Solo politica

  • Creatore Discussione Creatore Discussione Stic@zzi
  • Data di Inizio Data di Inizio
Dietro le presunte imprese dei paladini del Green
si nascondono, spesso, delle vere e proprie bufale.

Che in epoca social, però, non faticano a venire a galla, travolgendo i diretti interessati.

Era successo nei giorni scorsi in occasione della scampagnata ecologista di Teresa Ribera,
ministra spagnola per la Transizione verde: una clip che la vedeva impegnata in una pedalata in bici per non inquinare,
finita però nel mirino degli utenti per un dettaglio non proprio il linea con la difesa dell’ambiente:
il fatto che fosse arrivata con l'auto blu e le auto della scorta alle sue spalle, decisamente poco eco-friendly.

Ora è toccato a una donna impegnata a pulire la spiaggia di Bali dalla spazzatura,
anche lei finita al centro della più classica delle figuracce.

Nel giro di poche ore è infatti diventato virale in rete un filmato
che mostra una donna intenta a ripulire le spiagge di Bali,
ripresa da un’amica pronta a immortalarne le gesta.

Il tutto per sottolineare il suo impegno a favore di un mondo meno inquinato
e, perché no, per accalappiare preziose visualizzazioni sui social.

Peccato, però, che qualcosa sia andato storto.


In un secondo filmato realizzato da altri presenti, però, ecco scoperti gli altarini.
La seconda sequenza mostra la signora che lascia le buste sulla spiaggia e se ne va, come nulla fosse.

TikTok-spiaggia-rifiuti-1200x675-1.jpg
 
Il C40, un network finanziato da Clinton e Soros
e che include una rete globale di quasi 100 sindaci delle principali città del mondo,

si è espresso.

Di questo gruppo fanno parte anche i primi cittadini di Milano e Roma.

Dal sito ufficiale della congregazione si legge:

"I sindaci delle città C40 si impegnano a utilizzare un approccio inclusivo, basato sulla scienza e collaborativo per dimezzare la loro giusta quota di emissioni entro il 2030, aiutare il mondo a limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi e costruire comunità sane, eque e resilienti. C40 aiuta i sindaci a farlo".
 
Ahahahahahahah Milano e Roma........ahahahahahahahah

"I sindaci delle città devono essere ancora più intraprendenti,
creando e plasmando i mercati
e impegnandosi in settori che non erano stati considerati in precedenza".

" Inoltre i primi cittadini devono sostenere i cittadini e le imprese
nel raggiungere un cambiamento radicale e rapido dei modelli di consumo".

Riporto ancora il progetto :
1689349543237-png.713815
 
Ma basta andare a vedere i dati per capire come qualche domanda sia lecita.

Tanta certezza sul fatto che la colpa sia del caldo non è confermata dai dati,
dati che gli amanti della scienza dovrebbero guardare con un po’ più di attenzione.


Nel 2022 la mortalità in eccesso rispetto al triennio precedente al Covid (2015- 2018)
è stata di 67.000 persone,

di questi 45.000 sono imputabili al Covid,
restano quindi 22.000 morti in più che non sono spiegati dal coronavirus.


Se fosse vero che la causa dell’eccesso di mortalità – Covid escluso – è il caldo,
noi dovremmo trovare tutti questi 22.000 morti concentrati nei mesi estivi,
nei mesi che vanno da luglio a settembre, altrimenti non è che uno muore di caldo a novembre.

E invece, se si vanno a spacchettare questi 22.000 morti, ripeto, decessi in eccesso escluso il Covid,
si scopre che solo il 48 per cento di loro sono morti nel periodo estivo.



Quindi anche ammesso che tutti quelli deceduti fra luglio e settembre non siano morti in incidenti stradali,
ma tutti morti per il clima caldo – cosa improbabile -,

resta l’altro 52 per cento.

Ci sono cioè 11.000 morti in eccesso fra ottobre e dicembre.

Saranno morti per il caldo anche quelli?

Sono morti per il surriscaldamento delle palle di Natale
o le uniche palle sono quelle di certi soloni che ci vogliono convincere,
così per dogma di fede, senza neanche avere il disturbo guardare i dati,
che i morti in eccesso siano dovuti al caldo killer o alla strage del clima?

Non sarà che fa comodo farci di nuovo venire paura?


Pensateci.
Solo la statistica 2.0 ormai nega questa evidenza. Anzi, non ne parla più perché fatica ad interpretare i dati anche a modo suo...
 
Tutti si ricordano che Renzy aveva detto che avrebbe lasciato la politica se avesse perso il referendum.
Però molti politici contano sul fatto che (a parte il caso Renzy) gli italiani hanno una memoria da pesce rosso lobotomizzato.

Screenshot_20230713_084427_Twitter.jpg
Screenshot_20230713_084454_Twitter.jpg
 
Poveretti. Ma imparate a lavorare. In trafila Vi vorrei. Un giorno.

La parola whistleblowing, tradotta letteralmente dall’inglese significa “soffiare nel fischietto” (to blow the whistle).

Si tratta di un’espressione figurata che ha lo scopo di evocare nella mente l’immagine dell’arbitro che fischia un fallo.

Il campo di applicazione, però, non è quello calcistico.

L’ambito di riferimento è il mondo del lavoro.

Realtà che, benché rappresenti la quotidianità di ognuno, si manifesta talvolta ostica.
E ciò non tanto per il lavoro in sé, ma per le dinamiche che – sul posto di lavoro – si vengono a creare.
Dinamiche delicate, fatte di consuetudini alle quali ci si deve abituare presto.
Ogni ambiante di lavoro, è risaputo, rappresenta un piccolo globo a se stante.
Si tratta di un microcosmo fatto di rapporti (gerarchici e non) tra colleghi,
dove spesso regna sovrano “il gioco delle parti”.
Un gioco, però, che non è così semplice da imparare.
Anche per quello, oltre che per acquisire professionalità, ci vuole esperienza!

Il vero punto dolente è che, come in ogni realtà sociale che si rispetti (!),
anche il posto di lavoro rappresenta spesso uno scenario di irregolarità,
atti illeciti ed ingiustizie più o meno gravi.

Purtroppo però, spesso (soprattutto se parliamo dell’Italia)
chi viene a conoscenza di una pratica “poco lecita” altrui si vede bene dal denunciarla.

Ciò soprattutto nel mondo del lavoro.

Si temono, infatti, ritorsioni, discriminazioni, sanzioni (in una parola mobbing) e addirittura licenziamenti.

Insomma, ci si nasconde dietro al classico «chi si fa i fatti suoi campa cent’anni»,
ma tutti sanno che troppe volte questa espressione altro non nasconde se non la paura che genera omertà,
trasformandosi in uno dei mali peggiori per la società.

Eccoci arrivati al dunque.

Il whistleblowing rappresenta la soluzione per chi ha paura
di denunciare reati o irregolarità di cui viene a conoscenza sul posto di lavoro.

Ed infatti, il whistleblower è il soggetto che, a fronte di attività illecite
o fraudolente di cui viene a conoscenza sul posto di lavoro,
si fa carico di segnalare al proprio dirigente o alle autorità competenti la situazione irregolare.

È quindi un soggetto “coraggioso” che pertanto deve essere tutelato e non discriminato (come spesso avviene).

Il fine ultimo è quello di creare un circolo virtuoso,
di riportare le procedure amministrative e i comportamenti dei dipendenti pubblici sui binari della legalità,
evitando il clima dell’omertà che troppo spesso aleggia – più o meno pesantemente – un po’ ovunque.

Si tratta in sintesi di un modo per aumentare la collaborazione tra amministrazione e dipendenti pubblici.

IN PAROLA POVERA E CONCRETA : S P I A.

E' quello che vogliono. Metterci gli uni contro gli altri
per esercitare il loro potere. Da esercitare ad cazzum.

......mi ricorda tanto qualcosa del passato.......
 
Poveretti. Ma imparate a lavorare. In trafila Vi vorrei. Un giorno.

La parola whistleblowing, tradotta letteralmente dall’inglese significa “soffiare nel fischietto” (to blow the whistle).

Si tratta di un’espressione figurata che ha lo scopo di evocare nella mente l’immagine dell’arbitro che fischia un fallo.

Il campo di applicazione, però, non è quello calcistico.

L’ambito di riferimento è il mondo del lavoro.

Realtà che, benché rappresenti la quotidianità di ognuno, si manifesta talvolta ostica.
E ciò non tanto per il lavoro in sé, ma per le dinamiche che – sul posto di lavoro – si vengono a creare.
Dinamiche delicate, fatte di consuetudini alle quali ci si deve abituare presto.
Ogni ambiante di lavoro, è risaputo, rappresenta un piccolo globo a se stante.
Si tratta di un microcosmo fatto di rapporti (gerarchici e non) tra colleghi,
dove spesso regna sovrano “il gioco delle parti”.
Un gioco, però, che non è così semplice da imparare.
Anche per quello, oltre che per acquisire professionalità, ci vuole esperienza!

Il vero punto dolente è che, come in ogni realtà sociale che si rispetti (!),
anche il posto di lavoro rappresenta spesso uno scenario di irregolarità,
atti illeciti ed ingiustizie più o meno gravi.

Purtroppo però, spesso (soprattutto se parliamo dell’Italia)
chi viene a conoscenza di una pratica “poco lecita” altrui si vede bene dal denunciarla.

Ciò soprattutto nel mondo del lavoro.

Si temono, infatti, ritorsioni, discriminazioni, sanzioni (in una parola mobbing) e addirittura licenziamenti.

Insomma, ci si nasconde dietro al classico «chi si fa i fatti suoi campa cent’anni»,
ma tutti sanno che troppe volte questa espressione altro non nasconde se non la paura che genera omertà,
trasformandosi in uno dei mali peggiori per la società.

Eccoci arrivati al dunque.


Il whistleblowing rappresenta la soluzione per chi ha paura
di denunciare reati o irregolarità di cui viene a conoscenza sul posto di lavoro.

Ed infatti, il whistleblower è il soggetto che, a fronte di attività illecite
o fraudolente di cui viene a conoscenza sul posto di lavoro,
si fa carico di segnalare al proprio dirigente o alle autorità competenti la situazione irregolare.

È quindi un soggetto “coraggioso” che pertanto deve essere tutelato e non discriminato (come spesso avviene).

Il fine ultimo è quello di creare un circolo virtuoso,
di riportare le procedure amministrative e i comportamenti dei dipendenti pubblici sui binari della legalità,
evitando il clima dell’omertà che troppo spesso aleggia – più o meno pesantemente – un po’ ovunque.

Si tratta in sintesi di un modo per aumentare la collaborazione tra amministrazione e dipendenti pubblici.

IN PAROLA POVERA E CONCRETA : S P I A.

E' quello che vogliono. Metterci gli uni contro gli altri
per esercitare il loro potere. Da esercitare ad cazzum.

......mi ricorda tanto qualcosa del passato.......
Quando il malfattore è proprio chi sta a capo dell'istituzione che si fa?
Io ho provato a dire in faccia quello che non era eseguito secondo le regole e sono stato attaccato. In un organo di gestione, la maggioranza dei colleghi testimoniava a mio sfavore riguardo ad una affermazione riportata a verbale.
Peccato per loro che io avessi registrato tutto (ovviamente non l'ho detto, ma il più furbo aveva capito), quindi hanno abbassato le orecchie.
Chi stava a capo dell'istituzione era presente e non ha detto una parola, pareggiando per i farabutti.
Alla fine ho preferito assentarmi o stare zitto alle seguenti riunioni, ed andarmene appena possibile da quell'ambiente marcio.
Per un periodo ho addirittura registrato l'intera giornata lavorativa.
 

Users who are viewing this thread

Back
Alto