La verità del potere e la verità dei fatti
L’11 novembre, il mio rapporto di lavoro con la rivista MicroMega si è concluso, consensualmente. Ero arrivata in MicroMega due anni fa, per una collaborazione che inizialmente doveva essere di qualche mese in sostituzione di una collega, e che era stata poi convertita in un rapporto a tempo indeterminato. Il primo della mia vita.
Il terremoto che si è abbattuto su di me in questo ultimo mese, con una serie di attacchi in batteria ricevuti dalla comunità filoisraeliana italiana, ha coinvolto in pieno – secondo una classica modalità intimidatoria e ritorsiva – anche l’azienda per cui lavoravo; questo nonostante tutte le reazioni fossero state suscitate da post scritti sui miei profili social personali. Post che la propaganda non ha gradito, giacché osavano mettere in discussione alcuni dei cardini narrativi attraverso i quali la comunità filoisraeliana in tutto il mondo giustifica la barbarie che Israele sta dispiegando da oltre un anno in Palestina. Hanno pensato bene di colpirmi dove sapevano di trovarmi più vulnerabile, come sempre fanno: nei rapporti di lavoro. Per zittirmi si sono mobilitati i loro più famosi esponenti sui media. Associazioni, giornali e pseudo-giornali, giornalisti e pseudo-giornalisti, leoni e leonesse da tastiera e via discorrendo hanno messo in campo la loro capacità d’influenza e di pressione e hanno utilizzato i social, la stampa, le comunicazioni private per diffamare la mia persona, macchiare la mia immagine professionale e deteriorare il mio rapporto di lavoro. Volevano fare paura, a questo servono le comunicazioni intimidatorie. E sono efficaci: riescono a fare paura. In queste settimane ho avuto, sinceramente, paura.
Hanno riversato sul mio conto una incessante quantità di menzogne, tanto sulle mie idee e posizioni, quanto sulle vicende che venivano via via prese a pretesto per colpirmi: i presunti stupri del 7 ottobre 2023; la vicenda della giovane iraniana denudatasi a Teheran e trasformata in un meme propagandistico alla velocità della luce; e infine, gli avvenimenti di Amsterdam, il cui racconto da parte dei media mainstream e delle principali istituzioni politiche europee ha segnato credo il punto di scollamento massimo, nelle formalmente democrazie occidentali, fra la realtà come la rappresentano le élite e quella che la gente comune esperisce. Tutto questo, come scrivo e dico da ormai oltre un anno, non è semplicemente un modo violento di stare al mondo; è parte di un sempre più espliciti passaggio a nuovi regimi totalitari, anche nella nostra Europa; regimi che mirano ad asservire le popolazioni a nuove forme di suprematismo di classe e razziale, e che non riuscirebbero mai a instaurarsi senza colpire, come da manuale, innanzitutto la ricerca della verità e chi la porta avanti.
La mia convinzione profonda, perciò, è che la resistenza democratica a questi nuovi totalitarismi passi, così come è sempre stato nei frangenti che hanno fatto la Storia, dall’affermare testardamente la verità dei fatti su quella del potere. E dalla solidarietà, altrettanto testarda, contro chi subisce vili attacchi squadristici perché ciò che fa non va giù ai detentori del potere.
Per me, in questo momento la priorità è continuare a esprimere il mio pensiero, senza cedere al ricatto della violenza e della paura; praticare le libertà politiche di cittadina garantite dalla Costituzione, mai così minacciate per tutti e tutte; e creare le condizioni per continuare a esercitare il mio mestiere in piena coscienza e dignità. Anche a costo di doverci rinunciare, come già fatto più volte in passato, se tali condizioni non dovessero più sussistere. Chiunque mi abbia accusata di antisemitismo, di “negazionismo” dell’Olocausto o dello stesso 7 ottobre nella sua gravità e orrore, e persino di fiancheggiare formazioni terroristiche, ovviamente non si è premurato di leggere nulla degli articoli e neanche dei post che ho scritto nel corso degli anni, prima di muovere tali pesanti accuse; ne risponderà davanti ai giudici.
Ringrazio tutte le persone che mi sono state vicine in queste settimane, e in primis il sindacato Stampa Romana per la sua assistenza calorosa e solidale. Da un punto di vista professionale torno a essere una giornalista indipendente, dai tempi ponderati, esattamente come lo ero prima che cominciasse la mia imprevista avventura da redattrice. La mia unica amarezza è la consapevolezza che indietro, veramente, non si torna. Due anni fa, quando entravo in MicroMega, c’era ancora mio padre con me, ad appoggiarmi nelle mie battaglie, nei traguardi e nelle peripezie. Oggi non c’è più. La mia famiglia mi è vicina, mi sostiene con amore e solidarietà ogni giorno; l’abbraccio di Alessio, ovunque si trovi in questo momento – nei nostri pensieri innanzitutto –, ci riscalda.