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(ASCA) - Roma, 14 lug - La Corte di giustizia Ue ha pronunciato una sentenza sfavorevole all'Italia sugli aiuti concessi alle imprese per investimenti in aree colpite da calamita' naturali. Nei fatti, la Corte sposa la posizione della Commissione Ue che, a suo tempo, aveva contestato il criterio di assegnazione degli aiuti che ha favorito imprese che non avevano subito alcun danno dall'evento catastrofico, ma solo in virtu' di essere dislocate nei territori colpiti dalla calamita'. Viene dunque dichiarato in contrasto con le norme comunitarie il decreto legge 282/2002 che prorogava i benefici della legge 382/2001 che prevedeva compensi a favore delle imprese che avevano realizzato investimenti nei comuni colpiti da eventi calamitosi nel 2002. Si tratta delle eruzioni vulcaniche dell'Etna nella provincia di Catania, degli eventi sismici del 31.10.2002 nella provincia di Campobasso e degli eccezionali eventi meteorologici (inondazioni) verificatisi nelle regioni Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Emilia Romagna. La sentenza arriva dopo la pronuncia della Commissione Ue del 2005 che aveva anch'essa dichiarato l'illegalita' degli aiuti. Cosi' la legge 29/2006 interrompeva il regime di aiuti e con il decreto 59/2008 sarebbero dovute scattare le procedure dell'agenzia delle entrate per recuperare le somme di denaro percepite dalle imprese. In realta' non e' successo niente, tanto che la Corte di Giustizia, nella sentenza che condanna l'Italia, ricorda che ''non puo' essere accolta la giustificazione basata sulle difficolta' di quantificare gli importi dovuti. L'obbligo di recupero delle somme e' effettivo e immediato''. Tocca ora alle autorita' italiane quantificare e recuperare le somme non dovute per evitare una multa dalla Ue.