SE CONTINUA A PIOVERE, DOVRO' SPRUZZARMI LO SVITOL AL POSTO DEL PROFUMO

Sin dall'inizio aveva della naftalina sotto il naso .......

Arrampicarsi sugli specchi è complicato se non impossibile.

Ieri il premier Giuseppe Conte ha dato l’ennesima dimostrazione di quanto questa massima sia vera.

L’avvocato del popolo, impegnato nell’informativa alle Camere sulla riforma del Fondo salva-Stati,
non solo ha collezionato una gaffe dietro l’altra, ma è pure stato smentito in tempo reale da dall’Eurogruppo.

Mentre Conte affermava che il Mes era ancora modificabile e che esistevano spazi di manovra per apportare ritocchi al “pacchetto”,
qualcuno lo ha sbugiardato sottolineando come “i contenuti della riforma del Mes sono già stati concordati ed è meglio chiudere ora”.

La situazione è paradossale: il premier, che ieri in linea teorica avrebbe dovuto sciogliere i tanti dubbi sul Mes,
ha raccontato una storia diversa al termine di una giornata quasi comica.

Altro che Mes emendabile, l’Eurogruppo sta già lavorando “sulla legislazione sussidiaria” perché “il testo concordato lo scorso giugno non è più oggetto di controversie”.

Una difesa sterile
Conte, sia alla Camera che al Senato, ha cercato in tutti i modi di confondere le acque, attaccando le opposizioni e lanciando frecciatine sparse all’indirizzo della platea.

I suoi discorsi, inoltre, non hanno centrato minimamente l’ordine del giorno, ovvero il Meccanismo europeo di stabilità.

Il premier ha citato resoconti parlamentari, montato scuse e ripetuto le solite frasi di circostanza, ma non ha perso un minuto per spiegare
il giallo di quella notte d’estate in cui avallò la riforma del Fondo salva-Stati senza avvisare il Parlamento
.

Ci si aspettava che Conte sciogliesse ogni perplessità, invece niente da fare: il mistero resta, aggravato da altre incongruenze più o meno pesanti.

Quando a giugno Conte ha dato il via libera alla riforma del Mes in piena autonomia,
il premier ha fatto finta di non vedere le risoluzioni parlamentari che gli impedivano di agire senza prima riferire al Parlamento.

Dando una lettura alla risoluzione votata alla Camera lo scorso 19 giugno,
scopriamo come l’avvocato del popolo abbia violato tre punti commettendo altrettanti peccati:

non approvare modifiche che avrebbero potuto penalizzare gli Stati membri “che hanno bisogno di riforme strutturali e di investimenti”,

non promuovere una valutazione congiunta del pacchetto inerente all’unione economica e monetaria senza che prima fossero definite tutte le componenti e

non informare le Camere delle proposte di modifica del trattato Mes.

A sua difesa Conte ha affermato di aver ottenuto l’inserimento di un riferimento al citato pacchetto all’interno del testo concordato dall’Eurogruppo.
Il problema è che le Camere avrebbero dovuto prima essere informate di ogni manovra, e che il “pacchetto” sia soltanto una vittoria di Pirro.

Non avendo, quindi, rispettato il mandato e informato le Camere su quanto stava accadendo in sede europea, Conte ha violato l’articolo 5 della legge 234 del 2012.

In particolare, il comma 2 dell’articolo in questione afferma che “il governo assicura che la posizione rappresentata dall’ Italia nella fase di negoziazione degli accordi
tenga conto degli atti di indirizzo adottati dalle Camere. Nel caso in cui il governo non abbia potuto conformarsi agli atti di indirizzo,
il presidente del Consiglio riferisce tempestivamente alle Camere, fornendo le appropriate motivazioni della posizione assunta”.

Conte ha poi glissato su un fatto importante: il premier non ha riferito della situazione inerente al Mes proprio nel periodo
in cui l’Unione europea minacciava l’Italia di far partire una procedura d’infrazione.

La sensazione velata è che possa esserci stato un ricatto a danno del nostro Paese, vista l’assenza di qualsiasi denuncia da parte del governo italiano.

Conte ha poi parlato della ristrutturazione del debito dei Paesi oggetto di salvataggio, lo spauracchio contenuto nel Mes che tanto spaventa banche e investitori.

Ebbene, il premier ha spinto sull’automatismo ma, come sappiamo, la mannaia della ristrutturazione non scatta automaticamente
anche se l’Europa spinge in questa direzione visto e considerando la richiesta di semplificare le clausole (Cacs) per trovare un accordo con i creditori.

Il premier ha poi negato che il Fondo salva-Stati possa rappresentare un rischio per i risparmiatori italiani:
falso, visto che un possibile deprezzamento dei titoli di Stato nelle mani delle banche potrebbe mandare in tilt gli stessi istituti e,
secondo la normativa sul bail in, danneggiare azionisti, correntisti e obbligazionisti.
 
......che se ne vada.......a casa.

Che piaccia o meno, il premier si è cacciato in un bel guaio.
Spavalderia? Arroganza?
Oppure leggerezza?
O ancora un polverone inutile perché, come ha dichiarato lo stesso Giuseppe Conte, non si è firmato nulla sul Mes?

Ma ammesso che nell’Eurogruppo di giugno non ci sia stata alcuna firma, allora di che razza di accordo si tratta?

Insomma, parliamoci chiaro, se di accordo si tratta deve esserci stato il consenso tra i partner Ue,
perché è difficile pensare che il consenso sia stato verbale e basta.

Oltretutto c’è di mezzo anche il ministro Giovanni Tria, che certamente non era presente per turismo all’Eurogruppo.

Dunque da chiarire c’è davvero tanto, eccome.

Insomma pensare che un premier, un super ministro all’Economia, mettano una sigla,
una firma sopra un documento in disaccordo col Governo e con la maggioranza che lo sostiene
è qualcosa francamente d’incredibile, di kafkiano, di esoterico, è mai possibile?

Per farla breve, sono tanti i punti oscuri intorno a questo accordo di giugno sul Mes, volendo fantasticare potremmo dire:
possibile che premier e ministro non abbiano avuto l’avallo di nessuno?
Che nessuno davvero sapesse nulla di un consenso che altrimenti non avrebbe né dovuto né potuto esserci?

Sia chiaro, le nostre sono ipotesi di scuola, nulla di più, eppure la frittata è fatta, tanto è vero che in Parlamento ci sarà battaglia
intorno ad un chiarimento che ha assunto la caratteristica di un noir, un thriller che rischia di far saltare tutto il cucuzzaro di una alleanza che si conferma disastrosa.

Torna a galla la forzatura di agosto nel mettere in piedi un Esecutivo che non avrebbe dovuto nascere
perché non c’erano le condizioni affinché nascesse; inutile insistere sui numeri che la Costituzione indica
perché una maggioranza fra contrari, ex nemici giurati, non può stare in piedi.

Ecco perché oggi siamo al tutti contro tutti, a partire
da Matteo Renzi che si sfila polemicamente dai vertici sul Mes,
dal Partito Democratico che si scaglia contro i grillini,
da Luigi Di Maio che attacca Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri.

Insomma, una sarabanda di veti, contrasti e litigi da pelle d’oca.

Oltretutto pensare che questo accada sulla pelle dell’Italia e degli italiani, in un passaggio decisivo per le sorti del Paese,
la dice lunga sull’incapacità e l’inadeguatezza di una alleanza che rischia di sprofondarci in un burrone anziché offrirci una soluzione.

Del resto qui non si tratta solo del Mes che, per come è statuito, è pericoloso e va cambiato, ma di una maggioranza che non può guidare il Paese,
una coalizione che da tre mesi sta facendo danni incalcolabili, sull’Europa, sulla manovra, sull’Ilva, l’Alitalia, sulla giustizia, su tutto.

Ecco perché dalle associazioni di categoria alla Confindustria, dai sindacati ai pensionati e ai giovani, agli operatori e ai liberi professionisti,
per non dire degli investitori, tutti fuggono e protestano, altro che i pescetti di liquirizia contro Matteo Salvini e il pericolo del centrodestra.

Stiamo colando a picco, in Europa non contiamo, il Mes lo conferma, perché solo l’ipocrisia potrebbe negare che sia confezionato ad usum delphini, Francia e Germania;
il Pil è ingessato, il reddito è un flop sconsiderato, i tavoli di crisi sono bloccati e i cittadini esasperati.

In questo quadro dare l’ok al Mes sic et simpliciter sarebbe devastante e che il Pd insista sul rischio di perdere credibilità in caso di veto,
non solo è un assist grave alla speculazione, ma puzza di sconfitta preordinata di fronte alle esigenze di tutela del Paese e del debito sovrano.

Non sarà facile bloccare lo statuto del Mes col veto a maggioranza qualificata, visto che insieme Francia e Germania pesano il 47 per cento,
ma bisognerà farlo, provarci, farci sentire e rispettare, perché avanti così non si può andare. Questo Governo deve cadere e gli italiani devono votare.
 
Non sarebbe ora di prendere atto delle intenzioni truffaldine di questa UE krukko-centrica, per avviare le procedure dell ITAL-EXIT ?

Quantomeno, dovremmo far prendere un bello spavento ai krukki, minacciando di seguire il Regno Unito.

Purtroppo, perdurando 'sto governo, si continuerà a stare a 90 gradi.
 
ma non si puo' semplicemente uscire dall'euro?...non voglio uscire dall'europa
ora per andare a londra bisogna chiedere il permesso
 
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Viviamo in un mondo talmente complesso e iper-specialistico da aver perso il lume della ragione.

“Ragione” intesa come capacità di mettere insieme il pranzo della logica con la cena del buon senso.

Imbottiti come siamo di cifre, virgole, percentuali e tecnicismi, seppelliti come siamo da chilometri e chilometri di scartoffie,
emendamenti, raccomandazioni, pareri, premesse, articoli e commi, non riusciamo più neppure a vedere i monumentali paradossi da cui siamo avviluppati.

Il MES, da questo punto di vista, è davvero esemplare.

Dovrebbe essere una specie di prestatore di ultima istanza per i paesi europei, cioè una istituzione deputata a rifornire di liquidità i membri della Ue in caso di grave crisi.

Solo che i denari li prende, a titolo gratuito e a fondo perduto, dagli stessi membri della Ue cui dovrebbe poi prestarli.

E prestarli solo a prezzo di riforme che, al confronto, le lacrime e sangue promesse da Churchill erano passeggiate di salute.

Il che ingenera una serie di interrogativi da commedia dell’assurdo: l’Italia non ha i soldi neanche per tenere in piedi un cavalcavia,
le basterebbe qualche decina di miliardi per rendere dignitose la sanità e la scuola e magari rilanciare l’economia,
ma – si dice da ogni dove – i soldi non li ha. Quindi langue l’economia; e casca il cavalcavia.

E tuttavia, la stessa Italia deve garantire la disponibilità di centoventicinque miliardi sull’unghia
da regalare a una istituzione di fatto “straniera”, composta da soggetti non eletti e “legalmente irresponsabili”,
per rimpinguare un fondo da cui – se mai dovesse averne bisogno – sarebbe messa a novanta gradi e frustata col gatto a nove code.


Capite che, se non siamo sulla lunghezza d’onda del Marchese de Sade, poco ci manca.

A chi rimane un po’ di sale in zucca, resta anche la magra consolazione di farsi qualche domanda.

Tipo:

perché? Perché siamo arrivati a questo livello di perversione sado-masochistica applicata alla politica?
Una prima risposta è proprio nella parola “sado-masochismo”: dove, per definizione, se c’è qualcuno che soffre, c’è anche qualcuno che gode.

Il sistema di cui parliamo fa soffrire noi, ma fa godere, come ricci, certi altri.
Trovateli e comincerete a capirci qualcosa.

Conta capire, soprattutto, che la pazzia da cui siamo circondati è solo apparente, ed è (molto) raffinatamente studiata.

Una seconda risposta ha a che fare con l’abbrivio di questo pezzo: abbiamo smarrito la capacità di ragionare
di cui, pure, dovremmo essere – per tradizione di filosofia e dialettica e genialità greco-romana – se non monopolisti, quantomeno primatisti.

Lo dimostra, in modo icastico, l’incredibile risposta data da Gualtieri alla Commissione del Senato:

“Come il Parlamento aveva richiesto, comunque il testo finale sarebbe stato sottoposto alla valutazione del Parlamento”;
e, poi, subito dopo: “Se mi chiedete se il testo del MES è emendabile vi dico di no”.

È evidentemente una risposta illogica perché la prima e la seconda affermazione confliggono tra loro
(salvo ammettere l’esistenza di questioni su cui il Parlamento è libero di “valutare”, ma non di decidere).

Per la precisione, è una sfida al principio di non contraddizione di Aristotele:

«È impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo oggetto e sotto il medesimo riguardo».

Concludendo: la ragione che valeva per Aristotele, oggi non vale più.
E dobbiamo, comunque, farcene una “ragione” perché tutti gli altri hanno capito che, agli italiani, soffrire piace da matti.
 
Acceso e vivace intervendo di Alberto Bagnai in Senato in risposta alle comunicazioni di Conte,
che sono state più politiche che tecniche e che Conte, comunque, contro tutto e contro tutti, difende ad ogni costo .

Tra l’altro scopriamo che i consiglieri economici di Macron si sono detti contrari al MES.

E Conte, di fronte alla correttezza della sua precedente maggioranza, non fa che tradire il mandato parlamentare.

Eppure Visco (Banca d’Italia) era contrario al MES, eppure NON doveva concludere l’accordo.

L’ACCORDO E’ CONCLUSO, COME DICE L’EUROGRUPPO, O NO? Perchè neppure questo sa dire Conte.

Ma Gualtieri dice che è concluso.
 

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