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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

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L’ASSASSINIO DI LINCOLN E IL SIGNORAGGIO BANCARIO

Durante la guerra civile americana (1861–1865) Lincoln aveva urgente bisogno di denaro per finanziare la sua campagna militare ma quando i banchieri gli offrirono i loro soldi in prestito ...a un tasso di interesse compreso fra il 24% e il 36% preferì chiedere al Congresso l’approvazione di una legge per stampare cartamoneta statale senza debito e senza interessi.

Il Congresso approvò la sua proposte e fra il 1862 e il 1863 il Dipartimento del Tesoro di Stato immise sul mercato la nuova moneta di stato per un valore di 450 milioni di dollari.

Il fatto non piacque alla grande finanza internazionale che batteva moneta per gli stati e nel 1865 il direttore della Banca d’Inghilterra, lord George Goschen dichiarò sul London Times: “Se questa dannosa politica finanziaria che ha origine in Nord America continuasse, quel Governo fornirà moneta a costo zero e non avrà alcun debito. Avrà tutto il denaro necessario per portare avanti i suoi commerci. Diventerà così prospero da non avere precedenti nella storia del mondo. Quel Governo deve essere distrutto o distruggerà ogni monarchia del Globo”

Pochi giorni dopo un proiettile calibro 44 si conficcò nella testa del Presidente Lincoln mentre era comodamente seduto su una poltrona del palco del Ford’s Theatre. Il colpo venne esploso dal massone John Vilkes Booth, un personaggio molto vicino ai banchieri Rothschild. L’America tornò al precedente sistema di moneta-debito presa in prestito dietro interesse dalla onnipresente usuraia cricca di banchieri internazionali .

Da: Marco Pizzuti, "Rivoluzione non autorizzata", Edizioni Il Punto d'Incontro. Altro...





 
terrorismo, Terrorist Organizations, terroristi, Turchia, USA, vicino oriente
L’Ucraina e la battaglia per il South Stream

giugno 27, 2014 1 commento

Tony Cartalucci New Oriental Outlook 27/06/2014
Il conflitto in Ucraina, certamente è un tentativo di espandere NATO ed Unione Europea (UE), viene ingigantito dal dominio dei mercati energetici europei. I tentativi di fermare la costruzione del gasdotto South Stream della Russia sembrano diretti a danneggiare ulteriormente la Russia per il suo ruolo nella difesa degli ucraini attualmente assediati da aerei, artiglieria, blindati e truppe irregolari.
Verso un’Europa “unita e libera” come il suo mercato dell’energia
Verso un’Europa unita e libera” è il titolo dell’evento del maggio 2014 quando il Consiglio Atlantico della NATO celebrava la continua espansione della NATO dalla caduta dell’Unione Sovietica e l’aspirazione ad integrare i confini della Russia e la stessa Russia, nel suo ordine geopolitico-socio-economico. Il sito del programma ufficiale dell’evento del Consiglio Atlantico dichiara: “Questa conferenza onorerà le tappe storiche che hanno forgiato una comunità atlantica forte e prospera ed esplorerà le sfide più urgenti del completamento dell’Europa unita e libera. Questa visione, implementata con successo da due decenni di strategia bipartisan e transatlantica, è stata chiamata in causa sia dagli attuali membri della NATO e dell’Unione europea che dalle azioni aggressive della Russia. Capi ed esperti si riuniranno presso la sede del Consiglio per discutere opportunità e sfide nell’Europa dell’est e del sud con l’obiettivo di esplorare un rinnovato approccio transatlantico comune”. Essenzialmente una celebrazione dell’espansionismo, aggressione militare e sovversione politica extraterritoriale, all’evento erano presenti molti dei principali protagonisti della crisi attuale in Ucraina. Tra costoro il segretario di Stato USA John Kerry e il vicepresidente USA Joseph Biden, insieme ai comandanti della NATO e degli Stati Uniti e ai politici al soldo delle aziende corporativo-finanziarie che parlano da decenni di “eccezionalismo” degli USA, compreso il senatore statunitense John McCain, volato a Kiev durante le proteste “Euromaidan” condividendo il palco con il capo del partito neo-nazista Svoboda. Secondo loro, i partecipanti alla riunione del Consiglio Atlantico descrivono la battaglia per l’Ucraina come “completamento” del consolidamento socioeconomico dell’Europa, includendovi “l’integrazione della Russia”. Il segretario John Kerry avrebbe detto: “I nostri alleati europei hanno speso più di 20 anni con noi per integrare la Russia nella comunità euro-atlantica”. “Integrare” la Russia, naturalmente, per Kerry significa rovesciare qualsiasi ordine politico nazionale indipendente a Mosca e sostituirlo con uno agli ordini di Wall Street, Londra e Bruxelles. Ciò si vede chiaramente nel tentativo occidentale di replicare il suo modello di “rivoluzione colorata” nel territorio russo. Ma Kerry e il resto di UE-NATO, riconoscendo che gli sforzi per sovvertire e rovesciare l’ordine politico indipendente in Russia sono falliti, fanno ricorso alla politica di accerchiamento, contenimento e confronto in Ucraina, essendo solo uno dei tanti campi di battaglia in cui l’occidente combatte. Kerry avrebbe indicato il mercato energetico europeo uno di essi. Ha dichiarato: “…Se vogliamo un’Europa unita e libera, dobbiamo fare di più subito, con urgenza, per garantirci che le nazioni europee non dipendano soprattutto dalla Russia per l’energia. In questa epoca di nuovi mercati energetici, di preoccupazione per il cambiamento climatico globale e sovraccarico di carbonio, dovremmo poter renderne l’Europa meno dipendente. E se lo facciamo, sarà una dei più grandi vantaggi strategici che si possano avere. Possiamo avere una maggiore indipendenza energetica e contribuire a diversificare le fonti energetiche disponibili per i mercati europei, ed espandere l’infrastruttura energetica in Europa costruendo capacità di stoccaggio energetico nel continente“. E subito hanno agito. Dopo aver resistito alla pressione dell’UE sul gasdotto South Stream della Russia, la Bulgaria è stata costretta a sospenderne la costruzione, mettendo a repentaglio gli interessi e le opportunità non solo della Russia, ma delle nazioni in cui il gasdotto deve passare.
La battaglia per il South Stream
L’arresto della costruzione dopo la visita da parte dei senatori USA John McCain, Christopher Murphy e Ron Johnson; con McCain che in particolare sostenne direttamente il rovesciamento armato del governo ucraino all’inizio di quest’anno. In un articolo del Washington Post intitolato “La Bulgaria ferma i lavori sul gasdotto South Stream“, si afferma: “Il primo ministro della Bulgaria ha ordinato la sospensione dei lavori di costruzione del gasdotto South Stream della Gazprom volto a bypassare l’Ucraina e consolidare la presa della Russia sull’energia europea. Plamen Oresharskij ha detto, dopo l’incontro con John McCain, Christopher Murphy e Ron Johnson, di aver ordinato di proseguire i lavori sul controverso progetto solo dopo consultazioni con Bruxelles”. Mosca ha risposto sottolineando la natura evidente di ciò dovuta alle sanzioni contro la Russia. The Moscow Times in un articolo intitolato “La Russia vede le sanzioni nella subdola sospensione della Bulgaria del South Stream“, afferma che: “La decisione della Bulgaria di sospendere la costruzione del gasdotto della Russia South Stream sul suo territorio, minando gli sforzi della Russia di diversificare dall’Ucraina le infrastrutture di trasporto del gas verso l’Europa, è una subdola spinta occidentale delle sanzioni economiche alla Russia, hanno detto un alto diplomatico russo e analisti del settore russi”. L’articolo sottolinea inoltre che una volta che il gasdotto South Stream sarà completato ridurrà l’importanza dell’Ucraina quale punto di transito del gas russo per l’Europa occidentale. Sembra che le azioni contro South Stream siano volte almeno a ritardare il più a lungo possibile questo risultato inevitabile, mantenendo una leva finanziaria mentre l’occidente fatica a consolidare il potere del suo vacillante regime-fantoccio a Kiev. Da parte della Bulgaria, non solo ha violato le sanzioni degli Stati Uniti alla Russia scegliendo una società russa per la costruzione del gasdotto, ma sembra desiderosa di risolvere gli ostacoli giuridici opportunamente fissati durante la crisi ucraina, per completare il gasdotto al più presto possibile.
Sfruttare il ritardo di South Stream
I piani occidentali sono sfruttare il ritardo di South Stream per estorcere concessioni dalla Russia e da coloro che vi lavorano. Inoltre, il ritardo aiuterà a preservare i vantaggi dei monopoli attuali ucraini sul trasporto del gas naturale russo verso l’Europa occidentale. Per garantire la massima leva finanziaria, l’occidente pone suo personale chiave nel settore energetico dell’Ucraina, oltre a puntellare il regime di Kiev. Forse più indicativo dell’illegittimità globale e della natura criminale dell’attuale azione di UE-NATO è la nomina di Hunter Biden, figlio del vicepresidente Joseph Biden, a membro del consiglio di amministrazione del colosso energetico ucraino Barisma. La nomina nepotistica di Biden Jr. non si pone laddove il conflitto di interessi inizia o termina. Biden Jr. è stato anche direttore del Fondo Nazionale per la Democrazia (NED), controllata da National Democratic Institute (NDI) del dipartimento di Stato degli Stati Uniti. Il NED/NDI ha svolto un ruolo noto nella costruzione dei partiti di opposizione in Ucraina prima delle cosiddette proteste “Euromaidan” e certamente ha costruito la cosiddetta “rivoluzione arancione” in Ucraina nel 2004. Ultimamente è stata “osservatore elettorale” che ha approvato i seggi in Ucraina, dove intere province non votarono, ad est, e i partiti di opposizione non hanno potuto fare una campagna ad ovest, mentre i bombardamenti aerei delle città del Paese erano in corso. In effetti, il NDI di Biden Jr. ha rovesciato un governo prima di farsi nominare direttore della più grande società energetica della nazione colpita; un conflitto di interessi da capogiro. Assieme all’agenda statunitense volta a ridurre l’influenza della Russia nel mercato energetico europeo, tale conflitto di interessi diventa di una scorrettezza evidente e componente dell’agenda occidentale volta ad accerchiamento e contenimento della Russia. Resta da vedere quanto sarà il ritardo South Stream e quant’altro faranno UE, NATO e un’Ucraina apertamente eterodiretta da regimi e industrie stranieri, perseguendo l’obiettivo dichiarato dal segretario Kerry di affrontare la Russia. Per nazioni come la Bulgaria, il prezzo della propria sovranità entrando nell’Unione europea può ora essere acutamente sentito. La Bulgaria non può perseguire i propri interessi a causa del diktat di Bruxelles, in nome di interessi particolari che operano oltre i confini e in disprezzo assoluto di pace e prosperità del popolo bulgaro. Si tratta di un monito alle altre nazioni che cercano di entrare in simili “comunità” sovranazionali, in particolare l’ASEAN/AEC del Sud-Est asiatico.
Il chiaro intento di NATO ed Unione europea d’”integrare” tutta l’Europa, compresa la Russia, nel loro ordine geopolitico, anche con la forza se necessario, il loro abuso del quadro giuridico dell’UE imponendo sanzioni alla Russia e nepotismo palese, così come ostacolare il completamento di progetti chiaramente vantaggiosi per gli Stati membri, rivela un ordine politico di grave criminalità slegato dal diritto e un netto ed attuale pericolo per la stabilità globale. Per coloro che nell’Ucraina orientale subiscono raid aerei, sbarramenti di artiglieria e l’assalto della “guardia nazionale” meccanizzata composta da neo-nazisti, l’instabilità è già una mortale realtà quotidiana.
Tony Cartalucci ricercatore e scrittore di di geopolitica di Bangkok, per la rivista online “New Oriental Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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L’ISIS e il piano di Wall Street per la guerra settaria

giugno 27, 2014 Lascia un commento

Caleb Maupin New Oriental Outlook 27/06/2014
In Siria, una campagna terroristica è in corso dal 2011. Oltre 150000 persone sarebbero già state uccise. Milioni di persone sono sfollate, costrette a divenire dei rifugiati, in Siria o nei Paesi limitrofi. Dall’inizio di tale campagna insurrezionale contro la Repubblica araba siriana, i terroristi hanno avuto il sostegno nei loro sforzi da regimi filo-USA come Turchia, Qatar, Giordania e Arabia Saudita, nonché direttamente dagli Stati Uniti. Gli Stati del Golfo, allineati agli Stati Uniti, non hanno contestato l’armamento e il sostegno ai gruppi ribelli armati. Il Regno dell’Arabia Saudita, in particolare, ha invocato il rovesciamento violento della Repubblica araba siriana. La maggior parte dei gruppi di insorti che combattono contro il governo siriano è formata da fanatici sunniti. Parlano di creare un “califfato” in Siria e di punire, se non sterminare, tutti coloro che praticano religioni diverse come cristiani, alawiti e sciiti. Il gruppo terrorista Stato Islamico dell’Iraq e Siria (ISIS), ora sotto i riflettori dei media mondiali, non s’è semplicemente materializzato dal nulla. Ha operato in Siria per lungo tempo, impegnandosi in una campagna di violenze e terrorismo insieme ad altri gruppi di insorti, come il Fronte al-Nusra e l’Esercito libero siriano. Recentemente, il governo siriano ha arrestato diversi combattenti dell’ISIS giunti in Siria anche dalla Malesia.
ISIS e Casa dei Saud
Quando i funzionari statunitensi descrivono i ribelli siriani che ricevono finanziamenti e armi dagli USA, sono sempre chiamati “opposizione”, “militanti”, “rivoluzionari” o qualche altro eufemismo colorato. Parole come “terrorista” non vengono utilizzate. I media occidentali hanno sempre rappresentato il governo siriano come il cattivo, e spesso descritto gli insorti come rivoluzionari romantici. Ora che un particolare gruppo terroristico, l’ISIS, è entrato in Iraq e sequestrato gran parte del suo territorio, i funzionari statunitensi improvvisamente cominciano a parlarne con ostilità. Obama ha annunciato l’invio di consiglieri militari statunitensi in Iraq per aiutare il governo iracheno, guidato da Nuri al-Maliqi, nella lotta all’ISIS. Il presidente iracheno Nuri al-Maliqi ha dichiarato apertamente che l’Arabia Saudita sostiene l’ISIS e l’ha perciò duramente condannata. I tentativi della stampa occidentale di “confutare” la sua affermazione sono ridicoli, i suoi articoli affermano che il governo saudita non ha inviato direttamente armi all’ISIS, basandosi solo sulle dichiarazioni dell’Arabia Saudita, che dicono proprio ciò. Eppure, anche coloro che difendono i sauditi sottolineano che la maggior parte del grande budget dell’ISIS deriva da “donatori” sauditi e di altri Stati del Golfo allineati agli Stati Uniti. Il fatto che il denaro saudita sia alla base del terrorismo dell’ISIS in Siria e Iraq non è contestato. Tutta la controversia riguarda se i fondi del terrorismo provengono dalla tesoreria dello Stato saudita, o semplicemente da generosi mecenati privati. Gli articoli sembrano dimenticare che il Regno dell’Arabia Saudita è un’autocrazia assoluta. Se la Casa dei Saud disapprovasse le donazioni a ISIS, potrebbe facilmente fermarli per decreto e farli rispettare con la minaccia di morte. La ragione per cui i media occidentali sono fortemente motivati a “confutare” la realtà del denaro saudita diretto all’ISIS, è dovuta al fatto che l’Arabia Saudita non è un attore geopolitico indipendente. L’Arabia Saudita è direttamente responsabile nei confronti degli Stati Uniti. Il petrolio saudita è controllato dalle multinazionali petrolifere statunitensi. L’Arabia Saudita riceve milioni di dollari in aiuti statunitensi. L’Arabia Saudita ha ora il quarto budget militare sulla terra, secondo il recente rapporto del SIPRI, e le armi sono acquistate quasi esclusivamente negli Stati Uniti. L’uso dell’Arabia Saudita da intermediario finanziario dei terroristi allineati agli Stati Uniti non è nuovo. L’Arabia Saudita fu fondamentale nel trasferire fondi agli insorti filo-USA in Afghanistan mentre combattevano contro il Partito Democratico del Popolo e l’Unione Sovietica. L’Arabia Saudita aiutò l’amministrazione Reagan a finanziare i terroristi ribelli nel lontano Nicaragua, nella loro lotta contro i sandinisti. Il sostegno saudita all’ISIS, come tutte le attività saudite, non è un’azione geopolitica indipendente. Il sostegno saudita all’ISIS è solo il supporto indiretto degli Stati Uniti all’ISIS.
Chi vuole la guerra settaria?
In questo preciso momento, sui campi di battaglia dell’Iraq, due gruppi armati appoggiati dagli Stati Uniti si sparano usando armi e munizioni made in USA. La situazione in Iraq, da quando l’ISIS ha iniziato l’insurrezione, è diventata assai più violenta rispetto ai mesi precedenti. L’instabilità ha spinto altri gruppi della società irachena a combattere il governo Maliqi, tra cui anche il deposto partito Baath. Perché gli Stati Uniti ora inviano consiglieri militari in Iraq, con la pretesa di sostenere il governo iracheno, mentre sostengono indirettamente anche l’ISIS? Non è irrazionale stare con entrambi i lati di un conflitto? Se il conflitto in Iraq distruggesse i quartieri residenziali Hamptons di New York, i pozzi di petrolio in Texas o altri beni di valore dei ricconi che decidono la politica degli Stati Uniti, sarebbe davvero irrazionale perpetuare un conflitto armando entrambe le parti. Ma questo non è il caso, tuttavia. Nella guerra scoppiata ora in Iraq, come in tutti i combattimenti dal 2003, non sono i quartieri dei capitalisti di Wall Street ad essere distrutti, né i pozzi petroliferi dell’Exxon Mobil vengono fatti saltare in aria o messi fuori servizio. I combattimenti in Iraq non danneggiano gli interessi finanziari dei miliardari che controllano gli Stati Uniti. Piuttosto, si assicurano che non ci siano concorrenti stabili. Prima del 2003, la compagnia petrolifera statale dell’Iraq era un importante fattore nei mercati internazionali. Nel 2003, con missili da crociera, carri armati, truppe e altri mezzi di distruzione statunitensi, la compagnia petrolifera statale irachena fu rimossa dal mercato mondiale, facendo così diminuire l’offerta mondiale di petrolio. Ciò rese il petrolio delle compagnie statunitensi, che non era stato distrutto nella guerra del 2003, molto più prezioso.
Maliqi e la minaccia alla stabilità
Perché gli Stati Uniti ora cercano una grande conflitto in Iraq? La risposta è abbastanza semplice. Secondo la Reuters, l’Iraq ha prodotto 3,3 milioni di barili al giorno a giugno. Il picco delle esportazioni di petrolio iracheno dalla guerra del 2003. Nonostante il fatto che oltre un milione di iracheni sia morto dall’invasione Usa; che gran parte del Paese è ancora in rovina; che milioni di iracheni ancora vivano in miseria; per l’1% più ricco degli Stati Uniti, l’Iraq è diventato troppo stabile, esportando petrolio e riducendo il caos. Nuri al-Maliqi, il presidente iracheno, pur essendo il capo di un regime installato e sostenuto dagli Stati Uniti, ha visto questa crescente stabilità come un’opportunità per affermare l’indipendenza. Maliqi s’è avvicinato alla Repubblica islamica dell’Iran, altro Paese con una compagnia petrolifera statale concorrente degli Stati Uniti sui mercati internazionali. Dall’invasione statunitense del 2003, un gruppo di terroristi appoggiato dagli Stati Uniti, i “mujahdiin del Popolo” usa le basi in Iraq per attaccare l’Iran. Le Nazioni Unite hanno evacuato questi terroristi anti-iraniani dall’Iraq, sostenendo che il governo iracheno non adottava misure per proteggerli. Alcuni hanno persino suggerito che il governo Maliqi collaborasse con l’Iran nel difendersi da tali terroristi filo-USA. Maliqi si era anche avvicinato ai due maggiori concorrenti degli Stati Uniti sul mercato globale, la Federazione Russa e la Repubblica popolare cinese. Come se la stabilità crescente non bastasse, Maliqi osò non essere più una semplice marionetta. Agendo nel proprio interesse, non da semplice ascaro ubbidiente agli interessi dei miliardari degli Stati Uniti. Non è una sorpresa che anche gli Stati Uniti inviino consiglieri militari a sostenere il suo governo, dato che i circoli dirigenti negli Stati Uniti ne chiedono l’allontanamento.
Sterilizzare la terra con la guerra settaria
I capi degli Stati Uniti non vogliono sostituire Maliqi con un leader più affidabile e responsabile, che possa eliminare l’ISIS e costruire un Iraq pacifico e stabile. I miliardari che gestiscono gli Stati Uniti desiderano sostituire Maliqi con bombe, cecchini, rapimenti, decapitazioni e signori della guerra che si combattono per il potere. Finanziano e armano il governo iracheno, e garantiscono che il denaro saudita continui a finanziare l’ISIS, così che i massacri possano degenerare. Dei Paesi vittime dell’aggressione militare degli Stati Uniti, nessuno è divenuto “più sicuro”. La Libia una volta aveva una compagnia petrolifera statale prima esportatrice in Africa. In Libia, i profitti del petrolio furono usati per sovvenzionare cibo, alloggio e istruzione per la popolazione, garantendo i più alti standard di vita nel continente africano. Ora la Libia è in rovina. Le bombe della NATO non hanno sostituito Gheddafi con “un governo di transizione pacifico”, ma con i signori della guerra in lotta per il potere tra povertà e caos. L’Afghanistan non è “più stabile”, dalla rimozione dei taliban per mano degli Stati Uniti. Il Paese è sommerso da violenza e caos. I campi di papavero che i taliban una volta bruciarono, sono stati restaurati e il caos dei cartelli dell’eroina è oggi un fattore importante nella vita afghana. La campagna di violenze che gli Stati Uniti hanno scatenato in Siria non porta a “libertà e democrazia”. Il Paese è invece finito in una crisi catastrofica, con milioni di rifugiati e forze religiose radicali che massacrano civili inermi e chiunque altro. Tutti i Paesi attualmente presi di mira dagli Stati Uniti hanno un fattore comune: lo sviluppo economico indipendente. Il Venezuela è guidato da socialisti bolivariani. Cuba, Cina e Corea popolare sono guidati dai comunisti. Siria e Federazione russa hanno governi laici guidati da nazionalisti. Il governo della Repubblica islamica iraniana è profondamente religioso. Ma tutti questi governi hanno osato sviluppare un’economia indipendente. Hanno cercato di costruire le proprie economie, e competere con Wall Street e Londra nei mercati globali e, indipendentemente dalla loro volontà, sono stati dichiarati nemici dagli Stati Uniti. L’Iraq di Sadam Husayin fece anche questo. Sadam Husayn fu sostenuto dagli Stati Uniti quando attaccò l’Iran ed usò armi chimiche contro il popolo iraniano. Ma presiedette anche un Paese stabile che esportava petrolio in concorrenza con Wall Street. Il suo rovesciamento con l’invasione militare statunitense ha reso l’Iraq un posto miserrimo. Ora, mentre un minimo di stabilità torna nel Paese, la guerra settaria dell’ISIS viene avviata. La speranza di Wall Street e Londra è che presto gli iracheni, sunniti e sciiti, si uccidono a vicenda in un bagno di sangue che possa diffondersi in tutta la regione. Come l’impero romano, che sparse il sale sulla terra dopo aver sconfitto Cartagine, gli Stati Uniti vogliono assicurarsi che nulla di stabile, pacifico od economicamente prospero possa mai emergervi.
Caleb Maupin analista politico e attivista di New York. Ha studiato scienze politiche presso il Baldwin-Wallace College ed è stato ispirato e coinvolto nel movimento Occupy Wall Street, per la rivista online “New Oriental Outlook“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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Brzezinski capovolto: il dilemma finale eurasiatico

giugno 26, 2014 4 commenti

Andrew Korybko (USA) Oriental Review 22 giugno 2014
Introduzione
Un cambiamento globale nella strategia degli Stati Uniti è attualmente in corso, con gli USA che passano da ‘gendarme del mondo’ a mandante criminale. Questo cambiamento fondamentale comporta essenzialmente che gli Stati Uniti passino dalle grandi operazioni militari offensive alle forze stay-behind difensive. Parte di tale trasformazione è la riduzione militare convenzionale e sua sostituzione con forze speciali e agenti d’intelligence. Anche le compagnie militari private (PMC) occupano un ruolo maggiore nella grande strategia degli Stati Uniti. Naturalmente, ciò non vuol dire che gli Stati Uniti non hanno più la capacità o la volontà di aggredire, per nulla, ma che la strategia in evoluzione degli Stati Uniti preferisce un approccio più indiretto e nefasto alla proiezione di potenza, superando invasioni e bombardamenti di massa. Così seguendo il consiglio di Sun Tzu che scrisse che, “la suprema eccellenza consiste nel spezzare la resistenza del nemico senza combattere“. Il risultato è una miscela di rivoluzioni colorate, guerre non convenzionali ed interventi di mercenari evitando l’uso diretto delle truppe degli Stati Uniti e basandosi sull’ampio coinvolgimento dei fantocci regionali. Ciò si traduce nella promozione della politica statunitense attraverso metodi obliqui e il mantenimento della relativa negazione plausibile. È importante sottolineare che l’assenza di forze convenzionali sia pensata per ridurre il rischio di un confronto diretto tra Stati Uniti e Russia, Cina e Iran, gli obiettivi primi di tali guerre per procura. Il piano di destabilizzazione strategico e di fratturazione eurasiatico deve la sua genesi a Zbigniew Brzezinski e al suo concetto dei Balcani eurasiatici. Gli Stati Uniti sono flessibili nel praticare questo concetto, che non si ferma finché la destabilizzazione incontra un ostacolo e non può avanzare. In questo caso, come in Ucraina, Siria e Iraq e forse presto nel Mar Cinese Meridionale, lo stratagemma evolve massimizzando il caos negli Stati trampolino posizionati sulla soglia delle potenze eurasiatiche. L’idea è creare “buchi neri” del disordine assoluto in cui Mosca, Pechino e Teheran siano “dannati se intervengono, dannati se non intervengono”. Idealmente, gli Stati Uniti preferiscono che i loro obiettivi siano risucchiati in un pantano che li esaurisca e li destabilizzi, come nella guerra sovietico-afgana che Brzezinski tramò oltre 30 anni fa. Lontano dall’espansione dei Balcani eurasiatici e ritornando alle radici dell”anarchia afgana’, si ha la natura del Brzezinski capovolto, che pone nella trappola del dilemma finale le potenze eurasiatiche.
Il prototipo afgano
L’esperienza degli Stati Uniti nell’addestrare e armare i mujahidin per scatenare e gestire la guerra sovietico-afgana, può essere considerata la prima incursione della strategia del mandante. Gli Stati Uniti cooperarono con Pakistan e altri Stati islamici diffondendo il caos in Afghanistan (anche creando l’organizzazione mercenaria internazionale al-Qaida), destabilizzando strategicamente, in modo così allettante, l’Unione Sovietica da non potere resistere alla sollecitazione ad intervenire. Obiettivo ultimo dal successo clamoroso e anche culmine delle guerre per procura della Guerra Fredda, che modificò nettamente l’equilibrio del potere internazionale del momento. Fu un tale successo che venne accreditato come uno dei fattori che contribuirono alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. Ciò alterò l’equilibrio del potere globale e portò al momento unipolare degli Stati Uniti. In tale periodo, il prototipo della guerra per procura afgana non fu più ritenuto necessario poiché gli Stati Uniti avevano potere, volontà e possibilità di proiettare potenza direttamente e con forza in tutto il mondo.
Il momento unipolare dello Shock and Awe
Ubriachi di potere dopo esser usciti vittoriosi dalla guerra fredda, gli Stati Uniti iniziarono un’ondata di interventi militari con la prima guerra del Golfo. Anche se spacciata come operazione multilaterale, gli Stati Uniti furono il maggiore azionista della coalizione bellica. Nel giro di pochi anni gli Stati Uniti bombardarono le posizioni serbe in Bosnia prima di iniziare la guerra unilaterale della NATO nel Kosovo, provincia della Serbia. Fu il bombardamento della Serbia a svegliare i decisori russi sulla necessità di difendere il loro Paese da minacce future, iniziando così l’impegno a modernizzazione la propria industria della Difesa, al fine di scoraggiare un attacco diretto USA/NATO contro gli interessi russi. Tuttavia, ciò non determinò un cambio immediato, e nel frattempo il potere degli Stati Uniti era al culmine. Dopo gli attacchi terroristici del 9/11, gli Stati Uniti intrapresero l’operazione militare e successiva occupazione dell’Afghanistan, un Paese situato dall’altra parte del mondo e vicino all’Heartland dell’Eurasia. Tale massiccia espansione della potenza militare statunitense nel continente fu inedita, ma anche segnò il culmine dell’era post-guerra fredda. L’epitome del momento unipolare fu in realtà la campagna Shock and Awe del 2003 in Iraq. In quel periodo gli Stati Uniti bombardarono massicciamente l’Iraq con una dimostrazione di forza volta sicuramente a ricordarne al resto del mondo lo status di superpotenza. Inoltre distribuirono una quantità incredibile di truppe e armamenti in Medio Oriente. Ironia della sorte, i successivi costi finanziari della guerra e dell’occupazione svolsero un ruolo decisivo nel ridurre la potenza statunitense permettendo ad altri Paesi, come Russia e Cina, di affrontare la sfida e difendere dagli Stati Uniti le proprie sfere d’interesse.
I Balcani eurasiatici
Fu al centro del momento unipolare, nel 1997, che Brzezinski, autore di “La Grande Scacchiera”, definì le priorità geostrategiche degli Stati Uniti in Eurasia e come raggiungerli al meglio. Postulò l’indispensabilità per gli Stati Uniti di un’influenza dominante sull’Eurasia, e che la via migliore perciò fosse impedire la collusione tra Russia e Cina. La ‘balcanizzazione’ strategica delle società del continente eurasiatico è un mezzo cardine per destabilizzare l’intero continente. Nella sua conclusione logica, prevede di creare un’ondata di anarchia etnica, religiosa e politica che può schiantare e smembrare le civiltà di Russia, Cina e Iran. Per certi aspetti, le guerre statunitensi in Afghanistan e Iraq e le loro conseguenze caotiche, possono essere viste come dettate dalla filosofia di tale principio. Gli Stati Uniti hanno anche storicamente intrapreso operazioni di cambio di regime come metodo per diffondere la destabilizzazione continentale facendo penetrare la potenza occidentale in Eurasia.
Cambio di regime
Il cambio di regime è sempre stato una caratteristica della politica estera statunitense, dal rovesciamento segreto del governo siriano nel 1949. Da allora, la CIA avrebbe rovesciato o tentato di rovesciare più di 50 governi, anche se l’ammise solo in 7 casi. Il cambio di regime può essere diretto o indiretto. Del primo caso vi sono gli esempi di Panama nel 1989 o Iraq nel 2003, mentre del secondo vi sono il colpo di Stato iraniano del 1953 o le rivoluzioni colorate. Come evidenziato dal recente colpo di Stato ucraino, il cambio di regime oggi può essere svolto al modico costo di soli 5 miliardi di dollari, una frazione della spesa richiesta per rovesciare direttamente Janukovich e invadere il Paese. Inoltre, a seguito delle circostanze internazionali e della rinascita della potenza militare russa, era impossibile agli Stati Uniti farlo senza rischiare una grande guerra. Pertanto, le operazioni segrete di cambio di regime sono preferibili quando gli interessi di altre grandi potenze sono in gioco. E’ assai importante che la nuova dirigenza sia percepita legittima dalla comunità internazionale dopo il colpo di Stato. Dato che la democrazia occidentale è vista come elemento standard di un governo legittimo, le rivoluzioni colorate pro-occidentali sono il metodo ottimale di cambio di regime negli Stati presi di mira che oggi non praticano tale forma di governo.
Rivoluzioni colorate
Le rivoluzioni colorate sono colpi di Stato filo-occidentali eterodiretti. In particolare utilizzano social media e ONG per infiltrare la società, ingrossare i ranghi ed espanderne l’efficienza dopo l’avvio dell’operazione di cambio di regime. In genere manipolando grandi masse si crea l’illusione di un vasto movimento popolare di scontenti che si sollevano contro una dittatura tirannica. Tale percezione fuorviante consente al tentativo di colpo di Stato di avere ampio sostegno e l’accettazione dalla comunità occidentale, denigrando le legittime autorità che cercano di opporsi al rovesciamento illegale. Le masse manipolate sono trascinate per le piazze soprattutto tramite le tattiche di Gene Sharp, che con destrezza cercano di amplificare i movimenti di protesta sociale al massimo possibile. Tale nuovo metodo di guerra è estremamente efficace perché presenta un dilemma sorprendente per la leadership dello Stato interessato, usare la forza contro i manifestanti civili (de facto scudi umani inconsapevoli manipolati politicamente), per colpire il nucleo estremista tipo Pravyj Sektor? E sotto gli occhi dei media occidentali che seguono gli sviluppi, il governo può permettersi d’essere isolato dalla comunità delle nazioni, se si difende legalmente? Così, le rivoluzioni colorate presentano la strategia da Comma-22 al governo preso di mira; non è quindi difficile capire perché si siano diffuse nello spazio post-sovietico e oltre, sostituendo i ‘tradizionale’ colpi di Stato della CIA, divenendo il modus operandi occulto del cambio di regime.
Verso la strategia del mandante e la sua accettazione ufficiale
Le convenzionali (forti) strategie di cambio di regime (Panama, Afghanistan, Iraq) erano possibili in un mondo unipolare, ma con il momento unipolare che svanisce, gli Stati Uniti sono costretti a riavviare il modello del mandante con cui già flirtarono durante la guerra sovietico-afgana. La prima indicazione ufficiale che gli Stati Uniti passavano a tale strategia fu il loro comportamento nella guerra di Libia del 2011, dove usarono per la prima volta la tattica del mandante. Ciò fu seguito dall’allora segretario alla Difesa Robert Gates, nel discorso finale in cui implorò gli alleati della NATO a fare di più per aiutare gli Stati Uniti nell’affrontare le sfide globali. Fu quindi evidente che gli Stati Uniti non erano più entusiasti del “far da sé”, come prima, né sembravano disposti a porre l’ultimatum “siete con noi o contro di noi”. L’indicazione che la potenza statunitense declinava relativamente davanti le altre grandi potenze, fu formalmente indicata dal National Intelligence Council del 2012. Nella sua pubblicazione “Global Trends 2030“, scrisse come gli Stati Uniti saranno “primus inter pares” perché “il ‘momento unipolare’ è finito e la ‘Pax Americana’, l’era della supremazia statunitense nella politica internazionale iniziato nel 1945, si esaurisce rapidamente”. Chiaramente, in un ambiente così competitivo, l’unilateralismo aggressivo sarà sempre più difficile da attuare senza rischiare conseguenze. Quest’ulteriore dato diede impulso alla strategia del modello del mandante nell’attuazione dei piani militari statunitensi. Infine, il presidente Obama istituzionalizzò il modello del mandante parlando a West Point a fine maggio. Nel suo discorso sottolineò che “l’America deve dirigere la scena mondiale… ma che l’azione militare degli Stati Uniti non può essere l’unica, o addirittura prima, componente della nostra leadership in ogni caso. Solo perché abbiamo il miglior martello non significa che ogni chiodo sia un problema“. Ciò fu interpretato come se gli Stati Uniti abbandonassero formalmente l’unilateralismo del ‘fare da sé’ salvo in circostanze eccezionali. A questo punto, è evidente che gli Stati Uniti hanno mostrato definitivamente l’intenzione di scambiare il posto di poliziotto mondiale con quello di mandante occulto. Illustra ulteriormente tale punto la trasformazione sociale e politica regionale che gli Stati Uniti hanno immaginato con la Primavera araba, che non sarebbe riuscita come azione unilaterale. Pertanto, il 2011 rappresenta la fine ufficiale del momento unipolare e l’inizio dell’era del mandante, e l’adattamento dei militari statunitensi al mondo multipolare.
Le improvvisazioni siriana e ucraina
Siria e Ucraina rappresentano improvvisazioni tattiche delle strategie del mandante e dei Balcani eurasiatici. L’ibrido risultante presenta la prima indicazione di ciò a cui somiglia il nuovo approccio alla guerra degli Stati Uniti. Cominciando con la Siria, la guerra segreta degli Stati Uniti rientra nei piani per la trasformazione della regione con la Primavera araba. A differenza di Tunisia, Egitto o Yemen, le autorità siriane hanno resistito con fermezza al tentativo di rivoluzione colorata grazie al notevole sostegno popolare e alla legittimità tra la popolazione. Ciò era un ostacolo all’attuazione del modello del mandante appena lanciato in Libia (pseudo-rivoluzionari aiutati dai raid aerei occidentali). Considerando che in Libia ampi segmenti della società erano precariamente tenuti insieme dalla personalità e dal governo di un singolo individuo, in Siria la situazione era completamente diversa. La Siria ha una identità civile, mentre la Libia ha solo un’identità nazionale (anche se Gheddafi cercava di far evolvere tale identità a livello continentale africano, prima di essere rovesciato e ucciso). Tuttavia, poiché un forte sostegno popolare ha reso estremamente difficile ‘balcanizzare’ la Siria allo stesso modo della Libia, gli Stati Uniti dovettero improvvisare la propria strategia ed adattarsi a questo ostacolo. Gli Stati Uniti così optarono per la strategia del mandante indiretto, contribuendo a reclutare, addestrare, armare e dispiegare mercenari islamici in Siria, utilizzando la Turchia come ascaro regionale grazie ai mutui interessi. Ankara ha l’ambizione di ripristinare l’impero ottomano anche se rimodellato e quindi era l’alleato più attivo degli Stati Uniti nel destabilizzare la Siria. Quando l’ibrido rivoluzione colorata/eterodiretta non era evidentemente sufficiente a rovesciare il governo siriano, gli Stati Uniti passarono alla strategia della guerra non convenzionale. Pertanto, il contributo dell’esperienza siriana alla nuova strategia di guerra degli Stati Uniti fu dare ai gruppi mercenari addestrati dagli occidentali un ruolo maggiore nel promuoverne sul campo gli obiettivi. Tale principio viene applicato con alterne fortune in Ucraina dopo il colpo di Stato contro Janukovich. Prima gli Stati Uniti avevano ancora una volta lanciato la loro ibrida rivoluzione colorata/eterodiretta, salvo che in questo caso la Polonia ha sostituito la Turchia come potenza egemone regionale nella destabilizzazione del vicino. Indipendentemente da ciò, vi sono molte somiglianze strutturali, ma a differenza di Assad che ha coraggiosamente resistito alla guerra combattuta contro di lui, Janukovich capitolò e fu rovesciato rapidamente. A questo punto, il popolo di Crimea e del Donbass si oppone ai golpisti cominciando a far valere i propri diritti umani. Mentre la Crimea ha avuto successo nel rapido ricongiungimento con la Federazione russa (grazie a circostanze storiche uniche e alla demografia), il Donbas ha dovuto condurre una lunga lotta di autodeterminazione. In questa lotta gli Stati Uniti importano la loro strategia siriana in Ucraina. Mercenari occidentali, agenti della CIA e dell’FBI, consiglieri militari e oltre 50 milioni di dollari sono stati inviati alla giunta per aiutarla a reprimere la ribellione orientale. Il fatto che le improvvisazioni apprese durante la destabilizzazione siriana siano ripetute in un altro teatro, conferma che gli Stati Uniti hanno sviluppato un nuovo approccio alla guerra.
Brzezinski capovolto e le insidie eurasiatiche
Le guerre segrete condotte dagli Stati Uniti in Siria e Ucraina sono parte integrante della più ampia strategia dei Balcani eurasiatici. Idealmente, la logica del mandante è diffondere la destabilizzazioni come un incendio in una foresta arida, fagocitando Iran (con la Siria e il flusso di mercenari in Iraq) e Russia (Ucraina). Questo pio desiderio è subito fallito quando la Siria e il popolo di Crimea e del Donbas hanno resistito. Per estensione, Iran e Russia coprono i loro interessi nelle rispettive sfere, comprendendo che il successo della politica estera degli Stati Uniti potrebbe costituire una minaccia esistenziale. Così, con la destabilizzazione relativamente contenuta, la strategia inversa di Brzezinski viene respinta. Gli Stati Uniti hanno cercato di capitalizzare il caos in Siria e Ucraina, per creare “buchi neri” in cui risucchiare Iran e Russia. Scientificamente parlando, un buco nero è formato da una stella collassata, per far sì che tale metafora sia rapidamente trapiantata nella geopolitica, si guardi al caos balcanizzato formato da uno Stato fallito (o parti di essi). La Siria non è crollata, ma parti del Paese rimangono al di fuori del controllo del governo legittimo. L’Iraq si avvicina allo status di Stato quasi fallito, i cui problemi possono rappresentare una pericolosa minaccia per l’Iran. Allo stesso modo, l’Ucraina è uno pseudo-Stato fallito, e gli eventi che genera sono un pericolo significativo per la Russia. In entrambi i casi, accade che i buchi neri si formano in alcune parti della Siria, della maggior parte dell’Iraq e in Ucraina, la cui attrazione gravitazionale è la destabilizzazione e il caos che possono facilmente aspirare Iran e Russia. Dopo tutto, Iran e Russia hanno i legittimi interessi di sicurezza nazionale messi in pericolo dalle azioni degli USA nelle vicinanze, e la tentazione potrebbe essere troppo grande per astenersi da un coinvolgimento. Ciò rende le situazioni in Siria/Iraq e Ucraina delle insidie eurasiatiche per intrappolare Iran e Russia. Russia e Iran sono obiettivi del Brzezinski capovolto, perché gli Stati Uniti hanno già importanti infrastrutture e influenza nelle loro vicinanze (NATO e basi nel Golfo). Ciò facilita la direzioni di tali grandi operazioni segrete. Una struttura simile non è ancora pronta nel Sudest asiatico, ma potrebbe presto apparire dopo il Pivot in Asia degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti hanno infrastrutture e influenza in Asia nordorientale, ma il sud-est asiatico rappresenta il ventre molle di Pechino. In futuro gli Stati Uniti potranno utilizzare le lezioni di Siria/Iraq e Ucraina per costruire una trappola ancora più allettante contro la Cina, o forse riuscire a mettere Russia e Iran ‘fuori gioco’, e una sistemazione sarebbe possibile con la Cina, consolidandola in una posizione asservita. Allo stesso modo, se gli Stati Uniti avessero successo nella destabilizzazione su larga scala dell’Asia centrale, dopo il ritiro afgano, un mega-buco nero regionale potrebbe svilupparsi aspirando contemporaneamente Russia, Cina e Iran. Sarebbe il colpo di grazia della pianificazione eurasiatica statunitense e rappresenterebbe il raggiungimento dell’obiettivo strategico della Grande Scacchiera.
Riflessioni conclusive
Compiendo una svolta completa Brzezinski è tornato ai suoi principi fondamentali, attirare gli avversari degli USA in impegni strategici da cui non poter ritirarsi. La sua istigazione della guerra sovietico-afgana con i mujahidin addestrati e armati dalla CIA, prima dell’intervento sovietico, non deve mai essere dimenticata. Il concetto dei Balcani eurasiatici ha ampiamente oscurato tale capitolo del passato di Brzezinski, ma ciò non significa che non sia meno importante per la dottrina strategica statunitense contemporanea. Mentre il momento unipolare degli Stati Uniti si avvicina al crepuscolo, l’alba dell’era multipolare è dietro l’angolo. Ciò richiede un cambio fondamentale del precedente modello offensivo degli Stati Uniti in Eurasia, e quindi il rilancio della strategia del mandante. Per accentuare il fatto che tale strategia sia attualmente utilizzata dai vertici statunitensi, si deve andare oltre i casi di Siria e Ucraina. Questi due campi di battaglia sono i fronti dichiarati di tale strategia, essendo i test in tempo reale per perfezionare tale idea. Le recenti dichiarazioni dimostrano che l’obiettivo principale degli Stati Uniti è attirare Russia e Iran nei pantani eurasiatici di Ucraina e Siria/Iraq. Brzezinski stesso ha detto che gli USA devono armare direttamente Kiev, al fine di bloccare tutte le forze russe d”invasione’ che è convinto essere sul punto di attraversare il confine. Egualmente, gli Stati Uniti ora parlano di ‘collaborare’ con l’Iran per sconfiggere il SIIL filo-occidentale in Iraq. Il pensiero va ai raid aerei statunitensi che coprirebbero le offensive della Guardia Rivoluzionaria iraniana (in coordinamento con l’esercito iracheno), ma in realtà ciò permetterebbe agli Stati Uniti di scegliere quando e dove entrare in battaglia (da esterni), mentre le truppe iraniane ed irachene sarebbero usate come carne da cannone. L’offerta di cooperare non è altro che una finta per ingannare gli iraniani impigliandoli nella trappola irachena. Il “reset iraniano” è altrettanto falso del reset USA-Russia, un inganno per guadagnare tempo prezioso per montare il tradimento strategico. Mentre le insidie in Medio Oriente ed Europa orientale sono già dispiegate, la versione asiatica è ancora in sviluppo. Gli Stati Uniti devono prima completare il Pivot in Asia per completare la trappola alla Cina, tuttavia ciò non vuol dire che non siano già state testate diverse strategie. Ad esempio, la controversia vietnamita-cinese sul Mar Cinese Meridionale continua a tendersi, con accuse di aggressività da entrambi le parti. Gli Stati Uniti testano il terreno per usare i leader regionali quali partner eterodiretti, e finora sembra che il Vietnam sia in prima linea nelle riuscite manovre anticinesi. Tuttavia, poiché il Pivot in Asia è ancora in essere, può cambiare, ed è difficile prevedere esattamente quale sarà la trappola asiatica quando sarà infine dispiegata.
In conseguenza delle mutate circostanze internazionali, gli Stati Uniti hanno definitivamente abbandonato i grandi interventi militari a favore delle guerre segrete per procura con i paramilitari. La nomina di Frank Archibald a capo del National Clandestine Service (NCS) della CIA, nel 2013, è la prova dell’importanza delle operazioni paramilitari, del cambio di regime e delle rivoluzioni colorate nella strategia statunitense. Archibald partecipò alla guerra civile bosniaca e seguì la prima rivoluzione colorata in Serbia nel 2000. Quando un esperto in campagne paramilitari e rivoluzioni colorate, per inciso le prime riuscite nella storia, viene messo al vertice della NCS, allora qualsiasi movimento rivoluzionario colorato dovrebbe giustamente essere sospettato essere un’operazione della CIA, così come qualsiasi campagna paramilitare dannosa agli interessi russi, cinesi e iraniani. Mentre gli Stati Uniti riducono la dipendenza dal conflitto convenzionale, seguendo il consiglio di Sun Tzu di sconfiggere il nemico senza combattere direttamente, il nuovo approccio statunitense alla guerra è ancor più nefasto. Il padrino della guerra sovietico-afgana è tornato alle sue grandi radici strategiche, e la sua influente eredità ha portato alla creazione di due trappole eurasiatiche invitanti per Russia e Iran. Entrambi gli obiettivi prefissati furono attirati in conflitti sanguinosi quando l’Unione Sovietica finì in Afghanistan nel 1979, e siano “dannati se intervengono, dannati se non intervengono“. Quando si parla delle atrocità umanitarie e dei crimini di guerra in Ucraina, ciò è volutamente intrapreso al fine d’irritare la leadership russa e provocare una reazione militare emotiva. Mosca è ancora una volta nel mirino dello scaltro Brzezinski che l’aveva ingannata in passato, e l’Iran deve riflettere profondamente sulle conseguenze se ritornasse nel conflitto iracheno dopo lo stallo della guerra Iran-Iraq. Per concludere con il commento di Hillary Clinton in chiusura del suo libro di memorie, quando si tratta di Mosca e Teheran “il tempo per un’altra scelta difficile arriverà abbastanza presto“.
Andrew Korybko è corrispondente politico della Voce della Russia, attualmente vive e studia a Mosca, per Oriental Review.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 
Lo stato deve battere moneta. Punto.





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Disobbedienza fiscale in Sardegna





Procura della Repubblica di Oristano: “non presenterò più alcuna dichiarazione dei redditi, né pagherò più nessun genere di tributo, tassa o sanzione allo Stato italiano.”
Disobbedienza fiscale in Sardegna by marco saba


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sabato 28 giugno 2014

Maleddu: “Non pagherò più le tasse”



Paolo Maleddu: “Non pagherò più le tasse”: si autodenuncia ad Agenzia Entrate

Pubblicato il 27 giugno 2014 00:46 | Ultimo aggiornamento: 27 giugno 2014 00:46
di Redazione Blitz



Paolo Maleddu: "Non pagherò più le tasse": si autodenuncia ad Agenzia Entrate

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ORISTANO – “Non pagherò più le tasse, è ingiusto“. Paolo Maleddu si autodenuncia all’Agenzia delle Entrate e avvisa il fisco: dal 30 maggio non presenterà più la dichiarazione dei redditi e non pagherà più alcun genere di tributo, tassa o sanzione allo Stato italiano.
Maleddu, 63 anni e originario di Oristano, ha presentato un’autodenuncia alla direttrice dell’Agenzia delle Entrate e al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Oristano, Andrea Padalino Morichini. L’uomo è autore di alcuni libri sul sistema monetario internazionale e teorico della “Grande truffa” dei banchieri per indebitare i popoli e appropriarsi delle loro ricchezze oltre che attivista di movimenti indipendentisti e di comitati antisfratto, antitasse e anti Abbanoa.
Nella denuncia di sette pagine protocollata il 5 giugno scorso alla cancelleria della Procura, Maleddu spiega che non intende in alcun modo sfuggire ai suoi doveri di cittadino, ma che anzi vuole contribuire a fare chiarezza su un sistema di emissione monetaria basato sulla frode ai danni di cittadini inconsapevoli.

E comunque mette le mani avanti spiegando che di fronte a “nuove vessatorie ingiunzioni fiscali non dovute” si vedrà “costretto a procedere direttamente nei confronti della persona fisica che si prenderà la responsabilità di firmare gli atti chiedendo un adeguato risarcimento per i danni materiali e spirituali, passati e futuri, ingiustamente subiti”.


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9 ore fa


MARINE LE PEN: "L'ALIBI DELLA CRISI CHE AVETE CREATO SERVE A SOTTOMETTERE LE NAZIONI.

DITE CHE PER USCIRE DALLA CRISI SERVE PIÙ EUROPA ESATTAMENTE COME AI TEMPI DEL COMUNISMO SI DICEVA AL POPOLO CHE PER RISOLVERE I PROBLEMI SERVIVA PIÙ COMUNISMO"

http://youtu.be/mRPOzV2V0dA


Marine Le Pen: "L'Alibi Della Crisi Che Avete Creato, Serve A Sottomettere Le Nazioni"

06-07-2011 Crisi finanziaria economica e sociale misure e iniziative da adottare (discussione)









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9 ore fa


Chi è Juncker, il nuovo Presidente della Commissione Europea? È l'ex Governatore della Banca Mondiale.
In un Europa governata da multinazionali e banchieri l'Inghilterra se ne vuole andare, mentre noi con Renzi sempre più servi


http://www.ilnord.it/c-3202_LINGHILTERRA_A_UN_SOLO_PASSO_DALLUSCITA_DALLA_UE_SCRIVE_IL_FINANCIAL_TIMES_VIA_DA_QUESTA_UE_SCRIVE_IL_TIMES

''L'INGHILTERRA A UN SOLO PASSO DALL'USCITA DALLA UE'' SCRIVE IL FINANCIAL TIMES. ''VIA DA...
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''L'INGHILTERRA A UN SOLO PASSO DALL'USCITA DALLA UE'' SCRIVE IL FINANCIAL TIMES. ''VIA DA QUESTA UE'' SCRIVE IL TIMES! - I fatti e le opinioni del Nord - ilnord.it












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Ieri


includendo l'aumento del 12% del bollo auto (che non è ancora definitivo) le tasse e i balzelli imposti dal governo Renzi sono dieci

http://www.liberoquotidiano.it/news/economia/11637521/Governo--10-tasse-in-4.html


Governo, 10 tasse in 4 mesi: dall'Imu all'Irap, tutti i record di Renzi - Libero Quotidiano
www.liberoquotidiano.it

Sabato il premier Matteo Renzi ha annunciato (non è la prima volta) per il prossimo anno l’entrata in vigore del quoziente familiare. In poche parole, più figli meno tasse. In realtà, dal 17 febbraio a oggi,...

 
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Divieto contante, ecco cosa c?è dietro la scusa della lotta all?evasione fiscale - Economia - Investireoggi.it

per capire da 3 anni è guidato questo paese .. volevi dire dal 1992 , dall'ultima svendita .. ? Dal 1946 inizio della repubblica ? Oppure dal 1861 .. monarchia del regno .. ? Oppure dal 1776 o ancora prima 1693 ? Vogliamo esagerare ? da 2000 anni a questa parte grossomodo ? L'uso del pos con le carte al posto del denaro [ pur se banconota che è quel che è .. ] implica lo spostamento di numeri fittizi tra l'impero delle banche e sottintende pieno potere e totale controllo su tutto dello stesso impero delle banche .. ciò logicamente non è possibile .. e per l'articolo 15 dell'anonimato con funzione liberatoria del denaro senza documenti , e per la rilevanza tangibile dell'operato lavorativo e per la presa posizionale in merito al riscontro tra produzione e prodotto .. come dire , mangiatevi il pesce in foto o la pizza , provate a nutrirvi del disegno ... non si arriva vero ? Serve un riscontro da avere tra le mani che soddisfi la reale concretezza del proprio operato lavorativo , vero ? E tutte le carte pos digitalizzate di questo mondo non arrivano a riempire quel bicchiere ..
Prima o poi bisognerà seriamente affrontare questo discorso e non sarà sufficiente come risposta : fai come credi sia meglio ..
 
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IL GIORNALE TEDESCO DIE WELT SCRIVE: ''APPELLO DELL'FMI AGLI STATI UE: FATE PRELIEVI FORZOSI AI CONTRIBUENTI'' (ITALIANI)

lunedì 30 giugno 2014
Il giornale tedesco Die Welt scrive che il 22 giugno il Fondo monetario internazionale FMI ha pubblicato un nuovo appello per ricorrere a prelievi forzosi sui contribuenti, allo scopo di aiutare a pagare i debiti degli Stati.
Il FMI prepara una nuova tornata di espropri per i risparmiatori, titolava Die Welt sabato 28 giugno: “Un piano del Fondo monetario internazionale prevede che in futuro la riorganizzazione dei debiti sarà più rapida e applicata in maniera più radicale. A essere colpiti in primo luogo saranno i detentori di assicurazioni sulla vita e i fondi pensione.
Il punto fondamentale è che sarà applicata una manovra più flessibile. Questo potrebbe sembrare una buona cosa, ma la conseguenza sarà che in futuro i creditori dovranno collaborare. In Europa questi creditori sono essenzialmente detentori di polizze di assicurazione sulla vita e altre forme di fondi pensione.”
Il giornale consiglia di investire direttamente in imprese e società e non in fondi pensione e piani di assicurazione sulla vita, in quanto non sarà possibile impedire al FMI di attuare i suoi prelievi forzosi. In altre parole, per investire i propri soldi sono finiti il risparmio e la previdenza. E’ più sicura la speculazione in Borsa. Che è tutto dire.
Rimane il fatto - però - che la notizia riguardante il Fondo Monetario Internazionale che consiglia gli Stati di prelevare direttamente i soldi dei correntisti per "coprire" i colossali buchi di bilancio degli stessi Stati, è rimasta nell'ombra senza che alcun mezzo d'informazione italiano ne abbia parlato.
Il che, rende ancor più preoccupante la faccenda.
Fonte notizia: solidariteetprogres.org - che ringraziamo.

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L'ARGENTINA PAGA I DEBITI DEI ''TANGO BOND'' MA NON QUELLI IN POSSESSO DEI FONDI AMERICANI (DEFAULT:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:D:bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow::bow:
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lunedì 30 giugno 2014
BUENOS AIRES - "Argentina paga", è il titolo del comunicato ufficiale di una pubblicità a pagamento su "Repubblica" con cui il governo argentino avvisa i creditori italiani che è pronto a rimborsare gli "investitori che hanno aderito volontariamente allo scambio del debito nel
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