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Strano ? No.

Pur essendo una forte minoranza nel Paese e nel Parlamento,
la sinistra vuole imporre ed estendere il reato d’opinione.

Hanno scelto la parola più forte, negazionismo,
usata per condannare chi nega i campi di sterminio nazisti
e l’applicano a ogni opinione difforme rispetto a quella dominante:

è negazionista chi ha un giudizio diverso sul covid e i vaccini,

è negazionista chi ha un giudizio diverso sulla guerra in Ucraina,

è negazionista chi ha un giudizio diverso sul clima e sull’ambiente,

è negazionista chi ha un giudizio diverso sui veri responsabili della strage di Bologna.

Il sottinteso è ancora più grave: se hai un’opinione diversa vuol dire che sei un “collaborazionista” del Male, :

ovvero sei dalla parte del covid, dell’invasione russa, di chi inquina, e di chi ha fatto la strage di Bologna.
 
Marcello De Angelis, ex senatore,
già militante negli anni ottanta in Terza Posizione
e attualmente portavoce della Regione Lazio
,
esprime da una vita la sua convinzione che la strage atroce alla stazione di Bologna non sia stata opera di neofascisti.

E’ un giudizio che espresse anche il presidente della repubblica e giurista Francesco Cossiga,
e poi il leader radicale e libertario Marco Pannella.
 
Ma il tema è l’uso ricorrente dell’accusa di negazionismo per criminalizzare opinioni differenti e punirle.

Subito scatta il reato di opinione
appena non ripeti meccanicamente
quel che è stato imposto ancor prima delle sentenze
con un giudizio ideologico a priori.
 
Perché ormai il negazionismo è una trappola ideologica e giuridica
che rischia veramente di negare la libertà e il dissenso,
l’onesta passione di verità e l’intelligenza critica.

E che pone quasi sullo stesso piano chi esprime un’opinione difforme e chi compie atti criminali;
non c’è differenza tra il dire e il fare, anche il dire si configura come reato e crimine.


Da qui mi sposto nella realtà del nostro Paese e mi chiedo: ma il buon senso comune della gente ?
 
La libera EU
 
Come mai il Pd e la sinistra continuano a lanciare l'accusa di fascismo contro il governo?

Anche l'altro ieri, 2 agosto, a Bologna, durante le commemorazioni, il refrain: «Il governo Meloni è fascista».
 
È un trucco parentale:
l'accusa serve a riempire il vuoto,
a fissare i riflettori sugli oratori anziché sui contenuti.

Se il fascismo non fosse esistito l'altro secolo, oggi la sinistra parlerebbe di nulla.

Qui scatta il vizietto:
quando non hai nulla da criticare al governo,
perché la sua linea è istituzionale,
la sua statura democratica,
il suo consenso crescente, che fai?


Diffondi nell'aria la parola «fascismo» come fosse un gas tossico.

La sinistra però sta diventando imbarazzante.
L'opposizione si sta riducendo a un revival:
la parola fascismo era già usurata contro stagisti, influencer,
oggi basta che qualcuno dica «destra» e subito partono lamenti e strategie moralistiche.

Non è un argomento politico, è un ossimoro retorico:

perché, come puoi chiamare fascismo un governo democraticamente eletto,
guidato da una donna figlia del dissenso degli italiani nei confronti di una sinistra ipocrita,
inconsistente e tutto meno che democratica?
 
Meloni è più democratica dei democratici.

Una leader di dimensione europea,
radicata nel consenso nazionale,
capace di andare oltre la scena italiana
ed essere considerata interlocutrice credibile anche nei palazzi di Bruxelles come altrove.

Sarebbe volgare insinuare che dietro il suo consenso ci siano zone grigie.

Questo governo ha fatto riforme, dalla giustizia all'immigrazione,
che nulla hanno a che fare con nostalgie autoritarie.

Anzi: mostrano senso dello Stato.

Gli italiani - oramai - quando ascoltano certe accuse si annoiano, sbadigliano,
perché il fascismo è stato sconfitto 80 anni fa.

La Repubblica ha demolito quel regime.

Ora chiamare fascista chi governa con legittimità è un insulto al popolo italiano
che ha votato a favore di questa maggioranza.


È tempo che la sinistra trovi nuovi argomenti, perché di fascismo non si vive più.
 

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