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Non cerchiamo la luna, lontano, guardiamo il dito.

Milano, picchiato a sangue dai “body guard” delle borseggiatrici​

 
Qui fan finta di nulla. Tutto tace.....oblio.
Ma, secondo Voi, come ci può essere un contratto con un operatore telefonico
stipulato da un minorenne ? IMPOSSIBILE.


Questi ci prendono perilkulo, ma mirano ad altro.

A partire dal 21 novembre 2023
tutte le connessioni a Internet che gli operatori telefonici forniscono ad utenti minorenni
dovranno essere protette da un sistema di Parental Control.

Lo prevedono il Decreto Legge 28/2020 e la delibera 9/23/CONS dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM).

In teoria il nuovo Parental Control dovrebbe impedire automaticamente
ai minori l’accesso a siti Web non sicuri, illegali, pericolosi, pornografici.

La normativa, però, è molto elastica nella definizione di questi contenuti
e ciò, in futuro, potrebbe far nascere grosse polemiche.

La normativa che sta per entrare in vigore, in ogni caso, prevede che il Parental Control non sia eliminabile.
Con la delibera 9/23/CONS, infine, l’AGCOM ha fissato le macrocategorie
su cui si baserà il filtro del Parental Control.

Quindi, a partire dal 21 novembre 2023, i minorenni non potranno più accedere ai siti Web che trattano di:

  • Gioco d’azzardo/scommesse
  • Contenuti per adulti
  • Armi
  • Violenza
  • Odio e discriminazione
  • Promozione di pratiche che possono danneggiare la salute alla luce di consolidate conoscenze mediche
  • Anonymizer (servizi che permettono di navigare in anonimo)
  • Sette
 
La lista di temi da filtrare per un pubblico minorenne, apparentemente, è più che ragionevole.

Ma è molto probabile che man mano che il filtro del Parental Control verrà applicato dai provider,
tale lista diventi oggetto di scontro.

Tutta la questione ruota intorno al modo in cui verranno filtrati i contenuti.

E’ chiaro che sarà impossibile un filtro umano, manuale, uno ad uno, di tutti i contenuti presenti sul Web:
ci penseranno degli algoritmi,
in base a dei parametri,
esattamente come funziona già sui Social Network.


I social, tuttavia, sono un esempio lampante di filtri molto larghi
e che si fanno scappare molti contenuti pericolosi.

I Parental Control degli operatori Internet, invece, potrebbero essere più stretti e rigorosi
e, magari, soffrire del difetto opposto: la censura eccessiva.

Inutile dire, poi, che dei filtri automatizzati su contenuti riguardanti la violenza, l’odio e la discriminazione,
possono facilmente andare in tilt e bloccare contenuti informativi
e giornalistici su temi come le guerre in corso in Ucraina e a Gaza
oppure la salute ed i vaccini.


L’AGCOM, infatti, descrive queste categorie di contenuti così:

Siti che presentano o promuovono violenza o lesioni personali, comprese le lesioni autoinflitte, il suicidio, o che mostrano scene di violenza gratuita, insistita o efferata. Siti che promuovono o supportano l’odio o l’intolleranza verso qualsiasi individuo o gruppo.


Persino la descrizione della categoria “sette” potrebbe generare più di una polemica:

Siti che promuovono o che offrono metodi, mezzi di istruzione o altre risorse per influire su eventi reali attraverso l’uso di incantesimi, maledizioni, poteri magici o essere soprannaturali.

Chi decide quali sono le religioni e quali le sette?
 
Ogni giorno ne inventano una nuova per crearci problemi
e noi ? .........pecoroni.

Viene da chiedersi che cosa ci sia nella testa dei burocratici,​

e di certi pessimi politici, di Bruxelles e quale obiettivo vogliano perseguire.​


A partire dal 2024, ogni anno si dovrà fare i conti con questo cambiamento,
per cui non si potrà proseguire con la coltivazione dell’anno precedente.

Quindi se un anno si è prodotto mais,
l’anno dopo si dovrà produrre qualcosa di diverso,
anche se non economicamente conveniente
e se la domanda del mercato (cioè quello che voi mangiate) è diverso.

Quindi la produzione del grano duro per la pasta nella Puglia
rischia di dimezzarsi, e quella del mais e del grano tenero
della Pianura Padana pure.

Il tutto deciso da gente che non ha mai visto un campo in vita sua…
 
La colpa è del distacco dalla cosiddetta pratica di monocoltura stabilita da Bruxelles,
un obbligo di rotazione delle colture previsto dalla nuova Politica Agricola Comune dell’Unione Europea,
in nome della protezione ambientale e della sostenibilità.

Produrre sempre le stesse colture minaccia la biodiversità e impoverisce il suolo,
ma smettere improvvisamente mette a repentaglio l’equilibrio economico delle aziende agricole e di tutta la filiera.

Il grano duro è essenziale per la produzione di pasta
e il mais per l’allevamento degli animali,
e di conseguenza per la produzione di carne,
che a sua volta restituisce al terreno sostanze organiche preziose.


Perché nelle esperte teste di Bruxelles si sono dimenticati che proprio il letame viene utilizzato per arricchire i campi.

Ma cosa volete che ne sappia uno che vive
nella “Bolla europea”, della realtà dei campi.
 
“L’Unione Europea, come al solito, si preoccupa più dell’ambiente che del mercato,”
spiega Vincenzo Lenucci, responsabile dell’Area Economica e del Centro Studi di Confagricoltura.

“Non è facile cambiare le colture, specialmente quando le aziende hanno contratti con i fornitori
che richiedono quantità specifiche di grano, e improvvisamente si trovano a produrne la metà.”

La soluzione più ovvia per gli agricoltori, se non ci saranno deroghe ulteriori alle nuove regole,
è dividere i loro terreni, destinando metà alla coltivazione storica un anno e l’altra metà l’anno successivo.

Il risultato?

Una raccolta dimezzata per entrambi gli anni,
per cui avremo una sorta di carestia causata per via legislativa
ed un aumento esponenziale dei prezzi.


La seconda opzione è anche la più improbabile,
non rispettare la norma rinunciando al pacchetto di incentivi comunitari
che ammonta in media a 150 euro per ettaro di grano nel Tavoliere delle Puglie
e a 200 euro o poco più per ettaro di mais nella Pianura Padana.

Ovviamente qualcuno riderà:
i grandi produttori di mais e grano americani,
che esporteranno i propri prodotti coltivati
infischiandosene delle norme della Comunità Europea.
 

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