Barbara Spinelli, sempre angosciata di dover meritare il suo cognome, parla, senza sapere, di «Violenza inaudita».
Il Corriere della Sera e il Sole 24 ore titolano in prima pagina. «Dossier contro la Marcegaglia».
Non presunto, come buona regola del giornalismo avrebbe dovuto far dire. Dossier vero e proprio.
Eppure come dirà al processo il portavoce della Marcegaglia, la parola dossier non era stata mai pronunciata dal sottoscritto
ed era una «libera interpretazione» proprio di Rinaldo Arpisella. All'epoca non si poteva sapere?
Eppure i giornali il giorno stesso del fattaccio disponevano di tutte le mie intercettazioni telefoniche per di più in audio.
Neanche dovevano fare la fatica di leggere: erano presenti sul sito del Fatto quotidiano.
Chissà da dove sono arrivate?
Per l'Eco di Bergamo e tanti altri giornali fotocopia il titolo era: «Dossieraggio contro la Marcegaglia. Blitz al giornale».
Repubblica e Roberto Mania colgono la palla al balzo e virgolettano la presunta vittima:
«Le cose sono andate così, è stato davvero sgradevole, pago le critiche al governo».
Mario Orfeo, si scatena sul suo telegiornale e accosta il caso Marcegaglia al caso Boffo.
È lo stesso Orfeo che ha ordinato a Uno mattina di non intervistare mai il sottoscritto e ha censurato una mia intervista a Tv Sette.
Me ne sono fatto una ragione, e con il tempo ho capito che andare allo stadio nel posto giusto e selezionare gli ospiti in tv rende.
La Marcegaglia ottiene solidarietà addirittura dal presidente della Repubblica Napolitano che fa una nota ufficiale,
dai tre segretari dei sindacati, da Bersani, Enrico Letta, Giorgio Squinzi, Moratti,
Emilio Riva (che nonostante ciò ho difeso per quello che poi gli succederà) Sergio Marchionne, i Garrone e tanti altri.
Tra le poche eccezioni ci fu quella di Luca Cordero di Montezemolo e Diego Della Valle, che conoscevano bene il giro Marcegaglia e i loro vittimismi.
All'epoca non era facile disubbidire e li ringrazio.