola la Germania ha messo a disposizione per la propria economia.

Una autentica vergogna che si attenda il 2021 per questo intervento.

Inoltre non c’è nessuna sicurezza che vi sia qualcosa a fondo perduto, anzi, è perfettamente probabile il contrario:
l’art 125 del TFUE impedisce agli stati di garantire per i debiti della commissione che,
quindi dovrà garantire con le proprie entrate, le quali dovranno aumentare.

L’ennesima presa in giro, l’ennesimo fondo completamente inutile, un MES perfino peggiorato
perchè almeno il MEs si basa sulle garanzie, non sugli esborsi degli altri stati.

Invece Conte,si è affidato solo a queste promesse e non fa nulla, letteralmente nulla, per aiutare i cittadini italiani.

Anzi sembra che tutto sia organizzato per non dare loro niente…
 
C’è stato un periodo in cui l’Italia aveva tre monete di carta (1944):

1 – La moneta della Repubblica Sociale Italiana col fascio:




2 – La ( o meglio LE) moneta partigiana:




(in Toscana – e ti pareva – era diventata un “prestito”…)


3 – La moneta d’invasione americana:


La moneta della RSI era firmata da una Banca d’Italia realmente statale
che permise di chiudere il bilancio dello stato in attivo di oltre venti miliardi,
nonostante la guerra, nel 1944 (ministro delle finanze Pellegrini Giampietro).

Il guadagno della creazione monetaria, che è quindi una forma di tassazione, era girato direttamente allo Stato.
(Quando i nazisti tentarono di spendere la loro moneta in Italia, il ministro Pellegrini lo impedì).

La moneta partigiana servì per finanziare la resistenza volta a rovesciare il regime
e da cui nacque poi la Costituzione (un documento che impedisce di rovesciare il regime…).
Il guadagno da creazione monetaria era destinato alla guerra civile.

La moneta americana era emessa allo scopo di facilitare l’acquisto dell’approvvigionamento dell’occupante
per realizzare la “liberazione” del paese, operazione che ebbe successo
con l’occupazione della Banca d’Italia che passò sotto il controllo straniero.

I partigiani non boicottarono l’adozione delle AM-Lire che vennero poi addebitate due volte, sia al popolo americano che a quello italiano.

Al popolo americano vennero addebitate sottraendone proditoriamente l’importo dai fondi già stanziati per il Dipartimento della Guerra
mentre al popolo italiano vennero addebitante trasformandone l’importo in debito pubblico,
un debito che il Tesoro doveva poi restituire alla Banca d’Italia post-occupazione.

E questo dopo che gli USA avevano già goduto dei proventi della creazione monetaria americana,
ad esempio avendo acquistato l’immobile dell’ambasciata americana a Roma con le AM-Lire.

Queste operazioni monetarie non sono state ancora capite da un popolo tenuto all’oscuro del guadagno da creazione monetaria
e tutt’ora la magistratura agisce come se fosse normale che il 99% del denaro sia creato da banche private
(escluse le monetine metalliche che però vengono addebitate allo Stato, per un errore contabile, causando una ulteriore perdita…).

OGGI
Oggi ci troviamo con una moneta cartacea creata da una banca a Francoforte, la BCE, chiamato Euro:


Con una proposta di biglietti di stato a corso legale interno (1):
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E con una iniziativa pilota di biglietti cartacei a valere sugli euro su blockchain, un progetto pilota avviato da aprile 2019:


Nel primo caso degli EURO BCE, il guadagno d’emissione viene dissimulato con il trucco contabile
di considerare l’emissione una passività del SEBC, come se fosse rimborsabile.
La BCE crea inoltre denaro digitale come tutte le banche commerciali private che, anch’esse,
dissimulano il guadagno da creazione esponendo false passività contabili.

Nel secondo caso, si spera, il biglietto viene considerato “Beni patrimoniali fungibili”
e diventa un attivo di tesoreria direttamente utilizzabile dallo Stato, rendendo superflue ulteriori tassazioni.
Verrebbe facilmente raggiunto il pareggio di bilancio a fronte di qualsiasi spesa con creazione,
ma non come fa la BCE che occulta il guadagno, bensì spendendolo per le spese statali.

Nel terzo caso il signoraggio rimane al popolo poiché i biglietti vengono emessi a fronte di liquidità su blockchain
creata come reddito universale e distribuita ab origine al popolo (la comunità che sta partecipando volontariamente al progetto pilota dimostrativo).
Ogni utente si stampa i suoi biglietti sulla base delle sue disponibilità su blockchain.

DOMANI

Lo scenario futuro che sembra più probabile è che le banche centrali
ridenominino la loro moneta digitale come CBDC (Central bank Digital Currency)
soppiantando la moneta creata come deposito dalle banche commerciali,
monopolizzando la creazione e continuando a sottrarre l’esazione del signoraggio agli stati membri della UE.

A questo scopo i banchieri hanno mutato il significato originale della parola signoraggio
pervertendone la definizione originaria, vedasi la nota su Carlo Cipolla.

Pretendono cioè che non sia più la differenza di valore tra i costi di creazione del simbolo monetario ed il suo valore nominale imposto,
ma bensì il risultato degli interessi che ne deriverebbe dall’investimento di questa nuova moneta (il capitale sparisce dall’equazione).

I contanti cartacei verrebbero aboliti ed i cittadini avrebbero conti direttamente in moneta di banca centrale
(un po’ come successe nell’ottocento col monopolio delle banconote che prima erano create da tutte le banche).

Le banche tornerebbero ad essere semplicemente intermediarie, come già oggi la gente crede che sia.

A questa forma di creazione ed emissione imperiale e sovrana di banca centrale,
che favorisce solo i banchieri apolidi e la loro cerchia, si contrappone una concorrenza partigiana che utilizza moneta popolare
su blockchain creata per essere distribuita al popolo (invece che ai banchieri soltanto)
e questo potrebbe favorire la rinascita della sovranità della Repubblica che,
sull’impulso della moneta partigiana, potrebbe riavocare a sé la tassazione con creazione monetaria
emettendo sia biglietti cartacei che moneta digitale di stato.

Oppure una forma mista con la moneta popolare su blockchain.

Al pubblico informato lasciamo considerazioni e commenti.
 
A metà dell’epidemia lombarda che colpì come una clava inaspettata e mortale la regione più popolata e più ricca del Paese
ci fu il Pio Albergo Trivulzio, la casa di ricovero più importante e imponente d’Italia, capiente oltre mille ricoverati.

I decessi furono circa trecento, una percentuale in linea con le altre nel Paese e in Europa.

Subito fa aperto un fascicolo dalla Procura e dal quel dì seguirono giorni e giorni di sfrenati attacchi mediatici
inneggianti al ritorno di “Mani pulite”, si sprecarono le dirette televisive fino alla sera inoltrata
ed era come se le informazioni avessero abrogato il significato stesso della notizia, la sua puntualità, la sua correttezza, il suo intrinseco valore.

Proprio come nei trionfi del circo mediatico-giudiziario, quando la funzione dei media
si schierò nell’opera di esaltazione della voce del leggendario Pm con l’indice puntato contro i colpevoli politici di allora,
e di adesso in una Regione, retta dal governatore della Lega Attilio Fontana, dove, per completare il quadro,
furono attuati dalla Finanza sequestri in diretta televisiva.

La Regione Lombardia col governatore e l’assessore alla sanità Giulio Gallera (Forza Italia)
sono da allora entrati nel mirino di una campagna strumentale e per certi aspetti di odio.

Il Partito Democratico insieme al Movimento 5 Stelle ha promosso una mozione grottesca
con punte di ridicolo dovute alla compagnia con quei rivoluzionari da operetta che, detto per inciso, in Lombardia sono dei pesi piuma.

Da diversi giorni la scritta “Fontana assassino” lungo il Naviglio della Martesana milanese spicca a grandi caratteri colorati .

È ben visibile, dai milanesi finalmente a passeggio e in bici, ed è accompagnata da volantini del gruppo estremista comunista Carc
che incolpa il governatore della Lombardia della morte di 15mila cittadini.

Nella colpevole responsabilità è ovviamente accomunato all’assessore alla Sanità Gallera che, per alcuni,
potrebbe essere il futuro candidato alla carica di sindaco di Milano,
una città dove la sinistra gode di un notevole vantaggio su un’opposizione tuttora fragile.

In questo contesto, sempre il M5s ha chiesto il commissariamento della sanità lombarda
tentando la leva del potere centrale per mettere la mani su una regione e sul suo sistema sanitario
fondato sul modello pubblico-privato, con l’obiettivo di disarticolare e delegittimare la Giunta della Lombardia
con l’imposizione di un commissario esponente di una alta burocrazia legittimato non dal voto popolare ma da scelte del Governo centrale.

Non v’è dubbio che errori siano avvenuti in Regione nella gestione di una vicenda che, con la potenza di una imprevedibile bomba H, l’ha colpita al cuore.

Ma le colpe sono comunque superate dai meriti anche e soprattutto guardando agli interventi e agli errori del governo,
già dall’inizio coi voli diretti con la Cina, con la tardiva scelta delle zone rosse,
per non dire della gestione delle mascherine da parte della Protezione civile che bloccò quelle acquistate dalla Regione
per imporre un unico prezzo popolare dai risultati catastrofici lasciando il Paese privo di dispositivi di protezione.

Come ai tempi in cui il grande Alessandro Manzoni ci raccontò, esemplarmente, l’assalto ai forni di Milano durante la peste.

Del resto un noto istituto del settore ha certificato con un sondaggio che il 53 per cento dei lombardi
definisce buoni o abbastanza buoni i risultati della sanità della regione

Il 13 per cento negativi, come le altre Regioni.

Quando si dice i numeri…
 

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