La classe intellettuale italiana, e gran parte della stampa nazionale,
sono ontologicamente vocate alla subalternità verso il potere.
Non importa quale.
Esse lo “annusano” nell’aria con l’olfatto preternaturale di taluni segugi da tartufo.
E poi seguono la pista.
Che può condurre al fascismo, come negli anni venti del secolo scorso;
oppure all’estremismo rosso dell’eskimo in redazione come negli anni Settanta del novecento
(in quel caso si trattava di egemonia culturale, ma la sostanza del discorso non cambia);
o, ancora, al fanatismo europeista, liberista e atlantista odierno.
Insomma, per cogliere (pur attraverso le cangianti epoche storiche)
la immarcescibile cifra del sistema di informazione sedicente “affidabile”
non dobbiamo scomodare né l’ideologia né gli interessi.
Molto semplicemente, esso è rotto a qualsiasi compromesso con il padrone di turno.
Non si spezza mai, ma si piega sempre (possibilmente a novanta gradi)
non solo di fronte a un super banchiere, ultra-titolato, come Draghi,
ma persino davanti a qualsiasi fantozziana declinazione di “natural prestanom om di pagl gran test di cazz” (cit.) che la storia gli pari davanti.
Ergo, è financo inutile chiedersi come facciano a non “vedere” le enormi responsabilità
e le autolesionistiche decisioni del Governo Draghi nella gestione della pandemia,
della campagna vaccinale e della crisi russo-ucraina.
A dispetto della qualifica di “intellettuali” di cui molti di loro si fregiano,
costoro non hanno la statura intellettuale per “capire”
e neppure la dirittura morale per “voler” capire.
Però sono insuperabili nel capire, e nel voler capire, dove tira il vento del potere.
E siccome gli piace un sacco vincere facile e godere delle prebende
di un ruolo allineato e “risonante” con lo zeitgeist (lo “spirito del tempo”),
adorano coccolare chi comanda.
Non sono, quindi, “fascisti” o “comunisti” o “liberisti”.
Sono ciascuna di queste cose insieme e, all’occorrenza, l’una o l’altra soltanto.
Per tale ragione – tra centinaia di tweet dolenti di cui i relativi estensori dovrebbero provare vergogna –
troviamo impareggiabile quello di Lapo Elkann:
«Complimenti ai Fantozzi di provincia che hanno cacciato Draghi».
Forse inconsciamente, Lapo ha individuato con chirurgica precisione (pur sbagliando destinatario)
il problema di cui stiamo proponendo la soluzione.
“Fantozzi di provincia” non è chi ha cacciato Draghi
(costui merita ben altri epiteti per ben altri motivi),
ma chi gli sta tuttora lustrando le suole.