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Dopo 17 mesi di fallimento completo, con il debito pubblico portato alle stelle
con lo spread da 2 mesi oltre 200, dopo aver subito la peggior umiliazione possibile,
non sapeva più che pesci pigliare ed allora ha inventato questa messinscena
per il suo ego. Uscire dalla porta con gli applausi.

Il capo dello Stato ce l'ha soprattutto con lo stesso Draghi.

Il giudizio sulle ultime mosse dell'ex capo della Bce "è pessimo" e quello sul suo discorso al Senato è definitivo.


L'intervento del premer è stato "molto divisivo, inutilmente ostile", senza diplomazia o quella misura politica che averebbe salvato il governo.


Una frase in particolare avrebbe irritato il Quirinale:

“Se sono qui è perché me l’hanno chiesto gli italiani”,

vista come uno slancio "peronista".

Per tutta risposta, si legge nel Dagoreport,
Draghi avrebbe detto a Mattarella

"che non intende mettere mano alla legge finanziaria,
che andrà presentata entro il 31 dicembre per evitare l’esercizio provvisorio.
Draghi vuole occuparsi, e lo farà malvolentieri, solo degli affari correnti".
 
Ma ci sarà qualcuno avvezzo al pd che riuscirà a capire lo stato d'animo nel quale si trova la dirigenza del partito ?
E che razza di dirigenza sia ?

Gli hanno spalato merda addosso per anni ed ora lo cercano ?


Per Enrico Letta i «responsabili» di quello che al Nazareno chiamano «il Draghicidio» sono stati chiari sin da subito.
Quando il segretario condivide la sua analisi di fronte a deputati e senatori dem,
nella sala del Mappamondo della Camera scatta un applauso quasi liberatorio.

«Le responsabilità di chi non ha votato la fiducia sono di tutti i partiti. Non faccio classifiche di responsabilità»
dice il leader facendo riferimento, pur non nominandolo mai, al M5S.

«Decideremo collegialmente, come abbiamo sempre fatto, la conformazione della nostra offerta politica,
il programma e i compagni di strada. È evidente che il voto di ieri impatta molto», ammette.
 
A sera il tono del segretario si fa più grave:

«Evidentemente la differenza che si è creata in modo così evidente in questi giorni con il M5S lascia un segno e dico che difficilmente sarà ricomposta».

Ed i toni al Nazareno sono durissimi: «la frattura per noi ormai è ineluttabile».

Il campo largo, insomma, è praticamente archiviato.


Enrico Borghi, componente della segreteria, e Alessandro Alfieri, portavoce di Base riformista, parlano all’unisono di voto «in mare aperto».

Lorenzo Guerini apprezza la linea scelta dal segretario.
«Si è fatto cadere il governo guidato da una personalità, come il presidente Draghi, riconosciuta in tutto il mondo per credibilità e autorevolezza.
Non si è fatto l’interesse dell’Italia e degli italiani. E i responsabili di questa scelta grave sono chiari», dice facendo eco alle sue parole.

E anche sul campo largo la rotta è segnata: «Il voto di ieri è stato un totale cambio di paradigma che non può non avere un impatto».
 
Al Nazareno smentiscono ogni possibile sostegno alla trattativa che è andata in scena ieri a palazzo Madama per un «Draghi bis»,
trattativa condotta anche da Matteo Renzi e Giancarlo Giorgetti e che avrebbe potuto portare al ritiro della risoluzione di Pier Ferdinando Casini
ed al voto della mozione del Carroccio.

Nei contatti con palazzo Chigi l’accordo non si è trovato e per i dirigenti Pd
«in realtà era proprio Salvini che non lo voleva per non restare intrappolato nella camicia di forza del Governo con Meloni all’opposizione».


Letta e i suoi registrano piuttosto la «profonda delusione» per «l’incapacità» di contrastare il precipitare degli eventi da parte di chi, negli ultimi tempi,
«si era attribuito patenti di "moderatismo".

«Penso agli elettori di FI e Lega, penso che guardino ai partiti che li hanno traditi perché hanno fatto una scelta di calcolo»
dice Letta che poi azzarda un pronostico:
«Ho visto occhi di chi crede di avere la preda tra i denti. Quegli occhi lì sono quelli di chi perderà le elezioni».

Il segretario, invece, torna a chiedere ai suoi di fare squadra e di tirare fuori «gli occhi di tigre».

«È nei nostri occhi che gli elettori devono vedere la volontà di vincere gli elettori.
Comincia una straordinaria avventura per raccontare una differenza: noi non siamo come gli altri».
 
Anche il «mare aperto», però, dovrà avere un perimetro perché questo stabiliscono le regole del gioco
e, segnatamente, liste e collegi del Rosatellum.

Gli organi dem si riuniranno a partire da martedì per decidere la rotta,
anche se c’è già chi ipotizza che a far parte dello schieramento
- a sfidare il centrodestra da un lato e il M5S «barricadero» dall’altro -
potrebbe essere chi sin qui ha sostenuto Draghi:

Azione e Ipf, ma anche Iv.

In realtà Renzi e Calenda alzano subito la posta:


«Il Pd rinunci alle primarie con il M5S in Sicilia domenica», la richiesta.

Tra i pd, peraltro, esiste ancora una corrente - da Orlando a Provenzano a Boccia - che invita a non tagliare i fili con il Movimento 5 stelle.


Insomma, il rischio che sulle alleanzi elettorali si continui un pesantissimo scontro interno non può essere escluso.
 
Il Pd, da sempre vicino all'allievo prediletto di Federico Caffè, ha già messo le mani avanti:

non possiamo presentarci alle urne con chi ha pugnalato una figura così autorevole,
apprezzata in Europa e convintamente atlantista.

Considerato che la legge elettorale resterà quella in vigore,
per avere una speranza, seppur piccola,
di contestare la vittoria al centrodestra a trazione meloniana,
i progressisti dovranno creare una nuova coalizione.


Che, gioco forza, dovrà andare da Calenda a Di Maio, dalla Carfagna a Letta.

E dovrà, senza alcun tentennamento, avere al suo interno anche Renzi.



Quest'ultimo così non solo avrà la certezza di tornare in Parlamento (nonostante il 2 per cento di Italia Viva),

ma imporrà le proprie idee ad un centrosinistra terrorizzato dall'idea di perdere.
 
IL PD, UN PARTITO DI FESSI - MATTIA FELTRI:

“L’ACCOPPIATA FRA RIFORMA E LEGGE ELETTORALE (ROSATELLUM),
SI INTUIVA, AVREBBE PERMESSO AL CENTRODESTRA
DI PRENDERE PIÙ DEL 50 PER CENTO DEI PARLAMENTARI CON IL 45 PER CENTO DEI VOTI.

PERCHÉ CON LA MAGGIORANZA ASSOLUTA DI DEPUTATI E SENATORI,
SI PUÒ METTERE MANO ALLA COSTITUZIONE.

AL PD RISPOSERO CHE SÌ, ERA UNA RIFORMA PERICOLOSA,
E DUNQUE AVREBBERO CAMBIATO LA LEGGE ELETTORALE.

POI NATURALMENTE NON L'HANNO FATTO.

QUINDI MELONI, SALVINI E BERLUSCONI
POTRANNO FARE DELLA COSTITUZIONE CIÒ CHE GLI PARE.

AL PRIMO CHE SI ALZERÀ A GRIDARE AL FASCISMO,
TOCCHERÀ RICORDARE CHE PEGGIO DEI FASCISTI CI SONO SOLO I FESSI”
 
HAHAHAHHA il solito pagliaccio con madonne e rosari





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