News, Dati, Eventi finanziari sara' vero................

Il trucco è vecchio di 400 anni:
prima creano artificiosamente il panico.... poi offrono candidamente la soluzione...
voilà. .. il cappio al collo è servito...
 
fomenta guerre x dirigere conferenze di pace ...di modo che nulla cambi.....e noi dominiamo Amschel bauer moses detto rothschild
 
MISTERO DI FORT KNOX - SECONDA PARTE


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Nota di Zio: Mi sono registrato sul sito Deshgold di Gennaro Porcelli per poter
scaricare gratis il suo ebook sull'oro e sulla moneta fiat (senza valore intrinseco)
vi consiglio di non perderlo perché sarebbe un grave errore non leggerlo!!

Ziobarbero
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Ho iniziato questa serie di articoli preso dallo spirito d'indagine. Vi consiglio, se non l'avete già fatto, di leggere la prima parte di questa mia ricerca, la trovate qui.

Torniamo subito a questa seconda parte, perché i fatti e le riflessioni che vi propongo sono davvero stupefacenti.

Vediamo innanzitutto come sono cambiate nel corso della storia le riserve in Oro degli USA:
Dal 1917 al 1939 le riserve auree statunitensi passarono da 2.500 tonnellate a 8.500 tonnellate.
Dal 1939 al 1940 aumentarono da 8.500 tonnellate a ben 19.400 tonnellate in un solo anno!
A cosa è dovuto un aumento così vertiginoso nel corso di un solo anno?
Non ci sono spiegazioni ufficiali a questo fatto. La mia idea è che gli Stati Europei in guerra contro la Germania e l’Italia trasferirono le proprie riserve auree negli USA, in modo da evitare qualsivoglia espropriazione dai regimi nazisti e fascisti nel caso di resa. Il Giappone fece lo stesso per finanziare la guerra contro la Cina.
Credo che questa spiegazione vi convinca.
Voglio però stuzzicarvi.
Se quest'Oro non era di proprietà Statunitense, perchè gli USA lo inclusero nelle loro riserve ufficiali? Non ho trovato spiegazioni ufficiali o giustificazioni lampanti, vi racconto quindi solo una possibile versione dei fatti:
Questo Oro sarebbe stato a tutti gli effetti ceduto agli USA da molti Paesi, in cambio di equipaggiamenti, rifornimenti e dotazioni militari, carburanti e grandi quantità di prodotti alimentari.
Un aiuto per la guerra, insomma.

Tornando all'evoluzione delle riserve,
Dal 1939 al 1957 le riserve aumentarono di 1.000 tonnellate arrivando al massimo storico di 20.500 tonnellate.
Dal 1958 al 1972, le riserve “crollarono” da 20.500 tonnellate alle 8.500 tonnellate.
Durante le Amministrazioni Eisenhower-Kennedy-Johnson-Nixon qualcosa cambiò profondamente negli USA riguardo le politiche monetarie e concernenti le riserve auree.
Nel 1958 negli USA si registrò una severa impennata nel tasso di disoccupazione.
Possiamo supporre che l’Amministrazione Eisenhower (concordemente con la FED) iniziò a vendere Oro sul mercato per realizzare politiche monetarie espansionistiche per cercare di aumentare l’occupazione.
Negli anni ’60 del secolo scorso iniziò l’intervento in Vietnam e sicuramente i Governi USA accelerarono il ritmo di vendita delle riserve per finanziare il conflitto.
Dal 1972 al 1980 le riserve auree diminuirono di 300 tonnellate fino a giungere alle 8.200 tonnellate.
Dal 1980 a oggi le riserve auree statunitensi, in 34 anni, sarebbero rimaste invariate a 8.200 tonnellate.

C’è però un episodio inquietante nelle vicende relative alle loro riserve di Oro.
Si tratta della morte della Segretaria di Nelson Rockfeller, la Signora Louise Auchinchloss Boyer.
La Boyer rilasciò un’intervista nel 1974 al tabloid “National Tattler” nella quale rivelava che nei forzieri di Fort Knox non vi era quasi più alcun segno di lingotti d'Oro.
Tre giorni dopo le incredibili rivelazioni della Boyer, in modo misterioso, ella cadde dalla finestra del suo appartamento di New York perdendo immediatamente la vita.
Avvenimento estremamente delicato. Una “insider” vicina al potente Nelson Rockefeller fa una rivelazione pubblica straordinaria; tre giorni dopo muore cadendo dalla finestra del suo appartamento. Morte accidentale? O qualcos’altro?
Non vi so dire se un collegamento tra i due fatti sia così certo, ma se le rivelazioni della Boyer fossero veritiere, l'Oro di Fort Knox sarebbe sparito. Chi lo ha acquistato?
Esaminiamo ora la vicenda relativa alla decisione dell’Amministrazione Nixon di abolire la convertibilità del dollaro in Oro facendo crollare uno dei pilastri degli accordi di Bretton Woods.
Questa decisione fu presa il 15 agosto 1971 dal Presidente Nixon; fino ad allora un’oncia d'Oro era “agganciata” al valore di $34,00 dollari americani.
Dopo la scelta di Nixon il valore tra Oro e dollaro è stato soggetto alle oscillazioni di mercato.
Nixon chiuse la “finestra dell'Oro”. Ovvero, nessuno Stato avrebbe più avuto la facoltà di chiedere Oro agli USA in cambio dei suoi dollari. Fate attenzione: non fu una semplice svalutazione del dollaro americano.
Già, perché Nixon, non si limitò a “svalutare” il dollaro contro l'Oro, ad esempio fissando un nuovo controvalore bloccato, magari a $200 – $250 per oncia, Nixon abolì prorpio la convertibilità aurea.
Perché? Forse per il fatto che gli USA non erano già più in possesso delle propire riserve auree?
L’Amministrazione Nixon non svalutò solo il cambio tra il dollaro e l'Oro. L’Amministrazione non permise più ad alcun Ente di richiedere Oro in cambio di dollari, lasciando la valuta americana e l'Oro liberi di oscillare nel mercato. È una cosa ben diversa.

CONCLUSIONI

La FED ha permesso che dal 1917 a oggi le sue riserve fossero sottoposte ad “audit” una sola volta. L’”audit” non fu integrale ed esauriente e neppure particolareggiato.
La FED e le Amministrazioni USA hanno ammesso che dal 1957 al 1972, il 60% delle proprie riserve erano state alienate.
Nel 1971 Nixon abolì la convertibilità dei dollari in Oro.
La segretaria di Nelson Rockefeller, uno degli uomini più influenti negli USA, fu trovata cadavere tre giorni dopo aver rivelato pubblicamente che a Fort Knox non vi era quasi più Oro.
A cosa dobbiamo credere? Di certo qualcosa ci sfugge, qualche dato ci manca.
Eppure ci sono molte circostanze e coincidenze che mi fanno pensare che le riserve auree USA siano definitivamente esaurite. Da tempo.
Che ne pensate
 
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Se la denuncia del Senatore Giarrusso dovesse rivelarsi esatta saremmo di fronte ad uno scandalo di proporzioni gigantesche: chi e perché avrebbe cancellato, dal sistema informatico del Senato, gli ingressi di Primo Greganti, alias il Compagno G., all’interno di Palazzo Madama?





Primo Greganti. Il Compagno G, resuscitato dalle ceneri di Tangentopoli, è stato nuovamente arrestato nell’inchiesta sulle mazzette all’Expo 2015. Ventidue anni dopo Greganti è ancora sulla cresta dell’onda e, soprattutto, è passato con una certa nonchalance dal Pci al Pd, da cui è stato sospeso dopo le recenti vicende giudiziare.
Il problema, però, è che Greganti – secondo quanto risulta alla Guardia di Finanza – tutti i mercoledì accedeva in Senato: per fare cosa? Per incontrare chi? E perché?
A gettare benzina sul fuoco ci ha pensato Michele Giarrusso, senatore del M5S, che ieri ha denunciatoun fatto gravissimo ed inaudito. Dopo che un senatore aveva richiesto di conoscere gli accessi di Primo Greganti (il tesserato Pd arrestato per le tangenti dell'Expo 2015) agli uffici del Senato, il sistema informatico si è improvvisamente bloccato ed è rimasto fuori servizio per mezza giornata. Quando ha ripreso a funzionare, non risultavano tracce di ingressi in senato di Primo Greganti. Peccato che la Guardia di Finanza pedinando Greganti, aveva appurato e documentato come ogni mercoledì questi si presentasse in Senato, dove regolarmente accedeva. Il capogruppo del Movimento 5 Stelle a breve chiederà una inchiesta interna per verificare cosa sia successo nella giornata di ieri e come sia stato possibile che Greganti entrasse in Senato senza che i suoi ingressi venissero registrati oppure come sia stato possibile cancellare la registrazione di questi ingressi (che avrebbero indicato chi andava a incontrare)".
“Tra le ore 6,40 e le ore 9,40 di martedì 13 maggio, mentre erano in corso controlli manutentivi periodici, si sono verificati guasti agli interruttori generali degli impianti elettrici di Palazzo Giustiniani.
Per garantire la sicurezza degli operatori, si è reso necessario interrompere immediatamente l'erogazione di energia elettrica che alimenta anche la centrale di raffreddamento del Centro Elaborazione Dati. Ciò ha provocato il surriscaldamento degli apparati informatici del CED principale, al quale è seguito lo spegnimento automatico degli stessi e l'impossibilità di attivare il CED di riserva.
Sempre al fine di consentire agli elettricisti di lavorare in sicurezza, non è stato possibile utilizzare il gruppo elettrogeno.
Il prolungato fuori servizio del sistema informativo, ripristinato integralmente intorno alle ore 16,30, non ha consentito di accedere per diverse ore alla posta elettronica e alle banche dati.
Tuttavia nessuna conseguenza si è verificata sulla corrispondenza in ingresso, né sulla conservazione di tutti i dati contenuti nei server, ivi compresi quelli relativi alla registrazione degli accessi ai Palazzi. Infatti il sistema è progettato in modo da assicurare automaticamente il costante funzionamento dei sistemi di backup e di replica sincrona delle informazioni tra i due CED.
Quanto ad articoli di stampa relativi alla presenza del signor Greganti in Senato, non risultano accrediti a suo nome.”
A chi toccherà chiarire questo pasticciaccio



- See more at: Primo Greganti in Senato pedinato dalla Gdf: ma nel sistema informatico di Palazzo Madama zero tracce
 
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16 mag 2014 15:30
1. DIETRO LA CADUTA DALL’ALTARE DI ABRAMO BAZOLI, C’E’ UNA BANKITALIA ALLO SBANDO - 2. UN INSIDER RIVELA: CHE BAZOLI FOSSE IL DOMINUS DI UBI LO SAPEVAMO TUTTI. UOMINI DI UBI IN BANKITALIA ERANO BAZOLIANI. I CONTROLLATI CONTROLLAVANO I CONTROLLORI - 3. UBI GESTIVA I MUTUI DEI DIPENDENTI DI VIA NAZIONALE, NON ERA UNA BANCA QUALSIASI - 4. LA TARANTOLA, RESPONSABILE DELLA VIGILANZA ALL’EPOCA DEI FATTI CONTESTATI, STRAVEDEVA PER FAISSOLA E NEL 2003 FECE UNA CROCIERA CON LE BANCHE COOPERATIVE - 5. CHI HA ISPEZIONATO UBI OGGI E’ FINITO A OCCUPARSI DI RAPPORTI COI SINDACATI INTERNI - 6. SIAMO SICURI CHE NON CI SIANO GRAVI OMISSIONI E/O RESPONSABILITÀ DA PARTE DI PALAZZO KOCH? NEL CASO BIPOP-CARIRE NESSUNO SI ERA ACCORTO DI NULLA. CON LA LODI, C'ERANO ACCORDI SEGRETI E BACI IN FRONTE DI ANTONIO FAZIO AL BUON CATTOLICO FIORANI. CON MONTEPASCHI NESSUNO SAPEVA DELL'ACQUISTO DEL PACCO ANTONVENETA -


Uovo alla Koch per Dagospia
Ci risiamo. Con le indagini su UBI Banca (la quarta banca del Paese) che hanno portato alla perquisizione eccellente di "Nane" Bazoli, viene messo sotto accusa il sistema della finanza bianca.
LUIGI ABETE ALESSANDRO PROFUMO FEDERICO GHIZZONI GIOVANNI BAZOLI FOTO LAPRESSE Arzilli vecchietti, come direbbe Della Valle, e sistema bancario tutto, si ritrovano uniti da un medesimo destino. Viene messo in discussione il cosiddetto capitalismo di relazione e familiare sul quale si è sempre fondata questa Italietta.
La Banca d'Italia, giovedì, ha subito messo le mani avanti e si costituisce ancora una volta, come sempre, parte offesa, con la solita motivazione: ostacolo alla vigilanza. La sua.
La storia si ripete, è già successo con altri scandali come quello della Popolare di Lodi di Fiorani (protetto del governatore Antonio Fazio), di Bipop-Carire, di Banca Antonveneta ed del Monte dei Paschi. Nell'ultimo anno, quasi l'intero sistema bancario tricolore è stato scosso da scandali di vario genere. E' stato messo in discussione il sistema della governance delle banche, quello del credito, delle carenze organizzative e dei sistemi dei controlli.
GIOVANNI BAZOLI E ENRICO CUCCHIANI FOTO LAPRESSE L'Autorità di vigilanza, ovvero la Banca d'Italia, rimane l'unico baluardo e l'unica garanzia contro tale deriva, si dice. Ma siamo sicuri? Siamo davvero convinti che non ci siano gravi omissioni e/o responsabilità da parte di Palazzo Koch, che deve garantire la stabilità del sistema e assicurare la trasparenza?
Nel caso Bipop-Carire nessuno si era accorto di nulla. Con la Lodi, c'erano accordi segreti e baci in fronte al buon cattolico Fiorani. Con Montepaschi nessuno sapeva dell'acquisto del pacco Antonveneta. Saccomanni e Tarantola come le tre scimmiette: non c'erano e se c'erano dormivano. I manager senesi, oggi dipinti come una volgare banda di ladri con la percentuale su tutto, sono stati talmente furbi da fregare il fior fiore accademico e professionale di Bankitalia. Vigilanti a loro insaputa.
bankitalia I casi oramai sono tanti e tanti, ma la favoletta è sempre la stessa: ostacolo ai poteri della vigilanza. E' un reato anche grave, perché in teoria ti può costare anche 8 anni di galera. Ma molto in teoria, ovviamente. Come insegna la triste processione di prescrizioni eccellenti e processi che vagano, quando si tratta di alta finanza, da un tribunale all'altro.
Occorre che la magistratura faccia chiarezza, come per il passato, fino all'ultimo scandalo che oggi esplode tra Bergamo e Brescia, dove ci si augura che ci siano procure attrezzate. UBI Banca ("Fare banca per bene", il loro triste claim) è una banca nel cuore di Annamaria Tarantola.
L'ex vice direttore generale della Banca d'Italia, oggi Presidente della Rai, ha sempre avuto rapporti e relazioni consolidate con i banchieri della piazza bresciana, e in particolare con il compianto Corrado Faissola, storico amministratore del gruppo Ubi banca, con l'avvocato Alessandro Azzi, presidente della Banca credito cooperativo del Garda e Presidente della federazione delle Banche di credito cooperativo (BCC) della Lombardia, nonché con il dominus di Banca Intesa, Bazoli.
ubi banca La Tarantola partecipò anche nel 2003 a una crociera organizzata dalla federazione BCC, a spese delle banche di credito cooperativo, ovvero dei clienti di queste.
Nel 2008 la dottoressa Tarantola diventa il numero tre operativo di Via Nazionale. Per tale nomina gli sponsor d'eccezione sono stati proprio Faissola, Azzi, Cesare Geronzi, Bazoli e alti prelati, a cui rimane molto a cuore la sorte di un altro istituto disastrato come Carige che tra l'altro è la principale azionista della Banca d'Italia. Faissola e Azzi, nel 2008 ricoprono la carica di presidente e vice Presidente dell'Associazione bancaria italiana, quest'ultimo ancora in carica.
AnnaMaria Tarantola Ebbene, i controllori decidono chi debba essere il loro controllore. E' storia mai sufficientemente nota. Quale esempio di autonomia e indipendenza viene trasmesso al paese e ai cittadini, nonché ai risparmiatori?
Ecco un'altra storia che in Bankitalia sanno tutti. L'allora amministratore delegato di UBI Banca, Corrado Faissola, estimatore e sponsor della Tarantola, non gradì molto nel 2011 la concorrenza della CSR (cassa interna alla Banca d'Italia) che proponeva un tasso per i mutui dei dipendenti all'1%, con il rischio di far venire meno quel lauto compenso del 4% a favore di Centrobanca (gruppo UBI) comunque finita male, a carico della Banca d'Italia e dei suoi dipendenti. UBI Banca non voleva rinunciare a muti prima casa concessi a clientela molto affidabile che possono essere usate dalle banche come garanzia per ottenere prestiti dalla BCE ad un tasso molto vantaggioso e lucrare sulla differenza
E' proprio ingrata, questa Banca d'Italia, prima ti aiuta e poi nel momento delle difficoltà mette le mani avanti e accusa: gli amministratori di UBI Banca hanno ostacolato la vigilanza. E' sempre la solita favoletta, si ripete ormai da anni, rappresenta il salvacondotto per tirarsi fuori dalle responsabilità.
FAISSOLA Eppure gli strumenti ci sono, la Banca d'Italia non svolge la "moral suasion" della quale straparlano i giornalisti, ma svolge attività di analisi cartolare sulla base delle segnalazioni mensili, trimestrali e semestrali a distanza, con strumenti sempre più sofisticati, nonché attività ispettiva in loco con missioni profumatamente pagate ai signori ispettori, i quali beneficiano anche di apposita polizza assicurativa stipulata dalla Banca d'Italia per tutelarli in caso di giudizio. Dunque di che "ostacoli" stiamo parlando? Quando arrivano gli ispettori in una banca, se vogliono, ti aprono come un'anguria.
Ma la storia si ripete. Già nei confronti del Banco di Brescia (progenitore di UBI Banca) in precedenti ispezioni vengono rilevate attività sanzionabili nei confronti del presidente e direttore generale, Costantino Vitali. La pubblicazione delle sanzioni nei confronti degli amministratori del Banco di Brescia viene fatta secondo quanto disposto dal Testo unico bancario su almeno due quotidiani a diffusione nazionale. In modo singolare, all'epoca le banche provvedevano a pubblicare le sanzioni su "Finanza e Mercati", quotidiano poco diffuso se non tra gli addetti ai lavori, cioè le stesse banche. Nel caso del Banco di Brescia, la pubblicazione della sanzione cade su "Il Messaggero", quotidiano letto solo a Roma.
j fiorani cristina fazio GENTE Oggi Bazoli (Presidente di Intesa) è l'indagato eccellente per ostacolo alle funzioni di vigilanza. Sembra di scoprire l'acqua calda. Ma come, in Banca d'Italia non se ne sono mai accorti prima? Il salvatore dell'Ambrosiano è stato il referente del sistema e rappresentava il faro per l'autorità di vigilanza, insieme al presidente del Consiglio di gestione di UBI Banca, Franco Polotti, nominato consigliere della Banca d'Italia, prima di ricoprire tale incarico. Uomini di fiducia che avrebbero attuato un sistema di regole per predeterminare i vertici della banca (UBi Banca) all'insaputa dell'autorità di vigilanza. Una specie di sistema Scajola. Le poltrone si incrociavano, ma non si conoscevano l'uno con l'altro.
ANTONIO FAZIO L'Autorità di vigilanza, come si dice a Roma, o "ci è o ci fa", quando suona la sveglia a seguito di esposti e denunce di altri, si precipita a registrare il disco: ostacolo alla vigilanza, fatti rappresentati in modo non veritiero, occultate informazioni. I poveri magistrati, non sempre espertissimi delle arcane regole bancarie, verificano gli atti e rilevano che gli ispettori hanno evidenziato le solite anomalie con applicazioni di sanzioni amministrative pecuniarie: carenze organizzative, carenze dei sistemi di controllo, carenze nell'istruttoria e gestione del credito, in sostanza sempre la solita minestra, fino a quando non scoppia la bomba.
Oggi tocca anche farvi sapere che tutti coloro che vengono coinvolti in attività di vigilanza e/o a conoscenza di fatti di rilevo presso i servizi della vigilanza in Roma e periferia di particolare sensibilità informativa, vengono sempre opportunamente rimossi e promossi con lauti compensi.
E' stato il caso di Gianluca Trequattrini, oggi capo servizio segreteria particolare scambiatosi con Ciro Vacca. Di Enrica Vignoli, oggi capo servizio cassa generale. Di Maurizio Trifilidis, oggi Direttore a Venezia, di Antonio Cinque, oggi Direttore a Trento, di Luigi Donato, oggi vice capo dipartimento immobili, di Luigi Capra, oggi Direttore a Torino, di Patrizia Pietraforte, oggi direttore al Servizio Tesoreria, di Maurizio Cannistraro, oggi direttore a Bolzano, di Giuseppe Boccuzzi, direttore a Napoli, oggi in pensione. E ancora: Giorgio D'Acunto, oggi Ispettorato vigilanza, Carlo Gentile, oggi alla CSR, Umberto Proia, capogruppo ispettivo al Banco di Brescia (UBi Banca) oggi Funzionario generale impiegato a scazzarsi con i sindacati interni.
LOGO ANTONVENETA Con le nuove indagini in corso sul gruppo UBI Banca, si attendono nuove promozioni e spostamenti, applicando il noto principio: sia promosso affinchè sia rimosso. Ma soprattutto che dopo, quand'anche lo chiamassero i pm, sia omertoso in cambio di danaro.
monte-dei-paschi-di-siena-sede Quanto viene deciso dai vertici della Banca d'Italia nella pienezza della sua incontrastata autonomia, senza rendere conto ad alcuno del suo operato - anche quando premia con incarichi dirigenziali dipendenti che tessono rapporti di "amicizia", e quindi si trovano in un conflitto di interessi, ed al tempo stesso allontanano quelli che, senza allinearsi, esplicano fedelmente la propria attività di vigilanza sulle banche "protette" sanzionandole per irregolarità - mette in evidenza un vero e proprio potere oscuro dell'autorità vigilante, non scalfibile.
Veltroni Giannini Saccomanni Ancora una volta, i vertici di una struttura dedita ad attività di vigilanza, con inopportune frequentazioni con i principali banchieri, che ne hanno sponsorizzato l'ascesa, e spesso poco solerte rispetto ai gravi scandali bancari, configura un vulnus per l'operato trasparente e super partes di un'istituzione come Banca di Italia, che proprio in virtù dei fatti descritti perde sempre più la sua autorevolezza ed autonomia di giudizio,
Oscuri sono i criteri usati in Banca d'Italia per decidere nomine e promozioni interne tenuto conto che appare estremamente grave, che il controllore venga sponsorizzato dai controllati, ossia le banche azioniste in un gigantesco conflitto di interessi.
mario draghi Se il quadro è questo, non sono sicuro che il passaggio della vigilanza bancaria alla Bce di Francoforte, previsto per l'autunno, sia una grande sciagura. Di sicuro, i Bazoli di turno dovranno almeno imparare il tedesco per interloquire con le "Autorità".
SACCOMANNI E LETTA
 
Martin Wolf: "Dobbiamo togliere alle banche private il potere di creare denaro"





Di Christian Battistoni | 16.05.2014 16:18 CEST
http://it.ibtimes.com/articles/66215/20140516/italia-martin-wolf-banca-centrale-europea-banca-d-italia-bce-banca-d-inghilterra-sovranit-monetaria.htm
Da mesi anzi di anni si discute, soprattutto in Italia, sull'opportunità o meno di avere una Banca Centrale così lontana dai propri interessi. Di discorsi sulla sovranità monetaria e sul signoraggio né è piena la rete, soprattutto da quando, il d.lgs n° 43 del 10 marzo 1998 sottrasse definitivamente la Banca d'Italia dalla gestione del governo italiano, sancendo l'appartenenza della stessa al sistema europeo delle banche centrali. Di li in poi, la quantità di moneta circolante dovrebbe essere decisa dalla Banca Centrale Europea. Dico dovrebbe perché, proprio qualche giorno fa Martin Wolf nel suo articolo apparso sulle pagine del Financial Times, ci fornisce tutta un'altra spiegazione che assume connotati sarcasticamente anarchici, vista la presunta controllabilità dello strumento monetario millantata dai più alti funzionari delle Banche Centrali di tutto il Mondo.

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World Economic Forum
Martin Wolf al World Economic Forum


Gli si desse retta, il suo titolo - "Spogliare le banche private dal potere di creare denaro" - basterebbe per mandare in soffitta le teorie, le istituzioni, e le politiche economiche che prima hanno causato la crisi, poi l'hanno aggravata con le politiche di austerità, scrive Luciano Gallino sul sito de "La Repubblica".
Secondo l'influente autore del quotidiano inglese, la maggioranza del denaro circolante viene creata dal nulla, le banche private infatti creerebbero depositi come sottoprodotto dei loro prestiti. Prima di Wolf è stata la Banca d'Inghilterra a ribadire che la prima fonte di creazione della moneta sono proprio le banche private. "In pratica la creazione di denaro differisce da vari malintesi popolari: le banche non agiscono solo da intermediari, dando in prestito i depositi effettuati presso di loro... Ogni volta che una banca fa un prestito, crea allo stesso tempo un corrispondente deposito sul conto del mutuatario, creando in tal modo nuovo denaro." (Bank of England, "Quarterly Bulletin", n. 1, 2014). Secondo Wolf, nel Regno Unito tali depositi costituiscono circa il 97% dell'offerta di moneta. In pratica quasi la totalità delle sterline circolanti nel paese sarebbero un sottoprodotto di attività delle banche private.

Quella bancaria non si presenterebbe quindi come una normale attività di mercato in quanto fornisce due beni pubblici collegati tra loro: moneta e rete dei pagamenti.
Considerando poi la massa di denaro investita in derivati dal valore decine di volte superiore alle transazioni aventi per oggetto beni o servizi reali, e quindi attività fittizie, facilmente commutabili in denaro contante, si spiegherebbe il buco gigantesco esistente nel cuore delle nostre economie. Un circolo vizioso nella quale allo Stato tocca soltanto il ruolo di salvatore in ultima istanza con iniezioni di capitali continui. Questo spiegherebbe facilmente la recessione, il deficit e il rapido aumento del debito pubblico accorso negli ultimi anni in molti paesi.
Secondo l'economista inglese quindi il potere di creazione monetaria dovrebbe essere restituito allo stato. Le banche private dovrebbero tornare ad esercitare i ruoli originari di intermediari tra risparmiatori ed investitori, custodia dei depositi e "regolatori" dei flussi di pagamento.
Wolf per sostenere le sue tesi si richiama al Chicago Plan del 1930, e ad un grande economista come Irving Fisher, il quale assumeva che le banche dovrebbero disporre del 100% per ogni soldo contenuto nei loro depositi o prestato a terzi, azzerando la possibilità che queste possano creare denaro dal nulla.
Alle banche spetterebbe quindi solo il ruolo di gestore della moneta creata dallo stato. In secondo luogo ad esse verrebbe offerta la possibilità di offrire fondi di investimento a mo di prestito, ma potrebbero prestare soltanto soldi effettivamente investiti da clienti. Sarebbe così impossibile creare conti dal nulla, e mediante regole stringenti e requisiti patrimoniali si eliminerebbero i rischi di insolvenza. Terzo, la banca centrale potrebbe creare moneta per promuovere una crescita non inflazionistica, le decisioni sull'opportunità o meno di creare moneta sarebbero però prese da una commissione governativa indipendente.
Attraverso la separazione delle due funzione di creatore di moneta ed intermediatore degli scambi, sarebbe possibile aumentare l'offerta di moneta senza costringere le persone a riempirsi di debiti, ed inoltre sarebbe anche possibile trasferire i benefici del signoraggio direttamente nelle tasche dei cittadini, scrive l'economista del Financial Times.
A quelli che affermano che in questo modo si toglierebbe denaro all'economia reale, e le banche non potrebbero finanziare gli investimenti delle imprese, l'autore ricorda sarcasticamente che soltanto il 10% dei prestiti bancari totali è erogato per fini diversi dai mutui immobiliari.
In poche parole, e con specifico riferimento allo stato attuale dell'Unione Europea, soltanto una riforma finanziaria coraggiosa e profonda che riduca drasticamente le funzioni in capo alle banche restituendo il potere direttamente nelle mani dei governi, ora schiavi dei comportamenti più o meno "virtuosi" delle banche, potrebbe in qualche modo porre un freno ai rischi continui a cui i mercati finanziari ci pongono continuamente di fronte. Altrimenti, come scrive Wolf, in toni pesanti, "Quando arriva la prossima crisi - e di sicuro arriverà - abbiamo bisogno di essere pronti".


 

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