Erano finiti all'ospedale in sei: la mamma, quattro minori e il compagno di lei, dopo una colluttazione con un extracomunitario ospite dell'edificio in cui vivono.
Ora Chiara Bosi, livornese, madre di tre figli, sarebbe stata minacciata dagli assistenti sociali che la seguono:
vogliono cacciarla dalla struttura che la ospita, «Il Melo», una casa famiglia per nuclei composti da mamme e minori e oggi quasi del tutto abitata da migranti.
Queste sono i fatti che mi fanno davvero incazzare.......e noi paghiamo l'alloggio ai clandestini ...in hotel a 3 stelle
Una residenza circondata da un giardino, annessa all'asilo nido «Piccolo principe», lo stesso frequentato dalla figlia del primo cittadino.
A Chiara Bosi il Comune ha proposto una soluzione abitativa diversa, vista l'incompatibilità con gli extracomunitari che convivono con lei e i suoi figli.
Alla donna è stato chiesto di trasferirsi in una zona piuttosto centrale di Livorno, dove però andrebbe ad abitare in poco meno di 12 metri quadri.
Una stanzetta con bagno in cui lei e i tre figli, di cui uno di pochi mesi, dovrebbero vivere ammassati.
«Ma qui spiega Chiara non c'entrano neanche due letti, figuriamoci quattro e la cucina. Peraltro non è una stanza ammobiliata».
Chiara ha rifiutato, per cui dovrà andare via anche dal Melo.
All'interno dello stesso «centro per donne», come lo ha definito l'assessore al sociale del Comune di Livorno, Ina Dhimgjini, abitano altre tre famiglie:
Giada Lonzi, 38 anni, una mamma col figlio di 10 anni, che da due anni sopravvivono in 10 metri quadri, cucinano con un fornellino a gas e lavano i piatti nel lavandino del bagno,
un'altra mamma straniera, con una bambina, sempre in nove metri quadri
e Stella Nwabueze, extracomunitaria che dorme in una stanza con i tre figli e un solo letto matrimoniale.
I piatti li tengono in un mobile posto nel cortile esterno, perché in casa non c'entrano.
Alle pareti muffa, sul soffitto una lampadina che penzola, coi fili scoperti e poi umidità ovunque.
E per tutto questo pagano circa 70 euro di utenze ogni bimestre. Una «soluzione» non certo adatta a dei bambini.