SE MI CERCATE SONO IN RIUNIONE CON LE VOCINE...

Alla signora sfugge qualcosa. Queste persone non sono soggetti politici perseguitate nei loro paesi.
Non ci sono guerre nei loro paesi (da noi non arrivano siriani, che poi non hanno più ragione di fuggire)
Per fortuna che lo dice anche lei. Nei paesi di origine di queste persone esistono - anche - immense ricchezze.

Durante la Festa di Sinistra Italiana a Reggio Emilia, la presidente della Camera ha aggiunto:
"Questo a me non può dare soddisfazione. Io non sono contenta perché quelle persone hanno diritto di vivere.
Allora, prima facciamo in modo che le Ong e l'Oim possano essere presenti e poi vedere come fare in altro modo,
perché il diritto d'asilo non può essere sradicato perché non ci piace più, perché è ingombrante.
Dobbiamo rimettere insieme i programmi di resettlement.
Io penso che sia questo il metodo e penso che la nostra battaglia va fatta anche in Europa".

E poi ancora:
"Perché non esiste che il problema si scarichi sui Paesi esterni. Speriamo che la revisione di Dublino diventi centrale.
Sviluppo umano significa accesso alla scuola, all'acqua e non solo sfruttamento della situazione da parte delle aziende.
In Nigeria su 200 milioni di abitanti c'è una elite che detiene un potere e una ricchezza immensa".

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Pensiero condiviso :
Le ONG si occupano come partiti politici, e rispondono non ai cittadini o ad un consenso diffuso,
ma soprattutto ai propri finanziatori ed ai propri consigli di amministrazione.
Questo dovrebbe aiutarci a capire che vanno considerate molto meno come benefattrici
e molto di più come aziende o agenzie di informazione e influenza politica strutturalmente mafiose.
 
Accoglienza alternata ....ahahahah

Sono stati tutti allontanati da piazza San Pietro i clochard che vivono in zona.

Una decisione che è stata assunta dalla Gendarmeria vaticana per esigenze di "decoro" pubblico.

"I clochard possono tornare la sera a dormire sotto i propilei dell'ultimo tratto di via della Conciliazione e sotto il colonnato di piazza San Pietro per porteggersi dalla pioggia."
 
PARIGI – Si è spenta oggi, 21 settembre 2017, Liliane Bettencourt, figlia del fondatore del marchio L’Oréal.
Aveva 94 anni ed era stata incoronata dal settimanale Forbes, la donna più ricca del mondo.
Possedeva un patrimonio stimato in 39,5 miliardi di dollari, il quattordicesimo più importante al mondo in termini assoluti.

Figlia unica di Eugène Schueller, nel 1950 aveva sposato il politico francese André Bettencourt.
Nel 1957 aveva ereditato dal padre l’azienda di famiglia e negli anni consolidato l’egemonia globale del gruppo di cosmetici, guadagnandosi il titolo di regina di bellezza.

Madame L’Oréal non compariva in pubblico dal 2012, dopo essere stata colpita dal morbo di Alzheimer
ed essere stata messa sotto tutela, abbandonando quindi il suo posto nel consiglio di amministrazione e tutti gli incarichi aziendali.
La holding di famiglia Thétys, presieduta dalla figlia Françoise, è l’azionista di maggioranza dell’azienda, col 33,05% delle azioni.


Gli ultimi anni della sua vita sono stati segnati dalla tentacolare saga di famiglia – ma anche politica e giudiziaria –
che porta il suo nome, il cosiddetto “affaire Bettencourt”.
Una vicenda che a partire dal 2009-2010 segnò per lungo tempo la cronaca della Francia, con personaggi degni di un romanzo di Balzac.

Da Francois-Marie Banier, lo scrittore e fotografo dandy, accusato dalla figlia Francoise Bettencourt-Meyers
di aver approfittato dell’anziana signora per farsi “regalare” un miliardo di euro in doni finanziari e immobiliari, inclusa un’isola alle Seychelles,
fino al controverso Patrice de Maistre, l’amministratore del patrimonio che ricevette, tra l’altro,
una barca a vela di 21 metri e 5 milioni di euro, oltre che una chiacchieratissima Legion d’Onore.
E poi il maggiordomo che registrò clandestinamente le conversazioni di Madame con il solo obiettivo – furono le sue parole –
di mostrare la fragilità di una donna vittima di pescecani “senza scrupoli”.
Una vicenda chiusa, almeno parzialmente, con la firma di un protocollo d’intesa lo scorso agosto tra Banier e la figlia di Madame.

Il caso Bettencourt ebbe anche un filone politico.
Con l’ex contabile Claire Thibout, la cui testimonianza fece tremare l’Eliseo, evocando una tangente da 150 mila euro per Nicolas Sarkozy, che però venne prosciolto dai giudici.
Il caso trascinò nei guai anche l’allora ministro del Lavoro, Eric Woerth, accusato di aver aiutato Liliane ad evadere il fisco
– lei poi assicurò di essersi messa in regola – nonché di aver intascato tangenti nelle sue vesti di tesoriere dell’Ump
 
AOSTA – Viabilità internazionale interrotta per almeno le prossime due settimane al traforo del Gran San Bernardo,
galleria stradale tra Italia e Svizzera da 740 mila transiti l’anno.
La chiusura al traffico, in entrambe le direzioni, è stata disposta dopo un crollo di materiale dal soffitto.

L’allerta è scattata alle 8.30. Nella parte di competenza italiana del traforo “la soletta di ventilazione ha avuto un piccolo cedimento.
Non è nulla di strutturale, si tratta solo di una struttura secondaria”, spiega all’Ansa Paolo Verraz,
responsabile coordinatore d’esercizio della società di gestione Sitrasb Spa. Nessuno è rimasto coinvolto nel crollo.

“Stiamo cercando di capire come procedere – aggiunge -, essendo il tunnel un collegamento internazionale meno resta chiuso meglio è, cercheremo di procedere il più velocemente possibile”.

Nel frattempo i tecnici studiano la situazione: “Stiamo valutando la portata dei danni con gli esperti”,
sottolinea Fabrice Vouilloz, direttore generale della società svizzera di gestione,
la Tunnel du Grand-Saint-Bernard Sa. In ogni caso il traforo “dovrebbe essere chiuso fino a domenica 8 ottobre”.
 
A me spiace per quanto accaduto, ma quante volte è capitato anche a Voi di trovare
dei ciclisti che non rispettano gli stop, persino al semaforo passano con il rosso.
Ora nelle grane va questa persona che "non ha rispettato i 50 km orari",
ma avete mai provato - su una strada in discesa - a rispettare i 50 km. orari ?
Filmerei il "consulente" per vedere il suo comportamento

RIMINI – Se l’auto avesse rispettato i limiti di 50 chilometri orari
“sia reagendo e frenando, sia continuando a velocità costante, l’incidente sarebbe stato interamente evitato”
e Nicky Hayden non avrebbe perso la vita.

E’ la conclusione a cui è giunto il consulente Orlando Omicini, incaricato dal sostituto procuratore Paolo Gengarelli,
di analizzare l’ipotesi di evitabilità del sinistro che lo scorso 22 maggio a Misano Adriatico è costato la vita al pilota statunitense di Superbike.

Hayden è deceduto a 36 anni all’Ospedale Bufalini di Cesena, dopo che era stato investito da una Peugeot 206 mentre si allenava in bicicletta.
La Procura della Repubblica di Rimini ha notificato il 415 bis, la conclusione indagine agli avvocati difensori.


Per la Procura vi è stata un concorso di condotte colpose indipendenti che hanno causato l’evento.
Una corresponsabilità data pure dal fatto che Hayden si è immesso in bici in un incrocio ad una velocità di 20,6 chilometri orari
“omettendo di fermarsi e dare la precedenza”.
 
20600 metri in 60 minuti. 343 metri in un minuto. 5,7 metri al secondo.
Impossibile vederlo arrivare. Impossibile avere dei tempi di reazione così rapidi da non travolgerlo.
.......ma anche solo a 20 km. orari, non 50.
 
O perbacco. Ma solo ora si accorgono che sono i lavoratori dell'est quelli che "vogliono" davvero lavorare ?

L'area euro deve ringraziare l'«idraulico polacco» per l'incremento della forza lavoro che sostiene la ripresa in atto.
È quanto emerge dall'ultimo Bollettino mensile della Bce pubblicato ieri nel quale si sottolinea che

«l'immigrazione ha dato un ampio contributo positivo alla popolazione in età lavorativa riflettendo soprattutto l'afflusso di lavoratori dai nuovi stati membri dell'Unione europea».
 
.........eppure è proprio così. Poverini.

C'è stato un tempo in cui il cronista doveva rincorrere il padre della vittima brandendo il microfono
come un'arma contundente per registrare tutt'al più il secco «no comment» di quel genitore fermo
nell'intenzione di infilarsi in auto e mettersi così al riparo dall'intrusione mediatica.

Oggigiorno, con il cadavere ancora caldo del figlio barbaramente ucciso o della figlia ignobilmente stuprata,
i familiari più stretti si concedono generosamente all'occhio della telecamera.
Non hanno contattato ancora l'agenzia funebre per definire i dettagli dell'ultimo saluto, non si sono cambiati i vestiti,
non hanno avuto il tempo di guardarsi allo specchio, di osservare quel letto vuoto per prendere coscienza di un'abissale verità: «Nostro figlio non c'è più».

Eppure li osservi seduti sul divano di casa dove hanno accolto giornalista, tecnici e operatori,
sono lì che ascoltano le domande del conduttore, guardano fisso nel teleobiettivo,
si appuntano sul petto il microfono a mosca, si fanno contendere dai programmi di punta alimentando un immondo «mercato» del dolore,
non trattengono le lacrime, in certi casi piangono a dirotto, come se fossero soli in un bugigattolo silente e non davanti a una chiassosa platea di milioni di spettatori.
 

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