News, Dati, Eventi finanziari sara' vero................

la banca crucca ha migliorato i conti :lol2:


Forse è estremamente ironico che l'ultima volta che abbiamo fatto un'analisi
approfondita della situazione finanziaria di Deutsche Bank è stato proprio un
anno fa, quando la più grande banca in Europa (e secondo alcuni, il mondo),
storditi suoi investitori con un patrimonio netto del 10% diluizione . Perché
la capitale sollevare se tutto fosse come peachy come la BCE aveva promesso era
stato? Si è scoperto, niente era peachy, e infatti DB procederà a subire una
massiccia campagna di deleveraging bilancio per il prossimo anno, in cui si
sarebbe tranquillamente disporre di tutte le cose brutte sul suo bilancio
durante l'implacabile Fed e BOJ di ispirazione "dash per trash" raduno in modo
da non spaventare gli investitori di tutto il resto che può essere sotto la
Deutsche copre.

Notiamo questo perché istanti fa, Deutsche Bank ha fatto di nuovo la stessa
quando ha annunciato che avrebbe emesso ancora un altro miliardo di € 1,5 nel
Tier 1 capital.

L'emissione sarà il terzo passo di una serie coordinata di misure, ha
annunciato il 29 aprile 2013, per rafforzare ulteriormente la struttura
patrimoniale della Banca e segue un aumento di 3 miliardi di euro di capitale
proprio nel mese di aprile 2013 e l'emissione di 1,5 miliardi di dollari CRD4
compliant Tier 2 titoli maggio 2013. transazione annunciata oggi è il primo
passo verso il raggiungimento del volume globale mirato di circa 5 miliardi di
euro di CRD4 conforme Tier 1 aggiuntivo di capitale che la banca prevede di
rilasciare entro la fine del 2015
Ok, quindi a posteriori nulla è peachy a Francoforte, e per tutte le continue
bugie su come migliorare le sofferenze e l'aumento dei flussi di cassa, le
banche - in particolare quelle che nemmeno la BCE può salvataggio quando arriva
il momento critico - Deutsche è così male come è stato un anno fa.

Così, proprio come l'anno scorso quando abbiamo deciso di dare un'occhiata
all'interno finanziari della società per capire perché DB è stato rimescolando
per diluire gli azionisti e sollevare qualche misero miliardi in contanti, così
anche quest'anno, abbiamo avuto il piacere della lettura delle megabank della
European relazione annuale .

Quello che abbiamo trovato, mentre non sorprende per chi ha letto post di un
anno fa, " A $ 72,8 trilioni, presentando la Banca con la più grande
esposizione Derivative Nel Mondo (Suggerimento: non JPMorgan) ", è altrettanto
stridente.

Perché mentre la più grande banca americana per asset, e certamente ego del
suo CEO, che sarebbe JPMorgan, naturalmente, ha avuto un enorme 70.400 miliardi
dollari di nozionale totale degli allevamenti derivati ​​(attraverso futures,
opzioni, forward, swap, CDS, FX, e così via ), Deutsche Bank, ancora una volta
messo bene nella polvere.

Il numero in questione? € 54.652.083.000.000 che, convertiti in dollari al
tasso di cambio corrente, ammonta a $ 75.718.274.913.180. Qual è oltre 5.000
miliardi dollari più di aziende totali derivati ​​di JPM.





Allegato:



DB Total Derivative Exposure Dec 31 2013_0.jpg
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Come abbiamo spiegato lo scorso anno, la buona notizia per i ragionieri e gli
azionisti di Deutsche Bank, e spinmasters della Germania, è che attraverso la
magia di compensazione, questo numero crolla a € 504.600.000.000 esposizione a
valore di mercato positivo (attività), e € 483.400.000.000 in esposizione
valore di mercato negativo (passività), che sono entrambi il singolo più grande
voce di attività e passività in € 1600000000000 bilancio mente del società che
(e giù da € 2000000000000 un anno fa: un deleveraging del 20% che secondo DB "
è stato prevalentemente guidato da derivati ​​su tassi di interesse e gli
spostamenti in dollari, euro e sterlina curve dei rendimenti in sterline
durante l'anno, i movimenti dei tassi di cambio, nonché la ristrutturazione
commercio per ridurre mark-to-market, una migliore compensazione e aumento di
compensazione "), e poi crolla ancora di più in un numero "piccolo pacchetto
ordinato" di soli 21,2 € in titak derivati ​​"attività".

E come abbiamo ulteriormente spiegato sia l'anno scorso e ogni altra volta
abbiamo il dispiacere di dover spiegare la realtà del lordo vs netto , questo
espediente contabile funziona in teoria, ma in pratica la teoria cade a pezzi
il secondo vi è discontinuità nella catena di garanzia come abbiamo dimostrato
più volte in passato (e sicuramente quando condotti finanziamento ombra
congelare), e non solo il numero 21200000000 € prontamente cessare di
rappresentare qualcosa di reale, ma l'esposizione derivata compensate anche
promptlier diventato il numero lordo, da qualche parte a nord di 75.000
miliardi dollari.

La conclusione di questa storia non è cambiata un po 'rispetto allo scorso
anno: tale esposizione derivata epica è la ragione principale per cui la
Germania, teatralmente scalciando e urlando per gli ultimi cinque anni, ha
fatto tutto quanto in suo potere, anche "cedere" alla BCE, per assicurarsi che
non vi è alcun domino simile crollo delle banche europee, che avrebbe
certamente precipitare proprio il tipo di rottura della catena garanzie e al
netto-lordo conversione che è ciò che provoca Anshu Jain, e ogni altro
amministratore delegato della banca, di svegliarsi inzuppato di sudore ogni
notte.

Infine, solo per mantenere tutto in prospettiva, sotto è un grafico che mostra
il PIL di Germania e Europa rispetto all'esposizione complessiva derivati ​​
della Deutsche Bank. Se non altro, si dovrebbe chiarire, una volta per tutte,
solo chi è veramente chiamando i colpi reciprocamente Assured Destruction in
Europa.




Allegato:



DB Derivs in context_0.jpg
DB Derivs in context_0.jpg [ 20.51 KiB | Osservato 27 volte ]






Come sempre, non c'è nulla di cui preoccuparsi: questa 55 € tr ilioni di
esposizione agli strumenti derivati, dovrebbe andare tutto molto, molto male è
sostenuta dalla più equa € ​​522 b ilioni in depositi, o poco più di 100 volte
meno.
zero hedge
 
Pillole di macroeconomia for dummies, ovvero, come distruggere la propaganda
eurista in 8 punti



1) Il debito pubblico italiano nasce (e poi cresce e pasce) dal 1981, anno del
divorzio tra min. del Tesoro e Bankitalia voluto da andreatta e accettato da c.
a. ciampi, con la supervisione di spadolini e la firma d’avallo di pertini
sandro, l’allora presidente della Repubblica. All’epoca il rapporto debito/PIL
era pari al 58%. Da quel giorno è cresciuto al ritmo del 5,35% annuo, sino ad
arrivare al 135% attuale. Da quel giorno l’Italia ha pagato in soli INTERESSI
3000 miliardi di euro attualizzati, ovvero, 91 miliardi l’anno. Un interesse
costante del 5% ogni 14 anni raddoppia il proprio montante. L’economia italiana
avrebbe dovuto crescere del 5.5% l’anno SOLO per impattare gli interessi. Per
chi non lo sapesse: prima del divorzio, il min. del Tesoro e la Banca d’Italia
concordavano il tasso di INTERESSE con cui vendere i titoli di stato: essi
erano SEMPRE inferiori alla INFLAZIONE reale. Se le aste andavano parzialmente
(o del tutto) deserte la BdI comprava tutto il pacchetto e, inoltre,
accreditava gli interessi stessi al Tesoro. In pratica, la creazione di moneta
avveniva PRIVA del peccato originale: il DEBITO usuraio.

2) Oggi l’Italia ha rating Standard&Poors di BBB, ad un passo da “junk”
(spazzatura), nel 1998 il nostro rating era AA. Il Giappone ha rating S&P AAA,
nonostante il rapporto Debito/PIL è al 235%, i loro titoli decennali pagano lo
0,70% di interessi. Lo Yen si è svalutato del 30% negli ultimi 6 mesi e sono
alla ricerca disperata di una INFLAZIONE maggiore del 2%. Giorno 15/01/2014, il
Giappone ha emesso un bond (i nostri BTP) a 30 anni con rendimento lordo del
1,655%. Alcuni mesi fa, gli stessi BTP a 30 anni emessi dall’Italia hanno
“elargito” un rendimento del 4,9%. La differenza abissale di rendimento fa
capire UNIVOCAMENTE circa il rischio che si assume chi acquista i nostri BTP.
In 30 anni la differenza diventa del 97,35% in più rispetto ai bond giapponesi.
Un decurtamento del 30% che accuserebbero gli investitori stranieri derivante
da un ritorno alla Lira, sarebbe comunque AMPIAMENTE ripagato dalla differenza
di rendimento, non solo verso i titoli giapponesi ma anche verso i bond USA,
tedeschi, francesi, inglesi, australiani, canadesi, norvegesi, svizzeri e di
TUTTI quei Paesi che godono almeno di rating A+. Chi si preoccupa di questo o è
stolto o è in malafede. Se facessimo un paragone con una scommessa calcistica
in un match Barcellona VS Atalanta, avremmo: la vittoria del Barcellona a 1,10
il pareggio a 5 e la sconfitta a 50 … quale evento immaginate si possa
verificare più facilmente e a rigor di logica? Giocando ognuno si assume i
propri RISCHI.

3) La Corea del sud, nel 1997 svalutò la propria moneta del 120%: in meno di 2
mesi il WON coreano passò da 800 a 1800 per ogni singolo dollaro USA. Dal 2000
ad oggi il Won coreano ha perso il 60% del suo valore. E loro che fanno?
Crescono al ritmo del 3/5% l’anno. Sono i TERZI esportatori netti al mondo. L’
inflazione coreana è stabilmente intorno al 3% da moltissimi anni. Sembra che i
loro politici abbiano preso a modello l’Italia del boom economico, quella
stessa Italia che nel 1992 svalutò la Lira del 30% e che nel 1993 ebbe
inflazione calante dell’1% (da 5,5% a 4,5%): se la gente non guadagna non
spende e l’inflazione scende, a prescindere da quanto tu svaluti la moneta.

4) Lex-monetae. E’ quella legge grazie alla quale TUTTI i debiti che NON sono
espressi sotto giurisdizione anglosassone possono essere tramutati in una nuova
moneta. Ad esempio, se quando avevamo la Lira avessimo voluto un’altra valuta
per eliminare gli zeri in eccesso, e l’avessimo chiamata “sesterzo”, TUTTO il
debito (sia nazionale che estero) sarebbe stato ridenominato in “sesterzi” per
DECRETO-LEGGE. A tutt’oggi, i possessori ESTERI di debito pubblico italiano
detengono il 32% del totale, ovvero € 670 miliardi ca. il debito TOTALE
(privato e pubblico) denominato sotto legislazione inglese (devi ripagarlo
nella stessa valuta che ti è stata prestata) ammonta al 10/12% del totale
aggregato, pari a $300/350 miliardi ca. anche i mutui verranno riconvertiti,
alle stesse condizioni, in nuova valuta. A meno che non siate stati così
avventati ad averlo sottoscritto in sterline o dollari. TUTTO il debito sarà
ripagato in nuove Lire (tranne quello assunto sotto giurisdizione inglese che
sarà regolato come accordi e come legge vuole), senza dare DEFAULT (significa
fallimento), neanche parziale. Gli investitori esteri non potranno fare altro
che adeguarsi poiché il rischio che si sono assunti al momento della stipula
era OTTIMAMENTE ripagato dai LAUTISSIMI INTERESSI.

5) Le materie prime, l’energia e il petrolio che l’Italia è costretta a
comprare all’estero sono da sempre ripagati con le valute forti (dollari,
marco, franchi, yen, sterline ecc.) provenienti dal nostro export e dal
turismo. Dal giugno 2012 al giugno 2013 la bilancia commerciale italiana ha
avuto un SURPLUS (differenza positiva tra export-import) di circa 30 miliardi
di dollari. L’Italia risulta essere il QUINTO esportatore netto al mondo, dopo
Cina, Germania, Corea del sud e Giappone. (Il Brasile, sesto, è a + 10 miliardi
di surplus, ben lontano da noi). E’ doveroso capire come una Nazione importa da
un’altra e come la paga. La camera di commercio con l’estero è nata all’uopo.
Non tutti sanno che una Nazione per comperare merce dall’estero deve prima
acquistare la moneta di quello Stato in cui quel tale prodotto viene
realizzato. Se vuoi comprare una Toyota nuova, ti rechi presso il
concessionario, ti scegli il modello, il colore ecc, lo paghi (non importa
come) e ti porti via l’auto. Pensi che sia finita qui? NOSSIGNORE, da qui
comincia, e questo esempio vale per ogni singolo prodotto che
importiamo/esportiamo. Lo Stato italiano, tramite la camera di commercio estera
compera gli Yen necessari per pagare l’auto da me acquistata e pagata, in euro
oggi e in Lire sino a prima della moneta unica europea. Lo stesso fanno i
giapponesi quando acquistano una Ferrari o un abito di Armani o un etto di
parmigiano. Questo è ciò che accade miliardi di volte al giorno per le
transazioni estere. Tanto più vendi prodotti all’estero e/o attrai turisti
stranieri in Patria e tanto più sarà richiesta la tua moneta: il valore della
tua valuta sale. Prima legge dell’economia: molta richiesta fa alzare il prezzo
del prodotto. Che esso sia un’auto, un abito, un etto di parmigiano … o moneta.
Altro esempio: come sappiamo le merci più richieste al mondo, tra cui spicca il
petrolio, vengono contrattate in dollari USA. Per una fornitura di petrolio dal
Qatar, lo Stato italiano prima deve acquistare dollari USA e poi pagherà il
giusto prezzo al Qatar. Il Qatar aumenterà le sue scorte di dollari USA per il
controvalore incamerato dalla vendita di quel petrolio e userà quei dollari per
comperare ad es. frumento dall’Ucraina o carbone dalla Cina; se i dollari non
dovessero bastare sarà costretto anche il Qatar a comperare dollari. (questo è
il vero potere degli USA). E’ abbastanza chiaro il concetto? Un SURPLUS di
bilancia commerciale è SEMPRE in valuta pregiata. Il prezzo di un litro di
super, all’industria, costa 55 centesimi, il resto per arrivare a 1,7 euro sono
TASSE che un quasi-Stato che non può più EMETTERE moneta è COSTRETTO ad
AUMENTARE COSTANTEMENTE. Uno Stato che NON può emettere moneta NON può fare
politica monetaria, ergo NON può fare politica economica, ergo Non può fare
politica industriale, ergo NON può fare politica del lavoro. Uno Stato che NON
bette più moneta può ESCLUSIVAMENTE TAGLIARE le SPESE.

6) L’Italia, non avendo materie prime, dai tempi di Marco Polo, Le importa, le
trasforma in loco e poi le rivende a 20 volte tanto, lasciando gran parte dei
margini nella filiera italiana (in salari, tasse, dividenti ecc). Questo lo si
faceva molto meglio con una valuta debole piuttosto che con una forte (Giappone
e Corea del sud sono lì a farcelo capire l’ennesima volta). L’interesse franco-
tedesco di realizzare la moneta unica e di costringere l’Italia a farne parte
scaturiva dalla paura di avere un concorrente così temibile, padrone della
propria politica monetaria che veniva usata per il bene della collettività. L’
Italia, nel 1985 era la QUINTA economia del mondo, ora fatichiamo enormemente a
rimanere nei primi 10 posti. Nonostante la bil commerciale continua ad essere
ampiamente positiva. Ovvero, oggi in euro, come domani in Lire, continueremmo a
pagare le bollette energetiche con la valuta pregiata derivante dalla bilancia
commerciale: della moneta forte NON ce ne può fregare di meno. Anzi, più
svaluti la moneta nazionale e più aumenterà l’export (legge di Marshall-Lerner:
ad ogni punto % di svalutazione monetaria corrisponde un incremento dell’export
pari a +1,7%) e più attirerai turisti con valuta pregiata, invogliati a
visitare l’unicità italiana, e/o a comperare prodotti italiani, con sconti come
ci fossero i saldi tutto l’anno. Nello stesso tempo, ragionando all’inverso,
minori saranno le tue importazioni di prodotti realizzati dove il tuo cambio è
penalizzato.

7) A quali italiani fa comodo l’euro? Alle multinazionali, alla grande
industria, che approfitta della deregulation per abbassare i salari e le
pretese sindacali dei dipendenti, alle industrie che hanno delocalizzato, al
sistema bancario e a tutti coloro che spaventa il rischio-cambio. Compreso gli
idioti che vogliono fare viaggi a eurodisney senza dover cambiare moneta.

8) Negli ultimi 35 anni siamo stati governati da una banda di criminali che ha
pensato alle proprie carriere ed interessi privati. Siamo stati traditi!
Traditi e svenduti al nemico. 9) Se ho dimenticato qualcosa di importante
aggiungete pure. Rimanendo in UE ed euro, anche se in un sol COLPO avessimo la
MIGLIORE classe politica di sempre, in 10 anni avremo il DESERTO INDUSTRIALE e
sociale. La Grecia è lì a ricordarcelo.

Roberto Nardella
________________
 
Effettivamente qualcosa c'è che ti sei dimenticato : nel 1992 - 1993 le poste davano i buoni fruttiferi o qualcosa del genere di investimenti che permetteva il triplicare l'importo in 7 anni , con un miliardo di lire ne avevi 3 .. in 2556 giorni .. a voi i calcoli percentuali annuali ; appare evidente che hanno venduto l'italia in quegli anni e continuano imperterriti a farlo ora che stanno nei posti chiave .
Un errore grossolano vi è . Se gli interessi ora sui btp stanno al 3 % ora non dipende dal rischio paese come non dipendeva quando lo spread era a 700 e passa e la percentuale stava al 7% . I pagliacci degli spread , ci crediate o meno , hanno tirato l'asticella fino quasi al limite massimo della detonazione numerica , ripiegando prontamente al tal livello .. Dipende tutto da quanto un paese , il suo popolo fondamentalmente , è in grado di pagare di tasse stando zitto ed accettando il dictat ladronesco , del qual sviluppo economico di cotal produzione interna che favorisce sia il mercato interno sia l'export dipendono i valori degli interessi dei buoni del tesoro .. ; se c'è decifit , se le persone non pagano le tasse , se le aziende chiudono mica possono pagare il 3 o il 7 % di interessi [ usura ] annui .. per far saltare un paese con lo spread numerico ci vuole molto meno di quello che tu credi o sai , mototopo ! Chiamasi questa l'era dell'imbroglio globale ..
 
Ultima modifica:
sono solo pillole, ovvio che si stava meglio con la lira e con la banca d italia che finanziava gli scoperti di tesoreria ecc ecc ecc, nn faccio un trattato ,se no romperei le palle gia piu' di quanto faccio ora........con stima:D
 
<LI class="cat-item cat-item-1">Recensioni <LI class="cat-item cat-item-583">segnalazioni Pritchard: così l’euro-sinistra ha svenduto i popoli all’élite


Scritto il 25/5/14 • nella Categoria: idee


«Per un terribile rovescio del destino, la politica della sinistra europea sostiene la politica economica più reazionaria: i grandi partiti socialisti europei del dopoguerra sono rimasti intrappolati nella dinamica corrosiva dell’unione monetaria, apologeti della disoccupazione di massa e di un regime deflazionistico stile anni ‘30 che, sottilmente, favorisce gli interessi delle élite». In poche righe, Ambrose Evans-Pritchard fotografa la tragedia europea: i partiti che “inventarono” il sistema di welfare migliore del mondo sono oggi i migliori interpreti del rigore escogitato per demolire proprio quel welfare, il frutto migliore che la sinistra europea sia stata capace di creare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino a cancellare la stessa idea di Europa come patria comune, traguardo civile di convivenza. E’ stato il centrosinistra europeo a far ingoiare l’amara medicina dell’oligarchia finanziaria, abusando della fiducia storicamente ottenuta dalle fasce popolari e dall’elettorato progressista.
«Uno dopo l’altro, la stanno pagando tutti», scrive Pritchard sul “Telegraph”, in un’analisi ripresa da “Come Don Chisciotte”. Primo esempio, i Paesi Bassi: «Il partito laburista olandese che diede vita al “Polder Model” e amministrò l’Olanda per mezzo secolo ha perso i suoi bastioni a Amsterdam, Rotterdam e Utrecht, i suoi sostenitori sono scesi al 10% per aver timidamente approvato le politiche di austerità che hanno portato alla deflazione e ad un abbattimento del valore immobiliare tanto da arrivare a ipoteche sul 25% di patrimoni netti negativi». Le politiche recessive «sono velenose per i paesi che già hanno problemi». L’indebitamento delle famiglie olandesi è passato dal 230% al 250% del reddito disponibile dal 2008 a oggi, mentre il debito dei britannici (che si sono tenuti la sterlina) è sceso da 151% al 133% nello stesso periodo. E’ tutta colpa del rigore imposto da Bruxelles, ma il partito laburista olandese «non può fare nessuna critica coerente, perché il suo orientamento pro-Ue lo costringe quasi al silenzio».
«Il Partito Socialista non ha mai creduto nell’euro e non ci crediamo nemmeno adesso: dobbiamo quindi smettere di chiedere sempre più sacrifici per mantenerlo», ha detto Dennis de Jong, il leader del partito a Strasburgo che si appella a un “Piano B” per smantellare l’unione monetaria in modo ordinato». In Grecia, il socialista Pasok che ha guidato il paese verso la democrazia dopo la dittatura dei “colonnelli”, è sceso al 5,5%: un guscio svuotato da Syriza, che ora con il 25% di voti promette di strappare Atene dalle grinfie della Troika Ue. «Il Pasok si è meritato il suo annientamento», scrive il notista del “Telepgraph”: «Ha cospirato nel colpo di stato fatto nel retrobottega a novembre 2011, ancora una volta accettando le richieste dell’Ue per rovesciare il proprio primo ministro e per annullare il referendum della Grecia sul bail-out. Rinunciò, allora, ad una prova di forza catartica e necessaria con Bruxelles, per la troppa paura di rischiare l’espulsione dall’euro. Questo referendum si farà adesso: Tsipras ha trasformato le elezioni europee di questa settimana in un verdetto sulla servitù del debito».
Se si può capire la paura della sinistra nei paesi periferici, aggiunge Evans-Pritchard, «il mistero è il motivo per cui un presidente socialista francese, con una maggioranza parlamentare, debba subire passivamente le politiche che stanno fiaccando la linfa vitale dell’economia francese e che stanno distruggendo la sua presidenza». François Hollande ha vinto due anni fa puntando sulla crescita e promettendo di bocciare il Fiscal Compact. Da quando è in carica, però, la disoccupazione francese è salita dal 10,1 al 10,4%, la crescita del Pil è scesa a zero e anche nell’ultimo trimestre la Francia ha perso 23.600 posti di lavoro, dopo i 57.000 perduti nel 2013. Sicché, secondo l’ultimo sondaggio Ifop, l’indice di gradimento di Hollande è crollato sotto il 18%: il peggiore da sempre per un leader francese. «La sua retorica del New Deal non ha portato a niente». Hollande «è capitolato sul Fiscal Compact, accettando una camicia di forza che obbliga la Francia a tagliare il debito pubblico ogni anno per un importo fisso per due decenni, fino a quando non sarà scesi al 60% del Pil, a prescindere dalla demografia o dal gap che esista nel settore privato o dalle esigenze di investimento dell’economia».
La sua presidenza? «E’ stata tutto uno spettacolo dell’orrore di pacchetti di austerità, uno dopo l’altro, un circolo vizioso di maggiori imposte che fanno abortire qualsiasi recupero e lo debilitano con un effetto moltiplicatore che peggiora la situazione». Inasprimento fiscale nonostante il disavanzo: è la ricetta per il suicidio, se la Bce non interviene per compensare con iniezioni di denaro. «La risposta di Hollande è stata un raddoppio del rigore per infiocchettare il pacchetto: ha ceduto alle richieste di Bruxelles per altri 50 miliardi di euro di austerità nei prossimi tre anni». Questa volta, «la scure cadrà sulla spesa pubblica, arrivata al 57% del Pil». Inoltre, «ci saranno radicali riforme del lavoro, una variante della terapia-shock Hartz IV che servì per fottere i salari tedeschi dieci anni fa». In altre parole: se il socialista Hollande ha fatto pace con le grandi imprese, «sarà l’austerità a farlo a fette».
Hollande si era prodigato per una “alleanza latina” per contrastare i deflattori quando presero il potere e per costringere la Germania a mettere il veto sulle azioni della Bce. Quella momentanea dimostrazione di grinta aveva spinto Draghi verso un piano di retromarcia sul debito italiano e spagnolo nel mese di agosto 2012, aiutato molto da Washington, ma poi non è andato avanti «e la Spagna ha continuato per la sua strada, come se fosse una Prussia del Sud o una nuova Tigre latina». La Bce? «Ancora una volta ha continuato a rigirarsi i pollici, incurante della deflazione». Francoforte «ha lasciato che i vincoli negativi bloccassero il bilancio francese facendolo ridurre di 800 miliardi, mentre l’euro si è rivalutato dell’ 8% contro lo yuan e del 15% contro lo yen, in un anno». Mentre gran parte del mondo sta cercando di tener basso il cambio delle valute e la deflazione delle esportazioni, l’Europa «è rimasta l’unica e tenersi tutto il pacco sulle spalle».
I francesi non possono accettare di morire per asfissia economica: «La Francia è il cuore pulsante dell’Europa, l’unico paese con una statura di civiltà capace di condurre una rivolta e di prendersi carico della macchina politica dell’Unione Monetaria. Ma per scoprire il bluff della Germania, con una minima credibilità, Hollande dovrebbe essere pronto a rovesciare tutto il progetto dalle sue fondamenta e persino a rischiare una rottura sull’euro». Ed è quello che non farà mai. «Tutta la sua vita politica, da Mitterrand a Maastricht, è stata intessuta negli affari europei». Hollande «è prigioniero dell’ideologia di questo progetto, convinto come è che un condominio franco-tedesco rimanga la leva del potere francese e che sia l’euro a tenere legati i due paesi». Lo statista francese Jean-Pierre Chevenement confronta l’acquiescenza di Hollande con il corso rovinoso dei decreti deflazionistici di Pierre Laval nel 1935 durate il Gold Standard, cioè «l’ultima volta che un leader francese pensò di dover cavare sangue dal suo paese per difendere il vezzo di un cambio fisso».
E’ la verità brutale, aggiunge Evans-Pritchard: «I socialisti francesi pensavano di non avere nulla da temere dall’ascesa del Fronte Nazionale, un partito che si prepara a sfruttare la furia prorompente dalla “France Profonde”, con l’impegno di ripristinare il controllo sovrano francese su tutto ciò che conta nella nazione, e che ha messo l’euro al primo posto tra i suoi compiti». I socialisti pensavano che il Fn avrebbe tolto voti ai gollisti, dividendo la destra? Errore: Marine Le Pen «sta dilaniando, con lo stesso vigore, anche le loro proprie roccaforti della classe operaia». Hanno sottovalutato la Le Pen, ora quotata al 24%, e sono scivolati al terzo posto, travolti dal “lepenismo di sinistra”, nuovo guardiano del welfare francese. I socialisti «non hanno nessuna risposta» da opporre agli attacchi del Fn sulla “austerità insensata” e “le politiche monetarie folli della Bce”, che continuano a intaccare il nucleo industriale della Francia. La Le Pen ripete che il prgetto dell’euro coincide con la disoccupazione di massa? «E’ tutto vero», dice Evans-Pritchard, ed è per questo che Hollande non sa cosa rispondere a Marine Le Pen.
Tutto cominciò con il “referendum rubato”, la fatidica decisione di approvare il Trattato di Lisbona senza farlo votare, dopo che il popolo francese aveva già respinto un testo quasi identico chiamato “Costituzione europea”. «Nella scelta di ignorare la scelta del popolo del maggio 2005 – scrive Evans-Pritchard – i leader francesi hanno anticipato tutto quello che stiamo vedendo ora in Europa», ovvero «le scosse di assestamento di quel terremoto anti-democratico in Europa», per dirla con Coralie Delaume e il suo “Gli Stati Disuniti d’Europa”. «I socialisti dicono che è un oltraggio rifiutare un referendum su Lisbona, ma quando venne il momento di votarlo in parlamento, 142 deputati e senatori si astennero, e 30 votarono a favore del Trattato e diedero al presidente Nicolas Sarkozy la maggioranza dei tre quinti», ricorda Evans-Pritchard. «Le élite pensavano di essersela cavata con le loro prestidigitazioni su Lisbona? Non se l’erano cavata affatto», ma è ormai storia lo squallore del centrosinistra europeo, senza il quale l’oligarchia neoliberista non arebbe mai potuto imporre la crisi, attraverso il progetto neo-feudale chiamato euro.
«Per un terribile rovescio del destino, la politica della sinistra europea sostiene la politica economica più reazionaria: i grandi partiti socialisti europei del dopoguerra sono rimasti intrappolati nella dinamica corrosiva dell’unione monetaria, apologeti della disoccupazione di massa e di un regime deflazionistico stile anni ‘30 che, sottilmente, favorisce gli interessi delle élite». In poche righe, Ambrose Evans-Pritchard fotografa la tragedia europea: i partiti che “inventarono” il sistema di welfare migliore del mondo sono oggi i più inflessibili interpreti del rigore escogitato per demolire proprio quel welfare, il traguardo più avanzato che la sinistra europea sia stata capace di centrare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Fino a cancellare la stessa idea di Europa come patria comune, traguardo civile di convivenza. E’ stato il centrosinistra europeo a far ingoiare l’amara medicina dell’oligarchia finanziaria, abusando della fiducia storicamente ottenuta dalle fasce popolari e dall’elettorato progressista.
«Uno dopo l’altro, la stanno pagando tutti», scrive Pritchard sul “Telegraph”, in un’analisi ripresa da “Come Don Chisciotte”. Primo esempio, i Paesi Bassi: «Il partito laburista olandese che diede vita al “Polder Model” e amministrò l’Olanda per mezzo secolo ha perso i suoi bastioni a Amsterdam, Rotterdam e Utrecht, i suoi sostenitori sono scesi al 10% per aver timidamente approvato le politiche di austerità che hanno portato alla deflazione e ad un abbattimento del valore immobiliare tanto da arrivare a ipoteche sul 25% di patrimoni netti negativi». Le politiche recessive «sono velenose per i paesi che già hanno problemi». L’indebitamento delle famiglie olandesi è passato dal 230% al 250% del reddito disponibile dal 2008 a oggi, mentre il debito dei britannici (che si sono tenuti la sterlina) è sceso da 151% al 133% nello stesso periodo. E’ tutta colpa del rigore imposto da Bruxelles, ma il partito laburista olandese «non può fare nessuna critica coerente, perché il suo orientamento pro-Ue lo costringe quasi al silenzio».
«Il Partito Socialista non ha mai creduto nell’euro e non ci crediamo nemmeno adesso: dobbiamo quindi smettere di chiedere sempre più sacrifici per mantenerlo», ha detto Dennis de Jong, il leader del partito a Strasburgo che si appella a un “Piano B” per smantellare l’unione monetaria in modo ordinato». In Grecia, il socialista Pasok che ha guidato il paese verso la democrazia dopo la dittatura dei “colonnelli”, è sceso al 5,5%: un guscio svuotato da Syriza, che ora con il 25% di voti promette di strappare Atene dalle grinfie della Troika Ue. «Il Pasok si è meritato il suo annientamento», scrive il notista del “Telepgraph”: «Ha cospirato nel colpo di stato fatto nel retrobottega a novembre 2011, ancora una volta accettando le richieste dell’Ue per rovesciare il proprio primo ministro e per annullare il referendum della Grecia sul bail-out. Rinunciò, allora, ad una prova di forza catartica e necessaria con Bruxelles, per la troppa paura di rischiare l’espulsione dall’euro. Questo referendum si farà adesso: Tsipras ha trasformato le elezioni europee di questa settimana in un verdetto sulla servitù del debito».
Se si può capire la paura della sinistra nei paesi periferici, aggiunge Evans-Pritchard, «il mistero è il motivo per cui un presidente socialista francese, con una maggioranza parlamentare, debba subire passivamente le politiche che stanno fiaccando la linfa vitale dell’economia francese e che stanno distruggendo la sua presidenza». François Hollande ha vinto due anni fa puntando sulla crescita e promettendo di bocciare il Fiscal Compact. Da quando è in carica, però, la disoccupazione francese è salita dal 10,1 al 10,4%, la crescita del Pil è scesa a zero e anche nell’ultimo trimestre la Francia ha perso 23.600 posti di lavoro, dopo i 57.000 perduti nel 2013. Sicché, secondo l’ultimo sondaggio Ifop, l’indice di gradimento di Hollande è crollato sotto il 18%: il peggiore da sempre per un leader francese. «La sua retorica del New Deal non ha portato a niente». Hollande «è capitolato sul Fiscal Compact, accettando una camicia di forza che obbliga la Francia a tagliare il debito pubblico ogni anno per un importo fisso per due decenni, fino a quando non sarà scesi al 60% del Pil, a prescindere dalla demografia o dal gap che esista nel settore privato o dalle esigenze di investimento dell’economia».
La sua presidenza? «E’ stata tutto uno spettacolo dell’orrore di pacchetti di austerità, uno dopo l’altro, un circolo vizioso di maggiori imposte che fanno abortire qualsiasi recupero e lo debilitano con un effetto moltiplicatore che peggiora la situazione». Inasprimento fiscale nonostante il disavanzo: è la ricetta per il suicidio, se la Bce non interviene per compensare con iniezioni di denaro. «La risposta di Hollande è stata un raddoppio del rigore per infiocchettare il pacchetto: ha ceduto alle richieste di Bruxelles per altri 50 miliardi di euro di austerità nei prossimi tre anni». Questa volta, «la scure cadrà sulla spesa pubblica, arrivata al 57% del Pil». Inoltre, «ci saranno radicali riforme del lavoro, una variante della terapia-shock Hartz IV che servì per fottere i salari tedeschi dieci anni fa». In altre parole: se il socialista Hollande ha fatto pace con le grandi imprese, «sarà l’austerità a farlo a fette».
Hollande si era prodigato per una “alleanza latina” per contrastare i deflattori quando presero il potere e per costringere la Germania a mettere il veto sulle azioni della Bce. Quella momentanea dimostrazione di grinta aveva spinto Draghi verso un piano di retromarcia sul debito italiano e spagnolo nel mese di agosto 2012, aiutato molto da Washington, ma poi non è andato avanti «e la Spagna ha continuato per la sua strada, come se fosse una Prussia del Sud o una nuova Tigre latina». La Bce? «Ancora una volta ha continuato a rigirarsi i pollici, incurante della deflazione». Francoforte «ha lasciato che i vincoli negativi bloccassero il bilancio francese facendolo ridurre di 800 miliardi, mentre l’euro si è rivalutato dell’ 8% contro lo yuan e del 15% contro lo yen, in un anno». Mentre gran parte del mondo sta cercando di tener basso il cambio delle valute e la deflazione delle esportazioni, l’Europa «è rimasta l’unica e tenersi tutto il pacco sulle spalle».
I francesi non possono accettare di morire per asfissia economica: «La Francia è il cuore pulsante dell’Europa, l’unico paese con una statura di civiltà capace di condurre una rivolta e di prendersi carico della macchina politica dell’Unione Monetaria. Ma per scoprire il bluff della Germania, con una minima credibilità, Hollande dovrebbe essere pronto a rovesciare tutto il progetto dalle sue fondamenta e persino a rischiare una rottura sull’euro». Ed è quello che non farà mai. «Tutta la sua vita politica, da Mitterrand a Maastricht, è stata intessuta negli affari europei». Hollande «è prigioniero dell’ideologia di questo progetto, convinto come è che un condominio franco-tedesco rimanga la leva del potere francese e che sia l’euro a tenere legati i due paesi». Lo statista francese Jean-Pierre Chevenement confronta l’acquiescenza di Hollande con il corso rovinoso dei decreti deflazionistici di Pierre Laval nel 1935 durate il Gold Standard, cioè «l’ultima volta che un leader francese pensò di dover cavare sangue dal suo paese per difendere il vezzo di un cambio fisso».
E’ la verità brutale, aggiunge Evans-Pritchard: «I socialisti francesi pensavano di non avere nulla da temere dall’ascesa del Fronte Nazionale, un partito che si prepara a sfruttare la furia prorompente dalla “France Profonde”, con l’impegno di ripristinare il controllo sovrano francese su tutto ciò che conta nella nazione, e che ha messo l’euro al primo posto tra i suoi compiti». I socialisti pensavano che il Fn avrebbe tolto voti ai gollisti, dividendo la destra? Errore: Marine Le Pen «sta dilaniando, con lo stesso vigore, anche le loro proprie roccaforti della classe operaia». Hanno sottovalutato la Le Pen, ora quotata al 24%, e sono scivolati al terzo posto, travolti dal “lepenismo di sinistra”, nuovo guardiano del welfare francese. I socialisti «non hanno nessuna risposta» da opporre agli attacchi del Fn sulla “austerità insensata” e “le politiche monetarie folli della Bce”, che continuano a intaccare il nucleo industriale della Francia. La Le Pen ripete che il prgetto dell’euro coincide con la disoccupazione di massa? «E’ tutto vero», dice Evans-Pritchard, ed è per questo che Hollande non sa cosa rispondere a Marine Le Pen.
Tutto cominciò con il “referendum rubato”, la fatidica decisione di approvare il Trattato di Lisbona senza farlo votare, dopo che il popolo francese aveva già respinto un testo quasi identico chiamato “Costituzione europea”. «Nella scelta di ignorare la scelta del popolo del maggio 2005 – scrive Evans-Pritchard – i leader francesi hanno anticipato tutto quello che stiamo vedendo ora in Europa», ovvero «le scosse di assestamento di quel terremoto anti-democratico in Europa», per dirla con Coralie Delaume e il suo “Gli Stati Disuniti d’Europa”. «I socialisti dicono che è un oltraggio rifiutare un referendum su Lisbona, ma quando venne il momento di votarlo in parlamento, 142 deputati e senatori si astennero, e 30 votarono a favore del Trattato e diedero al presidente Nicolas Sarkozy la maggioranza dei tre quinti», ricorda Evans-Pritchard. «Le élite pensavano di essersela cavata con le loro prestidigitazioni su Lisbona? Non se l’erano cavata affatto», ma è ormai storia lo squallore del centrosinistra europeo, senza il quale l’oligarchia neoliberista non arebbe mai potuto imporre la crisi, attraverso il progetto neo-feudale chiamato euro.
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La guerra segreta di Crimea

maggio 27, 2014 1 commento

Valentin Vasilescu Reseau International 27 maggio 2014Dopo più di tre mesi di propaganda occidentale sulla crisi in Ucraina, dove la Russia viene presenta come aggressore libero di attaccare tutti, si pone la questione se l’attuale russofobia sia stata indotta dal fallimento degli Stati Uniti nel sequestrare con la forza le avanzate attrezzature militari russe del valore di decine di miliardi di dollari. Qualsiasi Paese che dimostri una certa indipendenza verso Stati Uniti ed occidente, ricco di risorse e che pone un’alternativa al dominio USA nella regione, diventa automaticamente antidemocratico e un grave pericolo per la pace mondiale. I leader di questi Paesi vengono definiti dittatori e la maggior parte di loro muore prematuramente. Questo s’è notato in particolare nei Paesi del Mediterraneo che esercitano un vero centro d’influenza contro la forza degli Stati Uniti sostenuta da altri Paesi NATO (vedasi il caso di Jugoslavia, Libia, ecc.) In un documento del Ministero della Difesa russo del 2011, il principale nemico della Russia è il terrorismo internazionale, riferendosi ai ribelli islamisti in Siria e Libia. In tal modo, la Russia ha aperto il vaso di Pandora, mentre fissa luogo e ruolo della potente nuova squadra navale russa nel Mediterraneo, strutturata sulla base della Flotta del Mar Nero. Vale la pena ricordare che compito di questa flotta è impedire il bombardamento della Siria da parte degli Stati Uniti. Secondo il documento, la Russia è riuscita a creare una base per i rifornimenti degli aerei da pattugliamento marittimo Tu-142M e dei caccia intercettori MiG-31BM nella base aerea “Andreas Papandreou” a Paphos, Cipro.
Quando gli Stati Uniti hanno negato gli aiuti militari all’Egitto, del valore di 1,3 miliardi dollari all’anno, l’Egitto iniziò a negoziare il ritorno dei russi, dopo un’assenza di 40 anni, nella base aerea di Ras Banas nella penisola sul Mar Rosso, che gli avevano tolto per far posto agli statunitensi. La Russia è in trattative per l’invio permanente delle navi della Flotta del Mar Nero a Port Victoria, nelle Seychelles. Queste isole dell’Oceano Indiano occupano una posizione che permette di raggiungere facilmente sia il Golfo Persico che il Mar Rosso. A seguito della riorganizzazione del comando strategico meridionale della Russia, la 30.ma Divisione Navale (Flotta del Mar Nero), è stata dotata di 20 moderne navi in fase di ultimazione, tra cui sei sottomarini classe Varshavjanka, fregate lanciamissili specializzate in interferenze e ricognizione radio-elettroniche (SIGINT ed ELINT) e la prima portaelicotteri Mistral costruita dai francesi. La Flotta del Mar Nero comprende anche un corpo di spedizione (come gli Stati Uniti), composto da truppe aviotrasportate e truppe di fanteria navale. Il sostegno della Flotta del Mar Nero è fornito dalla 4.ta Divisione aerea e dal supporto antiaereo. Inoltre, una flotta indipendente da trasporto pesante, costituita da 135 aeromobili An-22, An-124, Il-76MD e An-12, fornisce la mobilità aerea alla forza di risposta rapida supplementare di 80000 soldati russi del 49° e 58° Corpo. La Forza di reazione rapida è soggetta alla Flotta del Mar Nero. Questo potente corpo di spedizione ha la capacità di distruggere qualsiasi gruppo o sistema considerato terroristico dalla Russia nel Mediterraneo, Africa orientale, Golfo Persico e Medio Oriente. Questa è solo la parte visibile dell’iceberg, dicono vari generali della riserva che hanno lavorato nel campo della Difesa spaziale della Federazione Russa, il cui elemento chiave è il sistema C4I, organizzato nella base ultramoderna della Flotta Mar Nero, nel sud della penisola di Crimea. E’ da lì che si assicura il coordinamento delle operazioni terrestri e navali in tutta la parte europea del territorio russo e del fianco meridionale della Federazione Russa. Nell’era sovietica, l’attuale base della Flotta del Mar Nero fu utilizzata per ospitare il centro di gestione delle missioni spaziali KIP-10, la cui responsabilità era guidare le missioni Saljut, Sojuz, Sojuz-Apollo e il programma Lunokhod dei veicoli automatici progettati per atterrare sulla Luna e percorrerne la superficie per analizzarne autonomamente la struttura, grazie al laboratorio a bordo.
L’errore di omissione commesso dagli analisti politici e militari stranieri, dicono i generali della riserva russa, deriva dalla loro ignoranza della nuova dottrina militare della Federazione russa che non può nemmeno concepire una futura operazione militare senza l’uso della potente componente spaziale. La componente spaziale, fatte salve le sede della Flotta del Mar Nero, mira ad aumentare di 10 volte mobilità, reattività, efficienza e precisione delle tecniche di combattimento convenzionali tramite sorveglianza e monitoraggio continui del 25% dell’emisfero settentrionale del globo. Il Centro Spaziale riceve informazioni dal radar antibalistico Voronezh-M (raggio operativo 6000 km) accoppiato ai sensori ottici e laser situati a Lekhtusi (vicino a San Pietroburgo), Pjonerskij (Kaliningrad) e Armavir sulla sponda orientale del Mar Nero. Il Centro Spaziale russo in Crimea riceve informazioni dalla rete satellitare di allerta KMO/K in grado di rilevare dall’orbita il lancio di missili da crociera e balistici. Il centro è collegato alla rete di satelliti ELINT militari russi che controlla le trasmissioni radio ed elettroniche, così come i sistemi di navigazione che equipaggiano missili antiaerei, aerei e navi da guerra nel Mediterraneo, Mar Nero, Mar Rosso, Golfo Persico e in profondità negli Stati rivieraschi. Le operazioni del Centro Spaziale della Flotta del Mar Nero sono svolte con microprocessori di ultima generazione, antenne e apparecchiature di rilevazione, comunicazione e controllo satellitare (il P-2500 dal diametro di 70 m di Evpatorija) in 20 strutture militari russe sul territorio della Crimea, permettendo l’integrazione dei sensori per il rilevamento e il puntamento automatizzato delle armi ad alta precisione della Flotta del Mar Nero.
Come NATO e Stati Uniti possono compromettere il piano russo di spezzare l’egemonia degli Stati Uniti nel Mediterraneo e Golfo Persico e basato sulla Flotta del Mar Nero? Disorganizzandone e neutralizzandone il centro nevralgico in Crimea e sostituendo le truppe russe con quelle degli Stati Uniti. E più di qualsiasi altro metodo, il più probabile nel raggiungere tale obiettivo non era fomentare il colpo di Stato del febbraio 2014 a Kiev contro il presidente democraticamente eletto Viktor Janukovich? L’errore che gli Stati Uniti hanno commesso, vedendosi già padroni della Crimea, è non aver avuto la pazienza di aspettare lo smantellamento del sistema di attrezzature C4I della Russia dopo i risultati delle elezioni presidenziali anticipate. Si affrettarono a schierare prematuramente uno squadrone di droni da ricognizione a Dnepropetrovsk. Con il sorvolo permanente di tali droni della Crimea, prima dell’annuncio del referendum, gli stessi statunitensi rivelarono le loro vere intenzioni ai russi.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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Storia rivoluzionaria dell’Iraq

maggio 26, 2014 1 commento

Dean Henderson 20 maggio 2014
Ieri è stato annunciato che la coalizione guidata dal partito della Legge di Stato del Primo ministro Nuri al-Maliqi è emerso vittorioso nelle tormentate elezioni parlamentari del mese scorso in Iraq. Mentre militanti sauditi dello Stato islamico in Iraq e Levante (SIIL) controllano Falluja e parte di Ramadi, oltre 3500 persone sono già state uccise nelle violenze settarie quest’anno. L’occupazione statunitense dell’Iraq ha portato con sé l’insediamento di una classe dirigente esiliata da decenni. Questa cricca monarchica tenta di trasformare il Paese da Stato arabo egualitario a bastione del capitalismo selvaggio occidentale. Anni di lotta rivoluzionaria avevano liberato l’Iraq dall’egemonia bancaria internazionale guidata dai Rothschild. Tale lotta non sarà abbandonata senza combattere.
Nel 1776 la British East India Company stabilì il quartier generale in quello che oggi è il Quwayt. Quando i membri del clan quwaitiano al-Sabah aiutò i turchi ottomani a sedare le rivolte nel sud dell’Iraq, lo shayq della tribù dei Muntafiq diede agli al-Sabah boschetti di datteri presso Fao e Sufiyah nel sud dell’Iraq. Il Quwayt fu considerato altamente strategico dagli inglesi nella protezione delle rotte marittime dell’Oceano Indiano. Nel 1900 gli inglesi siglarono un accordo con Mubaraq al-Sabah, separando il Quwayt dall’Iraq e facendone un protettorato inglese. La stragrande maggioranza delle persone che vi abitava s’oppose al piano britannico, volendo continuare a far parte dell’Iraq da sempre considerando il Quwayt parte della provincia di Bassora dell’Iraq. [1] Per decenni i leader iracheni contestarono la legittimità dell’accordo Sykes-Picot del 1920, attraverso cui francesi e inglesi fecero del Quwayt un protettorato inglese. Gli iracheni non furono mai consultati quando fu firmato il “gentlemans agreement”. Il Quwayt divenne un importante fornitore di petrolio per l’occidente e di petrodollari per i banchieri dell’economia mondiale. L’ex-ministro degli Esteri inglese Selwyn Lloyd dichiarò che i soldi del petrolio kuwaitiano puntellano la sterlina inglese. Una battuta di Wall Street dice: “Perché gli Stati Uniti e il Quwayt hanno bisogno l’uno dell’altro?” La risposta “Il Quwayt è un sistema bancario senza patria. Gli Stati Uniti un Paese senza sistema bancario“.
Nel 1937 e di nuovo nel 1946 il Partito Comunista Iracheno indisse scioperi presso l’Iraq Petroleum Company (IPC), a Kirkuk. Da quando la BP divenne l’importante proprietario dell’IPC, gli inglesi inviarono truppe per sedare gli scioperi. Mezzo milione di acri di terra nella provincia di Qut fu rilevato dai fratelli al-Yasin, lacchè degli inglesi. Nel 1958, l’1% dei proprietari terrieri in Iraq controllava il 55% dei terreni. [2] Nel 1950 l’IPC fu al centro del boom del petrolio in Iraq. I suoi numerosi tentacoli includevano Bassora Petroleum e Mosul Petroleum. Chevron, Texaco, Exxon, Mobil, Gulf e RD/Shell furono esclusi dall’IPC dopo che tali predecessori dei Quattro Cavalieri firmarono l’accordo della Linea Rossa. La rivoluzione in Egitto del 1952, che depose la monarchia di Faruq e portò al potere il leader nazionalista Gamal Abdal Nasser, ispirò una serie di rivolte in Iraq contro l’IPC e la monarchia irachena. Nel 1958 re Faysal fu assassinato insieme a numerosi membri della famiglia reale. La monarchia irachena, da tempo marionetta dell’impero inglese, fu deposta. Gli Stati Uniti e gli inglesi agirono rapidamente per garantirsi l’installazione di un altro burattino nel generale Nuri al-Sayd. Gli Stati Uniti e la Gran Bretagna convinsero al-Sayd a firmare il Patto di Baghdad, di cui una parte chiedeva il riconoscimento ufficiale del Quwayt. Un’altra parte dell’accordo autorizzava l’invio di forze irachene in Libano per sostenere il governo filo-occidentale e impopolare di Camille Chamoun. [3] Nel 1958 al-Sayd fu deposto da un colpo di Stato guidato da ufficiali nazionalisti dell’esercito fedeli a Abdul Qarim Qasim. Il settimanale parigino L’Express riferì, “Il colpo di Stato iracheno è stato ispirato dalla CIA per placare i nazionalisti. La CIA ha visto Qasim come contenibile e preferibile agli elementi più radicali che rapidamente guadagnano consensi tra il popolo iracheno“. Inizialmente i membri del Partito comunista furono banditi dal governo Qasim. Ma sotto la pressione della potente sinistra irachena, Qasim subito sciolse la monarchia irachena e coltivò legami con l’Unione Sovietica e la Cina. Si ritirò dal Patto di Baghdad e chiese l’annessione del Quwayt alla provincia di Bassora. Tolse il divieto del Partito Comunista Iracheno che divenne una forza importante nel suo governo. Creò l‘Iraqi National Oil Company statale (INOC), facendo dell’Iraq il primo Paese del Medio Oriente a nazionalizzare le attività dei Quattro Cavalieri. Nel 1961 Qasim approvò la legge 80 che recuperava il 99,5% dei terreni inesplorati dell’IPC e chiese l’annessione del Quwayt. Big Oil e le sue otto famiglie proprietarie ne ebbero abbastanza. Nel 1960 Sydney Gottlieb della Divisione Servizi Tecnici della CIA ordì un piano per assassinare il Presidente Qasim. [4] Una campagna terroristica a bassa intensità fu organizzata dalla CIA con i partiti nazionalista e baathista che attaccavano il Partito Comunista Iracheno, il partito di sinistra più formidabile della regione. La CIA diede ai suoi sgherri gli elenchi dei leader di sinistra da colpire. Nel 1961 il Quwayt dichiarò l’indipendenza, prendendosi lo sbocco del solo porto dell’Iraq, Bassora. Le truppe statunitensi sbarcarono in Libano e quelle inglesi in Giordania. [5]
Nel 1963 l’agente della CIA Bruce Odell organizzò un ponte aereo per armare la cellula di destra del partito Baath di Baghdad. Gli operatori del Baath scatenarono un’ondata di terrorismo segnata da innumerevoli massacri di civili. L’uomo di punta della CIA, la cui fazione di destra nel Baath emerse vittoriosa dopo l’assassinio Qasim nel 1963, fu Sadam Husayn. [6] Secondo un articolo del 17 aprile 2003 dell’Indo-Asian News Service, la CIA fece uscire Sadam dall’Iraq dopo l’assassinio e lo piazzò in un hotel di Cairo per qualche notte. Adb al-Salam al-Arif fu nominato presidente. Il suo primo decreto abrogò la legge 80. I Quattro Cavalieri erano di nuovo in sella all’IPC. Nel 1967 l’IPC perforò diversi pozzi con un potenziale di 50000 barili al giorno. Si nascosero questi risultati al governo iracheno. Quando la notizia trapelò il popolo iracheno ne fu indignato. Arif ne seguì l’esempio. Nazionalizzò banche e compagnie di assicurazione, insieme a trentadue altre grandi imprese. L’Iraq approvò le leggi 97 e 123 che diedero all’INOC statale un ruolo maggiore nell’industria petrolifera irachena, tra cui il diritto esclusivo di sviluppare il giacimento petrolifero di Rumayla Nord, presso il Quwayt. La Brown & Root di Houston aveva costruito il terminal petrolifero dell’IPC di Fao che serviva Rumayla Nord, mentre la società tedesca Mannesman costruì la pipeline Kirkuk-Dortyol dell’IPC. [7] Ora le multinazionali corsero ai ripari mentre un Iraq irritato ruppe le relazioni con gli Stati Uniti. L’anno dopo il presidente di sinistra Hasan al-Baqr combatteva l’Unione Patriottica del Kurdistan sostenuta dalla CIA e guidata da Jalal Talabani, mentre le truppe lealiste curde di Mustafa Barzani attaccarono le strutture del’IPC nei pressi di Kirkuk. Il decreto del governo iracheno dell’11 marzo 1970 premiò i curdi di Barzani con l’autonomia delle province settentrionali di Kirkuk e Dohuk. Nel 1971 l’Iraq ruppe i rapporti con l’Iran dopo che lo Shah fu scoperto aiutare la fazione di Talabani per conto della CIA. Nel 1972 al-Baqr nazionalizzò l’IPC. Nel 1973 la Bassora Petroleum fu nazionalizzata. Entro dicembre 1975 tutte le aziende straniere in Iraq erano state nazionalizzate. [8] Non dovrebbe sorprendere che il flessibile Jalal Talabani sia il presidente dell’Iraq occupato dagli USA.
La Siria guidava i Paesi della regione seguendo l’esempio iracheno. La nazionalizzazione dell’IPC fu molto popolare e fu sostenuta dal governo di al-Baqr, che costituì l’Iraqi Company for Oil Operations (ICOO) per commercializzare all’estero il petrolio dell’INOC. ICOO siglò accordi di fornitura con Giappone, India, Brasile, Grecia e molte nazioni del Patto di Varsavia. Nel 1973-1978 i proventi del petrolio iracheno passarono da 1,8 miliardi di dollari a 23,6 miliardi dollari all’anno. [9] L’Iraq implementò controlli valutari rigorosi per evitare che i banchieri internazionali sabotassero il dinaro. Introdussero restrizioni alle importazioni di valuta estera, affinché non venisse sprecata in beni di lusso frivoli. L’Iraq divenne un leader rispettato della fazione dei falchi dei prezzi dell’OPEC. Fu un esempio mondiale del tentativo di liberarsi dalla schiavitù della otto famiglie della mafia bancaria che voleva la testa di al-Baqr. Dopo un fallito tentativo di colpo di stato nel 1975 contro al-Baqr, la polizia irachena scoprì i dollari in possesso dei golpisti. [10]
Nel corso di quattro decenni, i Quattro Cavalieri e i loro scagnozzi della CIA cercarono di sedare il nazionalismo del popolo iracheno. Il successo fu minimo e i loro regimi fantoccio di breve durata. Il regime di Sadam Husayn sembrava promettente ai banchieri internazionali. Un giro di vite sui partiti nazionalisti uccise e deportò gli elementi più radicali. Invase l’Iran rivoluzionario con una gomitata del tirapiedi dei Rockefeller Zbigniew Brzezinski. Aprì l’economia irachena alle multinazionali occidentali. Ma quando sauditi e kuwaitiani iniziarono a pretendere da Sadam il rimborso di 120 miliardi di dollari in prestiti per la guerra all’Iran, che avevano originariamente chiamato “sovvenzioni”, Sadam esplose. Gli Stati Uniti dissero ai monarchi al-Sabah d’insistere, spingendo Sadam sulla nota via socialista del popolo iracheno. Presto si trovò nel mirino dei suoi ex-sponsor. Una volta ritiratisi completamente gli Stati Uniti dall’attuale multimiliardario incubo neo-coloniale, gli iracheni sembrano destinati a continuare sul familiare percorso rivoluzionario socialista. Non è facile abrogare la storia di un popolo, a dispetto dell’arroganza e della ricchezza del propagandista.
Note
[1] Beyond the Storm: A Gulf Crisis Reader. Phyllis Bennis and Michel Monshabeck. Olive Branch Press. Brooklyn, NY. 1991. p.39
[2] Iraq Since 1958: From Revolution to Dictatorship. Marion Farouk-Sluglett and Peter Sluglett. I.B. Tauros & Company, Ltd. New York. 1990.
[3] Diplomacy in the Near and Middle East: A Documentary Record: 1914-1956. J.C. Hurewitz. D. Van Nostrand Company, Inc. Princeton, NJ. 1956. p.236
[4] Iraq and Kuwait: A History Suppressed. Ralph Schoenman. Veritas Press. Santa Barbara, CA. 1990. p.14
[5] Ibid
[6] Ibid. p.14
[7] Ibid
[8] Sluglett and Sluglett. p.120
[9] Bennis and Monshabeck. p.31
[10] Schoenman
 
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MASOCHISTI DI OGNI RAZZA E GENERE CHE L'AVETE VOTATO...E ADESSO GODETE!!! CHE QUESTO E' SOLO L'INIZIO

"Adusbef e Federconsumatori hanno stimato per la Tasi un importo di oltre 900 euro a Torino, 870 a Roma, 700 a Venezia, quasi 600 a Milano."

http://www.ilnord.it/c-2993_ECCO_QUANTO_COSTA_LA_TASI_900_EURO_A_TORINO_870_A_ROMA_700_A_VENEZIA_600_A_MILANO_DETRAZIONI_INFERIORI_A_QUELLE_IMU


ECCO QUANTO COSTA LA TASI: 900 EURO A TORINO


 
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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio ha condiviso un link.

7 ore fahttps://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#


La Le Pen ha detto che non ci può essere nessun compromesso con l'Unione Monetaria, ritenendo impossibile restare una nazione sovrana all'interno delle strutture dell'UEM e impossibile effettuare le politiche di deflazione necessarie per sc...onfiggere la crisi economica. "L’euro blocca tutte le decisioni economiche. La Francia non è un paese che possa accettare la tutela di Bruxelles. Stiamo cedendo a uno spirito di schiavitù"

Le autorità dell'UE sono ora in una situazione quasi senza speranza,

Cosa faranno, manderanno i carri armati?"

http://www.ilnord.it/c-3058_MARINE_LE_PEN_MI_HA_DETTO_APPENA_VINCO_DARO_ISTRUZIONI_AL_TESORO_PER_LIMMEDIATO_RITORNO_DEL_FRANCO_PRITCHARD
Altro...


''MARINE LE PEN MI HA DETTO: APPENA VINCO, DARO' ISTRUZIONI AL TESORO PER L'IMMEDIATO RITORNO...
www.ilnord.it

''MARINE LE PEN MI HA DETTO: APPENA VINCO, DARO' ISTRUZIONI AL TESORO PER L'IMMEDIATO

 
La Banca centrale del Portogallo protesta contro la BCE



DALLA BANCA CENTRALE PORTOGHESE UN MISSILE CONTRO LA BCE: POICHE NON GARANTISCE I DEBITI SOVRANI, E UN DISASTRO - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it

venerdì 30 maggio 2014
LISBONA - La Banca centrale del Portogallo, in una nota ripresa da Jornal del Negocios, scrive come l'Unione bancaria europea potrebbe non raggiungere nessuno degli obiettivi che si è prefissata.
Secondo la banca centrale di Lisbona, infatti, molte debolezze dell'impalcatura creata non permettono di rompere il legame tra il rischio del debito sovrano e quello delle banche, dimostratosi così pericoloso durante la crisi.
Le banche, secondo la nota, rimarranno altamente dipendenti dalle economie nazionali, in una situazione in cui le crisi finanziarie hanno generato una concentrazione addizionale del debito pubblico dei paesi nei sistemi bancari dei paesi in difficoltà.
La Bce, infine, poichè non sarà un prestatore di ultima istanza, i rischi continueranno ad essere associati con i debiti sovrani. "L'Unione non ha i mezzi per evitare i problemi di free riding dei legislatori nazionali e permetterà a questi di emettere leggi favorevoli ai loro sistemi finanziari, facendo pagare i costi ai contribuenti o alle banche di altri paesi", ha concluso.
La presa di posizione della Banca centrale del Portogallo - che fa parte del board della BCE - è di una gravità inedita nello scenario della direzione della Banca Centrale Europea. E questa dura delegittimazione della BCE, giudicata incapace proprio da uno dei membri della direzione della stessa BCE, non a caso arriva giorni dopo la travolgente vittoria del Partito Socialista del Portogallo alle elezioni europee e alla cocente sconfitta della coalizione di partiti che sorreggono l'ormai traballante governo filo-UE e filo-Troika.
Infatti, PSP ha nel proprio programma la fine immediata della politica recessiva imposta dalla UE al Portogallo e per conseguenza la fine dell'euro. Il "segnale" è stato dato oggi dalla Banca Centrate portoghese. Ed è un segnale di guerra alla UE degli oligarchi di Bruxelles.
Redazione Milano. Si ringrazia L'Antidiplomatico
 

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