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Di madre ebrea ma battezzato cattolico come il padre, in passato ha scherzato sulla sua condizione spirituale dichiarando di avere «la doppia tessera». Oggi si professa credente pur non aderendo a nessuna delle due religioni («non ci può essere un Dio giusto e un Dio sbagliato»).


Lui il suo jolly lo gioca ovunque !




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Nessuno è più bugiardo di un comunista.

Sbaglio, forse è superato nella menzogna dai post-comunisti nei loro variegati rivoli:

eco, catto, radical chic, teppismo ambientalista, patrick-zakismo etc. etc..


Sinistri, Elly Schlein compresa, e destrissimi ostili a Giorgia Meloni,
uniti in un nuovo micr-osceno o microscemo Patto Molotov-Ribbentrop,
aprono bocca e dalla lingua biforcuta emanano il fiato degli imbroglioni.

Si veda la distinzione tra Hamas ed i palestinesi di Gaza.

Sarebbe come se distinguessimo i tedeschi degli anni Trenta-Quaranta dal loro venerato Adolf Hitler
o se, andando dietro ad una delle rare topiche di Benedetto Croce, definissimo il fascismo “malattia morale”,
scagionando di fatto gli italiani delle manifestazioni oceaniche, nient’altro che povere vittime di un virus.


Non fu un caso, del resto, che la gran parte dell’élite fascista e fascistissima
traslocasse nelle corsie del Pci, l’altra ed affine “malattia morale”.


Purtroppo, anche nel centrodestra, vedi Licia Ronzulli,
si abbocca e comincia a dividere nettamente Hamas dai palestinesi.

Distinguere?
I palestinesi sarebbero prigionieri dei terroristi?



In verità, sono stati i palestinesi a votare in massa Hamas, riducendo l’Olp ad un suffisso telefonico.

Nessuno di loro rimpiange Arafat,
mentre Abu Mazen ha salva la vita, basta che taccia e si accodi.

Sono stati i palestinesi ad accettare con militante orgoglio
che i miliardi di aiuti non fossero spesi per i loro bisogni primari,
ma per armi e razzi;

nonché per garantire un’esistenza da nababbo spendaccione ad Ismail Haniyeh,

il capo dei capi, che non risiede nella perigliosa Gaza, bensì nella opulenta e sfarzosa Doha.


Gli indigenti tra cibo e mitra scelgono cibo;
loro, dunque, non sono neppure dei veri poveri:
visto che si saziano con pane ben condito di odio a crepapelle.

Sono loro che pregano varie volte al dì perché tutti gli ebrei del mondo scompaiano ed Israele sia cancellata ab imis.


Non sono prigionieri dell’organizzazione terroristica.


I palestinesi sono Hamas.
 
I sinistroidi, che oggi manifestano contro Israele, sono i padri del fondamentalismo islamico.

L’Iran di oggi, è figlio dei “compagnioccidentali i quali, in odio allo Scià Reza Pahlavi,
inscenarono forsennate campagne per l’avvento della teocrazia sciita e della “polizia morale”.

Di cosa era colpevole Pahlavi?
Ecco le colpe:
nel 1955 inserisce l’Iran nell’area dell’Occidente;
introduce riforme agrarie e industriali, con partecipazione agli utili dei lavoratori;
vara il voto alle donne e il diritto al divorzio;
incentiva la civilizzazione e l’alfabetizzazione, per laicizzare lo Stato e allontanarlo dal buio sciita.

L’unica severa critica che gli si poteva lanciare era il trattamento poliziesco riservato a Mohammad Mossadeq,
ministro persiano più liberale e laico di lui.


Tuttavia, non è la sorte di Mossadeq che spinge Khomeini,
a nome degli interessi, anche materiali, del clericume sciita
a organizzare un colpo di Stato per defenestrare lo Scià riformatore.

Pahlavi, invece di farlo fucilare, fa l’errore di esiliarlo.

Il golpista finisce a Parigi, accolto e onorato dai pederasti stalinisti della Sorbona
e dai vari Jean Paul-Sartre e Michel Foucault.

Rimarco l’omosessualità non per creare isterie negli Lgbtq,
ma perché da idioti e incauti non immaginano la fine che faranno gli omosessuali negli Stati teocratici.

L’intera sinistra francese si bea della rivoluzione degli ayatollah.

Vittoriosa rivolta a Teheran" titola Libération il 12 febbraio 1979.
 
Ultima modifica:
Marc Kravetz, già leader sessantottino, racconta con toni entusiastici la “prima grande serata” della rivoluzione:

“Verso le 21 abbiamo sentito le prime grida. Allahu Akhbar.
Non era più uno slogan, non era più un grido di protesta,
ma una musica pura, proveniente dalle origini, bella come il canto dei lupi.
Allahu Akhbar.
Su tutti i tetti della città, da nord a sud, da est a ovest, le voci si rispondevano a vicenda.
Allahu Akhbar”.

Serge July, direttore di Libération, si precipita a Teheran,
dove s’inebria davanti all’“energia liberatrice” del “grido di guerra santa” e del “socialismo sciita dei khomeinisti”.
July, dunque, strangola il “socialismo”, confondendolo col nazislamismo.
Inoltre, spara la seguente corbelleria:

“Il partito di Allah sta ricostruendo una vita comunitaria”.

Accorre anche Sartre, che confessa:

“Non ho religione, ma se ne avessi, sarebbe quella di Alì Shariati (l’ideologo del khomeinismo al potere)”.
 
Non si fanno mancare niente anche gli italo-sinistrati mentali.

Carlo Panella su Lotta continua vede uno spettacolo “stupendo”
nella cacciata dello Scià,
nella guerriglia urbana,
nelle esecuzioni sommarie,
nel ripristino della shari’a.

Carlo Panella, poi, si pentirà di tanta isteria ideologica.

Con qualche imbarazzo per la svolta teocratica (“è difficile applicare le nostre categorie occidentali”),
anche gli atei e gli agnostici de Il Manifesto inneggiano agli ayatollah.

Su Re nudo, il mensile dove scriveva Dario Fo, si legge:

“Il cosiddetto dibattito sulla spiritualità in passato aveva suscitato perplessità.
Ma l’evolversi della situazione persiana ha fatto diventare il rapporto tra liberazione e spiritualità un argomento attuale”.


Non mancano gli utili idioti della grande stampa.

Vedi il Corriere della Sera, testata famigerata per la scelta di cause scellerate e deleterie
(dall’antigiolittismo viscerale di Luigi Albertini che favorì Benito Mussolini
sino al forcaiolismo militante di Paolo Mieli manipulitista
o alla semina dell’antiparlamentarismo con le campagne qualunquiste anticasta
delegittimanti la cornice liberaldemocratica di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo),

che pubblicò i deliri di Michel Foucault, tipo quello del 22 ottobre 1978:

“La situazione sembra essere sospesa a una grande tenzone tra due personaggi dal blasone tradizionale: il re e il santo;
il sovrano in armi e l’esule inerme;
il despota con, di fronte, l’uomo che si erge con le mani nude, acclamato da un popolo”.

Nella istituenda Repubblica islamica

“le libertà saranno rispettate;

le minoranze saranno protette e libere di vivere a modo loro, a condizione di non danneggiare la maggioranza;

tra uomo e la donna non vi sarà disuguaglianza”.
 
In tutta Europa rare le voci sensate.

Vedi Maxime Rodinson da Le Nouvel Observateur:

“Khomeini non è Robespierre o Lenin, forse nemmeno Savonarola, Calvino o Cromwell. Ma può tendere al Torquemada”.

Oppure la grande e demonizzata Oriana Fallaci:

“A me sembra fanatismo del genere più pericoloso”.


La Persia dello Scià era Occidente.

La teocrazia iraniana osannata da “compagni” e utili idioti,

oggi,

minaccia tutte le persone civili, non solo Israele e gli ebrei.
 

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