Ratatouille

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leo longanesi

Il Vade-mecum del perfetto fascista, che Longanesi pubblica nel 1926 con straordinario successo, è un compendio del suo stile "frondista": il famoso motto «Mussolini ha sempre ragione», da lui coniato[5] e presente nel Vade-mecum, si presta con voluta ambiguità sia all'esaltazione sia alla satira. Questa sottile duplicità permette a Longanesi da un lato di collaborare con la rivista Cinema di Vittorio Mussolini; dall'altro di satireggiare su «ogni campagna del regime: così per la battaglia del grano [1925], come per la bonifica culturale, per la mitizzazione dell'Antica Roma, come per le mire imperiali della guerra d'Africa»[2]. La fronda per Longanesi è una questione estetica: «I regimi totalitari non consentono la battuta di spirito ma essi hanno il merito, involontario, di suscitarla. Nelle grandi pause liberali, lo spirito, il gusto del comico, l’ironia languono. La satira è tanto più efficace quanto più è rivolta contro regimi intolleranti»[2]; ma è anche una questione antropologica: «Fanfare, bandiere, parate. Uno stupido è uno stupido, due stupidi sono due stupidi, ma diecimila stupidi sono una forza storica»[2]; una questione editoriale: «Il Fascismo non ha tolto la libertà di stampa ma ha introdotto la responsabilità di stampa; e i giornali d’oggi sono monotoni, uguali, zelanti, cortigiani, leccapiatti appunto perché nessuno ha il coraggio d’assumere questa responsabilità, a costo di perdere onori e cariche. Non è dunque la libertà di stampa che fa difetto, ma è la stampa, che per vivere in pace, si taglia la testa e la mette nel sacco dei luoghi comuni»[2]; e una questione politica, perché il fascismo ha deluso le sue aspettative strapaesane: «Gerarchi: la grande attività di chi non ha nulla di serio a cui pensare»[2].



Il Borghese, sempre fortemente critico del conformismo imperante, si attira nemici sia a destra che a sinistra. Il governo è in prima fila nel fare pressioni per la chiusura
 
Ultima modifica:
Il 1940 è anche l'anno in cui l'Italia entra nella seconda guerra mondiale.

Bastano due anni a Longanesi per capire come andrà a finire:

«Si ha molta fiducia nella nostra incapacità; e dicono "La nostra cara patria, la nostra Italia" con una commozione turistica, familiare e ipocrita che non lascia più speranza»



attualissimo imho :rolleyes:
 
Non capisce, ma non capisce con grande autorità e competenza. (7 maggio 1939)
Bisogna trovare un fratello al Milite Ignoto. (26 luglio 1938)
Ci si conserva onesti il tempo necessario che basta per poter accusare gli avversari e prendergli il posto.
Cielo chiaro, sole splendente; se non piove, siamo tutti ottimisti. (Roma, 17 gennaio 1943)
È meglio assumere un sottosegretario che una responsabilità. (Roma, 4 novembre 1944)
Fanfare, bandiere, parate. Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica. (15 dicembre 1938)
La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia. (Roma, 26 novembre 1945)
Le apparenze hanno per me uno straordinario valore e giudico tutto dall'abito... ho il coraggio di essere superficiale.
Non c'è posto per la fantasia, ch'è la figlia diletta della libertà. (Napoli, 9 dicembre 1943)
Non bisogna appoggiarsi troppo ai princìpi, perché poi si piegano.
Non sono le idee che mi spaventano, ma le facce che rappresentano queste idee. (Roma, 9 ottobre 1944)
Soltanto sotto una dittatura riesco a credere nella democrazia. (Roma, 19 agosto 1944)
Sono un carciofino sott'odio. (11 dicembre 1938)[2]
Sono un conservatore in un Paese in cui non c'è niente da conservare.
Tutte le rivoluzioni cominciano per strada e finiscono a tavola. (27 maggio 1940)
Un'idea imprecisa ha sempre un avvenire.
Vissero infelici perché costava meno. (15 marzo 1938)
Veterani si nasce. (15 novembre 1938)
[Leo Longanesi, Parliamo dell'elefante, Longanesi]








Al funerale di Longanesi ci si ritrovò in una decina di persone, non di più. Non ci furono cerimonie né discorsi. Solo la piccola Virginia, che avrà avuto quattordici anni, mentre la bara di suo padre calava nella tomba, mormorò: «E dire che gli orfani mi sono sempre stati così antipatici...» Una frase che sarebbe piaciuta moltissimo a Leo. (Indro Montanelli)
 
Sperare che il mondo ti tratti bene perché sei una brava personaè come pensare che un toro non ti attaccherà solo perché sei vegetariano.

(Dennis Wholey)

 
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The rear gunner, and his job is arguably the most dangerous, and certainly the coldest, the most lonely and isolated, of any Lancaster crewman. His parachute was Stowed outside the armoured doors that shut him in a cold cramped position until the end of the mission, his only human contact was that of the disembodied voices of other crew members over the intercom. He was here for how many hours the mission took. The call to bale out was 'Abracadabra Jump, Jump! Abracadabra Jump, Jump!'. It sounded silly, but it had one advantage. It couldn't have possibly been misunderstood. Nevertheless, it was often not used, and the order was given in plain language. On hearing the command to bale out, the rear gunner opened his armoured doors at the rear of his turret, reached back for his parachute and cliped it onto his chest harness. He swiveled his turret right round until the open doors were facing outwards, then did a backward roll out into the night sky above a hostile country. This was of course presupposing that his parachute had not been burnt or shot to pieces, that he was still able to turn his turret to the escape position, and that the centrifugal forces exerted by his out-of-control bomber would have allowed him to make these necessary moves.

The rear gunner's turret. As well as trying to shoot down enemy aircraft, the rear gunner was a vital lookout, alerting the pilot to fighters approaching from the rear. The turret was highly exposed and many aircraft returned to base with them sheared off.

The_rear_gunners_turret.jpg
 

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