sesso a pagamento

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Torno su questo thread, anche se sono un po' stanca dei soliti discorsi e di essere sempre isolata, ma visto che ogni tanto passa di qui anche qualche altra donna, magari trovo qualcuno che la pensa come me.

Dicevo, torno sul tema, perché mercoledì c'è stato a Milano un convegno interessante al quale io non ho partecipato, ma del quale ho iniziato a leggere gli atti.

Questo il convegno
http://www.unimib.it/upload/pag/45004/a3/a3definitivo.pdf

E questi gli appunti che ho letto e che hanno attirato il mio interesse.

L’iniziativa era volta a portare in superficie un fenomeno largamente diffuso in Italia di cui però si parla ancora troppo poco e sul quale vengono poste domande sbagliate che non fanno altro che mistificare la realtà, evidenziando un problematico buco conoscitivo di consapevolezza. Oltre ad indagarne la portata e a svelare i retroscena di sfruttamento e sofferenza che accompagnano il fenomeno e che evidenziano un’emergenza democratica del paese, l’incontro poneva un quesito fondamentale: come si declinano le identità di genere rispetto alla domanda di prostituzione?

E’ chiaro che non possiamo più separare l’analisi del quadro di violenza di genere che fa parte ormai del nostro quotidiano e che comprende una cultura fortemente patriarcale, la mercificazione dei corpi, la sopraffazione nel rapporto tra i generi, il femminicidio e le relazioni di potere sociale ed economico che intercorrono tra uomo e donna dal tema della prostituzione.
La posta in gioco è insomma molto alta: si tratta di combattere un fenomeno di ordinaria normalità nel rapporto tra i generi ponendosi come obiettivo la civiltà.

Il convegno si è aperto con un quadro storico ed evolutivo del fenomeno. In breve dopo la legge Merlin del 1958, la lotta contro lo sfruttamento e l’impegno verso la liberazione della sessualità femminile degli anni ’70, sembrava che la prostituzione potesse considerarsi un fenomeno marginale nell’illusione di una parità di genere quasi raggiunta. Invece da 15 anni a questa parte assistiamo a un fatto che è sotto l’occhio di tutti: ogni notte sulle strade delle nostre città compaiono trans, ragazzini ma soprattutto donne prevalentemente rumene, nigeriane e albenesi che vengono prostituite in un intreccio tra immigrazione, criminalità organizzata e traffico di esseri umani e che testimoniano un fenomeno stabile, se non in crescita.
Le realtà che stanno dietro a queste storie raccontano di situazioni degradanti di povertà e sofferenza, di paesi d’origine dai quali si vuole scappare, di false promesse e debiti contratti per l’effettuazione del viaggio, rapimenti o famiglie desiderose di mandare le figlie in occidente per una vita migliore che poi si rileva invece un incubo. Assoggettamento, minacce, violenze, annullamento dell’identità, sottrazione dei documenti, forte condizionamento psicologico da parte dei trafficanti, alienazione.

I ragazzi delle unità mobili di contatto e gli operatori sociali che lavorano nei centri di prima accoglienza lo sanno bene. E sanno anche quanto sia difficile per queste persone uscire dal giro di sfruttamento, quanto sia difficile rimanere in contatto con le prostitute che vengono continuate spostate sul territorio per farne perdere le tracce, quanto sia difficile guadagnarsi la fiducia da parte di queste ragazze giovanissime che non sanno cosa sia la libertà d’azione e di scelta, che conoscono solo la sopraffazione, le minacce e la violenza.

Durante il convegno sono stati per me illuminanti gli interventi di Lea Melandri (Libera Università delle donne di Milano), impegnata da quarant’anni nel movimento delle donne, e Stefano Ciccone, (Associazione Maschile Plurale), che in un confronto tra generi hanno portato alla superficie la questione del rapporto sociale e sessuale tra femminile e maschile che è sotteso anche al fenomeno della prostituzione.

Lea Melandri ha parlato di un problema sociale di fondo legato al corpo, alla sessualità e all’immaginario. “Perché si delega?” si chiede. Si fanno passare in secondo piano le domande che riguardano la cultura, la storia e i rapporti di potere; si fanno passare in ombra i legami tra la prostituzione e la sessualità maschile e femminile, quest’ultima cancellata, tenuta sotto controllo.
Spesso infatti ci si chiede solo se la prostituzione possa essere considerata un lavoro o meno (domanda di ripiego che non va al nocciolo della questione) invece di affrontare la problematica della sessualità femminile e il rapporto di dominazione tra i generi. Insomma, si agisce sempre a valle con leggi approssimative a mai a monte. La violenza non è più da considerarsi un fatto privato, una patologia: è un aspetto della sessualità in tutta la sua articolazione.

Anche escludendo la tratta, la prostituzione può essere considerata una scelta? Dov’è il margine di libertà? Vengono considerate le condizioni di questa scelta e la povertà? Insomma, se è una scelta, che scelta è?

La prostituzione ultimamente sembra essere stata sdoganata dall’era berlusconiana e dalla sovraesposizione mediatica della figura delle escort a cui assistiamo tutti i giorni. Ma la domanda da porsi è come sia stata sdoganata. Se non è sfruttamento infatti rimane comunque negoziazione con una cultura sessista che ha identificato la donna con il corpo: “la donna non possiede un sesso, è sesso!” (Paola Tabet, antropologa)

Oggi ci sono donne che impugnano attivamente lo sfruttamento e usano il proprio corpo per denaro e successo. Le donne si fanno soggetto di una scelta, soggetti che però si oggettivizzano. Sono corpi liberati o prostituiti? E’ un fenomeno che porta in sé il segno del desiderio maschile e tratti che caratterizzano il contesto in cui viviamo e l’immaginario sessuale più remoto che le donne hanno interiorizzato, in quanto unica possibilità e risultato della cultura dominante.

Risulta difficile stabilire perciò i confini netti tra libertà e costrizione, studiare il potere e le complicità profonde che si sono create, visto che un unico sesso ha costruito nel tempo la cultura e le regole della convivenza.

E’ un arco che passa dai rapporti matrimoniali al sex work implicito e esplicito, secondo un’ideologia sessista per la quale la prostituzione e la maternità sono entrambe connaturate alla donna, legittimando così la cultura del coito.

Inoltre la disuguaglianza all’accesso alle risorse ha contribuito a far sì che le donne usassero come capitale e accesso il loro corpo in una sessualità che vede un obbligo procreativo e che è comunque al servizio del piacere maschile, senza possibilità di reciprocità sessuale. La donna ha cercato così di trovare uno spazio all’interno di una costrizione.

Ma che spazio ha cercato di aprirsi? Nel ricevere doni e denaro spera ancora di ottenere una gratificazione dal soggetto maschile giudicante.

Definire più chiaramente la prostituzione come lavoro, sostiene ancora la Melandri tramite le parole della Tabet, è mettere una barriera al coinvolgimento personale e all’emotività, al fatto che l’uomo ha sempre pensato di avere a disposizione l’intero corpo della donna, la sua sessualità, la sua forza lavoro domestica e la sua maternità.

Infine la causa di tutto finisce per essere sempre la donna: la colpa è della sessualità femminile, è la donna che eccita il desiderio e dà corpo alla sessualità, è alla donna che si chiede di rinunciare alle sue intenzioni immorali, nella credenza che la prostituzione sia conseguenza di una femminilità opposta a quella della maternità, che non si vuole impegnare nella cura della famiglia, poiché la sessualità non procreativa è stata cancellata per secoli e incarnata in una figura alternativa a quella della mamma, ovvero la puttana. Le donne sono andate invece a recuperare una libertà sessuale non diretta verso l’uomo e viene alla luce che esse possono conoscere il proprio desiderio e il proprio corpo come soggetti, cosa che ancora oggi è vista come legata all’ambito della prostituzione.
Purtroppo, conclude la Melandri, noi donne ci portiamo dentro i segni del dominio che ci è passato sopra.

La liberazione è trovare autonomia dai modelli che abbiamo interiorizzato e fatto nostri.


L’intervento di Stefano Ciccone si è invece aperto con la constatazione dell’empasse vigente per quanto riguarda la discussione sulla prostituzione, anche a livello europeo: il dibattito è tra chi vuole eliminare lo stigma sociale di chi si prostituisce e chi invece ne tratta solo come sfruttamento: una polarizzazione che a suo parere ne impoverisce la discussione.
L’elemento che può accomunare queste due posizioni è quello di interrogarsi sugli uomini che consumano prostituzione.

Stefano, dal suo punto di vista maschile ci prova, riconoscendo da uomo la soggettività delle donne che si prostituiscono. Sostiene inoltre che spesso si cade nella rassegnazione di fronte a questo fenomeno che viene dato per scontato, naturale. Spesso si scade anche nella semplificazione e nella politica dell’agire esterno attraverso la delega. Per esempio viene richiesto che le forze dell’ordine agiscano per nascondere il fenomeno, che mettano la spazzatura sotto al tappeto senza un vero interesse, quando invece si dovrebbero rimettere in discussione le disparità economiche e di potere tra uomo e donna, agendo a monte del problema e non sull’ultimo anello della catena, ovvero le prostitute.

Come intervenire rispetto agli uomini? Gli atteggiamenti spesso si dividono tra chi dà un giudizio morale e considera la prostituzione riprovevole e gli uomini che fanno sesso a pagamento come complici dell’oppressione, chi vuole agire con multe ai “clienti”, attraverso una repressione sistematica per il decoro urbano, e chi fa un richiamo alla responsabilità.

Secondo Ciccone c’è bisogno prima di tutto di costruire campagne di comunicazione per fare in modo che ci si interroghi anche come maschi e propone sei punti su cui riflettere, elementi che ritroviamo nella nostra società:

- l’ asimmetria del desiderio, quello maschile bulimico e quello femminile rimosso, e la frustrazione maschile nell’essere soggetto di un piacere a senso unico che non gli permette di essere desiderato da parte dell’universo femminile;

- la tacitazione del desiderio femminile, che rimanda ad un’aspettativa maschile, ovvero la disponibilità femminile senza limiti, non solo sessuale: le donne devono rispondere al bisogno di sesso e di cura maschile. Ci sono le donne “per bene” e quelle “per male” (polarizzazione nella rappresentazione comune: le donne devono dimostrare il loro amore a partire dalla dedizione e dal sacrificio per l’uomo, attraverso la prostituzione o la relazione di cura);

– descrizione comune del desiderio maschile come basso e degradato. Lo stigma della prostituta rimanda alla dimensione del degrado nel rapporto sessuale e a una scissione maschile: una dimensione sessuale maschile che va messa in gioco solo con la prostituta attraverso un rapporto spesso accompagnato da disprezzo razzista, portando a galla il gradino più basso di essa che non può essere invece attuato con la donna che si “ama”, ovvero attraverso l’immagine del corpo maschile che sporca l’altra, che annichilisce.
Secondo alcune testomianze di prostitute nigeriane infatti ogni rapporto risulta essere uno stupro a pagamento;

- fuga dalla relazione: desiderio maschile di avere un rapporto sessuale al di fuori di una relazione, relazione che per gli uomini in questa società è una minaccia perché bisogna fare i conti col fatto che esiste uno sguardo esterno e giudicante su di sè, come quando ragazzini con ansia da prestazione che non vogliono relazionarsi anelano alla risposta muta di una prostituta;

- fuga dalla prestazione, non solo sessuale. L’esercizio del potere, o l’illusione del suo esercizio, è l’elemento riparatore della frustrazione maschile attraverso la gratificazione ottenuta dalla percezione del dominio;

- il bisogno: dov’è il potere? Chi delle due controparti ce l’ha? Il denaro viene visto come antidoto che trasforma il bisogno maschile nell’illusione della libera azione, nell’illusione di consumare liberamente.


Come parlare agli uomini quindi? Secondo Stefano Ciccone c’è bisogno di parlare al loro desiderio, anche di cambiamento. Ci vuole la consapevolezza che incontrare l’autonomia femminile è arricchimento.

Questo tema non è insomma una questione privata. E’ necessario riconoscere la politicità di questi problemi, uscire dal moralismo e dal concetto di rispettabilità pubblica, provando a costruire uno spazio pubblico di confronto uomo/donna sul tema del desiderio.

Ad oggi, sottolinea ancora, manca la parola degli uomini, uomini che parlino di sé e si mettano in gioco pubblicamente.

La soluzione alla prostituzione non sta nella regolamentazione o nel giudizio ma nel bisogno di rivedere il significato del desiderio e del confronto.

Concludendo si potrebbe sottolineare che parlare di prostituzione non significa parlare di prostitute ma trattare tematiche di ampio respiro che riguardano la società e la cultura, la storia del rapporto tra i due generi sessuali, il potere economico, la violenza e la sopraffazione.

Significa interrogarsi sulla domanda di prostituzione oltre che sull’offerta, andando ad indagare i retroscena del fenomeno e cercando un dialogo tra uomo e donna.


Aprire una disquisizione tra chi si occupa di problematiche di genere e gli “addetti ai lavori” che studiano il fenomeno più da vicino.
Significa infine non mistificare il reale con false domande e interventi approssimativi ma chiedersi quali siano le vere cause a monte che portano questo fenomeno ad essere ancora così diffuso in un contesto sociale che ci fa credere che la liberazione sessuale si sia già verificata da tempo quando così non è.
 
Ultima modifica:
Torno su questo thread, anche se sono un po' stanca dei soliti discorsi e di essere sempre isolata, ma visto che ogni tanto passa di qui anche qualche altra donna, magari trovo qualcuno che la pensa come me.
Di Claire ce n'è una

l’incontro poneva un quesito fondamentale: come si declinano le identità di genere rispetto alla domanda di prostituzione?
C'è anche la traduzione in italiano degli atti del convegno? :-?
(Sottotitolo: non è obbligatorio scrivere criptato)

Magari lo fosse: non ci sarebbe più bisogno di questi convegni.
che non possiamo più separare l’analisi del quadro di violenza di genere che fa parte ormai del nostro quotidiano e che comprende una cultura fortemente patriarcale, la mercificazione dei corpi, la sopraffazione nel rapporto tra i generi, il femminicidio e le relazioni di potere sociale ed economico che intercorrono tra uomo e donna dal tema della prostituzione.
La posta in gioco è insomma molto alta: si tratta di combattere un fenomeno di ordinaria normalità nel rapporto tra i generi ponendosi come obiettivo la civiltà.
Obiettivo: La civiltà? :-? :eek:
Il fine è - probabilmente, per me, non necessariamente per tutta l'umanità - giusto, ma espresso così, almeno a me, fa pensare alle crociate, all'inquisizione, alla colonizzazione dell'Africa e del SudAmerica. E magari alle guerre di liberazione da sanguinari oppressori islamici (purché dotati di petrolio), metodo G.Bush Junior.


Il convegno si è aperto con un quadro storico ed evolutivo del fenomeno. In breve dopo la legge Merlin del 1958, la lotta contro lo sfruttamento e l’impegno verso la liberazione della sessualità femminile degli anni ’70, sembrava che la prostituzione potesse considerarsi un fenomeno marginale nell’illusione di una parità di genere quasi raggiunta. Invece da 15 anni a questa parte assistiamo a un fatto che è sotto l’occhio di tutti: ogni notte sulle strade delle nostre città compaiono trans, ragazzini ma soprattutto donne prevalentemente rumene, nigeriane e albenesi che vengono prostituite in un intreccio tra immigrazione, criminalità organizzata e traffico di esseri umani e che testimoniano un fenomeno stabile, se non in crescita.
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Assoggettamento, minacce, violenze, annullamento dell’identità, sottrazione dei documenti, forte condizionamento psicologico da parte dei trafficanti, alienazione.

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Lea Melandri ha parlato di un problema sociale di fondo legato al corpo, alla sessualità e all’immaginario.“Perché si delega?” si chiede. Si fanno passare in secondo piano le domande che riguardano la cultura, la storia e i rapporti di potere; si fanno passare in ombra i legami tra la prostituzione e la sessualità maschile e femminile, quest’ultima cancellata, tenuta sotto controllo.

La domanda è sbagliata, e denota una scarsa conoscenza dell'opera Pirsighiana.
In un sistema sociale, se lo sfruttamento della prostituzione è reato (come mi pare che sia), la prima domanda (e forse la sola da farsi) è "perché i/le papponi/e non vengono messi in prigione?".



Spesso infatti ci si chiede solo se la prostituzione possa essere considerata un lavoro o meno (domanda di ripiego che non va al nocciolo della questione) invece di affrontare la problematica della sessualità femminile e il rapporto di dominazione tra i generi. Insomma, si agisce sempre a valle con leggi approssimative a mai a monte. La violenza non è più da considerarsi un fatto privato, una patologia: è un aspetto della sessualità in tutta la sua articolazione.
Qui c'è troppo etnocentrismo.
Se, in un mondo astratto e perfetto, una ragazza potesse scegliere se fare la vigilessa, la maestra d'asilo, la stenografa, la manicure, la primaria d'ospedale, l'astronauta, la bancaria, l'agente immobiliare o la prostituta, e non volesse stare nel traffico, sopportare bambini iperattivi, studiare il Gabelsberger, curarsi degli arti altrui, studiare medicina, volare lontano da casa, inc... i clienti finanziari o immobiliaristi, potrebbe scegliere di fare, in quel mondo astratto e perfetto, la prostituta.
E la stessa cosa potrebbe valere per un uomo, ovvio.
Anche escludendo la tratta, la prostituzione può essere considerata una scelta? Dov’è il margine di libertà? Vengono considerate le condizioni di questa scelta e la povertà? Insomma, se è una scelta, che scelta è?
Invece, rischiare contrarre malattie respiratorie dolorosamente mortali perché si sta nel traffico con un fischietto (vigilessa o vigile) è una scelta senza controindicazioni? Piazzare ai risparmiatori sprovveduti - per chi ha il pelo sullo stomaco per farlo - le obbligazioni greche, parmalat eccetera (bancaria/o) è il paradiso?

Ovvero: è perfetto tutto, tranne la prostituzione? Come si dice "paraocchi" in linguaggio convegnese?

La prostituzione ultimamente sembra essere stata sdoganata dall’era berlusconiana e dalla sovraesposizione mediatica della figura delle escort a cui assistiamo tutti i giorni. Ma la domanda da porsi è come sia stata sdoganata. Se non è sfruttamento infatti rimane comunque negoziazione con una cultura sessista che ha identificato la donna con il corpo: “la donna non possiede un sesso, è sesso!” (Paola Tabet, antropologa)

Oggi ci sono donne che impugnano attivamente lo sfruttamento e usano il proprio corpo per denaro e successo. Le donne si fanno soggetto di una scelta, soggetti che però si oggettivizzano. Sono corpi liberati o prostituiti? E’ un fenomeno che porta in sé il segno del desiderio maschile e tratti che caratterizzano il contesto in cui viviamo e l’immaginario sessuale più remoto che le donne hanno interiorizzato, in quanto unica possibilità e risultato della cultura dominante.
Se fosse l'unica possibilità, non esisterebbe la nostra valchiria amazzone vichinga Claire preferita.
Risulta difficile stabilire perciò i confini netti tra libertà e costrizione, studiare il potere e le complicità profonde che si sono create, visto che un unico sesso ha costruito nel tempo la cultura e le regole della convivenza.
Un unico sesso? E se fosse il Dio Danaro?
E’ un arco che passa dai rapporti matrimoniali al sex work implicito e esplicito, secondo un’ideologia sessista per la quale la prostituzione e la maternità sono entrambe connaturate alla donna, legittimando così la cultura del coito.
I beg your pardon?





...
L’intervento di Stefano Ciccone si è invece aperto con la constatazione dell’empasse vigente per quanto riguarda la discussione sulla prostituzione, anche a livello europeo: il dibattito è tra chi vuole eliminare lo stigma sociale di chi si prostituisce e chi invece ne tratta solo come sfruttamento: una polarizzazione che a suo parere ne impoverisce la discussione.
L’elemento che può accomunare queste due posizioni è quello di interrogarsi sugli uomini che consumano prostituzione.

Stefano, dal suo punto di vista maschile ci prova, riconoscendo da uomo la soggettività delle donne che si prostituiscono. Sostiene inoltre che spesso si cade nella rassegnazione di fronte a questo fenomeno che viene dato per scontato, naturale. Spesso si scade anche nella semplificazione e nella politica dell’agire esterno attraverso la delega. Per esempio viene richiesto che le forze dell’ordine agiscano per nascondere il fenomeno, che mettano la spazzatura sotto al tappeto senza un vero interesse, quando invece si dovrebbero rimettere in discussione le disparità economiche e di potere tra uomo e donna, agendo a monte del problema e non sull’ultimo anello della catena, ovvero le prostitute.

Come intervenire rispetto agli uomini?
...
Secondo Ciccone c’è bisogno prima di tutto di costruire campagne di comunicazione per fare in modo che ci si interroghi anche come maschi e propone sei punti su cui riflettere, elementi che ritroviamo nella nostra società:

- l’ asimmetria del desiderio, quello maschile bulimico e quello femminile rimosso, e la frustrazione maschile nell’essere soggetto di un piacere a senso unico che non gli permette di essere desiderato da parte dell’universo femminile;

- la tacitazione del desiderio femminile, che rimanda ad un’aspettativa maschile, ovvero la disponibilità femminile senza limiti, non solo sessuale: le donne devono rispondere al bisogno di sesso e di cura maschile. Ci sono le donne “per bene” e quelle “per male” (polarizzazione nella rappresentazione comune: le donne devono dimostrare il loro amore a partire dalla dedizione e dal sacrificio per l’uomo, attraverso la prostituzione o la relazione di cura);

– descrizione comune del desiderio maschile come basso e degradato. Lo stigma della prostituta rimanda alla dimensione del degrado nel rapporto sessuale e a una scissione maschile: una dimensione sessuale maschile che va messa in gioco solo con la prostituta attraverso un rapporto spesso accompagnato da disprezzo razzista, portando a galla il gradino più basso di essa che non può essere invece attuato con la donna che si “ama”, ovvero attraverso l’immagine del corpo maschile che sporca l’altra, che annichilisce.
Secondo alcune testomianze di prostitute nigeriane infatti ogni rapporto risulta essere uno stupro a pagamento;

- fuga dalla relazione: desiderio maschile di avere un rapporto sessuale al di fuori di una relazione, relazione che per gli uomini in questa società è una minaccia perché bisogna fare i conti col fatto che esiste uno sguardo esterno e giudicante su di sè, come quando ragazzini con ansia da prestazione che non vogliono relazionarsi anelano alla risposta muta di una prostituta;

- fuga dalla prestazione, non solo sessuale. L’esercizio del potere, o l’illusione del suo esercizio, è l’elemento riparatore della frustrazione maschile attraverso la gratificazione ottenuta dalla percezione del dominio;

- il bisogno: dov’è il potere? Chi delle due controparti ce l’ha? Il denaro viene visto come antidoto che trasforma il bisogno maschile nell’illusione della libera azione, nell’illusione di consumare liberamente.
:up: Ecco, una campagna stampa che ridicolizzi i clienti (perché prendere i papponi e cacciarli in galera pare non sia all'ordine del giorno) potrebbe avere un effetto positivo, nel medio-lungo termine.
Però suggerisco di provare a farla in lingua italiana.



...
Concludendo si potrebbe sottolineare che parlare di prostituzione non significa parlare di prostitute ma trattare tematiche di ampio respiro che riguardano la società e la cultura, la storia del rapporto tra i due generi sessuali, il potere economico, la violenza e la sopraffazione.

Significa interrogarsi sulla domanda di prostituzione oltre che sull’offerta, andando ad indagare i retroscena del fenomeno e cercando un dialogo tra uomo e donna.

Aprire una disquisizione tra chi si occupa di problematiche di genere e gli “addetti ai lavori” che studiano il fenomeno più da vicino.
Significa infine non mistificare il reale con false domande e interventi approssimativi ma chiedersi quali siano le vere cause a monte che portano questo fenomeno ad essere ancora così diffuso in un contesto sociale che ci fa credere che la liberazione sessuale si sia già verificata da tempo quando così non è.

Meno male che le "vere" domande ce le hanno i convegni e i depositarj della Verità.



Wiwa Karl Popper, Wiwa CUG, wiwa la Libertà di Pensiero e di Espressione!





P.S. Prenoto lo svizzero Rousseau per il mio prossimo post IQT
Jean-Jacques Rousseau - Wikipedia
 
1)Di Claire ce n'è una


2)C'è anche la traduzione in italiano degli atti del convegno? :-?
(Sottotitolo: non è obbligatorio scrivere criptato)


3) Magari lo fosse: non ci sarebbe più bisogno di questi convegni.

4)Obiettivo: La civiltà? :-? :eek:
Il fine è - probabilmente, per me, non necessariamente per tutta l'umanità - giusto, ma espresso così, almeno a me, fa pensare alle crociate, all'inquisizione, alla colonizzazione dell'Africa e del SudAmerica. E magari alle guerre di liberazione da sanguinari oppressori islamici (purché dotati di petrolio), metodo G.Bush Junior.




5)La domanda è sbagliata, e denota una scarsa conoscenza dell'opera Pirsighiana.
In un sistema sociale, se lo sfruttamento della prostituzione è reato (come mi pare che sia), la prima domanda (e forse la sola da farsi) è "perché i/le papponi/e non vengono messi in prigione?".




6)Qui c'è troppo etnocentrismo.
Se, in un mondo astratto e perfetto, una ragazza potesse scegliere se fare la vigilessa, la maestra d'asilo, la stenografa, la manicure, la primaria d'ospedale, l'astronauta, la bancaria, l'agente immobiliare o la prostituta, e non volesse stare nel traffico, sopportare bambini iperattivi, studiare il Gabelsberger, curarsi degli arti altrui, studiare medicina, volare lontano da casa, inc... i clienti finanziari o immobiliaristi, potrebbe scegliere di fare, in quel mondo astratto e perfetto, la prostituta.
E la stessa cosa potrebbe valere per un uomo, ovvio.

7)Invece, rischiare contrarre malattie respiratorie dolorosamente mortali perché si sta nel traffico con un fischietto (vigilessa o vigile) è una scelta senza controindicazioni? Piazzare ai risparmiatori sprovveduti - per chi ha il pelo sullo stomaco per farlo - le obbligazioni greche, parmalat eccetera (bancaria/o) è il paradiso?

Ovvero: è perfetto tutto, tranne la prostituzione? Come si dice "paraocchi" in linguaggio convegnese?


8)Se fosse l'unica possibilità, non esisterebbe la nostra valchiria amazzone vichinga Claire preferita.

9) Un unico sesso? E se fosse il Dio Danaro?

10)I beg your pardon?






11):up: Ecco, una campagna stampa che ridicolizzi i clienti (perché prendere i papponi e cacciarli in galera pare non sia all'ordine del giorno) potrebbe avere un effetto positivo, nel medio-lungo termine.
Però suggerisco di provare a farla in lingua italiana.





12)Meno male che le "vere" domande ce le hanno i convegni e i depositarj della Verità.



13)Wiwa Karl Popper, Wiwa CUG, wiwa la Libertà di Pensiero e di Espressione!





P.S. Prenoto lo svizzero Rousseau per il mio prossimo post IQT
Jean-Jacques Rousseau - Wikipedia

Con ordine:
1) Meno male:) Ti immagini due rompiscatole, piene di sbalzi di umore, lunatiche come me?:-o

2) Quelli che ho riportato qui sono solo appunti e non li ho scritti io:D La traduzione in italiano degli appunti penso che non arriverà mai:D

3) Concordo.

4) Ripeto: sono solo appunti. La viva voce della relatrice io non l'ho sentita e non posso dirti se si è espressa realmente in questi termini.

5) Il tema centrale non era la prostituzione coatta, ma il concetto di prostituzione, la cosiddetta possibilità di scelta e il ruolo dei clienti in tutto questo. Penso che tutti siamo d'accordo sul fatto che i papponi sfruttatori dovrebbero stare in carcere... Quando faranno un convegno centrato sulla sulla domanda che hai posto, cercherò di fartelo sapere. :D

6) Con i "Se" di potrebbe mettere Parigi in una bottiglia, dicono i Francesi.
Non ha molto senso ragionare per "se", parlando di un ipotetico mondo perfetto.

7) I paragoni che fai e le domande che poni non hanno grande significato, laddove l'attenzione di un fenomeno come quello della prostituzione è centrato, nell'ottica di questo convegno, sullo squilibrio tra i generi sessuali, cosa che non c'è nella professione di un vigile che sta nel traffico.
Non sto sminuendo i rischi alla salute che esso corre, dico solo che, se li corre, non è certamente perché esiste, sotteso, un dominio di genere (in tutti i campi, da quello economico a quello culturale)

8) :) Io ho studiato per 21 anni queste tematiche, ho iniziato giovanissima. Sono, lo ammetto, un po' una mosca bianca.

9) Il dio denaro manipolato, da sempre, anche quello dagli uomini (maschi). Non si sfugge. La cultura dominante in campo sessuale è maschiocentrica, basta guardare la pornografia... (e qui, mannaggia a me, mi mordo le mani per non aver partecipato ai numerosi inviti che mi sono stati fatti in tema di postpornografia femminsta, ma, ahimé, in questo campo ho superato alcuni miei limiti solo da pochissimo).

10) Come no, certo:)

E’ un arco che passa dai rapporti matrimoniali al sex work implicito e esplicito, secondo un’ideologia sessista per la quale la prostituzione e la maternità sono entrambe connaturate alla donna, legittimando così la cultura del coito.

Significa che la cultura maschilista abbraccia (l'arco) tutti i rapporti: il matrimonio, il lavoro nel campo sessuale... E questa cultura indica che nella donna è connaturato sia il desiderio di maternità, sia la natura da prostituta (un po' come quando si dividono le donne in madonne e in prostitute) ed in questo modo si legittima la cultura del coito (che poi è come dire che si legittima la visione maschiocentrica anche nel sesso).

Però gli appunti non sono miei e io non ho seguito il convegno.
Ti ho spiegato quello che ho capito io, abituata (certo più di te) ad una certa terminologia in questo campo.

11) Ti assicuro che quando ho sentito parlare di persona Stefano (in altra occasione), era chiarissimo. Forse è la ragazza che ha scritto gli appunti che si esprime in modo a te poco chiaro.

12) Dai, Ignatius, è evidente che per i relatori del convegno il punto centrale, la domanda essenziale (in questo senso "reale" e "vera") in tema di prostituzione è chiedersi come mai sia ancora così diffusa, nonostante la liberazione sessuale.
Se fai un convegno ne metti al centro un tema, no?
Per il resto tieni presente, ancora una volta, che questi sono solo appunti, la cui terminologia può essere stata semplificata, rispetto a quella utilizzata dai relatori.

13):)
 
Ultima modifica:
E del punto di vista di Asia Roma che ne pensa la nostra Claire ?

Chi è Asia Roma?:-?:-?:-?
Sono in crisi...
Ho forse perso un'autorità in campo?
Chi è? Una sociologa, una femminista, una storica, una psicologa sociale?
Chi è???

Oddio, non vorrei mi mancasse un caposaldo della letteratura femminista...:(
 
Decine di donne scrivono a Asia Roma, la top escort scoperta da Affaritaliani che ha lasciato la toga per le lenzuola. Disoccupate indebitate, con genitori malati terminali, chiedono alla professionista come vendere il proprio corpo per salvare la famiglia. Ecco le storie choccanti dei nuovi poveri che acquistano al supermarket i prodotti in scadenza e che il sorriso dei figli ha fatto desistere dal suicidio. Ma c'è anche chi affetta da sessuomania ha deciso di trasformare la dipendenza in un lavoro con la speranza di guadagnare
 
Decine di donne scrivono a Asia Roma, la top escort scoperta da Affaritaliani che ha lasciato la toga per le lenzuola. Disoccupate indebitate, con genitori malati terminali, chiedono alla professionista come vendere il proprio corpo per salvare la famiglia. Ecco le storie choccanti dei nuovi poveri che acquistano al supermarket i prodotti in scadenza e che il sorriso dei figli ha fatto desistere dal suicidio. Ma c'è anche chi affetta da sessuomania ha deciso di trasformare la dipendenza in un lavoro con la speranza di guadagnare

Ah.
Bè. Grazie per la spiegazione.
Ritengo di lievissima gravità la mia ignoranza.
 
Una top escort :D Basta googlare.

Scherzi a parte son tutti discorsi il larga parte calzanti, non vorrei però che si arrivasse a conclusioni un pò generalizzanti.
 
E del punto di vista di Asia Roma che ne pensa la nostra Claire ?
Chi è Asia Roma?:-?:-?:-?
Sono in crisi...
Ho forse perso un'autorità in campo?
Chi è? Una sociologa, una femminista, una storica, una psicologa sociale?
Chi è???



Ho guglato, e trovato il link di questa escort plurilaureata specializzata in massaggi giapponesi, che pubblica il referto dell'esame AIDS.

Grazie per il link; sito interessante sul fenomeno prostituzione volontaria.

Credo che i convegnologi non possano consentire ad una donna di vendere deliberatamente la propria compagnìa, la propria conversazione, i propri massaggi, e aggiungere al pacchetto - se richiesto e se lei c'ha voglia - i propri genitali.





Ogni tanto provo a spiegare (in privato, in pubblico) la mia visione alternativa sulla prostituzione (quella volontaria, senza papponi, con visite mediche e pagamento delle imposte, che da qualche parte nel mondo scattolicizzato esiste) come una sorta di massaggio.

E dichiaro che è strano indignarsi se una persona fa stare meglio un'altra persona con i propri genitali (prostituta/o), ma non se l'altrui benessere viene provocato con le proprie mani (massaggiatrice/tore da mal di schiena), o con il cervello (ingegnere/architetto/a che progetta un'opera urbanistica), o con il cuore (poeta / cantante / scrittore).

Non mi ricordo cosa mi risponde, a questo proposito, Claire.
"Tu non ascolti": ricordo quella scena di Barton Fink, film dei Fratelli Coen visto al cinema due volte con complessivamente tre ragazze (di cui due sorelle). Forse non ascolto. O forse rinuncia a spiegarmelo because I'm gnucc. :sad:




Comunque.
Meravigliosissime e amarissime sono le parole della meravigliosissima e vecchioniana "Luci a San Siro", in cui l'artista (usando il cuore ed il cervello) parla e canta di sè stesso come di un artista che prostituisce il suo cuore, a cui i produttori (immagino) dicono / ordinano di sfruttare la propria malinconia per vendere di più:


Scrivi, Vecchioni, scrivi canzoni
che più ne scrivi più sei bravo e fai danè

tanto che importa a chi le ascolta
se lei c'è stata o non c'è stata e lei chi è?
Fatti pagare, fatti valere
più abbassi il capo più ti dicono di si
e se hai le mani sporche che importa
tienile chiuse e nessuno lo saprà


Un barlume di ribellione

Milano mia portami via, fa tanto freddo,
ho schifo e non ne posso più,


facciamo un cambio prenditi pure
quel po' di soldi quel po' di celebrità
ma dammi indietro la mia seicento,
i miei vent'anni e una ragazza che tu sai


E l'accettazione del "sistema"
Milano scusa stavo scherzando,


luci a San Siro non ne accenderanno più.


[ame="http://www.youtube.com/watch?v=K-Lft_K4Vko"]Roberto Vecchioni - Luci a San Siro - YouTube[/ame]​





Per me, tutti coloro che pensano che il cervello ed il cuore sieno più importanti dei genitali, dovrebbero scandalizzarsi anche per la prostituzione cardiaca e cerebrale.
Se non lo fanno, è perché la prostituzione cerebrale e cardiaca non esistono nel loro schema mentale.
E risolvono il problema con la negazione, come faceva una volta Carlo Marx: "Se un fenomeno non è previsto nel mio sistema di pensiero, allora vuol dire che è sbagliata la realtà, e non che il mio sistema di pensiero è difettoso".​



Aggiungo, infine, che anch'io vorrei che Milano mi desse indietro la mia seicento che avevo a poco più di vent'anni.​




Prot.​
 

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