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L’Unione Europea, a corto di fondi, sta pensando di usare la sua arma più affilata: la tassazione “green”.

Una nuova imposta sulle emissioni di CO2 per caldaie, piccole imprese e automobili,
che dovrebbe entrare in vigore nel 2027,
è stata individuata come la soluzione perfetta per riempire le casse del bilancio comunitario,
proprio un anno prima dell’avvio del nuovo bilancio pluriennale.

Secondo tre fonti a conoscenza dei colloqui,
alcuni funzionari della Commissione Europea hanno avanzato l’idea
di prelevare una parte significativa dei fondi raccolti da questa nuova “carbon tax”
per coprire i buchi nel bilancio generale dell’UE.

In pratica, una tassa nata con scopi ambientali
si trasformerebbe nell’ennesima imposta per finanziare la burocrazia e le crescenti spese di Bruxelles.

Oppure scomparirebbe la scusa del Green e, finalmente, si rivelerebbe la faccia vera della UE:

quella spendacciona e sprecona, affamata di soldi.
 
L’idea, tuttavia, sta incontrando una feroce opposizione non solo da parte degli Stati membri,
ma anche all’interno della stessa Commissione.

Il timore è che una mossa del genere alimenti il risentimento anti-UE,
fornendo un’arma potentissima ai partiti di destra e scettici sul clima.

Del resto lo smascheramento sarebbe evidente.


“È un’idea assolutamente tossica,”
ha dichiarato senza mezzi termini un alto funzionario dell’UE.



Questa tassa, proposta sull’onda del massimo fervore “verde” a Bruxelles,
funzionerebbe come un sistema di permessi “cap-and-trade”, simile all’attuale schema ETS per l’industria pesante.
I fornitori di carburante dovrebbero acquistare i permessi per inquinare,
scaricandone inevitabilmente i costi sui consumatori finali.

Un sistema quindi non solo costoso, ma complesso e che darebbe adito a speculazioni.


Almeno le accise nazionali hanno il vantaggio di essere semplici e livellatrici.
 
Secondo le stime di BloombergNEF,
la misura potrebbe generare entrate
fino a 705 miliardi di euro tra il 2027 e il 2035.

Una cifra colossale, ottenuta però a caro prezzo per i cittadini:

si prevede un aumento del prezzo del carbonio fino a 149 euro a tonnellata
nel 2030, che potrebbe far lievitare le bollette del riscaldamento domestico
fino al 41%.
 
Per addolcire la pillola,
l’UE ha introdotto un “Fondo Sociale per il Clima” da 86,7 miliardi di euro,
che userebbe parte di queste entrate per finanziare l’isolamento termico delle case o migliorare i trasporti a basse emissioni.

Una mossa che suona più come una concessione per placare le masse che come una vera soluzione.

Una presa in giro: si prende il 41% e si restituisce il 5%,
una truffa in perfetto stile di Bruxelles.



Diversi Stati membri, memori delle proteste dei gilets jaunes che paralizzarono la Francia nel 2018, chiedono di ritardare o rivedere la tassa. Prendere una parte di quei ricavi per il bilancio UE non farebbe che infiammare ulteriormente la situazione.
Il primo ministro polacco, Donald Tusk, ha già chiesto un rinvio,
mentre nazioni come Francia e Slovacchia non hanno ancora nemmeno recepito la direttiva.


La Commissione si trova in un vicolo cieco.

Da un lato, deve trovare un modo per coprire un deficit annuale
di 30 miliardi di euro a partire dal 2028,
dovuto ai debiti del fondo pandemico e alle nuove spese per la difesa.


Dall’altro, i contributori netti come Germania e Paesi Bassi
non hanno alcuna intenzione di versare più soldi.



Ecco quindi che la soluzione più semplice, come sempre, è tassare ciò che tutti usano: l’energia.

E poco importa se a pagare il conto saranno, ancora una volta,
le famiglie e le piccole imprese europee.
 
Di solito si dice che sono delle "capre", ma le capre sono molto, ma molto più intelligenti di questi.

Di questi tempi, anche una castroneria woke può portare allo scontro fisico.

Emblematico quanto accaduto ieri notte a Pordenone, dove è stata sfiorata la rissa tra due gruppi di giovani.

Il motivo? Il Negroni.

O meglio, la denominazione del celebre drink italiano, che secondo la comitiva di stranieri sarebbe "razzista".

Andiamo per gradi.

Tutto è iniziato con una semplice ordinazione del Negroni.

Tanto è bastato a scatenare la tensione tra i due gruppi presenti al bar Primavera.

Alcuni ragazzi di origine stranieri hanno ritenuto "offensiva e razzista" la denominazione del cocktail.
Sono subito volate parole grosse, riporta Il Friuli, e i sette giovani sono quasi arrivati alle mani.


Giusto per informare i "coglioni", l'origine del nome dell'amato drink non ha alcuna matrice offensiva:

semplicemente venne ideato a Firenze nel 1919-20 dal conte Camillo Negroni di Fiesole.
 
La cultura del politicamente corretto, definita "follemente corretto" e il crescente carattere oligarchico delle istituzioni europee.

In Europa il woke continua a prevalere.

Il sociologo non si ferma al semplice giudizio politico.
Ricolfi da tempo sostiene che il woke sia un fenomeno che distorce non solo la politica
ma anche la ricerca scientifica e la formazione culturale.


In passato ha criticato duramente il sistema scolastico e universitario italiano
per l’eccesso di ideologia, denunciando la perdita di qualità dell’istruzione
e il conformismo intellettuale che frena lo sviluppo critico e creativo delle nuove generazioni.

Sulla questione della democrazia, Ricolfi sottolinea che
l'Italia è un prototipo di "democrazia limitata",
dove la sovranità popolare è compromessa dal protagonismo della magistratura
e da istituzioni sovranazionali non direttamente responsabili verso l’elettorato.

Queste sue idee evidenziano un sistema politico europeo in crisi,
governato da élite tecnocratiche sempre più distanti dai cittadini.
 
Quanto alla sinistra, Ricolfi interpreta il suo abbraccio della cultura woke
come una strategia per mascherare l’incapacità di risolvere problemi economici e sociali reali.

La sinistra, preferisce battaglie culturali, simboliche e identitarie
perché hanno costi molto inferiori rispetto a riforme strutturali sui temi del lavoro,
della salute e del welfare.

La posizione di Ricolfi si estende alla critica del ruolo del sindacato, in particolare della CGIL,
accusato di alimentare allarmi infondati, come quello sulla precarietà del lavoro,
che servirebbero più a legittimare la propria sopravvivenza
che a risolvere le problematiche reali dei lavoratori.
 
Interessante è la sua critica al linguaggio usato dalla politica e dai media.

Ricolfi, in maniera originale, ripropone il termine "indietristi",
riferendosi a intellettuali come Pier Paolo Pasolini e Jean-Claude Michéa,
sostenitori di una visione critica del progresso tecnologico ed economico.

L'indietrismo è nato a sinistra come critica al consumismo e al capitalismo.

Ricolfi conclude ricordando che gli unici veri antidoti al "follemente corretto"
rimangono il senso comune e l’umorismo, entrambi però, purtroppo,
sempre più rari nel panorama politico e culturale contemporaneo.
 
Anche allora come oggi. Sarebbe ora di porre uno stop.

Quarantadue anni fa veniva arrestato Enzo Tortora,
una vita distrutta dal connubio tra pubblici ministeri e giudici
 

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