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Il ritorno di Roberto Calvi




Conclusosi il voto alla fiducia al governo in Senato, Prodi, nelle sue vesti di premier, non ha perso altro tempo e ha annunciato il ritiro perentorio delle truppe dall’Iraq, ma in tempi molto più brevi di quanto non avesse deciso la CdL. Allo stesso tempo, l’ONU chiede agli Stati Uniti di chiudere il carcere di Guantanamo e tutte le prigioni segrete e illegali, mentre il segretario generale, Cofi Annan in visita in Cina, dichiara una pronta collaborazione con il governo Cinese.
Non bisogna tuttavia lasciarsi ingannare da questo clima di distensione e tranquillità: questa è la pace che prelude la guerra, è il ricatto del Kuwait Gate che incombe sulla politica internazionale.

Ognuno di essi ha uno scheletro nell’armadio di miliardi di dollari riciclati da Clearstream, sono tutti ricattati, ormai la politica non è altro che un vespaio, nasconde solo corruzione e gravi omissioni. Chi controlla la regia di questo risiko diabolico, è la medesima Entità che ha derubato il Kuwait e schiavizzato il popolo Irakeno: i ladroni sono diventati le istituzioni e i giudici dei loro vassalli, che diventano dunque capri espiatori e ottimi servi.

Dietro a tutto questo si nasconde, signori, la più grande consorteria massonica, la “Bridge Forum Dialogue”, considerata associazione intellettuale culturale, ma composta dalle più grandi cariche delle istituzioni sovranazionali europee: il presidente è il governatore della Banca Centrale del Lussemburgo, il vice presidente è il Presidente della Corte di Giustizia Europea, e accanto a loro il Presidente della Corte dei Conti Europea, il Presidente della European Investment Bank, il presidente della Federazione di Borse Valori Euronext.

Tra i membri figura anche il Presidente Onorario della Clerastream, la società di tesoreria accentrata delle banche europee: Clearstream è massoneria pura, è il braccio esecutivo e la cassaforte dei conti correnti del riciclaggio internazionale.Il suo nome ricorre ovunque vi siano scandali e corruzioni, uscendo sempre illesa da ognuno di essi ma con una schiera di vittime alle spalle.

Pochi anni fa, in seguito alle indagini effettuate dall’OLAF, venne colpito da uno scandalo di corruzione l’Eurostat, e in particolare due alti funzionari dell’Istituto Statistico Europeo, accusati di aver distratto e deviato 900 000 € dai fondi europei. Quello che sfuggì agli investigatori in quell’occasione fu il fatto che l’operazione dei due funzionari in realtà copriva la corruzione dell’Eurostat che, mediante la creazione di società off-shore a cui attribuire i finanziamenti provenienti dall’istituto stesso, trasferiva e deviava i fondi con il benestare della Banca del Lussemburgo. I tentacoli dell’Olaf, che riceveva fondi e finanziamenti dalla Bridge Global Forum, sono giunti un po’ ovunque, infiltrandosi in altri scandali, accusando singoli faccendieri e gettando una nube sulle vere truffe che le operazioni nascondevano. I due funzionari inquisiti erano anch’essi membri del Bridge Global Forum, e , non a caso uscirono illesi da quel grande scandalo che li aveva colpiti, senza che venne coinvolto l’Istituto statistico e la Banca del Lussemburgo, che anche il quel caso fece ricorse ai canali interbancari della Clearstream.

Questa Stanza di compensazione internazionale, protetta dalle leggi di del Lussemburgo sulla segretezza delle tecniche bancarie, è collegata ad uno dei misteri Italiani tutt’ora irrisolti, l’Omicidio Calvi, che presenta dunque forti correlazioni con le logge Massoniche. La Clearstream consentì i trasferimenti di denaro del Banco Ambrosiano in una banca a Contras in Nicaragua, e a Solidarnosc in Polonia, stando alle dichiarazioni di un suo ex-dipendente, Ernest Backes, che dichiarò di essere stato licenziato per aver visto troppo. Nel 1990, i conti del Banco Ambrosiano superavano le attività di oltre il 50% . Il Banco Ambrosiano allora riciclava i soldi della droga e della dei traffici di armi per le mafie italiane e americane, e, negli anni ottanta i fondi del Vaticano. I direttori corrotti deviarono questi fondi in fondi banche fittizie (Banche Schermo) a conti di società personali solo di copertura residenti in Svizzera, Bahamas, Panama e gli altri porti lungo la costa. Banco Ambrosiano crollò nel 1982 con un deficit di più di $1 miliardo: qualcuno ha rubato i suoi soldi, o semplicemente di sono persi nelle rete telematiche della Clearstream.

Deve far riflettere a questo punto le parole di Christian Basano, che nel descrivere la morte accidentale dell’ex-agente della DTS che si era occupato dell’Affaire Ferrayé, Daniel Levavasseur, ha ricordato la morte di Calvi, impiccato sotto un ponte di Londra.
Il sistema di rapina delle Banche è stato così ben congeniato che ha sempre agito indisturbato durante più di 30 anni, e continuerà ancora a funzionare perché ancora una volta sono le tangentopoli a rappresentare l’unico vero scandalo.


Pubblicato da Etleboro a 05:42
 
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Probabilmente in questi mesi in molti non hanno mai sentito parlare del famigerato sistema TARGET 2, di …
squilibri nelle bilance dei pagamenti di parte corrente dei paesi europei che non sono stati un problema finché i mercati finanziari hanno ritenuto che l’appartenenza stessa all’area euro garantisse la solvibilità degli stati membri. Tutto è cambiato con la crisi finanziaria. Gli interventi della Bce hanno riportato la calma, ma la possibilità di ricorrere all’Eurosistema ora sembra esaurita. Nel lungo termine la sopravvivenza dell’euro dipende dal superamento degli squilibri strutturali e dunque dalla riduzione del divario di competitività accumulato con Germania e Olanda.
Questa premessa che troverete sul sito della VOCE ad opera di Giorgio Ragazzi ci aiuta a comprendere di cosa in realtà si tratti quando si parla di bilance dei pagamenti, di deficit o surplus o di sistema TARGET 2 Leggetevelo interamente perchè ben scritto anche se un pò tencico e aiuta a comprendere molte cose Diversamente non fate altro che passare direttamente alla fine dell’articolo perchè vi troverete l’ennesima sorpresa…
Da quando è stato introdotto l’euro, gli squilibri nelle bilance dei pagamenti di parte corrente dei principali paesi si sono vistosamente ampliati. Vi sono paesi strutturalmente in surplus (Germania, Olanda, Austria, Finlandia) e altri strutturalmente in deficit (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia).
(…) Dalla nascita dell’euro (…) i paesi in disavanzo hanno potuto finanziare facilmente, con afflussi di capitale dall’estero (dall’interno o dall’esterno dell’Ume) l’impressionante crescita dei loro disavanzi correnti: da 32 miliardi di dollari nel 2002 a 351 miliardi nel 2008.
La situazione è radicalmente cambiata a seguito della grande crisi finanziaria del 2008 che ha fatto rinascere nei mercati finanziari la percezione dell’esistenza di un “rischio paese” anche nell’ambito dell’Ume, sia per l’esplosione dei disavanzi di parte corrente di alcuni paesi (ad esempio, tra il 2002 e il 2008 il disavanzo della Spagna è passato da 22 a 153 miliardi di dollari, quello della Grecia da 9 a 51) sia per il rapidissimo incremento del debito pubblico. V’è una stretta relazione tra finanza pubblica e bilancia dei pagamenti: il venir meno della fiducia sul debito pubblico genera un deflusso di capitali che rende più difficile finanziare il disavanzo corrente.
(…) Se, ad esempio, una banca italiana deve effettuare un pagamento a favore di una banca tedesca viene addebitato il conto della prima presso la Banca d’Italia e accreditato il conto della seconda presso la Bundesbank. In contropartita la Banca d’Italia registra un debito Target 2 verso l’Eurosistema e la Bundesbank un credito.
Nella sostanza in questi anni di grande crisi…


(…) vi è stato quindi un aumento delle “riserve” tedesche sull’estero, interamente sotto forma di accumulo di crediti Target 2 della Bundesbank verso l’Eurosistema.
La Bce non rende pubblici i saldi “Target 2” delle singole banche centrali perché considera che crediti e debiti si compensino. I dati devono quindi essere desunti dai bilanci delle singole banche centrali. Sino al 2008, sintanto che era facile per tutti i paesi finanziarsi sul mercato dei capitali, i saldi dei conti Target 2 erano rimasti assai modesti e ignorati. Da allora vi è stata invece una vera “esplosione” , arrivando alla situazione seguente (ottobre 2011, ultimo dato di cui dispongo):

(…) La possibilità di compensare surplus e disavanzi di bilancia dei pagamenti all’interno dell’area euro ha tuttavia dei limiti, che dipendono dalla Bce. In realtà non esiste alcun limite massimo all’accumulo di crediti Target 2, mentre l’accumulo di debiti Target 2 è limitato dal credito complessivo che la Bce eroga a favore dei paesi in disavanzo, mediante acquisti di titoli di stato o concessione di crediti alle banche. Del credito a tre anni concesso dall’Eurosistema a dicembre 2011 e febbraio 2012 hanno beneficiato in misura prevalente le banche dei paesi con maggiori difficoltà a finanziare il disavanzo della loro bilancia dei pagamenti (Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, la stessa Italia) ed è probabile quindi che i saldi in dare e avere dei conti Target 2 siano ulteriormente cresciuti negli ultimi mesi. Ciò ha dato respiro ai paesi in disavanzo strutturale consentendo loro di “tirare” sui paesi strutturalmente in surplus.
Le tensioni sui mercati finanziari si sono pertanto allentate e si ha l’impressione che la crisi dell’euro sia superata, vista anche la conclusione della vicenda greca. Ma sino a quando potrà durare la calma apparente?
Bene ora andiamo ad osservare da vicino come si sviluppa In Germania la discussione sul sistema TARGET e quali sono le ennesime fobie dei tedeschi che come abbiamo visto dopo aver beneficiato della nascita dell’EURO, tirando troppo la corda, ora rischiano di vedere sparire crediti e sorbirsi garanzie che potrebbero far esplodere la loro stessa presunta sicurezza…
In Germania l’economista Hans Werner Sinn uno dei massimi esperti interpretativi su questo argomento ha esposto sui principali giornali tedeschi le sue tesi, come riporta il blog VOCI DALLA GERMANIA
Fortunatamente in mezzo all’ignoranza dei media, Handelsblatt ha pubblicato un commento di Philipp Johann Koenig, economista dell’Università di Berlino che mette in evidenza l’estremismo di Sinn…
… un tema cosi tecnico appassiona il lettore, solo se si parla di una “strategia segreta di
salvataggio della BCE” oppure se si parla di denaro stampato in continuazione
con la “stampante della BCE”. C
Ci sono buoni motivi per discutere criticamente le tesi del professor Sinn. Sono a volta
scorrette e talvolta formulate in maniera confusa, perché Sinn evita di chiarire i meccanismi che stanno dietro il sistema Target-2. Ancora piu’ discutibile è la sua proposta di limitare i saldi del Target-2 come difesa ai probabili costi aggiuntivi per il contribuente tedesco, da lui ipotizzati. Se la sua proposta fosse messa in pratica, causerebbe la fine dell’unione monetaria. E in quel caso allora i rischi nel bilancio della banca centrale diverrebbero molto piu’ concreti. (…)
Che cosa fanno le banche con la liquidità ricevuta? Hanno meno bisogno di credito dalla
banca centrale e depositano presso la Bundesbank parte della liquidità ricevuta. Che cosa fanno le banche nei paesi in crisi? Hanno bisogno di piu’ credito dalla banca centrale per restare solvibili. Sinn definisce questo processo “stampa di denaro”. La terminologia usata da Sinn è scorretta, e rende piu’ difficile la comprensione dell’intero processo.
(…) L’eccezione piu’ importante è la concessione della cosiddetta Liquidità di
assistenza di emergenza (Emergency Liquidity Assistance), che invece avviene
completamente a rischio della BCE.
Nessun consenso sulla giusta soluzione. E’ cosi brutto, se le banche in Germania prendono a prestito dalla banca centrale meno denaro? No! Grazie al flusso di capitali dei paesi in crisi, sono in una posizione privilegiata e quindi meno dipendenti dai finanziamenti della banca centrale. E’ un male se i prestiti della banca centrale si spostano verso i paesi in crisi? In questo modo l’Eurosistema va incontro a rischi superiori. Il livello assoluto delle operazioni di credito è cresciuto e il bilancio della BCE
è poco diversificato (perchè sono solo le banche dei paesi in crisi a richiedere prestiti). Inoltre le garanzie accettate sono state estese, rendendo in questo modo la concessione di credito piu’ rischiosa.
(…) Sulla causa di fondo della crisi del debito - debiti esorbitanti, problemi strutturali, bilancia dei pagamenti squilibrata - la politica monetaria non ha alcun influsso.(…) Le posizioni Target-2 che Sinn ha preso in esame, sono alla fine solo un sintomo della crisi economica. Sono un’espressione della fuga di capitali in corso e delle misure della BCE prese per attenuarne gli effetti. E’ falso sostenere che la BCE in questo modo finanzia la bilancia della partite correnti del sud Europa. I capitali, compresi i depositi bancari nazionali, possono ad un certo punto lasciare il paese. La bilancia delle partire correnti in questo senso è irrilevante. Anche paesi con una posizione debitoria attiva verso l’estero possono essere interessati da una fuga di capitali e sviluppare in questo modo degli elevati saldi negativi Target-2. L’insolvenza sarebbe il risultato. Le posizioni
Target-2 rappresenterebbero un problema, solo se l’Eurozona dovesse
disintegrarsi. (…) Sinn propone un pareggio annuale delle posizioni Target-2 attraverso il trasferimento di oro o di garanzie negoziabili sui mercati. Apparentemente non è consapevole che questo trasformerebbe l’unione monetaria in un sistema a cambi fissi. La solvibilità dei paesi europei all’interno dell’unione monetaria sarebbe definita dalle
riserve della sua banca centrale (e non dalla consistenza delle garanzie accettate dalla banca centrale in mano al settore privato). L’effetto sarebbe una insolvenza dei 12 paesi con saldi Target negativi, una rottura dell’Eurozona e il verificarsi di quella situazione che proprio Sinn poco prima con tanta forza aveva descritto come il rischio maggiore.
E si perchè come abbiamo visto recentemente in Germania non contano solo i crediti ma anche le garanzie dirette e indirette e se l’Europa salta…puff la Germania la segue!
Fanno sorridere gli illuminati che oggi sostengono che le banche italiane sono insolventi a causa degli assets illiquidi che hanno in portafoglio, quando la stragrande maggioranza di questi sono titoli di stato italiani!
Bisognerebbe ricordare che ciò è avvenuto anche grazie all’imponente azione mediatica internazionale e in parte anche interna che nei mesi scorsi ha insinuato il dubbio sulla solvibilità del nostro Paese facendo fuggire capitali all’estero in direzione delle banche tedesche quelle si ricolme di immondizia subprime americana ed europea, ma questo in una guerra economica e finanziaria mediatica non si dice, non è politicamente corretto.
Invece si evidenzia il rischio di crediti e impieghi inesigibili in un’economia vicina al collasso, dimenticando che il collasso è stato causato anche da uno tsunami mediatico internazionale ben orchestrato a partire dalle banche tedesche intrinsecamente fragili e instabili e ben coaudiuvato dagli americani e dagli inglesi che hanno approffittato della farsa politica europea, di un pugno di dilettanti speculatori politici.
Come mi fa notare un lettore Tyler Durden scrive che … Today, we see learn that the same Stigma we warned about, and that Draghi said does not exist, is starting to spread away from just the bailed out banks (becuase we now know that the LTRO was merely a QE-like bailout of several insolvent Italian and Spanish banks), and to sovereigns.From Bloomberg: ” Germany’s Bundesbank is the first of the 17 euro-area central banks to
refuse to accept as collateral bank bonds guaranteed by member states receiving
aid from the European Union and the International Monetary Fund, Frankfurter
Allgemeine Zeitung reported.

E allora solo perchè gli idioti di Dusseldorf come gli chiamano gli americani e i paranoici della Bundesbank si rifiutano di accettare come garanzia le obbligazionei bancarie di stati membri che hanno ricevuto aiuti da parte della comunità europea e del Fondo Monetario Internazionale che succede…
Tyler l’ho sempre detto è un simpatico ragazzo che fornisce molte informazioni ma spesso e volentieri lavora troppo di immaginazione e dimentica come in casa loro la Federal Reserve gestisce il gioco delle tre carte che tiene in piedi la spazzatura finanziaria americana…
Since it is inevitable that Spain and Italy will be next on the bailout wagon, what happens when over $2 trillion in bonds suddenly become ineligible for cash collateral from the only solvent central bank in the world (aside for that modest, little TARGET2 issue of course).
Ma certo dal momento che è inevitabile che la Spagna e l’Italia saranno i prossimi candidati ad un slavataggio europeo, cosa succede se 2 trilioni di titoli improvvisamente
divenuti non idonei per la garanzia in contanti dall’ unica banca solvente centrale del mondo (a parte la questioncina del TARGET2 naturalmente, ). Che cosa succede alle aspettative inflazionistiche, allora?
Tyler è un’altro di quelli che in questa crisi hanno le loro fobie inflazionistiche, ma sono un pò tutti come coloro che da ormai tre anni stanno aspettando Godot ovvero mister Inflation, gente che urla da tre anni e urlerà ancora per arrivare poi tra qualche anno dopo anni di debt deflation ad urlare che avevano ragione che loro lo avevano detto.
Per quanto riguarda i collaterali si studi l’immondizia che giace presso la Federal Reserve e lasci perdere quel covo di accademici fobici che gestisce la Bundesbank!
Chissà perchè se come sembra Big banks prepare to pay back LTRO loans – FT.com A clutch of Europe’s biggest banks are preparing to return a chunk of the cheap three-year funding they recently took from the European Central BaGénérale…nk as early as this year. Senior bankers said Italy’s UniCredit, France’s BNP Paribas and Société Generale and La Caixa
Banche italiane, francesi e spagnole che intendono restituire liquidità entro i prossimi 12 mesi per un controvalore di un terzo dell’intero importo ottenuto dalla BCE!
Hei ma dove sono finite la banche tedesche o olandesi ( ING conto della zucca …vuota ) quelle fondamentalmente sane, quelle che vengono quotidianamente nazionalizzate e aiutate dai propri governi?
La Bafin, la Consob tedesca, avrebbe chiesto alle banche del Paese di rimborsare in anticipo i prestiti all’1% erogati neanche un mese fa dalla Bce. Una richiesta piuottosto prematura, che tradisce la preoccupazione per gli ulteriori squilibri che la mossa decisa da Mario Draghi portebbe comportare per gli istituti europei.
 
Consensus, Washington DC
Come i collaborazionisti informatici della CIA hanno distrutto il mondo arabo

agosto 2, 2014 1 commento

Tunisie Secret 31 luglio 2014
In esclusiva, pubblichiamo questo capitolo del libro capitale sulle “rivoluzioni” arabe e le conseguenze caotiche che ora misuriamo. Il titolo di questo libro collettivo è “Il volto nascosto delle rivoluzioni arabe” e il capitolo in questione s’intitola “ONG e reti sociali al cuore delle rivoluzioni arabe”. Mentre di venti cyber-collaborazionisti tunisini, l’unico nome citato è Salim Amamu, abbiamo però un altro nome della massima importanza, Alec Ross, giovane consulente di Hillary Clinton, passato al dipartimento della Difesa dal gennaio 2011 per guidare il suo esercito virtuale. Secondo la stessa confessione di Sami Ben Gharbia, in un articolo pubblicato nel settembre 2010, Alec Ross era suo amico e “grande capo”. Oltre ai famigerati cyber-collaborazionisti, tra i gruppi che parteciparono attivamente alla destabilizzazione della Tunisia, in particolare vanno inclusi “Anonymous”, “Wikileaks”, “Telecomix”, “Pirates” e “Nawaat”, che Sami Ben Gharbia ha co-fondato e che fu finanziato da Freedom House e Open Society Institute. Documento da leggere e archiviare per la Storia.
Vogliamo unirci alle vostre conversazioni“, firmato #State-Dept. Questo messaggio, semplice ma diretto, fu trasmesso su twitter all’attenzione dei dissidenti arabi durante le rivoluzioni, dal cuore nevralgico della strategia statunitense, il dipartimento della Difesa. L’autore Alec Ross, finora sconosciuto, è divenuto il simbolo di questa nuova diplomazia dell’amministrazione Obama. Infatti, tale giovane consigliere di Hillary Clinton, co-fondatore dell’organizzazione One Economy, è a capo dei servizi innovativi, polo delle “nuove tecnologie” del dipartimento della Difesa. Passato dalle tenebre alla luce in un paio di mesi, Alec Ross è ora chiamato “l’uomo che twitta le rivoluzioni“. Ribadisce il suo ricorso, se necessario, dell’assistenza informatica del governo degli Stati Uniti ai dissidenti arabi. Aiuto che, secondo Alec Ross, dimostra che tale tecnologia può essere utilizzata per sorvegliare i cittadini ma che può anche diventare un’arma per liberarli. Un’arma formidabile perché grazie ad essa le rivoluzioni arabe hanno vinto una battaglia decisiva, necessaria per la vittoria finale, quella della comunicazione. Senza di essa, la rivoluzione non sarebbe stata esportata, venendo dimenticata dal pubblico e, infine, nella maggior parte dei casi, estinta nell’indifferenza generale. Chi avrebbe potuto prevedere la caduta di Ben Ali, Mubaraq o Gheddafi? I governi di Tunisia, Egitto e Libia che riuscirono a contenere il dissenso per molti anni, non riuscirono a sedare le ultime rivolte nonostante la censura. Senza dubbio, il risultato delle rivoluzioni ha giocato non solo sulle piazze ma anche sul web. Un ruolo che ha rivelato una nuova forza, internet e le reti sociali. Dall’inizio delle rivoluzioni arabe, i primi attori della cyber-dissidenza apparvero sulle reti. Blogger e hacker, esperti nel bypassare la censura del governo, divennero nei rispettivi Paesi eroi totali delle rivoluzioni. Il blogger dissidente tunisino Saim Amamu divenne, dopo la caduta di Ben Ali, segretario di Stato per la gioventù e lo sport. Alcuni pagheranno tale impegno con la vita, come il blogger libico Muhammad Nabus vittima di un cecchino, quando si recò con la sua macchina fotografica a riprendere gli attacchi dell’esercito libico per trasmetterli in diretta sul suo blog. Tuttavia, in questi Paesi solo il cyber-dissenso interno non basta a spiegarne il successo. Infatti, molte reti esterne, costituite da organizzazioni non governative, attivisti e “piattaforme” multimediali giocarono un ruolo decisivo. Dall’inizio delle proteste antigovernative a Cairo, al-Jazeera seguì ampiamente gli eventi in live streaming sulla sua rete satellitare. E nonostante il blackout imposto dalle autorità egiziane, il Qatar poté continuare la copertura in tempo reale con webcam amatoriali posizionate per la città. Le immagini trasmesse tramite mezzi messi a disposizione dai “dissidenti cibernetici”, furono poi pubblicate sul satellite Hot Bird, a differenza del satellite egiziano Nilesat, sottratto alla censura del governo. Infatti, se la diffusione terrestre può rimanere sotto il controllo statale, non c’è modo di censurare la copertura satellitare estera disponibile su grandi aree (Hot Bird è disponibile in Nord Africa, con una parabola di 90 cm). Inoltre, diversi operatori come Opensky offrono connessioni internet via satellite come Hot Bird, Eutelsat e Hispasat. Un semplice modem collegato tra la parabola e il computer basta per accedere al web senza sottostare a un operatore nazionale. Reti parallele di attivisti informatici operarono. Si può menzionare Telecomix, gruppo illustratosi in diverse azioni a sostegno delle rivolte in corso. Tale gruppo si vide anche acclamato da Reporters sans frontières che l’invitò, nel marzo 2012, alla Giornata Mondiale contro la Cyber-censura, per dare prova dell'”etica militante” dell’hackeraggio umanitario nelle rivoluzioni arabe. Una delle principali azioni di Telecomix fu l'”esfiltrazione cibernetica” di molti video degli insorti, utilizzando le connessioni modem tramite numeri ISP (Internet Service Provider) situati all’estero o fornendo strumenti di crittografia “anonima” per le comunicazioni. Durante la rivoluzione egiziana, Telecomix fece anche appello ai radioamatori per stabilire comunicazioni via radio. Il famoso gruppo hacker Anonymous rispose all’avvio delle rivoluzioni. In Tunisia, meno di due settimane dopo gli scontri di Sidi Buzid, il movimento Anonymous lanciò OPTunisia. Le sue prime azioni rilanciate da al-Jazeera furono gli attacchi DDoS (che mirano a bloccare un server con un gran numero di query) ai siti del governo tunisino. Per motivi di sicurezza, la maggior parte di tali operazioni fu lanciata dall’estero. Tuttavia, la Tunisia aveva già un “pool” attivo di hacker. Si può menzionare il gruppo tunisino BlackHat, fondato nel 2007, che svolse un ruolo importante nella preparazione degli attacchi di Anonymous. In effetti, tale gruppo di hacker tunisini poté fornire preziose informazioni sull’infrastruttura IT dei diversi siti governativi. Inoltre, in condizioni di anonimato, un funzionario della sicurezza IT tunisina, durante le rivoluzioni, ammette che fu sorpreso nel scoprire che numerosi hacker tunisini erano tirocinanti al suo servizio, un paio di mesi prima delle rivoluzioni. Un'”infiltrazione” può sembrare sorprendente, ma conferma le parole di Anonymous: “Abbiamo infiltrati i vostri eserciti, fonti e informatica” (…)
I dissidenti arabi ricevettero anche un significativo sostegno dall’ONG statunitense Avaaz. Avaaz significa “voce” in molte lingue, è un’organizzazione non governativa statunitense di New York, ma ha anche uffici a Londra, Parigi, Washington, Ginevra e Rio de Janeiro. Fu fondata nel 2006 dall’anglo-canadese Ricken Patel, ex-consulente per le Nazioni Unite e membro delle fondazioni Rockefeller e Bill Gates. E’ l’emanazione del gruppo ResPublica, dedita a campagne civiche transnazionali, e del gruppo statunitense MoveOn per la mobilitazione sociale su internet (….) Avaaz ha sostenitori celebri negli ambienti politici, tra cui l’ex-primo ministro inglese Gordon Brown, che disse che faceva avanzare gli ideali mondiali; l’ex-vicepresidente Al Gore, che ritiene Avaaz fonte d’ispirazione e che ha già fatto molto per cambiare le cose; Zaynab Bangura, ex-ministro degli Esteri della Sierra Leone, che descrive Avaaz come un alleato e un punto d’incontro dei popoli svantaggiati del mondo, facendo la vera differenza. Avaaz, utilizzando donazioni per sostenere le proteste arabe, inviò ai ribelli libici, yemeniti e siriano kit per connessioni internet via satellite a prova di blackout, piccole videocamere, trasmettitori portatili radio e anche gruppi di esperti per addestrarvi i manifestanti. Scopo di tali azioni di Avaaz è chiaramente visibile sul suo sito: permettere “di trasmettere video live anche con blackout d’internet e telefonici e far attrarre l’attenzione internazionale sui coraggiosi movimenti per il cambiamento“. In Siria, Avaaz sostiene di avere una “rete che contrabbanda rifornimenti medici e giornalisti, e per ricevere immagini e informazioni”. L’ONG dice anche di avere sul confine siriano “case sicure” per proteggere ribelli e giornalisti. Diversi hacker tunisini, egiziani e libici hanno anche dimostrato l’importante ruolo di Wikileaks quale fonte per la mobilitazione. Infatti, pochi mesi prima dell’inizio delle rivoluzioni arabe, abbiamo assistito all’ampia diffusione di dispacci diplomatici statunitensi che denunciavano gli eccessi e la corruzione prevalenti nei vari regimi arabi in cui sarebbe avvenuta la rivoluzione. Così per la Tunisia, si legge che “la corruzione è un problema politico ed economico. L’assenza di trasparenza e responsabilità che caratterizza il sistema politico tunisino, danneggia seriamente l’economia per le degradanti condizioni degli investimenti, alimentando la cultura della corruzione“. Un altro cablo sull’Egitto citava “la tortura e la brutalità della polizia sono endemiche e diffuse” o su Hosni Mubaraq, “ideali quali i diritti umani non lo interessano“. Mesi prima delle rivoluzioni arabe, Wikileaks alimentò le argomentazioni dei dissidenti contro i processi decisionali. Su questo dato di fatto ci si può anche interrogare sul ruolo infine favorevole all’amministrazione degli Stati Uniti svolto da Wikileaks con i cabli diplomatici. Alcuni non esitano a sostenere che la “fuga” dei messaggi diplomatici confidenziali rispondesse a un’operazione d’intelligence degli Stati Uniti con l’obiettivo di destabilizzare molti regimi arabi. Su questo punto, è interessante vedere che diverse organizzazioni che parteciparono al “mirroring” (duplicazione di un sito web al fine di salvaguardarlo e di un’ampia diffusione) di Wikileaks avessero un “donatore generoso” nel miliardario statunitense George Soros, assai vicino a Henry Kissinger e a capo di una rete globale di organizzazioni non governative, tra cui l’Open Society Institute (OSI), che svolse un ruolo attivo nelle rivoluzioni arabe. Infatti, nel 2009 l’OSI, in collaborazione con il governo degli Stati Uniti, organizzò un workshop a Cairo per addestrare gli attivisti ad eludere la censura egiziana e tunisina. La Fondazione Soros è al centro di molte rivoluzioni e la sua azione fu addirittura considerata “sovversiva” in diversi Stati, tra cui Russia e Iran che l’accusavano di essere il braccio invisibile della CIA nella “promozione della democrazia americana“. Su Wikileaks e il sostegno “indiretto” della Fondazione Soros, si può notare che Mark Stevens, uno degli avvocati di Julian Assange, è anche consulente dell’Open Society Institute. Un’altra fondazione statunitense, “Global Voices“, ha anche fornito aiuto prezioso ai blogger arabi. Fondata presso la facoltà di Giurisprudenza ad Harvard da Rebecca MacKinnon, ex-giornalista della CNN, e da Ethan Zuckerman, membro dell’Open Society Institute di George Soros, l’organizzazione mira a sostenere una rete internazionale di blogger e “cittadini giornalisti” che segue e concentra le notizie del mondo nella “blogosfera”. Nell’ottobre 2011, Global Voices co-organizzò il terzo incontro dei blogger arabi a Tunisi ed affermò l’impegno nel promuovere il “diritto delle persone ad esprimere liberamente sulle reti le proprie aspirazioni democratiche“.
Vediamo gli elementi della preparazione “sotto l’influenza” estera delle rivoluzioni del Vicino e Medio Oriente avviarsi gradualmente. Inoltre, se la culla della primavera araba è la Tunisia, si può collocare la sua genesi nel giugno 2009 in Serbia. Mohamed Adel, giovane egiziano che studiò dai Fratelli musulmani, è un capo del movimento 6 aprile. Composto da giovani dissidenti, il gruppo ha scelto il nome in riferimento allo sciopero generale del 6 aprile 2008, nato su internet. Ma secondo Muhammad Adel, non fu realmente spontaneo. Come egli stesso ammette: “In Serbia fummo addestrati nei metodi della non-violenza. Ci fu insegnato a mobilitare le folle pacificamente, a controllarle ed organizzare efficacemente le manifestazioni...” Fu nel giugno 2009, che accompagnato da altri 14 militanti egiziani e algerini, si recò a Belgrado. Seguì un corso di formazione in arabo. Tali due settimane di seminario avevano lo scopo di formare “apprendisti rivoluzionari” alla lotta non violenta, con la possibilità d’interagire con i militanti serbi e incontrare ONG e giornalisti. Dietro tale formazione rivoluzionaria vi era il Canvas o Center for Applied Nonviolent Action and Strategies. Tale organizzazione è in realtà una propaggine del movimento serbo Otpor, che significa resistenza. Otpor è un’associazione studentesca all’origine degli eventi che portarono alla caduta di Milosevic nel 2000. Scopo dichiarato era utilizzare il know-how di CanvasOtpor riguardante i movimenti di protesta non violenta, che può essere fatto risalire ai “consulenti” di Canvas nella rivoluzione delle rose in Georgia. In Ucraina, l’organizzazione PORA era molto attiva durante la “rivoluzione arancione”, inviando nell’aprile 2004 18 suoi membri a Novi Sad, nel nord della Serbia, per partecipare a un seminario. Si noti inoltre che poco prima delle elezioni, un membro di Canvas venne deportato dall’Ucraina. Canvas è anche strettamente legata a Zubr, organizzazione per i diritti civili filo-occidentale bielorussa, creata nel 2001 per rovesciare il regime di Aleksandr Lukashenko. Nel 2002 troviamo tracce di Canvas nell’opposizione venezuelana. Nel gennaio e febbraio 2011, il logo Canvas, quello di Otpor, veniva brandito da giovani studenti tunisini ed egiziani del movimento 6 aprile che protestavano per le strade di Cairo. Per operare, una tale struttura ha bisogno di notevoli mezzi finanziari. Canvas è finanziata da ricchi filantropi il cui unico scopo è costruire un mondo migliore e far avanzare la democrazia? A credere a Srdja Popovic, fondatore di Otpor e attuale direttore di Canvas, riceve solo fondi privati, senza contributi pubblici. Ma sembra che sia altrimenti. Secondo fonti solitamente bene informate, due agenzie statunitensi contribuiscono in modo significativo al suo finanziamento. International Republican Institute e Freedom House. International Republican Institute è un’organizzazione politica legata al Partito repubblicano. Il suo finanziamento proviene principalmente dal governo federale degli Stati Uniti. Si noti che nella primavera del 2000, l’ex-colonnello dell’esercito statunitense Robert Helvey fu inviato in Serbia dall‘International Republican Institute per condurre seminari sulla non violenza a favore degli attivisti di Otpor. Ambienti vicini ai servizi segreti occidentali dichiarano che infatti l’IRI non sia altro che una facciata della CIA. Freedom House, il cui obiettivo è esportare i valori statunitensi, era presieduta da James Woolsey. È utile ricordare che fu direttore della CIA nel 1993-1995?
Si noti che il blogger egiziano Abdel Fatah Isra, co-fondatore del movimento 6 aprile, faceva parte di un gruppo di attivisti invitato da Freedom House. Poté partecipare ad un programma di formazione per “riformatori politici e sociali”, finanziato da USAID (United States Agency for International Development). L’agenzia statunitense mira in particolare a ridurre la povertà e promuovere la democrazia e la crescita economica. Durante tali seminari, gli aspiranti rivoluzionari (tunisini, egiziani, algerini, siriani, yemeniti…) imparano anche come utilizzare al meglio i social network ed internet. Giocarono un ruolo di primo piano. Di particolare nota è la creazione di una pagina facebook sei mesi prima della caduta di Mubaraq, chiamata “Siamo tutti Qalid Said“, in omaggio a un giovane surfista torturato a morte dalle autorità, dopo aver pubblicato un video che mostrava poliziotti corrotti. Più di 500000 persone divennero rapidamente membri di tale gruppo che protestava contro la violenza della polizia. Il suo creatore, all’inizio anonimo, finalmente fu smascherato dalla polizia, Wail Ghonim, marketing manager per il Medio Oriente del gigante statunitense d’internet Google. Il vento di rivolta provò a travolgere altri Paesi dell’Africa e del Medio Oriente. Il vicino Sudan non fu risparmiato. Khartoum, che ha perso tre quarti dei suoi proventi petroliferi per la secessione del Sud Sudan, si trova ad affrontare un’alta inflazione e la svalutazione. Nella capitale sudanese, gli studenti scesero in piazza il 30 gennaio 2011 al richiamo di diversi gruppi costituiti su facebook, tra cui “30 gennaio, la parola ai giovani sudanesi”. Violentemente soppresso, il movimento non ebbe l’effetto desiderato. Inoltre il presidente Omar Hasan al-Bashir non si limitò a ordinare la repressione dei manifestanti, ma invitò i jihadisti informatici a combattere in rete. La loro missione è combattere sul loro stesso terreno contro i membri dei due principali gruppi attivisti in grado di raccogliere circa 20000 sostenitori. Si tratta di “Giovani del cambiamento” e “WeR fed-up”. Il metodo sembra efficace perché se gli studenti sudanesi sporadicamente hanno sfidato le autorità dimostrando per le strade di Khartoum, la repressione s’è affrettata a disperdere tali facinorosi. Finora non sono riusciti a trascinare il resto della popolazione, anche se il capo islamista Hasan al-Turabi potrebbe finire per esserne tentato…
All’inizio del 2011, un po’ più a est, un utente anonimo creò la pagina “Yemen rivoluzione” che orgogliosamente mostrava il simbolo del pugno di Otpor. Il 3 febbraio 2011 lo Yemen conobbe le più grandi manifestazioni degli ultimi decenni. Decine di migliaia di manifestanti adottarono il colore rosa come segno dell’adunata. Nello Yemen solo l’1% della popolazione è connesso ad internet e l’analfabetismo è ancora notevole. Se questa rivoluzione rosa sembrava esaurirsi, un anno dopo il presidente Salah lasciò il potere e si svolsero le elezioni presidenziali. Anche se vi fu un solo candidato, il vicepresidente, e tanti incidenti causati dai separatisti del sud da provocare la chiusura di molti seggi elettorali, lo Yemen divenne il primo Paese arabo in cui la rivolta portò a una soluzione negoziata. Ora il destino dello Yemen non è deciso. Tra separatisti meridionali e la presenza di numerosi militanti di al-Qaida, il Paese è tutt’altro che stabile. Da notare anche la presenza sottile ma molto attiva delle forze speciali statunitensi, pesantemente coinvolte nella lotta al terrorismo, sostenuti da regolari raid dei droni statunitensi della CIA. Nello stesso periodo fu creato un gruppo su facebook chiamato “Algeria pacifica” che adotta il pugno chiuso di Otpor e lo slogan “Insieme tutto è possibile”. Ma le autorità algerine monitorano attentamente internet e le forze di sicurezza vengono dispiegate nelle manifestazioni di massa che disperdono sistematicamente. Anche in questo caso la rivoluzione deve prendere forma. Nel vicino Marocco, il re anticipa ed evita la primavera araba con un referendum per cambiare la costituzione. A fine novembre 2011, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo che riunisce noti islamisti monarchici, è il vincitore delle elezioni. Il re non ha altra scelta che nominare capo del nuovo governo, il capo degli islamisti.
Se si dovesse cercare un denominatore comune a tutte queste pretese azione spontanee volte all’obiettivo lodevole di sconfiggere tiranni e stabilire la democrazia, sarebbe “islamisti e Stati Uniti”. Un esempio: l’egiziano Muhammad Adel fece il suo debutto nei Fratelli musulmani prima di essere addestrato da Canvas, finanziato da organizzazioni statunitensi, o Wail Ghonim, dirigente di Google, il gigante d’internet la cui collaborazione con intelligence degli Stati Uniti non è più un segreto. Più discreto ma non meno attivo, il Qatar non solo fornisce sostegno finanziario, ma anche forze speciali, soprattutto molto attive in Libia. A poco a poco, un’ombra, che alcuni qualificherebbero volentieri come “omertà”, vela le rivoluzioni che hanno trasformato in profondità il volto del mondo arabo come lo conoscevamo. La primavera araba ha anche rivelato la potenza di una nuova forza, ora al centro delle sfide della strategia globale, internet e le reti sociali, segnando un punto di svolta nella storia della “rivoluzioni”.
Yves-Marie Peyry, Ricercatore Associato presso il Centro francese per la Ricerca sull’Intelligence (CF2R). Alain Charret, ex-dirigente dei servizi segreti francesi, direttore di “Renseignor“.
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora


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Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio

3 ore fahttp://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#


Inflazione? Ma quale INFLAZIONE? Il terrore dell'inflazione ce lo inculcano i banchieri e i loro servi giornalisti, è un dogma, è un taboo, una cazzata ripetuta nei talk show dai pappagalli del sistema perché non ci venga in mente di ripristinare le nostre monete nazionali e riportare la sovranità monetaria allo stato mediante l'emissione di una MONETA A CREDITO DI PROPRIETÀ DEL POPOLO.

Altro che inflazione, qui invece le merci ristagnano, le aziende chiudono e prezzi crollano, siamo in piena DEFLAZIONE, che é infinitamente peggio



Abbattiamo la Frode Bancaria e il Signoraggio


7 ore fahttp://it-it.facebook.com/pages/Abbattiamo-la-Frode-Bancaria-e-il-Signoraggio/208622872545749#


IL GOVERNO DOVREBBE CREARE TUTTA LA MONETA CHE SERVE per facilitare e monetizzare il commercio dei beni e servizi disponibili sul mercato (inclusa la forza lavoro, ottenendo così la piena occupazione) e trattenendo per sé esclusivamente il necessario a copertura dei provvedimenti di spesa giustificati e decisi dal parlamento.

Si eliminerebbe così la necessità delle tasse e degli interessi, e su questa proposta non vedo come la maggioranza potrebbe mai essere in disaccordo.
 
5 ago 2014 12:22
DOPO “ESPIRITO SANTO”, TOCCA A DEUTSCHE BANK? - LA BANCA TEDESCA FINISCE NEL MIRINO DELLA FED PER I REPORT “IMPRECISI E INAFFIDABILI” - I PROBLEMI RIGUARDANO LE ATTIVITÀ SUI DERIVATI CHE AMMONTANO A SEICENTO MILIARDI, SOLO NEGLI USA

Ma girano anche stime ben superiori: fino a 55 trilioni di euro. Un eventuale buco avrebbe conseguenze devastanti sull’intero sistema finanziario mondiale. Al confronto i problemi nati con Lehman diventerebbero briciole - Deutsche Bank ha attività per 1.665 miliardi di euro, quanto il Pil italiano…


Nino Sunseri per “Libero Quotidiano

banco espirito santo
Il Portogallo salverà il Banco de Espirito Santo. Sarà la prima operazione fatta secondo le nuove regole dettate dall'Unione europea. Verrà fornito un sostegno da 4,4miliardi di euro per evitare il collasso del terzo gruppo bancario del Paese. Una caduta che avrebbe certamente provocato una nuova crisi finanziaria.

L’operazione di salvataggio prevede lo spezzatino della banca: da una parte le attività «tossiche», che finiranno in una bad bank di nuova istituzione; dall’altra gli asset che producono utili, conferiti al Novo Banco.

L’istituto sarà controllato dal Fondo di Risoluzione, alimentato dal sistema bancario portoghese. In base alle nuove norme europee lo Stato non può impiegare soldi dei contribuenti prima che azionisti e obbligazionisti di istituzioni in crisi non abbiano partecipato alla copertura delle perdite. Tra i principali azionisti del Banco figura il Credit Agricole che detiene il 14,6%.

quartier generale di Deutsche Bank a Francoforte
La decisione del Portogallo incassa il giudizio positivo della Commissione europea che considera «adeguato» l’intervento per scongiurare un effetto sistemico. Da venerdì scorso le azioni Bes sono state sospese alla Borsa di Lisbona dopo un crollo del 75% in appena tre sedute. I problemi del Banco Espirito Santo ripropongono gli interrogativi sulla solidità di tutto il sistema bancario europeo.

In particolare per quanto riguarda la Deutsche Bank su cui si sono accesi i riflettori della Federal Reserve di New York. In una lettera inviata al gruppo tedesco nel dicembre scorso, un alto funzionario della Fed newyorkese descrive i bilanci prodotti da alcune divisioni Usa come «di scarsa qualità, imprecisi e inaffidabili».

ORO NELLA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK
Secondo il Wall Street Journal, la banca tedesca non ha compiuto progressi nella risoluzione dei problemi individuati. Una portavoce di Deutsche Bank ha risposto che l'istituto «sta lavorando diligentemente per rafforzare i controlli», per diventare «i migliori. Stiamo investendo un miliardo di euro e abbiamo incaricato 1.300 persone di focalizzarsi sul tema».

La banca ha anche varato un aumento di capitale da otto miliardi. Ora, però i mercati si interrogano sulla capienza dell’operazione. È forte il dubbio che il buco sia molto più ampio. I rilievi avanzati dalla Fed preoccupano. Si parla di report scadenti, auditing e supervisione inadeguati, sistema tecnologici deboli.

LA FEDERAL RESERVE BANK DI NEW YORK
Per i vigilantes di New York «la dimensione e la portata degli errori suggerisce che l’intera struttura con cui vengono comunicate le attività americane del gruppo necessita di una revisione ampia». I problemi riguardano in particolare le attività sui derivati che ammontano a seicento miliardi, solo negli Usa.

Ma girano anche stime ben superiori: fino a 55 trilioni di euro. Un eventuale buco avrebbe conseguenze devastanti sull’intero sistema finanziario mondiale. Al confronto i problemi nati con Lehman diventerebbero briciole. Basti pensare che Deutsche Bank ha attività per 1.665miliardi di euro. All’incirca quanto il Pil italiano.

DERIVATI
A questo proposito vale la pena di ricordare che nel 2011 furono proprio i vertici del colosso tedesco a scatenare il panico sul debito italiano. Le vendite di Btp allargarono lo spread con il Bund emisero le basi per la crisi finanziaria da cui derivò la caduta del governo Berlusconi. Ora i problemi riguardano la stessa Deutsche. Gli analisti si aspettavano che la banca annunciasse un forte aumento degli utili nel secondo semestre e invece il profitto si riduce del 29%a238milioni, da confrontare con i 334 milioni dello scorso anno e con gli oltre 500 su cui scommettevano gli analisti.


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agosto 5, 2014 1 commento

F. William Engdahl Nsnbc 2 agosto 2014
Il mondo ha già visto tali sceneggiate. Ha visto l’incidente sotto falsa bandiera del Golfo del Tonchino durante la guerra del Vietnam. Ha visto l’episodio del finto gas Sarin di CIA e sauditi, nel 2013, che ha portato il mondo sull’orlo della guerra mondiale. Ha visto l’episodio dell’uranio yellowcake fasullo del Niger usato per costringere il Congresso degli Stati Uniti alla guerra contro l’Iraq di Sadam Husayn nel 2003, per le cosiddette armi di distruzione di massa che non furono mai trovate. Ora il mondo vede di nuovo le frenesie del dipartimento di Stato degli Stati Uniti e della CIA per cercare d’accusare la Russia di Putin di fornire ai separatisti dell’Ucraina orientale armi antiaeree altamente sofisticate russe che sarebbero state utilizzate per abbattere l’aereo delle Malaysia Airlines. Putin, accusa il segretario di Stato John Kerry su cinque (!) talk show del 20 luglio, di non controllare i ribelli dell’Ucraina orientale. La prova di tutto questo? I “social media”, secondo il portavoce ufficiale del dipartimento di Stato. La buona notizia per quelle anime sobrie che non desiderano vedere la terza guerra mondiale tra Cina-Russia e Paesi BRICS contro USA/NATO, trasformando l’Europa occidentale in un Trümmerfeld devastato per la terza volta in un secolo, è che tale tentativo d’incolpare la Russia di Putin si ritorce contro, anche s’è stato deciso.
Domande senza risposta
Una delle caratteristiche più scioccanti della copertura dei media mainstream occidentali sul caso del MH17 è la totale mancanza di un serio e prudente giornalismo investigativo, esistente solo pochi anni fa. Invece di peccare per eccesso di cautela prima di giudicare una situazione che potrebbe facilmente innescare una nuova Guerra Fredda o, peggio, CNN, New York Times, Washington Post e la maggior parte dei media UE, tra cui quelli tedeschi, hanno semplicemente citato i funzionari del governo di Kiev, tra cui dei neo-nazisti, come se fossero credibili. Una vera inchiesta deve esaminare le domande insolute. In primo luogo dovremmo cominciare con molte domande, senza risposta, assai cruciali, prima di decidere cosa sia successo al Boeing 777 del MH17, quel 17 luglio.
Screenshot da FlightAware.com compilato da Vagelis Karmiros che collaziona tutte le rotte del MH-17 tracciate da FlightAware mostrando come, mentre tutti gli ultime 10 rotte passano tranquillamente a sud della regione di Donetsk, sorvolando il Mare di Azov, solo il 17 luglio, il tragico volo MH17 passò proprio sul Donetsk.
Il primo è il motivo per cui il controllo del traffico aereo di Kiev del ministero dell’Aviazione dell’Ucraina, ordinò al MH17 di deviare dalla rotta pianificata che evitava la zona di guerra nell’Ucraina orientale? Secondo rapporti iniziali di FlightAware.com, che traccia online tutti gli aeromobili civili, il 17 luglio il Boeing 777 del Volo MH17 delle Malaysia Airlines, dall’aeroporto Schiphol di Amsterdam a Kuala Lumpur in Malesia, deviava in modo significativo in altitudine e rotta da tutti gli altri voli commerciali che dall’inizio della guerra civile in Ucraina orientale, ad aprile, volano a sud della regione in conflitto. Le domande chiave prima d’incolpare qualcuno, furono completamente ignorate dal governo ucraino a Kiev, dall’amministrazione Obama a Washington, dalla maggior parte dei media occidentali, è perché il pilota deviò dalla rotta? Perché sorvolò lo spazio aereo vietato? E quali istruzioni diede il controllo aereo di Kiev al pilota, nei minuti prima della tragica esplosione? Curiosamente, dopo che i dati di FlightAware furono pubblicati inizialmente, il sito cambiò versione sulla rotta del MH17. Perché l’ha fatto?
Il falso video della ‘pistola fumante’ di Kiev
La maggior parte delle argomentazioni dell’amministrazione Obama su chi sia responsabile del MH17 cita i funzionari del governo di Kiev. Eppure hanno mentito ripetutamente dal colpo di Stato del 22 febbraio 2014, che li ha messi al potere illegalmente con le armi. Poche ore dopo la notizia dell’abbattimento dell’aereo, l’intelligence ucraina diffuse ciò che sosteneva essere la “prova” che il MH17 era stato abbattuto dai separatisti agli ordini diretti della Russia. Il video su YouTube di 2:23 minuti pretese di dimostrare che “i militanti del ‘gruppo Bes’, usando un missile antiaereo russo, avevano abbattuto l’aereo di linea Boeing 777 delle Malaysia Airlines da Amsterdam a Kuala Lumpur‘. L’intelligence ucraina presentò ciò che pretendeva essere le registrazioni delle conversazioni tra un separatista filo-russo e il suo coordinatore Vasil Geranin, che sarebbe un colonnello del Primo direttorato dell’Intelligence dello Stato Maggiore Generale delle Forze Armate russe. Si parla dell'”abbattimento di un jet”, senza capire se si tratta di un jet civile o militare, potendo anche riferirsi a un Su-25 ucraino abbattuto alcune ore prima nei combattimenti. Nel video su YouTube non c’è modo di provare che l’audio non sia semplicemente un copione letto da due attori in uno studio. La “pistola fumante” di Kiev, il video, scomparve dai media quando diligenti ricercatori informatici scoprirono che data/ora mostravano che il fu messo online il 16/07/2014 alle 19:10 ora di Kiev, il giorno prima dell’abbattimento del MH17. Ops! Tornate a studiare a Langley, ragazzi. Questo per quanto riguarda la credibilità del governo di Kiev, che ha sempre mentito fin dal primo giorno al potere.
Le simultanee manovre USA/NATO
Ora passiamo a una coincidenza molto interessante. Proprio come avvenne negli attacchi al World Trade Center del settembre 2001 e al cosiddetto attentato di Boston, e numerosi altri episodi terroristici, vi furono importanti manovre NATO in Ucraina nei giorni prima e dopo l’incidente del MH17. Secondo lo spifferatore di Washington della NSA Wayne Madsen, la NATO e l’esercito ucraino partecipavano ad “esercitazioni” militari congiunte di dieci giorni, nome in codice ‘Sea Breeze‘, comprendenti l’utilizzo di aeromobili da guerra elettronica e intelligence elettronica, come il Boeing EA-18G Growler e il Boeing E-3 Sentry Airborne Warning e Control System (AWACS). Sea Breeze, secondo Madsen, includeva l’incrociatore lanciamissili classe AEGIS USS Vella Gulf. Dal Mar Nero, “il Vella Gulf poteva seguire il Malaysia Airlines MH17, nonché eventuali missili lanciati contro l’aereo“. Inoltre, gli aeromobili AWACS e d’intelligence elettronica (ELINT) sorvolavano la regione del Mar Nero quando MH17 volava sull’Ucraina. Gli aerei Growler possono bloccare i radar dei sistemi terra-aria. L’esercitazione NATO coincise con l’abbattimento del 17 luglio del MH17, a soli 40 miglia dal confine con la Russia. “Navi ed aerei della NATO controllavano le regioni di Donetsk e Lugansk con i radar e la sorveglianza elettronica“. (Una nota curiosa è il ricorrente ruolo centrale del vicepresidente Joe Biden negli eventi Ucraina. Biden v’è coinvolto personalmente dall’inizio delle proteste. Ed insolitamente, non fu la NATO, ma il sito dell’ufficio del vicepresidente Joe Biden che per prima annunciò le manovre militari statunitensi Sea Breeze e Rapid Trident II, il 21 maggio 2014. Così, con uno sfacciato conflitto di interessi, il figlio di Biden, Hunter, è il direttore della nuova società energetica ucraina Burisma Holdings, Ltd., di proprietà di Igor Kolomoiskij, l’oligarca mafioso ucraino-israeliano noto come il “Camaleonte”).
La domanda scottante è perché è il governo degli Stati Uniti non ha svelato le immagini del tracciato del volo MH17 del 17 luglio, mostrando con precisione dove volava e dove fu colpito? Forse per paura di rivelare ciò che teme essere un boomerang sui falchi di Washington? Non solo le agenzie statunitensi hanno dati satellitari sul volo MH17, hanno anche immagini precise della batteria lanciamissili che probabilmente aveva sparato il missile che ha distrutto MH17. Secondo il pluripremiato ex-giornalista di Newsweek Robert Perry, una fonte attendibile gli ha detto che “le agenzie d’intelligence degli Stati Uniti hanno dettagliate immagini satellitari della probabile batteria lanciamissili che ha sparato il missile fatale, ma la batteria sembrava essere sotto il controllo delle truppe governative ucraine, vestite con ciò che sembrano uniformi ucraine”. Potrebbe essere questa la ragione per cui, finora, l’amministrazione Obama non ha rilasciato le prove dettagliate per dimostrare le sue affermazioni sui “ribelli ucraini appoggiati da Mosca” che avrebbero sparato il missile mortale? Potrebbe mostrare, infatti il contrario, le forze legate a Kiev.
Il dipartimento di Stato degli Stati Uniti cambia storia
La guerra di propaganda contro la Russia sull’abbattimento del MH17 è diretta, proprio come nel golpe di Majdan, da una cabala di neoconservatori del dipartimento di Stato degli Stati Uniti. La viceportavoce di Victoria Nuland ed ex-addetta stampa della CIA, Marie Harf, nella conferenza stampa del 21 luglio a Washington, affrontò domande insolitamente persistenti e critiche da diversi giornalisti, che chiesero perché, se il segretario John Kerry e il governo degli Stati Uniti possedevano prove “inconfutabili” del coinvolgimento russo e dei ribelli sul caso MH17, si rifiutavano di renderle pubbliche, come fecero gli Stati Uniti in casi precedenti, come nella crisi dei missili di Cuba del 1962. Sulla difensiva e irritata dalle domande, Harf rispose, riferendosi alle dichiarazioni di Kerry del 20 luglio, “secondo la nostra valutazione si trattava di un missile SA-11 sparato dal territorio controllato dai separatisti filo-russi”. Ma, incredibilmente, qual era la prova che i giornalisti chiedevano? Harf rispose, “sappiamo, l’abbiamo visto nei social media e poi i video, abbiamo visto le foto dei separatisti filo-russi vantarsi di avere abbattuto un aereo…” Mi scusi, signore e signori per il sussulto. “L’abbiamo visto nei social media… poi abbiamo visto le foto dei separatisti filo-russi vantarsi...”, la CIA si occupa anche di fotografie? Con il governo e l’intelligence militare russi rilasciare le proprie prove, l’amministrazione Obama s’è lanciata freneticamente nel “limitare i danni”. Alle 17:57, ora di Washington del 22 luglio, decise di organizzare una conferenza stampa di “anonimi alti funzionari.” “Con anonimi alti funzionari” di solito ci si riferisce ai vertici del governo o agli assistenti dei segretari. Diversi “anonimi alti funzionari statunitensi” tennero una conferenza stampa a Washington. Ufficiali dell’intelligence USA dichiararono che, mentre i russi armavano i separatisti nell’Ucraina orientale, “gli Stati Uniti non avevano alcuna prova diretta che il missile utilizzato per abbattere l’aereo passeggeri provenisse dalla Russia“. Questa era nuova per Washington. I funzionari dell’intelligence USA continuarono a dire che non sapevano chi avesse sparato il missile o se eventuali operatori russi erano presenti al lancio del missile. Era “incerto” che l’equipaggio del lanciamissili sia stato addestrato in Russia… su chi abbia sparato il missile, dichiararono “Non sappiamo il nome, non sappiamo il grado e non siamo nemmeno al 100 per cento sicuri della nazionalità…
Sembrando dei goffi personaggi di un brutto remake hollywoodiano di Laurel & Hardy, gli ‘alti’ ufficiali dell’intelligence degli Stati Uniti, quando gli chiesero dettagli sulle prove, ripeterono il mantra di Marie Harf del dipartimento di Stato. I ‘vertici’ dell’intelligence ebbero la faccia tosta di affermare che “ci basiamo in parte sui messaggi e video dei social media resi pubblici nei giorni scorsi dal governo ucraino“, anche se apertamente ammisero che non potevano autenticarli tutti. Ad esempio, citarono il video di un lanciamissili che avrebbe attraversato il confine russo dopo il lancio che sembrava privo di un missile. Ma più tardi, interrogati, i funzionari riconobbero che non avevano ancora verificato se il video era esattamente ciò che pretendeva di essere. L’ultimo pezzo della conferenza stampa è sorprendente, perché indicava che qualche briefing, forse della CIA o del dipartimento di Stato, informò il presidente degli Stati Uniti (che presumibilmente ebbe poco tempo per le indagini…), quando poi andò alla televisione nazionale, il 21 luglio, per dire che l’aereo delle Malaysia Airlines, “è stato abbattuto sul territorio controllato dai separatisti filo-russi in Ucraina”, dicendo anche che la Russia aveva addestrato i separatisti “armandoli con attrezzature militari e armi, comprese armi antiaeree”. Quel discorso avvicinava il mondo alla Guerra Fredda con la Russia, che facilmente poteva divenire calda. Il giorno dopo, qualcuno assai esperto nell’amministrazione statunitense, chiaramente decise di ridurre massicciamente il confronto.
F. William EngdahlRussiaToday
Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora
 
Muhammad Dayf, capo militare di Hamas e agente di CIA/Mossad

agosto 4, 2014 3 commenti

Aanirfan 3 agosto 2014
Muhammad Dayf è il comandante dell’ala militare di Hamas. Nel 2006, Deyf aderì ad al-Qaida nella Striscia di Gaza.
Al-Qaida è gestita dalla CIA, come l’ex-ministro degli Esteri inglese Robin Cook spiegò una volta al parlamento del Regno Unito. Al-Qaida: Database. Hamas fa parte della Fratellanza musulmana, creata dagli inglesi e utilizzata da MI6 e CIA per distruggere i Paesi musulmani. L’uso dei Fratelli musulmani da parte del MI6/Chi ama i Fratelli musulmani?
L’ultima foto nota di Muhammad Dayf risale a vent’anni fa. Si ritiene che Dayf lavori per il Mossad. Hamas fu creata dal Mossad al fine di indebolire e dividere i palestinesi.
Secondo Avner Cohen, funzionario israeliano: “Hamas, con mio grande rammarico, è una creazione d’Israele“. Secondo Cohen, Israele per anni ha incoraggiato Hamas come contrappeso ai nazionalisti laici di Fatah di Yasir Arafat. Secondo Cohen, Israele ha collaborato con il capo di Hamas, sceicco Ahmad Yasin. Come Israele ha allevato Hamas – WSJ
Nel 2006, John Loftus, ex-procuratore degli Stati Uniti ed ex ufficiale dei servizi segreti dell’esercito, scrisse: “I Fratelli musulmani sono un’organizzazione fascista ingaggiata dai servizi segreti occidentali poi evolutasi in ciò che oggi conosciamo come al-Qaida… Abbiamo mantenuto la Fratellanza musulmana sul nostro libro paga…Fratellanza Musulmana, CIA, nazisti e al-Qaida
Secondo l’ex-agente del Mossad Victor Ostravsky, il Mossad armò i Fratelli musulmani egiziani con le armi dei mujahadin afghani nel 1986. “Il Mossad indicò anche ai terroristi della Jihad islamica gli obiettivi da colpire… Nell’ottobre 1991, irritato alla volontà dell’amministrazione di Bush sr. di mediare i colloqui di pace a Madrid tra Israele e i palestinesi, secondo Ostrovsky, il Mossad usò tre estremisti di Hamas nel tentativo di assassinare Bush a Madrid...”
Morten Storm è l’agente danese usato da CIA e MI5 per finanziare Iqirma, ovvero Abduqadir Muhammad Abduqadir, il cosiddetto ideatore dell’attacco al centro commerciale del Kenya.
L’attuale capo di al-Qaida è Ayman al-Zawahiri, che combatté per la CIA in Bosnia. Suo fratello Zayman al-Zawahiri combatté per la CIA in Kosovo. Ayman al-Zawahiri è coinvolto nel massacro di Luxor. Secondo una testimonianza al Congresso USA nel gennaio 2000, Ayman al-Zawahiri ricevette la residenza negli Stati Uniti dal Servizio Immigrazione e Naturalizzazione. Uno dei centri operativi di al-Zawahiri era Londra. Il presidente Mubaraq, dopo il massacro di Luxor, dichiarò: “Ci sono persone che hanno commesso crimini e sono state condannate (in Egitto) e che vivono in territorio inglese“. (Zawahiri)
La prima moglie di Usama, Najwa Ghanim, e il figlio di Usama​
Il SIIL opera per conto di Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita, secondo Rete Voltaire.
Usama bin Ladin era un ebreo che lavorava per il Mossad e la CIA. La madre di Usama
L’ex-agente della NSA e della CIA Edward Snowden ha rivelato che il capo del SIIL, Stato islamico dell’Iraq e Siria, Abu Baqr al-Baghdadi, è stato addestrato in Israele. Il SIIL “è guidato da Abu Baqr al-Baghdadi, a nome del principe Abdul Rahman al-Faysal… l’ambasciatore saudita a Washington. È finanziato e controllato da ufficiali statunitensi, francesi e sauditi. Il problema è che la maggior parte dei terroristi musulmani, da Usama bin Ladin a David Headley, risultano lavorare segretamente per Israele e gli alleati Stati Uniti e NATO”. Il grande segreto – sono tutti ebrei.
 
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IL MARE MEDITERRANEO SALIRA' DI ALMENO UN METRO ENTRO I PROSSIMI 80 ANNI, ADDIO ALLE SPIAGGE ITALIANE UN PO' OVUNQUE.

mercoledì 6 agosto 2014
Prepariamoci a salutare il tipico profilo costiero dello Stivale italiano e piu' in generale di buona parte del mar Mediterraneo: l'azione combinata di aumento dei mari, di 1 metro entro il 2100, e lo sprofondare di alcune regioni mette a rischio regioni come la Liguria, la Toscana, la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. A prevederlo e' uno studio dell'Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (Ingv) pubblicato su Special Publication della Geological Society of London.
Cambiamenti climatici - e il conseguente scioglimento dei ghiacci polari - movimenti delle placche tettoniche, terremoti e attivita' vulcanica: sono questi gli inesauribili 'motori' che plasmano il paesaggio del nostro pianeta e che stanno ora trasformando, o meglio proseguono nella loro azione, le coste dell'intero Mediterraneo. Lo studio conferma come le acque del Mediterraneo salgano di 1.8 millimetri all'anno, con una previsione sull'aumento del livello del mare di circa 1 metro entro la fine del secolo e di oltre 2 entro il 2200.
A questo si aggiunge il fatto che alcune regioni sono interessate da fenomeni detti di 'subsidenza', ossia l'abbassamento del terreno per causa naturali o umane: un 'mix' che portera' alla trasformazione delle linee di costa.
"Per quanto riguarda l'Italia - ha spiegato ha spiegato Marco Anzidei, responsabile dello studio - le zone piu' a rischio di ingressione marina sono le coste presso la foce del Volturno e del Po, la laguna veneta, alcune localita' del Tirreno, della Sardegna, della Calabria e le isole Eolie. Meno esposte risultano invece le coste pugliesi, in Italia, parte dell'isola di Creta, la costa Israeliana e parte del Nord Africa".
Certamente colpite le Liguria e la Toscana, con la scomparsa ovunque delle spiagge, ingoiate dal mare, che si eleverà di ben un metro.

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