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Oltre al VIX, anche il CBOE Put Call Ratio lancia segnali di allerta





Oltre al VIX, anche il CBOE Put Call Ratio lancia segnali di allerta
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Come detto , il VIX è ipercompresso. Una volatilità cosi bassa è segno di massima fiducia e di minima percezione di rischio. ... Read more
 
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IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE: ''CON L'ADOZIONE DELL'EURO, COMPETITIVITA' ITALIA -5%, GERMANIA +20%'' (LEGGA, RENZI)

giovedì 19 giugno 2014
Questa volta non ci sono scuse nè dietrologie politiche euroscettiche:“La competitività in Italia sembra essere peggiorata fino al 5 per cento dopo l’adozione dell’euro, a fronte di un miglioramento in Germania di quasi il 20 per cento”. A dichiararlo un paper del Fondo Monetario Internazionale dal titolo European Productivity, Innovation and Competitiveness: The Case of Italy a firma di Andrew Tiffin e segnalato d Maurizio Giustinicchi su Scenari Economici.
“Gli Indicatori standard prezzo-competitività dell’Italia presentano un quadro misto. Sebbene la dispersione di diversi indici di competitività è una caratteristica in molti paesi europei, è particolarmente evidente in Italia, dove gli indicatori basati ULC suggeriscono regolarmente una perdita sostanzialmente maggiore di competitività rispetto ad altri indicatori basati-PPI CPI-o (Bayoumi e altri, 2011).
Utilizzando una misura basata ULC-totale-economia, la competitività in Italia sembra essere peggiorata fino al 5 per cento dopo l’adozione dell’euro, a fronte di un miglioramento in Germania di quasi il 20 per cento Utilizzando una misura basata PPI-, d’altra parte, il divario tra i due paesi è molto più stretto.”
Dopo aver spiegato come quest'approccio debba comunque essere approfondito perchè troppo semplicistico, l'Autore del paper, conclude Giustinicchi, pubblica “gli oramai noti grafici dai quali si evince che con l’Euro i tedeschi (barando) hanno fatto pagare la riunificazione germanica (e il loro attuale stato di benessere) ai paesi limitrofi in puro stile Beggar Thy Neighbour”.
Adesso siamo curiosi di sapere come replicherà il ministro dell'Economia Padoan - che proprio dall'FMI, arriva - a questa analisi che dimostra con chiarezza la follia di continuare a usare l'euro in Italia. Cosa dirà, Padoan? Anche stavolta, dopo la procedura d'infrazione decretata ieri dalla Commissione Europea ai danni dell'Italia, sarà colto da... stupore?

Fonte Notizia: Scenari Economici.it - che ringraziamo. (Citazione notizia: L'Antidiplomatico.it)

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giugno 19, 2014 Lascia un commento

Aleksandr Korolkov, RIR, 18 giugno 2014
Il Severodvinsk, della nuova classe di sottomarini nucleari multiruolo Projekt 885 Jasen, è entrato in servizio nella Marina russa il 17 giugno
La costruzione del sottomarino nucleare Severodvinsk doveva rivoluzionare la flotta sottomarina sovietica, ma per via dei problemi economici negli anni ’90, il progetto fu congelato. La caratteristica fondamentale dei sottomarini classe Jasen, che restano un programma top-secret della Difesa russa, è la sua universalità, una volta irraggiungibile per i predecessori russi o esteri.
Focus sull’universalità
Il lavoro di progettazione sul Severodvinsk terminò nel 1991, segnando la nuova era nella costruzione dei sottomarini russi. Diversamente dagli Stati Uniti, dove da quando la flotta di sottomarini nucleari nacque vi fu la spinta all’uniformità, in URSS vi furono molti sottomarini costruiti sulla base di diversi progetti, difficili da unificare e le cui funzioni spesso si sovrapponevano. Tale pratica venne abbandonata quando un sottomarino di quarta generazione iniziò ad essere sviluppato nel 1977. La decisione fu presa per avere una maggiore specializzazione in combattimento, cioè il nuovo sottomarino nucleare doveva essere agile sia nel colpire bersagli subacquei che di superficie, nonché nel lanciare missili da crociera contro obiettivi terrestri; in altre parole doveva poter adempiere praticamente a tutti i compiti che attendono alla flotta sottomarina. Per raggiungere questo obiettivo, i progettisti dei sottomarini russi ricorsero a soluzioni ingegneristiche originali. Venne deciso che i sottomarini classe Jasen non avrebbero avuto la struttura a doppio scafo dei sottomarini sovietici del momento. Tuttavia, non fu un sottomarino monoscafo come i suoi equivalenti statunitensi. Due scafi garantiscono affidabilità e galleggiabilità al sottomarino, mentre un solo scafo indica silenziosità e invisibilità. Gli Jasen sono una via di mezzo, avendo la cosiddetta architettura “uno scafo e mezzo” con una leggera carena che parzialmente copre lo scafo a pressione del sottomarino. Un’altra caratteristica tradizionale del progetto sovietico, che non fu implementato nei sottomarini classe Jasen, era la posizione dei tubi lanciasiluri a prua, laddove si trovava il potente sistema sonar Irtysh, quindi non c’era semplicemente più spazio per i siluri. Così i tubi di lancio sono stati collocati nella parte centrale del sottomarino, ad angolo rispetto alla mezzeria. Così, lo Jasen prese in prestito una soluzione costruttiva ampiamente utilizzata negli Stati Uniti.
Granat vs Tomahawk
L’arma principale del sottomarino sarà il missile supersonico antinave 3M55 Oniks (Jakhont) con una gittata di 350 km. Il lancio multiplo di 24 di questi missili potrebbe presentare un problema serio anche per il potente sistema di difesa aerea di un gruppo portaerei statunitense. I sottomarini classe Jasen saranno equipaggiati con l’equivalente russo del missile Tomahawk statunitense, il Granat, che ha una gittata di 3000 km e, proprio come la sua controparte statunitense, può avere una testata nucleare. Inoltre, il nuovo sottomarino avrà missili 3M14 Kalibr, dalla gittata di oltre 500 km, consentendo ai sottomarini Projekt 885 di effettuare massicci attacchi di alta precisione contro obiettivi a terra. Attraverso i suoi tubi lanciasiluri, il sottomarino potrà lanciare i missili antinave 3M54 Birjuza e i missili antisottomarini 91R così come deporre mine. Per l’auto-difesa, il Severodvinsk avrà speciali dispositivi di lancio per vari sistemi d’inganno, e possibilmente un sistema di difesa attiva antisiluro capace di distruggere siluri nemici con piccoli speciali antisiluri.
Nel suo libro ‘La Guerra Fredda Sottomrina’, il famoso analista navale statunitense Norman Polmar chiude il capitolo sui più recenti progetti sottomarini nucleari statunitensi e sovietici concludendo che vi sono molte prove a sostegno della tesi che i sottomarini sovietici di quarta generazione hanno raggiunto livelli in molti aspetti pari o superiori ai loro rivali statunitensi. Gli equivalenti dei sottomarini classe Jasen degli Stati Uniti sono i sottomarini multiruolo classi Seawolf e Virginia, anche se lo Jasen è destinato ad una più vasta gamma di compiti. Ecco come l’esperto militare russo Igor Korochenko elenca i compiti del nuovo sottomarino: “Primo, seguire i sottomarini strategici missilistici classe Ohio degli USA. Inoltre, eventualmente effettuare pattugliamenti operativi nelle regioni in cui la Marina russa vuole impedire la presenza di sottomarini stranieri. Allo stesso tempo, i sottomarini classe Jasen potranno lanciare missili cruise contro obiettivi terrestri, anche nel caso di conflitti locali in regioni in cui la distribuzione di una forza di terra permanente russa sia impossibile“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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wahhabismo, Washington Consensus
La curiosa vendita dell’oro ucraino all’Iraq

giugno 19, 2014 Lascia un commento

Marco Antonio Moreno El Blog Salmon 7 aprile 2014
All’alba del 7 marzo, in segreto e procedendo nel buio della notte, a Borispol, l’aeroporto di Kiev, un grosso aereo, senza distintivi e con una forte scorta armata, caricava 40 casse di lingotti d’oro della Banca Centrale ucraina. L’operazione fu annunciata dal giornale russo Iskra, inizialmente smentito dalla FED, ma l’aereo si diresse negli Stati Uniti. I media europei non ne parlano nonostante il grande sostegno al colpo di Stato e al governo ad interim del primo ministro Arsenij Jatsenjuk. Era il prezzo della “liberazione” dell’Ucraina per mano di UE e USA? 40 pallet con lingotti d’oro sono molto più delle riserve auree dell’Ucraina. Secondo il World Gold Council, nel febbraio di quest’anno l’Ucraina aveva 42,3 tonnellate di riserve auree nelle casse della banca centrale. Ogni pallet contiene 290 lingotti d’oro da 400 once, cioè 3,6 tonnellate per pallet, e a 1300 dollari l’oncia sono 150 milioni di dollari per pallet. Dieci pallet fanno 36 tonnellate di oro che ammontano a poco più di 1,5 miliardi di dollari.
1,5 miliardi
Il 25 marzo, il Financial Times informava che l’Iraq ha acquistato 36 tonnellate di oro per un valore di circa 1,5 miliardi di dollari. La Banca centrale irachena ha riferito sul suo sito web che l’oro acquistato è volto a “rafforzare la politica monetaria e la valuta (il dinaro) iracheni”. L’Iraq ha acquistato 36 tonnellate di oro, aggiungendole alle 29,8 tonnellate della riserva, al prezzo di 1,5 milioni di dollari. Ora ha 65,8 tonnellate di oro e ciò significa la promozione che vedremo sul prossimo numero di World Gold Council. Sulla mappa delle riserve auree, l’Iraq si trova ora tra Brasile, Egitto ed Indonesia. Tuttavia, anche se nessun governo ha acquistato tanto oro in una sola volta, negli ultimi tre anni, tale acquisto non ha generato reazioni sul prezzo dell’oro. Quando l’anno scorso Cipro fu costretta a vendere parte parte delle sue 13,9 tonnellate di oro delle riserve, vi furono grandi convulsioni sui mercati. Questa volta, con una operazione quasi tre volte più grande, i mercati sono calmi. Ciò forse per la segretezza con cui l’operazione è stata condotta (Reuters e Financial Times confermano l’acquisto, ma non ne indicano l’origine), e gli speculatori della City di Londra sono in stato di shock dopo le sanzioni per la manipolazione dei Tibor e Libor; i tassi di cambio e dei prezzi delle derrate e delle materie prime.
La domanda globale di oro
La domanda globale di oro è diretta da Cina e India, principali consumatori di prodotti di gioielleria, elettronica e finanziari. Come mostra questa lista della WGC, la Cina l’anno scorso ha acquistato 1066 tonnellate di oro, e l’India 975 tonnellate, anche sul mercato nero. Questa era la domanda di oro nel 2013, secondo WGC:
L’oro ucraino è stato acquistato dall’Iraq? Essendo l’Ucraina appena divenuta un satellite degli Stati Uniti, sulla giusta via della “liberazione”, e Baghdad “liberata” dagli Stati Uniti da dieci anni, è lecito sospettarlo: l’Iraq acquista oro dall’Ucraina. Ora dobbiamo vedere se l’Ucraina ha ricevuto 1,5 miliardi di dollari. Almeno, gli Stati Uniti hanno offerto una garanzia di 1 miliardo sui prestiti da concedere all’Ucraina. Secondo GoogleMaps, il viaggio in aereo da Kiev a Baghdad dura 6 ore e 55 minuti:
Come sottolineato qui, ciò che veramente dovrebbe riguardare l’Europa, e soprattutto la Germania, è la velocità con cui gli Stati Uniti spostano l’oro dall’Ucraina alla Federal Reserve o a Baghdad, e la lentezza che dimostrano nel restituire alla Germania 33 tonnellate di oro in un anno, su 1500 tonnellate custodite dalla Federal Reserve a Fort Knox. Un altro fatto non privo di significato è l’assenza d’interesse dell’Unione europea su tali informazioni e la mancanza di trasparenza nel sapere il motivo per cui, a un paio di giorni dalla presa del potere, il primo ministro ad interim Jatsenjuk s’arroga il diritto di liquidare le riserve auree del Paese. L’unica certezza è che gli ucraini sono stati espropriati delle loro riserve auree, e forse per sempre. Benvenuti nel mondo occidentale.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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giugno 20, 2014 1 commento

Dean Henderson 18 giugno 2014
Gli oligarchi e i loro gendarmi hanno sequestrato l’Ucraina mentre i ribelli islamisti del SIIS si riprendono le città in Iraq. Le nazioni BRIC, guidate dall’ancora una volta il male Putin, si preparano alla fine dell’impero finanziario anglo-statunitense. L’oligopolio di banche/energia/armi/droga dei Rothschild/Rockefeller, che ha schiavizzato l’umanità e decimato la Terra negli ultimi secoli, va a pezzi. L’arroganza e la stupidità dei sedicenti “illuminati” che operano dalla loro matrice della City di Londra, è chiara a tutti. Tornando alle truppe di Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti (EAU) entrate in Bahrayn per aiutare la petro-monarchia al-Qalifa nel reprimere le proteste pro-democrazia; tale intervento, approvato dalle potenze occidentali, rappresenta l’un ultimo tentativo di salvare il Gulf Cooperation Council (GCC), a capo del modus operandi neocoloniale che guida il regime di riciclaggio degli eurodollari di Londra, puntellando sterlina e dollaro. Ma le teste dei monarchi possono ancora cadere. I popoli delle nazioni del GCC sono in fermento, in particolare in Arabia Saudita e Bahrayn. Non a caso i i ribelli siriani finanziati dai Saud vengono inviati a destabilizzare l’Iraq. Gli sceicchi traggono beneficio quando nazionalisti come Assad vengono abbattuti dagli islamisti al soldo degli oligarchi. Gli eventi in Ucraina e la rivolta del SIIS in Iraq sono legati. L’oligarchia globale si basa su tali violenze.
L Le sei nazion: Arabia Saudita, Quwayt, Bahrayn, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Oman, siedono sul 42% del petrolio mondiale. Le monarchie unifamiliari che le controllano furono radunate dall’impero inglese e collaborano con Israele sottraendo il greggio dal popolo arabo. Non la Cina o il Giappone, ma esse sono i maggiori acquirenti di titoli del Tesoro USA. I loro interessi non sono nel popolo, ma nella City di Londra e Wall Street. L’élite reale dei sei Paesi del GCC ha fortemente investito nelle economie occidentali. L’alto volume della produzione di greggio fa fluire tali investimenti a Wall Street e City di Londra, consentendo alle élite del CCG di vivere in modo opulento. Come il ministro del petrolio saudita Hisham Nazir ha detto, “Siamo legati dai nostri reciproci interessi e sicurezza“. Mentre la dipendenza occidentale dalle risorse del Terzo Mondo aumentava, divenne sempre più necessario ai banchieri internazionali e alle loro aziende includere le cricche elitarie locali nei programmi di accumulazione del capitale, rendendo un piccolo gruppo di indigeni estremamente ricco, in modo che collabori nello svendere risorse locali all’occidente. Un esempio dell’uso delle élite locali come surrogati si può vedere nel caso dell’uomo più ricco del mondo. Hassanal Bolkiah, sultano del Brunei, una piccola enclave petrolifera sull’isola del Borneo, dove Royal Dutch/Shell detiene il quasi monopolio petrolifero e paga bene il sultano per continuare così. Il sultano del Brunei possiede oltre 60 miliardi di dollari e vive in un palazzo di 1778 stanze. Tale élite locale, a sua volta, consegna le proprie ricchezze ai banchieri occidentali per proteggerle da svalutazione e fallimenti bancari. Ma essi derubano il proprio Paese dei capitali necessari, spesso precipitandoli nella svalutazione e crisi debitoria. Gli Stati Uniti stessi sono un Paese debitore, i cui debiti, in parte, appartengono alle élites del Terzo Mondo che possiedono migliaia di miliardi depositati presso le grandi banche statunitensi, mentre i loro connazionali vivono in condizioni di estrema povertà. Le élite egiziane, per esempio, detengono 60 miliardi di ollari di depositi in banche estere, mentre l’egiziano medio guadagna 650 dollari all’anno. Nel caso del GCC, la quantità di petrodollari riciclati che scorre negli investimenti occidentali è davvero sconcertante.
I sauditi hanno più di 600 miliardi di dollari investiti all’estero. Citigroup possiede il 33% della Saudi American Bank controllata dalla Casa di Saud. Nel 1993 il principe saudita al-Walid bin Talal, proprietario della Saudi Commercial Bank, versò 590000000 di dollari alla Citibank. Bin Talal ora possiede il 17,34% di Citigroup, mentre il principe ereditario Abdullah possiede una quota del 5,4%, divenendo i due maggiori azionisti della banca. Bin Talal è anche il secondo maggiore azionista della Rupert Murdoch Newscorp, proprietaria di Fox News e Wall Street Journal. Le operazioni di acquisto saudite di Citigroup furono facilitate dal Gruppo Carlyle di Washington, che per il 20% è di proprietà della famiglia Mellon, che possedeva Gulf Oil e ora possiede una grande quota di Chevron Texaco. Carlyle è guidata dall’ex-segretario alla Difesa di Reagan e Bush, e presidente della NSC di Reagan, Frank Carlucci. George Bush Sr., James Baker III e l’ex-primo ministro inglese John Major erano consulenti e membri del consiglio della Carlyle. Bush Sr. fu Investment Advisor alla Carlyle per la famiglia bin Ladin fino al novembre 2001. Nel 1995 il principe bin Talal collaborò con il finanziere canadese Paul Reichmann, il presidente di Loews Larry Tisch e il finanziere libanese Edmund J. Safra, amico intimo del criminale di guerra Henry Kissinger, per comprare il complesso Canary Wharf di Londra per 1,04 miliardi di dollari. Il monarca dell’UAE shayq Zayad gestisce l’Abu Dhabi Investment Authority. Gran parte del denaro è gestito da una finanziaria privata come Carlyle Group e Donaldson, la Lufkin & Jenrette di proprietà per il 18% del gruppo saudita Olayan. Olayan possiede anche grandi azioni di JP Morgan Chase e CS First Boston. Il direttore dell’Abu Dhabi Investment Authority è consigliere per l’Asia del Carlyle Group. Il Bahrayn svolge un ruolo nel riciclaggio di petrodollari, essendo un importante centro offshore bancario per gli sceicchi del CCG e i loro partner mega-bancari internazionali. Il Bahrayn è anche la base della Quinta Flotta e di un gran numero di raffinerie che lavorano il greggio saudita. Il Libano fu il primo centro bancario del Medio Oriente in passato, ma con Beirut ridotta in macerie dai bombardamenti israeliani, le banche se ne andarono nel porto franco di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, ora primo mercato dell’oro del pianeta. Le banche d’investimento sono in Quwayt. Ma è il Bahrayn ad ospitare i multi-miliardari mercati fondiari dei derivati dai ricavi in petrodollari di GCC/Quattro Cavalieri. La maggior parte delle banche in Bahrayn è di proprietà straniera e tutte le mega-banche statunitensi vi svolgono operazioni. Molte banche del Bahrayn sono di proprietà delle élite del GCC e sono un importante canale per il riciclaggio dei petrodollari. La Burgan Bank del Quwayt, per esempio, possiede una partecipazione del 28% di una delle più grandi banche del Medio Oriente, la Banca del Bahrayn.
L’azienda più potente in Bahrayn è Investcorp, che ha grandi quote del New York Department Store of Puerto Rico, Saks Fifth Avenue, BAT, Tiffany, Gucci, Color Tile, Carvel Ice Cream, Dellwood Foods, Circle K e Chaumet. Investcorp è stata co-fondata nel 1983 dal rampollo della famiglia regnante del Bahrayn shayq Qalifa bin Sulman al-Qalifa, che possedeva anche una grossa fetta dell’infame BCCI. Un recente prospetto dell’Investcorp elenca il ministro delle Finanze del Bahrayn quale proprietario. Il presidente d’Investcorp è Abdul-Rahman al-Atiqi, ex-ministro del Petrolio e delle Finanze del Quwayt. Il suo vicepresidente è Ahmad Ali Qanu della ricca famiglia saudita Qanu, che avrebbe 1,5 miliardi di dollari. L’ex-ministro del petrolio saudita shayq Yamani fu uno dei soci fondatori d’Investcorp insieme a sette membri della famiglia reale saudita. Investcorp ha la sua sede di otto piani in Bahrayn, oltre a un ufficio a Park Avenue a New York e un ufficio a Mayfair a Londra. Partner dello sceicco al-Qalifa nel lancio d’Investcorp era Namir Qirdar, presidente della banca responsabile delle operazioni del Golfo Persico della Chase Manhattan. Numerosi dirigenti d’Investcorp sono ex-impiegati della Chase. Molti acquisti d’Investcorp si rivelarono dei flop e c’è un lato oscuro della banca. L’esecutivo della gioielleria francese Chaumet, Charles Lefevre, ha detto che Investcorp evitò d’informare gli azionisti di Chaumet mentre tentava di venderne le azioni a un prezzo superiore presso altri investitori del Golfo Persico. Un’altra denuncia sosteneva che Investcorp tentasse di saccheggiare la Saudi European Bank di Parigi. Il membro del consiglio d’Investcorp Abdullah Taha Baqsh, un miliardario saudita, ha investito pesantemente nell’Harken Energy di George W. Bush. Così fece anche lo sceicco del Bahrayn al-Qalifa. Bush e il co-proprietario Dick Cheney trasformarono la loro Arbusto Energy nell’Harken quando l’amico di Bush James Bath gli offrì 50000 dollari per l’avvio. La Skyway Aircrafts di Bath era sotto inchiesta della DEA per aver aiutato gli sceicchi del GCC ad inviare banconote da 100 dollari nelle Isole Cayman. Bath spesso prendeva in prestito denaro dagli sceicchi sauditi Qalid bin Mahfuz, primo azionista della BCCI, e Muhammad bin Ladin, che probabilmente gli diedero i 50000 dollari per lanciare ciò che divenne Harken Energy. Bin Mahfuz e bin Ladin aiutarono l’Harken a firmare un accordo esclusivo per la trivellazione petrolifera in mare, poco prima della Guerra del Golfo. Nel gennaio 1990 il presidente Bush Sr. aveva approvato lo status commerciale preferenziale del regime iracheno. Quello stesso mese Harken Energy s’aggiudicò la più grande concessione petrolifera in mare aperto nel Golfo Persico, al largo del Bahrayn. Altri investitori importanti della Harken furono i fratelli Bass di Ft. Worth, la famiglia sudafricana Rupert, l’Endowment Fund Harvard e il luogotenente dei Rothschild George Soros. Nel 1989 il governo del Bahrayn interruppe bruscamente i colloqui con l’Amoco sulla stessa concessione petrolifera, dopo che l’emiro al-Qalifa decise di concederla alla Harken Energy su richiesta del capo per le operazioni in Medio Oriente di Mobil Michael Ameen. Il finanziamento del progetto fu organizzato dall’amico di Bush Jr. Jackson Stephens, proprietario della Worthen Bank in Arkansas, determinante nel portare la BCCI negli Stati Uniti e che donò 100000 dollari a Bush Sr. per la campagna presidenziale del 1988. L’avvocato Allen Quasha di New York e suo padre William Quasha di Manila, favorirono l’accordo della Harken con il Bahrayn. Nel 1961 Bill Quasha aiutò George Bush Sr. a garantirsi i diritti di perforazione del primo pozzo petrolifero in Kuwait con la Zapata Offshore Oil Company. Più tardi Quasha fu consulente legale nelle Filippine della lavanderia della CIA Nugan Hand Bank. Suo figlio Allen era il maggiore azionista della Harken. Quasha aveva il 21% di una società svizzera controllata dalla famiglia sudafricana Rupert, principale sostenitrice dell’ex-regime dell’apartheid del Paese.
Appena un mese prima che l’Iraq invadesse il Quwayt, George W. Bush vendette il 66% della sua partecipazione alla Harken Energy con un profitto del 200%. Mentre analisti come Charlie Andrews della 13D Research emettevano raccomandazioni contro gli “acquisti” dalla Harken, il 22 giugno 1990 Bush incassava 840mila dollari dalle azioni Harken, dicendo che “ho venduto per la buona novella“. Bush sapeva che Harken aveva violato i termini dei prestiti ed era ormai alle corde finanziariamente. Cinque settimane dopo Harken subì una perdita di 23 milioni di dollari e il suo prezzo azionario crollò. Bush segnalò la sua tempestiva vendita delle azioni Harken Energy solo nel marzo 1991. Ciò era illegale, ma Bush sostenne che la SEC smarrì i moduli e non fu mai perseguito. Nel 1993 Bush si dimise dal consiglio di amministrazione della Harken. Con il pesante sostegno finanziario della Enron, divenne governatore del Texas. Bush fu difeso nella causa per la truffa Harken dall’avvocato di Baker Botts Robert Jordan, pagato nel 2000 con la nomina ad ambasciatore degli Stati Uniti in Arabia Saudita. Il capo della SEC, clemente durante la debacle Harken, era Richard Breeden, uno dei maggiori sostenitori politici di Bush Sr. Al consiglio della SEC vi era James Doty, altro sostenitore di Bush che aiutò George W. ad acquistare la squadra di baseball dei Texas Rangers. Quando la Harken di George W. Bush si fuse con Spectrum 7 Energy, fu aiutato dall’insider d’Investcorp Abdullah Taha Baqsh, che acquistò il 17,6% della Harken tramite una holding nelle Antille olandesi. Alcuni dicono che Baqsh fosse un uomo dello sceicco Qalid bin Mahfuz. Baqsh fu un importante investitore d’Investcorp in Bahrayn, avviata da ex-dirigenti della Chase Manhattan. Nel 1988 saccheggiò una banca araba di Londra. Baqsh fu anche accusato di saccheggio della Banca Saudita di Parigi, quando crollò nel 1988, poco prima del sorprendentemente simile crollo della BCCI. Baqsh è azionista della First Group Commercial Financial, una società di trading futures in materie prime di Chicago, sanzionata dalle autorità di regolamentazione degli Stati Uniti per check-kiting e frode. Poco prima della guerra del Golfo, Investcorp vendette il 25,8% delle azioni ad una società irachena, nonostante una legge del Bahrayn vietasse tali operazioni.
Sauditi e kuwaitiani sono leader negli investimenti del GCC all’estero. La Kuwaiti Investment Authority ha oltre 250 miliardi di dollari investiti all’estero ed è il primo investitore straniero in Giappone e Spagna. Citigroup e JP Morgan Chase gestiscono gli investimenti del Quwayt negli Stati Uniti, dove il clan al-Sabah possiede azioni in ciascuna delle 70 maggiori aziende quotate alla New York Stock Exchange. Le loro aziende statunitensi sono, per il 100% l’Occidental Geothermal, per il 29,8% le Great Western Resources, per il 100% l’Atlanta Hilton Hotel, per il 45% il Phoenician Hotel e per l’11% l’Hogg Robinson. In Germania possiede il 14% di Daimler-Chrysler, il 25% della Hoechst (erede della nazista IG Farben e seconda maggiore azienda farmaceutica del mondo), il 20% di Metallgesellschaft e parte del rivenditore tedesco Asko. In Italia possiede il 6,7% di Afil, l’holding della famiglia Agnelli che possiede FIAT e diverse altre iniziative. Nel Regno Unito possiede St. Martin’s Properties e il 5,4% di Sime Darby. In Malesia la sua società K-10 possiede la più grande testata, New Straits Times Press. Nella vicina Singapore, i kuwaitiani possiedono il 10,6% di Singapore Petroleum, il 37% di Dao Heng Holdings e il 49% della società d’intermediazione mobiliare JM Sassoon. La Kuwait Oil Company (KOC) fu tecnicamente nazionalizzata nei primi anni ’80, ma resta vicina ai suoi creatori Chevron Texaco e BP Amoco, vendendo a questi due cavalieri petrolio scontato. KOC ha reso ricchi gli emiri al-Sabah e la famiglia al-Ghanim, agente della società per decenni. Nel 1966 KOC comprò una controllata danese e divenne la prima compagnia petrolifera mediorientale a vendere benzina al dettaglio in Europa. La KOC fu la società della GCC più aggressiva negli investimenti all’estero. Nel 1982 acquistò centinaia di stazioni di servizio Q8 in tutta Europa. Nel 1987 possedeva più di 5000 rivenditori di benzina in Europa e Asia meridionale. Proprio la scorsa settimana KOC s’è aggiudicata un contratto per costruire le raffinerie di petrolio in Corea del Sud. I kuwaitiani hanno anche comprato in uno dei Quattro Cavalieri, la BP Amoco, di cui nel 1988 possedevano una quota del 22%. Poi ridussero la quota al 9,85%, ma sempre una quota di controllo. Acquistarono le operazioni di raffinazione a Napoli, Italia, della Mobil, possiedono quasi il 4% di ARCO (ora di BP Amoco) e il 2,39% di Phillips Petroleum (ora fusasi con Conoco). In Spagna i kuwaitiani dirigono l’azienda chimica Torras Hostench e in Giappone l’Arabian Oil.
Gli investimenti del GCC in banche e multinazionali occidentali totalizzano migliaia di miliardi. La maggior parte viene investita in titoli di Stato a lungo termine statunitensi e giapponesi. Gli sceicchi del GCC sono cruciali per mantenere l’intero castello di carte dell’economia globale. I loro acquisti sono garantiti dal debito degli Stati Uniti, in gran parte maturato con la spesa per la difesa del Golfo Persico, mantenendo un dollaro forte e impedendo che l’architettura finanziaria internazionale deperisca. Gli emiri e i loro amici elitari finanziano le operazioni segrete della CIA, mentre riequilibrano i loro surplus commerciali con l’occidente attraverso l’acquisto di armi degli Stati Uniti, per proteggere i propri feudi petroliferi. Gli eventi in Ucraina e Medio Oriente dimostrano la posizione disperata dell’oligopolio energetico Rockefeller/Rothschild. Putin ha appena iniziato a giocare potenti carte. Le marionette del GCC sono assediate. La fine dello standard petrolifero può essere scongiurata solo con un guerra permanente. Giorni curiosi.
Dean Henderson è autore di Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries, Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Il suo sito è Left Hook.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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WikiLeaks: ecco l’accordo segreto di lobby e governi



WikiLeaks: ecco l’accordo segreto di lobby e governi per il liberismo selvaggio

ECONOMIA, NEWSgiovedì, 19, giugno, 2014

http://www.imolaoggi.it/2014/06/19/wikileaks-ecco-laccordo-segreto-di-lobby-e-governi-per-il-liberismo-selvaggio/
Si chiama Tisa (Trade in services agreement) il documento che l’Espresso è in grado di rivelare grazie all’organizzazione di Assange. Un trattato internazionale di lobby e governi per liberalizzare i servizi: dalla finanza ai dati personali, dalla sanità alle assicurazioni. Sarebbe la vittoria definitiva della finanza sulla politica
wikileaks.jpg

19 giugno – Un trattato internazionale che potrebbe avere enormi conseguenze per lavoratori e cittadini italiani e, in generale, per miliardi di persone nel mondo, privatizzando ancora di più servizi fondamentali, come banche, sanità, trasporti, istruzione, su pressione di grandi lobby e multinazionali. Un accordo che viene negoziato nel segreto assoluto e che, secondo le disposizioni, non può essere rivelato per cinque anni anche dopo la sua approvazione.
L’Espresso è in grado di rivelare parte dei contenuti del trattato grazie a WikiLeaks, l’organizzazione di Julian Assange, che lo pubblica in esclusiva con il nostro giornale e con un team di media internazionali, tra cui il quotidiano tedesco “Sueddeutsche Zeitung”. Una pubblicazione che avviene proprio in occasione dell’anniversario dei due anni che Julian Assange ha finora trascorso da recluso nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra, come ricorda l’organizzazione .
Scrive Wikileaks:
Gli Stati Uniti e l’Unione europea sono i principali fautori dell’accordo, e della maggior parte dei cambiamenti congiunti, che copre anche il flusso transfrontaliero dei dati personali. In una significativa manovra anti-trasparenza dalle parti, il progetto è stato classificato segreto, non solo durante i negoziati, ma per cinque anni dopo l’entrata in vigore del Tisa.
Nonostante i fallimenti della regolamentazione finanziaria evidente durante la crisi globale, i sostenitori di TISA mirano a liberalizzare ulteriormente i mercati dei servizi finanziari globali. Il progetto Servizi Finanziari allegato stabilisce anche le norme per aiutare l’espansione delle finanziarie multinazionali in altre nazioni – con sede principalmente a New York, Londra, Parigi e Francoforte - impedendo ostacoli normativi.
Il documento qui >> http://wikileaks.org/tisa-financial/#start


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Daniele Pesco: interrogazione rifiutata sui controlli di Bankitalia di Carige



Fonte: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10204251606360832&set=pcb.10204251719843669&type=1&theater

Si tratta del caso Banca Carige e dei controlli svolti da Bankitalia; come molti Italiani sono curioso di sapere se i controlli effettuati dalla Banca centrale sono stati svolti in modo corretto, ho proposto quindi, per il tramite della commissione di cui faccio parte, di porre al governo la seguente domanda " se reputi necessario individuare le motivazioni connesse all'eccessiva lentezza con la quale Banca d'Italia abbia posto in essere l'esercizio di tutte le sue competenze ed eventualmente, al fine di velocizzare e rendere più efficiente l’esercizio delle competenze della medesima Banca d’Italia, se reputi necessario assumere iniziative, anche di carattere normativo, che modifichino le procedure di controllo degli enti creditizi, ovvero se reputi necessario procedere ad indagini straordinarie al fine di evitare che scandali di questo genere possano verificarsi nel futuro." Mi dicono che "forse" alcune cose vanno contro il regolamento.
Nelle foto trovate l'interrogazione... le correzioni che la Camera mi ha chiesto di fare e la messa in sospeso della stessa interrogazione in attesa del giudizio della Presidente della Camera. Io per ora il testo non lo modifico.
(...)
Come previsto l'interrogazione è stata dichiarata inammissibile, in pratica il deputato non può chiedere al governo cose fuori dalla sua competenza.. La banca d'Italia è diretta da un governatore di nomina politica, il governo dello Stato è politico, lo è anche il parlamento. In banca d'Italia accadono cose molto strane e non si può chiedere al governo cosa ne pensa e cosa intende fare per capire cosa sia successo.
Cosa c'è sotto???




Pubblicato da Nicoletta Forcheri a 11:34
 
geopolitica dell’energia
Ucraina, i militari leali al popolo abbandonano i golpisti della NATO
The International parte II: The Offshore Petroleum Standard

marzo 2, 2014 Lascia un commento

Dean Henderson 27 febbraio 2014
Il mercato degli eurodollari controllato da Londra è un veicolo comodo per riciclare gli enormi fondi neri dei petrodollari generati dai Quattro Cavalieri. Un eurodollaro è semplicemente una qualsiasi valuta convertibile esistente in un Paese diverso dal suo Paese di origine. Una caratteristica fondamentale del mercato degli eurodollari è la mancanza di regolamentazione e la segretezza. La forza della sterlina inglese, ingiustificata per motivi puramente economici, ha a che fare con il fondo multi-miliardario in petroeurodollari che Londra attira, in tandem con la serie di banche off-shore nei protettorati inglesi che facilitano il commercio di eurodollari e i mercati di narcotici, diamanti, oro, platino, plutonio e armi. I principali centri bancari offshore come le Isole Cayman, le Bahamas, Bermuda, Turks & Caicos, Antigua, l’isola di Jersey, Isola di Man, Hong Kong, Dubai e Liberia sono tutti sotto il controllo della Corona inglese. La Casa dei Windsor ospita ogni loggia massonica del mondo, sfruttando la segretezza offerta nel guidare i tentativi della nobiltà nera. Gli Stati Uniti hanno miliardi di dollari di debito dovuti al loro esercito spedito in tutto il mondo a proteggere questi monarchi e il loro bottino. Nel Sud-est asiatico la CIA ha protetto e diffuso le rotte dell’oppio della HSBC della Corona. Dopo la guerra del Vietnam, gli investitori internazionali persero fiducia nel dollaro, scommettendo sul fatto che gli Stati Uniti avrebbe avuto difficoltà nel ripagare il loro enorme debito di guerra ai banchieri internazionali. Nel 1968 il presidente francese Charles de Gaulle aggravò la crisi quando chiese pagamenti in oro al posto dei dollari, per protestare contro il coinvolgimento degli Stati Uniti in Vietnam. Quando Nixon fece uscire gli Stati Uniti dal Gold Standard, enormi quantità di capitale fluirono dalle banche statunitensi ai mercati off-shore di Londra degli eurodollari. Il dollaro s’era diffuso in tutto il mondo durante la guerra del Vietnam, creando un enorme eccesso di offerta non compensata da una domanda altrettanto robusta. Alcuni surplus di dollari furono rastrellati attraverso programmi di prestito, organizzati dalle mega-banche statunitensi tramite la vendita di buoni del Tesoro USA, che contribuirono a sostenere il debito degli Stati Uniti. Ma il surplus del debito di guerra e del dollaro costrinsero gli Stati Uniti a perdere il controllo dell’offerta di moneta nazionale e Nixon fu costretto a svalutare il dollaro dell’11% nel 1971. Le perdite continuarono. Nel 1973 Nixon svalutò il dollaro di un altro 6%. Dato che anche le multinazionali statunitensi, come oggi, producevano all’estero la maggior parte dei loro beni per l’esportazione, i prezzi all’importazione salirono e l’inflazione si aggravò. Nixon rispose imponendo controlli sui prezzi, ma le multinazionali deviarono le scarse materie prime, come il grano, nei mercati d’esportazione in cui poter avere maggiori profitti. I banchieri internazionali persero la pazienza con Nixon.
Subito l’esistenza dei nastri del Watergate fu svelata alla stampa dall’informatore della CIA Alexander Butterfield, il cui compito ufficiale era collegare la Casa Bianca al servizio segreto, ufficialmente un ramo della Federal Reserve. Le trascrizioni dei nastri del Watergate furono consegnate ai giornalisti investigativi Bob Woodward e Carl Bernstein del Washington Post da una fonte della Casa Bianca, identificatasi solo come Gola Profonda. I ricercatori concordano sul fatto che Gola Profonda dovesse essere il segretario di Stato Henry Kissinger o il generale Alexander Haig, che sostituì HR Haldeman a capo dello staff di Nixon negli ultimi giorni della presidenza. Haldeman fu licenziato dal capo del servizio segreto Robert Taylor, che ora comanda la rete di sicurezza privata degli interessi economici della famiglia Rockefeller. Kissinger, che ha sposato un’assistente dei Rockefeller e deposita i suoi preziosi documenti presso la Rockefeller Pocantico Hills, immobiliare di New York, raccomandò Haig a successore di Haldeman. Haig più tardi divenne presidente della Chase Manhattan Bank di David Rockefeller. Il direttore della CIA di Nixon, Richard Helms, fu licenziato da vicedirettore operativo della CIA poco prima che il suo ex-presidente Kennedy venisse assassinato. [781] Gli idraulici del Watergate Hunt, Sturgis, Quintero, Barker, Diego e Martinez che causarono le difficoltà di Nixon, erano tutti coinvolti nell’Operazione 40 della CIA, da cui provenivano gli assassini di JFK. Fu Kissinger, non Nixon, che ideò gli idraulici del Watergate quale unità speciale d’indagine della Casa Bianca. Il procuratore generale di Nixon, John Dean, disse più tardi che fu David Rockefeller a suggerire che Kissinger creasse gli idraulici. Nixon usò la collusione di Helms nell’assassinio di JFK per estorcere il sostegno della CIA al CREEP (Comitato per rieleggere il presidente) e utilizzò Haldeman per controllare Helms. Helms affermò che voleva che Nixon “scomparisse”, mentre la CIA si chinò sui nastri forniti da Butterfield, sperando di sapere che la “pistola fumante” potesse essere usata per sbarazzarsi di Nixon, senza un altro bagno di sangue in stile Dallas. L’assistente della Casa Bianca di Nixon, Charles Colson, voleva che il presidente licenziasse Helms e facesse indagare sul “complotto della CIA contro il presidente”. Colson poi disse che Nixon era un prigioniero dei luogotenenti di Rockefeller, Kissinger e Haig, durante gli ultimi mesi della presidenza. [782] Spinsero Nixon a dimettersi. Quando si rifiutò, il presidente del Joint Chiefs of Staff inviò un messaggio ai comandanti delle forze militari statunitensi nel mondo, dichiarando: “Al ricevimento di questo messaggio non sarà più possibile eseguire alcun ordine della Casa Bianca. Accusare ricevuta“. [783] Nixon si dimise cinque giorni dopo. Il massone 33.mo e talpa dell’FBI nella Commissione Warren, Gerald Ford, di una ricca famiglia del Michigan, fu nominato presidente. Il vice-presidente di Ford fu Nelson Rockefeller. Il suo direttore della CIA fu George Bush Sr. Kissinger rimase segretario di Stato, mentre Alexander Haig venne nominato Comandante supremo delle forze alleate della NATO in Europa. Il colpo di palazzo Rockefeller era compiuto.
Petroleum standard
La notte dell’infame massacro di Nixon, quando licenziò Archibald Cox, Elliot Richardson e William Ruckleshaus, solo tre giorni prima i membri dell’OPEC si riunirono a Quwayt City per lanciare l’embargo petrolifero del 1973. Quando ministri del petrolio dell’OPEC si riunirono a Teheran, per discutere dei nuovi prezzi del greggio, il fantoccio di Rockefeller, lo Shah dell’Iran, sostenne l’aumento del prezzo del petrolio. Mentre il re saudita Faisal ordinava la riduzione del 25% delle esportazioni di petrolio del suo Paese, per sostenere l’embargo, lo Shah firmò l’accordo di Teheran, che garantì ai Quattro Cavalieri una quantità illimitata di petrolio. Re Faisal fu assassinato poco tempo dopo. Lo stesso Henry Kissinger si diede da fare creando l’Agenzia internazionale dell’energia, cui i francesi si rifiutarono di aderire definendola una macchina da guerra. [784] La scomparsa di Nixon, l’IAE di Kissinger e l’improvviso desiderio dello Scià di alzare il prezzo del petrolio coincisero con l’introduzione nel 1973 del mercato dei futures petroliferi e il rafforzamento del mercato londinese degli eurodollari. I banchieri internazionali potevano manipolare i prezzi del petrolio attraverso il mercato, mentre incanalarono un nuovo torrente di petrodollari dall’embargo ai paradisi fiscali offshore. Ma come potevano i banchieri internazionali fermare il crollo del dollaro? Kissinger guidò un piano del NSC volto a recuperare 20 miliardi di dollari che gli Stati Uniti spesero in petrolio del Medio Oriente. Questo sforzo dei Rockefeller portò alla riunione del FMI del 1973 a Nairobi, in Kenya, dove i funzionari di Morgan Guaranty Trust convinsero il capo della SAMA, Anwar Ali, a lanciare una banca d’affari saudita con sede a Londra, potendo essere una forza importante nel mercato degli eurodollari. Un secondo incontro voluto dai Rockefeller ebbe luogo a Lagos, in Nigeria nel 1979. Anch’esso coincise con un boicottaggio del petrolio arabo. Il presidente della Federal Reserve Paul Volcker, che in seguito presiedette la Commissione Trilaterale, andò a Lagos e poi a Quwayt City. Istruì i dittatori nigeriani e kuwaitiani a ridurre il prezzo del loro greggio di alta qualità e ad accettare in pagamento solo dollari statunitensi. Il Bonny Light nigeriano è considerato il migliore greggio del mondo, e il Light Sweet Crude del Quwayt divenne il greggio di riferimento per tutto il mondo. Altri Paesi furono costretti alla dollarizzazione dei loro mercati petroliferi. [785]
Il dollaro USA fu salvo. Attraverso i nodi mercantili del petrolio di New York e Londra i banchieri potevano controllare non solo il prezzo del greggio, ma il valore del dollaro, il cui default veniva ancorato al prezzo del greggio. Big Oil smise di reinvestire i proventi del petrolio in Medio Oriente. Invece agli sceicchi del GCC dissero di acquistare certificati di dollari di 20 e 30 anni depositati nelle mega-banche controllate dai Quatto Cavalieri, i cui profitti vengono depositati nelle stesse banche come crediti a nome degli sceicchi. Le banche adottarono la politica del prestito a riserva frazionaria, per cui potevano prestare 1 dollaro ogni 66,6 centesimi coniati. Le banche poterono prestare 60 milioni di dollari ai Paesi latino-americani al costo di soli 70000 dollari annui in pagamenti per gli interessi dei titoli posseduti dagli arabi. Il governatore del Texas John Connolly, i fratelli Hunt e il miliardario saudita sceicco Qalid bin Mahfuz, seppero di questa truffa. Raggiunsero il banchiere inglese Jon May nel tentativo di accaparrarsi il mercato dell’argento e utilizzarne il ricavato per lanciare la Banca del Texas, indipendente dai truffatori della Federal Reserve. May nacque in una famiglia inglese benestante e viaggiò per il mondo creando oltre 4000 conti fiduciari. Scoprì la “piccola intesa” che controllava scambio e tassi d’interesse e le politiche bancarie globali. Scoprì che “il prestito o meno del denaro era controllato del tutto“. [786] Il presidente di Citibank Walter Wriston una volta precisò il gioco pesante svolto dall’intesa quando dichiarò, senza mezzi termini: “Se Exxon paga l’Arabia Saudita 50 milioni di dollari, tutto ciò che accade è che noi addebitiamo l’Exxon e accreditiamo l’Arabia Saudita. Il bilancio della Citibank rimane lo stesso. E se dicono che non gli piacciano le banche americane, saranno messi nel Credit Suisse. Tutto ciò che facciamo è assegnarlo all’Arabia Saudita e accreditarlo al Credit Suisse. Il nostro bilancio rimane lo stesso. Così, quando le persone corrono in attesa che il cielo cada, non c’è alcun modo che il denaro possa lasciare il sistema. E’ un circuito chiuso“. [787] May cercò d’istituire strutture di finanziamento alternative. Venne molestato dalla polizia in tutto il mondo. A Londra fu perseguitato dall’ispettore generale Goldsworthy. Gli mise un uomo alle costole e scoprì che era coinvolto nel traffico di droga. Andò negli Stati Uniti dove fu incarcerato con accuse fasulle. Molti governi del Terzo Mondo, consapevoli della truffa della FED, contattarono May cercando un nuovo modo con cui prendere in prestito denaro. Lo Scià di Persia aveva appena ottenuto l’aiuto di May quando venne estromesso. May dice che lo Scià era in buona salute fin quando fu portato in una base dell’US Air Force. [788]
Il presidente della Deutsche Bank Alfred Herrhausen fu coinvolto nel tentativo del mercato dell’argento e fu subito assassinato. La versione ufficiale della morte segue la formula P-2 e Gladio, fu accusata la fazione Baader-Meinof dell’Armata Rossa della Germania, ma il colonnello degli Stati Uniti ed assistente di Edward Lansdale al Polo Sud, Fletcher Prouty, pensa che Herrhausen sia stato ucciso dalla CIA per volere dei banchieri internazionali. Herrhausen era un sostenitore della remissione del debito del Terzo Mondo. Aveva ideato un piano di riduzione del debito in una riunione di FMI/Banca Mondiale a Washington due mesi prima della morte. Alla riunione Herrhausen imbarazzò il presidente di Citibank Walter Reed, subendo da lui diverse taglienti critiche pubbliche. [789] Un industriale austriaco che lavorò con Jonathan May fu dichiarato pazzo. La CIA addestrò dei mercenari in Belize, molto probabilmente su un terreno di proprietà dell’amico di Bush e socio di Carlos Marcello Walter Mischer, per assassinare il dittatore nigeriano con cui Volcker stipulò un contratto, perché avevano paura che avrebbe parlato. Jonathan May, che rimane in un carcere del Minnesota, dice che questi stessi mercenari addestrati in Belize furono usati per assassinare Herrhausen. [790] Il 3 ottobre 2005, il Wall Street Journal riportò che i sauditi e le altre nazioni del GCC avevano ancora una volta sorpassato la Cina e il Giappone come maggiori acquirenti di titoli del Tesoro degli Stati Uniti, per via del drammatico aumento dei prezzi del petrolio a quasi 70 dollari al barile. L’alto prezzo del petrolio era necessari per sostenere il traballante dollaro degli Stati Uniti? Nel giugno 2007 le sei nazioni del GCC spesero 1600 miliardi dollari in attività estere. Dubai diventava centro finanziario internazionale rivaleggiante con Londra e aveva acquistato le partecipazioni di Standard Charter, HSBC e Bank Veuthes. Halliburton trasferì la propria sede a Dubai, nel 2007.
Eurodollari e debito del Terzo Mondo
Con tutti questi meccanismi in atto, una marea di liquidità in petrodollari scorreva nei mercati off-shore degli eurodollari controllati da Londra, cementando il “rapporto speciale” anglo-statunitense che puntella la Casa di Windsor. L’embargo petrolifero arabo del 1973 fu il colpo di grazia al piano. Nel 1976 l’American Jewish Congress individuò JP Morgan e Citibank nei loro “ruoli cardine nella realizzazione del boicottaggio arabo“. I dirigenti di Chemical Bank e Morgan si batterono duramente contro la legislazione anti-boicottaggio al Congresso. [791] Nel 1963 il mercato degli eurodollari era di circa 148 milioni di dollari. Nel 1982 ne valeva 2000 miliardi di dollari. La capacità delle corporazioni e dei ricchi di nascondere i loro miliardi nei mercati dell’euro è un problema cronico sia per il Tesoro degli Stati Uniti che per le sue controparti del Terzo Mondo. Nel 1950 le società statunitensi coprivano il 26% del prodotto fiscale totale degli Stati Uniti. Nel 1990 ne coprivano solo il 9%, contribuendo al massiccio deficit di bilancio e ai 2400 miliardi di dollari di debito degli Stati Uniti. E’ peggio nei Paesi poveri, che prendono in prestito i soldi degli sceicchi dai banchieri internazionali a tassi d’interesse esorbitanti, per poi guardare impotenti mentre i compari degli oligarchi dell’FMI fanno bottino attraverso gli assalti di bankster tipo BCCI, rinviando il denaro di nuovo nel vortice del grande mercato degli eurodollari. Il New York Times ha stimato che nel 1978-1987, la sola America Latina abbia perso 600-800 miliardi di dollari con tale tipo d’evasione dei capitali, un importo quasi pari al debito combinato del Terzo Mondo. Il grande leader rivoluzionario africano e presidente della Tanzania Julius Nyerere, si chiese, “Dovremmo lasciare che la nostra gente muoia di fame per ripagare i nostri debiti?” La risposta dei banchieri internazionali fu un “sì” inequivocabile. Il loro Club di Roma, tra un caviale e un patè, sostiene lo spopolamento del mondo degli indesiderabili poveri. Nel 1982 il debito estero totale del Terzo Mondo era di 540 miliardi di dollari, il 70% del quale dovuto alle mega-banche occidentali. Le prime nove banche statunitensi detengono un debito del Terzo Mondo al 233% del patrimonio iniziale. Nel 1974-1982 il credito bancario internazionale si moltiplicò per cinque, fino a oltre il trilione di dollari. Gli utili derivanti dal prestito di petrodollari al Terzo Mondo delle sette maggiori banche degli Stati Uniti, andavano dal 22% al 60% dei guadagni totali. Le maggiori vittime furono Argentina, Brasile, Messico e Jugoslavia. [792]
Le banche centrali degli Stati Uniti con il loro denaro formarono la Financial Services Holding Company, presentando il fronte unito del cartello dei creditori verso i debitori del Terzo Mondo. Il suo consiglio comprendeva il presidente della Federal Reserve Allen Greenspan della Morgan Guaranty, John LaWare di Chase Manhattan e William Rhodes di Citigroup. Cartelli simili includono l’Istituto per la Finanza Internazionale, il Club di Parigi e la Banca Mondiale, il cui capro espiatorio FMI sfilò via per imporre le condizioni di prestito dell’oligarchia finanziaria. Se i Paesi non possono rimborsare tali prestiti usurari, le loro risorse sono consegnate alle multinazionali clienti delle banche, come nel caso della crisi del debito messicano del 1995. Le banche virarono milioni di dollari nei loro sforzi ardui per la rinegoziazione del debito dal basso tasso messicano di 50 milioni di dollari. I colossi bancari d’investimento Lehman Brothers, UBS Warburg, Lazard Freres, Morgan Stanley, Goldman Sachs, Merrill Lynch e CS First Boston presero l’iniziativa nell’ambito del proficuo default, come consulenti dei governi debitori. Quando le prospettive non sembrano rosee per il recupero di crediti in sofferenza, i banchieri hanno l’abitudine di scaricare i loro crediti inesigibili sui contribuenti statunitensi, tramite il Piano Brady, formulato dal segretario del Tesoro di Bush e banchiere di investimenti della Dillon Read, Nicholas Brady. Il Piano Brady comportava un piccolo ripianamento dei debiti dei Paesi debitori del Terzo Mondo, volto ad attrarre nuovi prestiti ad alto tasso d’interesse. Quantità maggiori di debito furono indicati come oneri speciali nei bilanci delle banche, consentendogli di rivendicare enormi vantaggi fiscali come perdita di capitale, mentre da subito le inutili obbligazioni di Brady furono spacciate all’inconsapevole pubblico statunitense.
Il Gold Standard mondiale fu sostituito da quello del petrolio. Secondo il Tesoro degli Stati Uniti, nel 1974-1980 l’OPEC gettò 117 miliardi di dollari nel mercato degli eurodollari. SAMA prestava direttamente alle multinazionali statunitensi. Nel 1975 AT&T ebbe un prestito di 100 milioni dollari dalla Banca Centrale saudita. Il FMI salì sul succulento treno dei petrodollari, prendendo a prestito 10 miliardi di dollari dalla SAMA nel 1980. [793] I banchieri internazionali si muovevano in mare aperto, spesso in joint-venture, per sfruttare la miniera d’oro dei petrodollari che avevano costruito. La Manufacturers Hanover Trust si legò via off-shore alla NM Rothschild & Son. La Chase Manhattan a Deutsche Bank, National Westminster Bank e Mitsubishi Bank per formare l’attore degli eurodollari del Gruppo Bancario Orion. Nel 1982 il mercato dell’euro aveva un patrimonio di 2000 miliardi dollari, mentre negli Stati Uniti, l’offerta di moneta M-1 era pari a 442 miliardi di dollari. Il debito degli Stati Uniti saliva alle stelle, mentre i grassi banchieri dispiegano le forze statunitensi per proteggere la loro “crapulenza”. Un anno dopo gli eventi del 1973, le banche centrali internazionali videro i loro asset aumentare del 72%. [794] L’economista John Maynard Keynes raccomandò la creazione di un “pool internazionale monetario”. Il mercato degli eurodollari offshore è la piscina olimpionica dei banchieri illuminati che vi nuotano.
[781] Plausible Denial: Was the CIA Involved in the Assassination of JFK? Mark Lane. Thunder’s Mouth Press. New York. 1991
[782] The Rockefeller File. Gary Allen. 76’ Press. Seal Beac, CA. 1977. p.175
[783] The Robot’s Rebellion: The Story of the Spiritual Renaissance. David Icke. Gateway Books. Bath, UK. 1994. p.219
[784] The Prize: The Epic Quest for Oil, Money and Power. Daniel Yergin. Simon & Schuster. New York. 1991. p.608
[785] Behold a Pale Horse. William Cooper. Light Technology Press. Sedona, AZ. 1991. p.333
[786] Ibid
[787] The Money Lenders: The People and Politics of the World Banking Crisis. Anthony Sampson. Penguin Books. New York. 1981
[788] Cooper. p.333
[789] “CIA Kills Progressive German Banker”. Executive Intelligence Review. 7-17-92. p.36
[790] Cooper. p.333
[791] The House of Morgan. Ron Chernow. Atlantic Monthly Press. New York. 1990. p.609
[792] The Confidence Game: How Un-Elected Central are Governing the Changed World Economy. Steven Solomon. Simon & Schuster. New York. 1995. p.194
[793] The World’s Money: International Banking from Bretton Woods to the Brink of Insolvency. Michael Moffitt. Simon & Schuster. New York 1983 p.126
[794] Hot Money and the Politics of Debt. R.T. Naylor. The Linden Press/Simon & Schuster. New York. 1987. p.50
Dean Henderson è autore di cinque libri: Big Oil & Their Bankers in the Persian Gulf: Four Horsemen, Eight Families & Their Global Intelligence, Narcotics & Terror Network, The Grateful Unrich: Revolution in 50 Countries, Das Kartell der Federal Reserve, Stickin’ it to the Matrix & The Federal Reserve Cartel. Iscrivetevi al suo sito DeanHenderson.wordpress.com
Traduzione di Alessandro Lattanzio
 
MPS E IL MISTERO "STATE STREET": IPOTESI PER UN SUICIDIO



MPS E I MISTERI DEGLI STATE STREET BANKSTERS
IPOTESI PER UN SUICIDIO E DUBBI PER LE PENSIONI INTEGRATIVE
di Marco Della Luna​


MPS e Intesa San Paolo, recentemente, la prima senza consultare i sindacati, la seconda con la loro approvazione, hanno affidato i fondi della previdenza integrativa dei loro dipendenti (la prima in toto, la seconda – se ben capisco – in parte) a una banchetta milanese controllata da una srl con un capitale sociale di 11.112 Euro, a sua volta posseduta da una srl tedesca. A quella banchetta aveva però già concesso, con modalità molto, molto strane, due mutui decennali chirografari per ben 1,750 miliardi, poi rimborsati con 9 anni di anticipo... Bankitalia e Consob sapevano? C'è pericolo per le pensioni di decine di migliaia di bancari?



Scusatemi se insisto nella difesa del Monte dei Paschi, dei suoi interessi, del suo personale, delle sue pensioni future. Forse i miei timori sono infondati, i miei dubbi mere traveggole, e i fatti che seguono troveranno spiegazioni completamente rassicuranti per tutti gli interessati, come mi auguro.
Il PM di Siena sta indagando, e recentemente ha interrogato, certo Morelli Marco, il quale ha avuto, fino al febbraio 2008, la rappresentanza presso il MPS di State Street Bank spa.
Nel 1792 fu costituita a New York la State Street Bank Corp, oggi una grande banca, gestore di molti fondi previdenziali, quotata alla Borsa di Boston. Nel 2008 è entrata in crisi e ha ottenuto circa 2 miliardi di aiuti statali, restituiti – dice – primaì del luglio 2009. Nel 1970 aveva costituito in Europa alcune società bancarie collaterali.
Non ho ancora informazioni complete, ma da elementi attinti da banche dati collegate alla Camera di Commercio emergono fatti sconcertanti. Gli elementi da raccogliere e ordinare sono molti, quindi posso aver commesso qualche errore nel metterli insieme – errore di cui chiedo venia, impegnandomi a correggerlo ringraziando chi me lo segnali. Parimenti chiedo venia e mi impegno a correggermi qualora mi si provi errate le ulteriori informazioni, passatemi da gente che ha lavorato per MPS e che mi consulta come saggista e avvocato versato in queste faccende.
Il 02.04.70 viene costituita a Siena la State Street Bank spa, oggi con un unico sportello in Via Ferrante Aporti 10 Milano, capitale sociale versato 140.700.000 euro (cioè piccolissimo, per una banca), iscritta in Camera di Commercio prima a Siena, poi a Milano il 05.08.08, con data di inizio delle attività 02.01.01, con sede in Milano. State Street Bank spa risulta oggi controllata al 100 % da State Street Holdings Italy srl, costituita il 14.01.10, iscritta in Camera di Commercio di Milano il 15.01.10, con inizio di attività il 17.05.10, con capitale sociale € 11.112, zero dipendenti, nessun ufficio o sede secondaria attiva, avente sede sociale coincidente con l'unico sportello della sua controllata, e dominata a sua volta da una GmbH (srl) tedesca, la State Street Bank GmbH, costituita nel 1970 da State Street Bank USA. La GmbH è socio unico della State Street Holdings Italy srl fino al 20.12.11, e in quella data cede il 10%, cioè 1.111,20 euro, a State Street Holding, USA. Chiaramente, la srl è stata creata ad hoc per possedere la spa. Però la Camera di Commercio dice che la GmbH sia cessata il 15.11.11: strana incongruenza, tutta da chiarire... potrebbe essere un errore materiale di registrazione (forse è cessata solo la sua partita iva in Milano), oppure la chiave per scoperte importanti, che attendono gli indagatori di questa materia.


Dal 01.10.09 direttore generale della spa è Lamanna Riccardo (Milano 1965), già procuratore di Banca IMI spa, il quale, dal 17.05.10, è anche consigliere della controllante srl (ma lo ritroviamo anche come AD e Vicepresidente del CdA della spa, che pare quindi una sua creatura). Certo Gmür Stefan Peter (CH, 1968), già per 5 anni uomo della Deutsche Bank, è presidente del CdA della spa dal 17.05.10 nonché presidente del CdA della srl dal medesimo giorno! Inoltre, revisore della spa è Reconta Ernst and Young spa, già usata da MPS per società del suo gruppo come società di revisione. Gli azionisti minori della spa sono cittadini stranieri.
A questa State Street Bank spa, il CdA di MPS – quello nuovo, col Profumo di Viola - , il 01.01.13 trasferisce circa 2 miliardi di fondi previdenziali integrativi dei suoi 31.000 dipendenti, che prima gestiva in proprio. Perché lo fa senza prima discutere la mossa con i sindacati? Perché, nel relativo comunicato, il CdA di MPS dice che passa la gestione a “State Street Bank”, senza specificare che si tratta della spa italiana, non della Corp USA? Perché tanta mancanza di trasparenza?
Non è che ci sia di mezzo – avanzo un'ipotesi investigativa – un giroconto per regolare obblighi pregressi? Anche State Street Bank spa aveva depositi titoli, poi chiusi, presso MPS.
Perché il 27.12.06 MPS, già prossima a sovra-impegnarsi finanziariamente per l'acquisto di Antonveneta, eroga a State Street Bank spa due mutui decennali bullet (cioè con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza) per totali 1,750 miliardi, pari a 12 volte il capitale sociale di quella spa? Una somma pari, con rivalutazione, ai 2 miliardi dei fondi previdenziali che le trasferirà nel 2013 (prestito estinto anticipatamente, dopo soltanto un anno)? I due strani mutui erano collegati al pagamento del prezzo o del sovrapprezzo di Antonveneta? E poi, perché vengono definiti “mutui subordinati”?
Perché il CdA eroga due mutui in un solo giorno e al medesimo soggetto, anziché un mutuo unico? Perché eroga mutui per 1,750 miliardi, decennali, che poi però vengono estinti dopo solo un anno?
E perché la segnalazione interna di decorrenza dell'estinzione viene fatta solo il 03.01.13, per ambo i mutui – guarda caso due giorni dopo il conferimento dei fondi pensione in State Street Bank spa?
E perché manca la pratica di istruttoria dei mutui, che MPS fa di prassi? Il prestito è stato erogato senza previa istruttoria, con forzatura del sistema? E se sì, chi lo ha forzato?
E perché in entrambi i mutui la fonte di finanziamento non è indicata (“Descrizione inesistente”)?
E qual è il tasso di interesse? Pare non sia dichiarato nelle annotazioni interne a MPS.


Tutte queste stranezze, e altre che qui non dico, forse non significano un bel niente, ma si può anche razionalmente chiedersi, per mera ipotesi, se non adombrino un contorto modo di predisporre fondi per pagare poi creste connesse all'operazione Antonveneta con modalità difficilmente ricostruibili.
E perché il prestito avviene con riferimento ai”fondi speciali” (previdenziali) previsti dal TU bancario? Chi lo aveva autorizzato? Che vantaggio è stato ottenuto?
Come fu registrata contabilmente l'erogazione dei due mutui (/cioè da quale voce contabile hanno attinto), e come il loro rimborso?
A che titolo fu abbattuta del 100% l'imposta sostitutiva dello 0,25%, dovuta sui mutui chirografari decennali? Era dovuta, e se sì è stata fatta, la segnalazione antiriciclaggio?
E' stato omesso qualche controllo da parte di autorità preposte?
E in che modo è stato estinto anticipatamente? Mediante versamento di denaro o mediante compensazione? Nel secondo caso, si rafforzerebbe l'ipotesi di predisposizione di fondi per pagamenti sospetti riferibili all'acquisizione di Antonveneta, mediante triangolazione. Prego verificare.
Sempre a questa State Street Bank spa anche Intesa San Paolo trasferisce i fondi previdenziali integrativi dei suoi dipendenti, stimabili in almeno 3 miliardi. Perché? In base a quali valutazioni? Forse ce lo saprebbe dire il Lamanna, che, prima di essere direttore generale della spa e consigliere della sua controllante srl, è stato Vicepresidente del CdA di Intesa dal 12.06.08. Lamanna ha avuto cariche in JP Morgan, la banca speculativa con cui MPS ha stipulato il calamitoso derivato FRESH da un miliardo.
Meglio anche controllare una serie di cessioni aziendali compiute da MPS, Inresa e altre banche verso la predetta spa.
E che senso ha che questi 5 miliardi e più di fondi siano ora affidati a una spa dominata da una srl minima, a sua volta dominata da una srl tedesca, di cui non si può sapere niente perché le banche dati disponibili in Italia non comprendono i dati sulle imprese tedesche? Perché la srl tedesca, emanazione della State Street Bank di Boston, ha ceduto a quest'ultima il 10% della srl italiana? Forse per passare dal regime di srl unipersonale a quello della srl con pluralità di soci?
E che succederebbe se la srl italiana o quella tedesca fallisse o cadesse in mani “sbagliate”? Non è che 70.000 bancari rischierebbero i loro fondi integrativi?


Cambiamo discorso: è un caso che i vertici della Cassa Previdenza di MPS siano stati rimossi proprio nel luglio del 2012? Questa mossa faceva parte della medesima discontinuità prescritta da Bankitalia per i vertici della banca MPS?
E perché la Cassa Previdenza ha acceso almeno 9 rapporti esteri, tutti il 14.09.12? Si tratta di bonifici esteri in entrata o in uscita? ma perché una Cassa che contiene i fondi previdenziali integrativi di dipendenti di una società italiana opera in quel modo con l'estero? Forse la spiegazione c'è ed è banale, ma io non la intuisco.
E perché mai da circa 2 anni il CdA di MPS ritarda di circa 6 mesi l'aggiornamento ai dipendenti sul montante progressivo dei loro contributi previdenziali integrativi? E, a questo punto, siamo sicuri che gli ultimi aggiornamenti siano veritieri?
Non è che si sia predisposto il gioco per una nuova Enron europea? Oppure è un'operazione europeista, tesa a girare i soldi dei lavoratori italiani alla finanza del paese europeo virtuoso e dominante?


E che cosa diavolo stanno aspettando Consob, Bankitalia e Ministero a fare chiarezza e a ridare sicurezza ai dipendenti delle due grandi banche nazionali? La prof. Fornero, tanto pronta a lacrimare quando sono toccate le pensioni, che aspetta a gettarsi nell'azione?


Ma, questa volta, i PM non stiano ad attendere informative di Consob, Bankitalia e Ministero: indaghino immediatamente, entrino nel sistema informatico di MPS con livello operativo nazionale, traccino tutti i trasferimenti, acquisiscano gli originali di tutti i contratti, individuino i soci delle varie società, soprattutto di quella tedesca, coi loro collegamenti. E chiedano il sequestro dei soldi a garanzia dei dipendenti, se sussistono ragioni di timore. Inoltre, chiariscano la storia dei due strani mutui da MPS a State Street Bank spa, emanazione della State Street Bank Corp. Che subito dopo riceve un bailout (salvataggio) federale di importo circa pari a quello dei due mutui, mutui che la spa rimborserà con 9 anni di anticipo, mentre anche la Corp. Restituirà molto presto al governo federale il bailout. Con che soldi il gruppo State Street Bank ha rimborsato, in breve tempo, circa 4 miliardi di dollari, proprio nell'arco temporale dell'operazione MPS-Santander-Antonveneta? Forse bisognerebbe controllare anche i conti e i bilanci del Banco di Santander, per vedere se, accidentalmente, esso abbia erogato analogo importo al gruppo State Street Bank in quel periodo.










DAVID ROSSI, IL SUICIDA DELLA BANCA MORENTE
E I TIMORI PER LE PENSIONI INTEGRATIVE
Una banca non può gestire in proprio i fondi pensione dei suoi dipendenti, ma MPS e Intesa San Paolo, recentemente, la prima con ampio preannuncio, ma senza consultare i sindacati, la seconda con la loro approvazione, hanno affidato in deposito i fondi della previdenza integrativa dei loro dipendenti (la prima in toto, la seconda – se ben capisco – in parte) a “State Street Bank” - nome stranamente adottato da molte banchette, tra cui una milanese controllata da una srl con un capitale sociale di 11.112 Euro, a sua volta posseduta da una srl tedesca. A quella banchetta MPS aveva però già concesso, con modalità molto, molto strane, due mutui decennali chirografari per ben 1,750 miliardi, poi rimborsati con 9 anni di anticipo... Bankitalia e Consob sapevano? C'è pericolo per le pensioni integrative di decine di migliaia di bancari?
David Rossi, capo dell'area comunicazioni di MPS e amico di Mussari, alle 20:30 del 6 marzo 2013 si è suicidato buttandosi a spalle indietro dalla finestra del suo ufficio poco dopo aver telefonato alla moglie che stava per tornare a casa e poco dopo un'altra, lunga telefonata (un confidente mi dice con superiore). Fossi il PM, disporrei esami per accertare a) se era stato narcotizzato; b) chi era in sede al momento (ore 20:30). Soprattutto mi interesserei a chi era presente tra i dipendenti recentemente assunti dalla direzione senza concorso, in un rinnovo del personale avvenuto durante l'attuale crisi, quindi sospetto. Questo tanto per cominciare.
Scusatemi se insisto nella difesa del Monte dei Paschi, dei suoi interessi, del suo personale, delle sue pensioni future. Forse i miei timori sono infondati, i miei dubbi mere traveggole, e i fatti che seguono troveranno spiegazioni completamente rassicuranti per tutti gli interessati, come mi auguro.
Il PM di Siena sta indagando, e recentemente ha interrogato, certo Morelli Marco, il quale ha avuto, fino al febbraio 2008, la rappresentanza presso il MPS di State Street Bank spa.
Nel 1792 fu costituita a New York la State Street Bank Corp., oggi una grande banca, gestore di molti fondi previdenziali di molti paesi del mondo, quotata alla Borsa di Boston. Nel 2008 è entrata in crisi e ha ottenuto circa 2 miliardi di aiuti statali, restituiti – dice – prima del luglio 2009. Nel 1970 aveva costituito in Europa alcune società bancarie collaterali. L'anno scorso si era annunziato che la State Street Bank di Boston avrebbe assunto il deposito dei fondi; Advisor Online. Ma Axa-Mps ha dichiarato che la depositaria è la piccola spa milanese: http://www.axa-mps.it/pertefamiglia/integrapensione/documents/paschi prev+/supplemento2.pdf
Non ho ancora informazioni complete, ma da elementi attinti da banche dati collegate alla Camera di Commercio emergono fatti sconcertanti. Gli elementi da raccogliere e ordinare sono molti, quindi posso aver commesso qualche errore nel metterli insieme – errore di cui chiedo venia, impegnandomi a correggerlo ringraziando chi me lo segnali. Parimenti chiedo venia e mi impegno a correggermi qualora mi si provino errate le ulteriori informazioni, passatemi da gente che ha lavorato per MPS e che mi consulta come saggista e avvocato versato in queste faccende.
Il 02.04.70 viene costituita a Siena una società di gestione, che poi diventa la State Street Bank spa, oggi con un unico sportello in Via Ferrante Aporti 10 di Milano, capitale sociale versato 140.700.000 euro (cioè piccolissimo, per una banca), iscritta in Camera di Commercio prima a Siena, come Mps Finance spa (State Street Bank S.p.a.), poi a Milano il 05.08.08, con data di inizio delle attività 02.01.01, con sede in Milano. State Street Bank spa risulta oggi controllata al 100 % da State Street Holdings Italy srl, costituita il 14.01.10, iscritta in Camera di Commercio di Milano il 15.01.10, con inizio di attività il 17.05.10, con capitale sociale € 11.112, zero dipendenti, nessun ufficio o sede secondaria attiva, avente sede sociale coincidente con l'unico sportello della sua controllata, e dominata a sua volta da una GmbH (srl) tedesca, la State Street Bank GmbH, costituita nel 1970 da State Street Bank USA. La GmbH è socio unico della State Street Holdings Italy srl fino al 20.12.11, e in quella data cede il 10%, cioè 1.111,20 euro, a State Street Holding, USA. Chiaramente, la srl è stata creata ad hoc per possedere la spa. Però la Camera di Commercio dice che la GmbH sia cessata il 15.11.11: strana incongruenza, tutta da chiarire... potrebbe essere un errore materiale di registrazione (forse è cessata solo la sua partita iva in Milano), oppure la chiave per scoperte importanti, che attendono gli indagatori di questa materia.
Dal 01.10.09 direttore generale della spa è Lamanna Riccardo (Milano 1965), già procuratore di Banca IMI spa, il quale, dal 17.05.10, è anche consigliere della controllante srl (ma lo ritroviamo anche come AD e Vicepresidente del CdA della spa, che pare quindi una sua creatura). Certo Gmür Stefan Peter (CH, 1968), già per 5 anni uomo della Deutsche Bank, è presidente del CdA della spa dal 17.05.10 nonché presidente del CdA della srl dal medesimo giorno! Inoltre, revisore della spa è Reconta Ernst and Young spa, già usata da MPS per società del suo gruppo come società di revisione, convocata anche dal Tar del Lazio il 7 marzo per il ricorso congtro il prerstito di Stato a MPS (Monti Bonds). Gli azionisti minori della spa sono cittadini stranieri.
A questa State Street Bank spa, il CdA di MPS – quello nuovo, col Profumo di Viola - , il 01.01.13 trasferisce circa 2 miliardi di fondi previdenziali integrativi dei suoi 31.000 dipendenti, che prima custodiva presso di sé, oltre a gestirli in proprio. Perché lo fa senza prima discutere la mossa con i sindacati? Perché, nel relativo comunicato, il CdA di MPS dice che passa la custodia (e forse anche la gestione) a "State Street Bank", senza specificare che si tratta della spa italiana, non della Corp USA, coime preannunciato l'anno prima? Perché non hanno detto chiaramente quale fosse l'ufficio interno di MPS, l'eventuale gestore esterno, che avrebbe continuato la gestione dei fondi? Perché tanta mancanza di trasparenza? Non lo so con certezza, mentre con certezza si sa chi era lo stratega delle comunicazioni del Monte: il poi suicida David Rossi.
Forse le cose sono andate così: il Rossi, come manager della comunicazione, legge gli articoli su MPS, quindi anche la precedente, incompleta versione di questo mio articolo, pubblicata dal sito di Marra (signoraggio.it) il 26 febbraio. Fa i suoi accertamenti, e, dopo qualche giorno, scopre il gioco delle mille e una State Street Bank. Il 6 sera ne discute al telefono con qualche superiore, fa le sue rimostranze, litigano, minaccia: “Adesso vado a casa, e domattina ne vado a parlare col PM”. A quel punto cade dalla finestra. E che cos'era la grossa cavolata che il suicida, poco prima, aveva scritto di aver commesso? Probabilmente, era il comunicato sul trasferimento dei fondi pensionali a State Street Bank. Se non lo avesse fatto, non avrebbe messo la pulce nell'orecchia a me, e io non avrei diffuso la strana faccenda sopra illustrata, e forse certe indagini non sarebbero partite. Oppure la cavolata del Rossi è stata quella di parlare con un superiore del problema anziché coi magistrati inquirenti. Realtà romanzata? Ovviamente.
Torniamo ai misteriosi mutui. Non è che ci sia di mezzo – avanzo un'ipotesi investigativa – un giroconto per regolare obblighi pregressi? Anche State Street Bank spa aveva depositi titoli, poi chiusi, presso MPS. Tra i rapporti accesi da MPS vi sono molte State Street Bank, con sedi in varie parti del mondo. Perché ne sono state costituite tante con un unico nome? Forse per costruire false apparenze, per indurre in equivoco. Alcune possono essere state costituite per volere della Corporation americana, ma quella di Milano nasce come Mps Finance spa a Siena, non dalla Corporation americana. Chi ha architettato tutto ciò? Ed stato considerato il fatto che lo Stato della California, nel 2009, ha fatto causa a State Street Bank per frode di 200 milioni a fondi pensione (Usa: California contro State Street Bank, ha frodato fondi pensione | Radiocor, martedi' 20 ottobre 2009 (articolo 748849))?
E perché la dichiarazione dell'avvenuto trasferimento della custodia è provenuta solo da MPS e non anche dal nuovo custode, la State Street Bank? Siamo sicuri che i fondi siano stati trasferiti proprio alla State Street Bank di Milano e non a un'altra? E che siano stati trasferiti a titolo di custodia e non a titolo che comporti la costituzione di un diritto altrui sui fondi stessi, - ad es., a titolo di vendita o pegno? Cioè, siamo sicuri che i fondi previdenziali dei dipendenti ci siano ancora e siano ancora dei dipendenti? Perché la direzione, il giorno 1 marzo, con una circolare interna, ha informato i dipendenti che non potevano più variare la linea dei loro fondi previdenziali personali, cioè non potevano più variarne la composizione tra azionario e obbligazionario, e poco dopo David Rossi è morto come sappiamo – o come non sappiamo. Fatti molto strani e inquietanti, se congiunti al fatto che da un paio d'anni la direzione ritarda di molto la comunicazione ai dipendenti del montante aggiornato dei loro fondi personali, e che i tempi della riscossione dei riscatti parziali di questi fondi, spettanti per legge, si sono pure notevolmente allungati. Insomma, mettendo insieme tutti questi indizi, una persona apprensiva potrebbe anche sospettare che i fondi siano stati, impropriamente, venduti o costituiti in pegno o collaterale, o qualcosa del genere.
Urge a questo fine controllare gli ultimi bilanci della spa nuova custode, che però non sono riuscito a trovare. Sono stati depositati, oppure no? Probabilmente sì, ma meglio verificare, per tranquillizzare i dipendenti. Dipendenti che potrebbero inquietarsi, vedendo che – probabilmente a causa di qualche altro errore materiale di scritturazione – dagli ultimi due bilanci della dominante State Street Holdings srl risultano perdite di decine di milioni.
Perché il 27.12.06 MPS, già prossima a sovra-impegnarsi finanziariamente per l'acquisto di Antonveneta, eroga a State Street Bank spa due mutui decennali bullet (cioè con rimborso del capitale in unica soluzione alla scadenza) per totali 1,750 miliardi, pari a 12 volte il capitale sociale di quella spa? Una somma pari, con rivalutazione, ai 2 miliardi dei fondi previdenziali che le trasferirà nel 2013 (prestito estinto anticipatamente, dopo soltanto un anno). I due strani mutui erano forse collegati al pagamento del prezzo o del sovrapprezzo di Antonveneta? E poi, perché vengono definiti "mutui subordinati"? Raccomando di controllare se questi mutui siano stati rimborsati realmente, con un bonifico o equivalente, e non mediante una compensazione o altra operazione più o meno dubbia.
Perché il CdA eroga due mutui in un solo giorno e al medesimo soggetto, anziché un mutuo unico? Perché eroga mutui per 1,750 miliardi, decennali, che poi però vengono estinti dopo solo un anno?
E perché la segnalazione interna di decorrenza dell'estinzione viene fatta solo il 03.01.13, per ambo i mutui – guarda caso due giorni dopo il conferimento dei fondi pensione in State Street Bank?
E perché manca la pratica di istruttoria dei mutui, che MPS fa di prassi? Il prestito è stato erogato senza previa istruttoria, con forzatura del sistema? E se sì, chi lo ha forzato?
E perché in entrambi i mutui la fonte di finanziamento non è indicata ("Descrizione inesistente")?
E qual è il Taeg? Non è dichiarato nelle annotazioni interne a MPS.
Tutte queste stranezze, e altre che qui non dico, forse non significano un bel niente, ma si può anche razionalmente chiedersi, per mera ipotesi, se non adombrino un contorto modo di predisporre fondi per pagare poi creste connesse all'operazione Antonveneta con modalità difficilmente ricostruibili.
E perché il prestito avviene con riferimento ai "fondi speciali" (previdenziali) previsti dal TU bancario? Chi lo aveva autorizzato? Che vantaggio è stato ottenuto?
Come fu registrata contabilmente l'erogazione dei due mutui (cioè da quale voce contabile hanno attinto), e come il loro rimborso?
A che titolo fu abbattuta del 100% l'imposta sostitutiva, dovuta sui mutui chirografari decennali? Era dovuta, e se sì è stata fatta, la segnalazione antiriciclaggio?
E' stato omesso qualche controllo da parte di autorità preposte?
E in che modo è stato estinto anticipatamente? Mediante versamento di denaro o mediante compensazione? Nel secondo caso, si rafforzerebbe l'ipotesi di predisposizione di fondi per pagamenti sospetti riferibili all'acquisizione di Antonveneta, mediante triangolazione. Prego verificare.
Sempre a questa State Street Bank spa anche Intesa San Paolo trasferisce i fondi previdenziali integrativi dei suoi dipendenti, stimabili in almeno 3 miliardi. Perché? In base a quali valutazioni? Forse ce lo saprebbe dire il Lamanna, che, prima di essere direttore generale della spa e consigliere della sua controllante srl, è stato Vicepresidente del CdA di Intesa dal 12.06.08. Lamanna ha avuto cariche in JP Morgan, la banca speculativa con cui MPS ha stipulato il calamitoso derivato FRESH da un miliardo.
Meglio anche controllare una serie di cessioni aziendali compiute da MPS, Intesa e altre banche verso la predetta spa, tutte registrate in Camera di Commercio.
E che senso ha che questi 5 miliardi e più di fondi siano ora affidati a una spa che ha un capitale sociale di soli 170 milioni ed è dominata da una srl minima, a sua volta dominata da una srl tedesca, di cui non si può sapere niente perché le banche dati disponibili in Italia non comprendono i dati sulle imprese tedesche? Perché la srl tedesca, emanazione della State Street Bank di Boston, ha ceduto a quest'ultima il 10% della srl italiana? Forse per passare dal regime di srl unipersonale a quello della srl con pluralità di soci?
E che succederebbe se la srl italiana o quella tedesca fallisse o cadesse in mani "sbagliate"? Non è che 70.000 bancari rischierebbero i loro fondi integrativi?
Cambiamo discorso: è un caso che i vertici della Cassa Previdenza di MPS siano stati rimossi proprio nel luglio del 2012? Questa mossa faceva parte della medesima discontinuità prescritta da Bankitalia per i vertici della banca MPS? E della scelta di mantenere il Mussari come consigliere del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi fino al 2013 – un nome, una garanzia?
E perché la Cassa Previdenza ha acceso almeno 9 rapporti esteri, tutti il 14.09.12? Si tratta di bonifici esteri in entrata o in uscita? ma perché una Cassa che contiene i fondi previdenziali integrativi di dipendenti di una società italiana opera in quel modo con l'estero? Forse la spiegazione c'è ed è banale, ma io non la intuisco.
E perché mai da circa 2 anni il CdA di MPS ritarda di circa 6 mesi l'aggiornamento ai dipendenti sul montante progressivo dei loro contributi previdenziali integrativi? E, a questo punto, siamo sicuri che gli ultimi aggiornamenti siano veritieri?
Non è che si sia predisposto il gioco per una nuova Enron europea? Oppure è un'operazione europeista, tesa a girare i soldi dei lavoratori italiani alla finanza del paese europeo virtuoso, paterno e dominante?
E che cosa diavolo stanno aspettando Consob, Bankitalia, Isvap e Mef a fare chiarezza e a ridare sicurezza ai dipendenti delle due grandi banche nazionali? La prof. Fornero, tanto pronta a lacrimare quando sono toccate le pensioni, che aspetta a gettarsi nell'azione?
Ma, questa volta, i PM non stiano ad attendere informative di Consob, Bankitalia e Ministero: indaghino immediatamente, entrino nel sistema informatico di MPS con livello operativo nazionale, traccino tutti i trasferimenti, acquisiscano gli originali di tutti i contratti, individuino i soci delle varie società, soprattutto di quella tedesca, coi loro collegamenti. E chiedano il sequestro dei soldi a garanzia dei dipendenti, se sussistono ragioni di timore. Inoltre, chiariscano la storia dei due strani mutui da MPS a State Street Bank spa, emanazione della State Street Bank Corp. Che subito dopo riceve un bailout (salvataggio) federale di importo circa pari a quello dei due mutui, mutui che la spa rimborserà con 9 anni di anticipo, mentre anche la Corp. restituirà molto presto al governo federale il bailout. Con che soldi il gruppo State Street Bank ha rimborsato, in breve tempo, circa 4 miliardi di dollari, proprio nell'arco temporale dell'operazione MPS-Santander-Antonveneta? Forse bisognerebbe controllare anche i conti e i bilanci del Banco di Santander, per vedere se, accidentalmente, esso abbia erogato analogo importo al gruppo State Street Bank in quel periodo.
E, tanto che ci siamo, diamo una controllatina anche ai bilanci e ai rapporti bancari della società interportuale di Salerno (Salerno, dove sta quel Pastificio Amato sul cui crack il locale PM doverosamente indaga anche dirigenti di MPS): una società in cui si trovano amministratori locali, cioè il livello politico. Un bilancio davvero strano: 4 milioni di capitale sociale non interamente versato, 3,85 milioni di immobilizzazioni immateriali (cioè brevetti, diritti di autore e simili – del tutto inverosimili per un aeroporto), andamento non positivo (perdite per due anni consecutivi), non registrazione di un debito per un mutuo di 3 milioni con MPS – mentre nei conti di MPS il mutuo risulta, e risulta incagliato, cioè in mora di pagamento. Dato questo bilancio, dato questo debito, dato il cattivo andamento commerciale, data la morosità, è da aspettarsi un bel pasticcio...
E, ciliegina finale, controllatemi anche, di grazia, gli ultimi bilanci di MP Venture spa, in cui è consigliere un altro amico del Mussari, certo Antonio Marino: se sono stati depositati, se sono in Cerved, come si concilia l'aumento di utili con la forte riduzione delle voci patrimoniali attive e l'aumento dei debiti...










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