Austerity, siamo ancora in tempo per uscire dagli schemi imposti dal sistema?
C’è un modo per cambiare le cose o di ribellarsi senza per forza finire in pasto a leaders senza scrupoli, che ci portino a spasso e con la sola ambizione della carriera politica?
Viviamo accerchiati da meccanismi, atti a soggiogare e a indirizzare l’opinione di massa, che vengono utilizzati da tempo immemore.
Uno di questi è senz’altro la creazione a tavolino di correnti di pensiero e di azione contrapposti che producono il perpetuo scontrarsi di tifoserie opposte.
E ciò avviene indipendentemente dall’argomento in voga.
Qual è, se esiste, il modo per uscrire da questo loop?
Per quanto assurdo ciò accade con qualsiasi argomento che per un effimero istante fa discutere tutti come se fosse l’unica cosa di cui parlare.
E pazienza se si tratta di una news periferica.
Di tutt’altro peso è invece l’importanza di quel ventaglio di argomenti che influenzano le nostre vite.
E invece oggi più che mai pare non esserci differenza tra i dati della disoccupazione giovanile e la tutina indossata da un trapper sul palcoscenico di Sanremo.
Uno di questi argomenti che hanno impatti reali sulle nostre esistenze, è la cosiddetta austerity, ovverosia,
il ricettacolo di tagli trasversali che sta attraversando la spesa pubblica italiana e non solo.
L’austerity influenza il reale apprendimento dei ragazzi a scuola, la mobilità dei pendolari, l’accessibilità alle cure dei malati, la sicurezza di ponti, strade e ferrovie.
L’austerity, come ho più volte modo di ribadire, assieme a migliaia di altre voci, si è dimostrata decisiva nell’affossare definitivamente la nostra economia.
La subiamo quotidianamente, ne paghiamo le conseguenze ad ogni bolletta, su ogni prestazione sanitaria,
ad ogni dichiarazione fiscale, l’impatto dell’economia sull’ambiente, eppure di austerity non si parla più.
Sarà forse perché la maggior parte di noi ci si è abituato.
O forse abbiamo assorbito inconsciamente l’ossimoro dell'austerity espansiva.
Secondo questa teoria, smentita da studi scientifico-statistico-economici e dalla semplice osservazione della realtà,
il taglio della spesa pubblica dovrebbe favorire la riduzione del debito pubblico e la ripresa dell’economia, quindi del PIL.
Così su due piedi non ci sembra una contraddizione in termini e come potrebbe?
Detto così, come se fosse un fatto naturale, è come quando ci danno i risultati della serie A o ci annunciano le previsioni del tempo.
Sono fatti assodati e ineluttabili, c’è bisogno che esprimiamo un’opinione?
No, è così e basta!
La balla dell’austerity espansiva ci viene venduta mostrandoci dati reali sì, ma senza mostrarci da dove vengono e cosa li abbia prodotti.
Ciò che riusciamo ad osservare meno bene è il nostro atteggiamento di cittadini nell’abboccare a tesi farlocche
anche quando cozzano con la realtà facilmente osservabile all’interno del nostro portafoglio.
L’esempio che ho scelto, ovvero il tema dell’austerity, è assolutamente casuale, ma credo possa dimostrare efficacemente
come il sistema si prenda gioco di noi, o meglio, di come noi ci facciamo prendere gioco dal sistema.
Per questo esempio ho scelto due approcci leggermente diversi alla stessa notizia da parte dello stesso giornale.
La scelta stavolta non è casuale.
Serve a dimostrare come attraverso il sapiente uso della semantica sui social si possa confezionare una bufala tanto colossale quanto credibile.
Il Portogallo va bene per merito dell’austerity?
I due titoli sono complemetari nel tentativo di creare la percezione che esista una
buona austerity.
L’articolo di Euronews completa il lavoro sostenendo che l’esempio del Portogallo è virtuoso ed andrebbe preso da esempio dall’Italia.
Probabilmente il dato su cui Euronews tenta di fare leva è il seguente:
Il dato viene rappresentato in questa tabella con una serie di performance di bilancio positive.
Significa che il Portogallo dal 2016 al 2019 ha un bilancio positivo e quindi che non ha dovuto sforare il patto di stabilità con il famigerato deficit.
In altre parole il Portogallo ha dovuto spendere meno denaro pubblico, limitando la spesa e gli investimenti.
Per questo ha un bilancio positivo; perché ha risparmiato molto.
La media per questi anni è un “ragguardevole”
+1,57% sul PIL!
Ciò che Euronews e supponiamo anche molti altri, scordano di mostrarci, è il fatidico lato sinistro del grafico, cioè la parte che riguarda il periodo precedente, questo:
Bilanco del Portogallo dal 2008 al 2019.
Stiamo parlando degli anni della crisi, che vanno dal 2008 al 2015,
in cui il Portogallo ha accumulato un deficit medio del
-6,78% sul PIL,
per ben otto anni di fila, con picchi del -9,8% e del -11,2%!
E ci siamo limitati soltanto all’ultimo periodo, post boom della
crisi.
Ne deriva che secondo Euronews la ricetta va ricercata nei tagli prodotti dal 2016 al 2019 e non nella spesa pazza del decennio precedente.
E già che ci siamo, visto che si parla sempre più spesso anche dell’Irlanda come nuovo faro da seguire,
agevoliamo la panoramica sullo stesso periodo; così ci prendiamo avanti con il lavoro:
Deficit di Irlanda e Portogallo.
Stando alla vulgata mainstream, il pareggio di bilancio o addirittura il surplus di bilancio, insomma sarebbe più che sostenibile.
Anzi, persino salutare.
Infatti il PIL di questi ultimi anni di Irlanda e Portogallo ce lo starebbero dimostrando, giusto?
È così che
vogliono farci credere che i tagli servano a rilanciare l’economia.
Se c’è una cosa che, nonostante il genere umano abbia scavalcato la linea del ventesimo secolo, non accenniamo ad abbandonare,
è la creduloneria.
Sembra assurdo come, nonostante i progressi della scienza e della tecnica, la massa continui a preferire accodarsi ad un leader o al guru di turno,
piuttosto che conoscere almeno le basi del mondo che la circonda, se non già sé stessa né individualmente, né collettivamente.
Se invece imparassimo a maneggiare le informazioni – che ci sono –
o disponessimo di un modo semplice per memorizzare la fotografia della realtà, potremmo finalmente rispondere:
“OK, ma se un esempio vitruoso deve essere seguito, allora che venga fatto fino in fondo.
Va bene l’austerity, ma prima ci date dieci anni di investimenti fuori misura!”
Riesci ad immaginare cosa potrebbe fare l’Italia se le venisse concesso di fare deficit medio del -8,65% per 10 anni di fila, come l’Irlanda o del -6,78% come il Portogallo?
Cosa potrebbero ribattere giornalisti, politici e “guru” della tuttologia?