Solo politica

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Semplicemente ributtante.
Un'immagine che dovrebbe, da sola, togliere ogni dubbio

Vedi l'allegato 669673
Non è colpa sua se quando era piccola i suoi compagnetti mangiavano i fagottini del mulino bianco Barilla e lei i fasciottini del mulino nero Balilla.
Del resto la fiamma arde nel simbolo del suo partito.
A dire il vero non è quello che mi preoccupa ma politiche contro UE.
Poi per essere precisi Orban fa lo splendido con i soldi delle mie tasse. Senza i finanziamenti netti che prende da UE sarebbero morti di fame.
 
All'ennesima domanda sulla possibilità di valutare una futura candidatura alle elezioni, che gli era stata rivolta dal giornalista Diego D'Amelio del Piccolo di Trieste, Stefano Puzzer aveva risposto così: «Assolutamente no. Guarda, ve lo posso firmare col sangue.

Mi regalate una pagina, una mezza pagina del Piccolo , prendo il mio ditino, lo pungiamo e vi firmo col sangue che io alle elezioni non andrò mai
!».



A chiedere a Puzzer del suo programma elettorale, visto che il green pass non esiste più, si scopre che i no-vax si stanno trasformando in no-Spid.

«Sono contrario a tutto quello che è tracciamento, mappatura, identità digitale, controllo delle nostre vite. Sono contro lo Spid e faccio questa battaglia anche a mie spese. Ma lei lo sa che ho preso solo sei giorni di Naspi (l'indennità di disoccupazione, ndr ) perché, non avendo lo Spid, non riesco a dialogare con l'Inps? Le pare giusto?», dice lui




 
insomma tutta sta gente con problemi bisogna portarla in parlamento per forza haaahhaahhaha
poi ci si lamenta se non funziona un cazzo, chiaro e' piano di psicopatici
 
All'ennesima domanda sulla possibilità di valutare una futura candidatura alle elezioni, che gli era stata rivolta dal giornalista Diego D'Amelio del Piccolo di Trieste, Stefano Puzzer aveva risposto così: «Assolutamente no. Guarda, ve lo posso firmare col sangue.

Mi regalate una pagina, una mezza pagina del Piccolo , prendo il mio ditino, lo pungiamo e vi firmo col sangue che io alle elezioni non andrò mai
!».



A chiedere a Puzzer del suo programma elettorale, visto che il green pass non esiste più, si scopre che i no-vax si stanno trasformando in no-Spid.

«Sono contrario a tutto quello che è tracciamento, mappatura, identità digitale, controllo delle nostre vite. Sono contro lo Spid e faccio questa battaglia anche a mie spese. Ma lei lo sa che ho preso solo sei giorni di Naspi (l'indennità di disoccupazione, ndr ) perché, non avendo lo Spid, non riesco a dialogare con l'Inps? Le pare giusto?», dice lui





bene toglietegli il telefono e internet, così non lo controlla nessuno, una bella baita in montagna ed è tutto risolto, e se lo beccano su youporn multa da 100.000€
 
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Qui ce n'erano 191 + 12 + 93 = 296 di psicopatici
 
Poi per essere precisi Orban fa lo splendido con i soldi delle mie tasse. Senza i finanziamenti netti che prende da UE sarebbero morti di fame.


sembra che comunque la festa sia finita anche per il più grande demagogo fascista d'europa



L’inflazione e i problemi economici
Una delle questioni certamente più spinose per l’Ungheria è l’inflazione galoppante, un problema comune anche ad altri Paesi dell’Europa orientale, come la Repubblica Ceca. Ad oggi il tasso inflattivo dell’Ungheria è dell’11,7%, in rialzo rispetto al 10,7 dei mesi scorsi e destinato ad arrivare al 13-14 tra settembre e ottobre. Una crescita vertiginosa che non si vedeva da 24 anni e che non sembra destinata ad arrestarsi, secondo quanto riportato da un report del gruppo bancario ING. Come sottolinea il documento, è l’inflazione alimentare a essere quella più in crescita, con dati che evidenziano un’accelerazione dal 15,6% di maggio al 22,1% di giugno, con molti prezzi saliti rapidamente di oltre il 40% su base annua. Una situazione che non si rispecchia negli stipendi della maggioranza della popolazione, il cui valore medio annuale è di circa 13,5 milioni di fiorini ungheresi, che al tasso di cambio sono circa 33mila euro. Un dato “falsato” dalle buste paga di chi vive nella capitale Budapest, con salari decisamente superiori a quelli delle altre contee. In un simile quadro il governo ha per il momento soltanto deciso di aumentare le accise su alcool e tabacco e l’imposta su alcuni prodotti che possono incidere sulla salute pubblica, come quelli zuccherati e salati.

 
Esiste la solidarietà?

Nella vita quotidiana e minuta dei cittadini,
non vi è dubbio alcuno che cooperazione, fratellanza e umanità siano virtù ricorrenti e diffuse.

Basterà un semplice esempio “sul campo”, per chiarire.

In una grande città accade che il fondo della busta della spesa di un passante ceda sotto il peso del suo contenuto,
riversando a terra, sul marciapiede, le provviste alimentari.

Così, il povero pedone si vede perso, non avendo modo di tenere il tutto in mano.

Di lì, in rapida sequenza, passano tre giovani donne che si offrono di aiutarlo
ed una di queste, porge al malcapitato una busta vuota di plastica,
non ecologica ma efficace per rimuovere l’ostacolo del “dove lo metto?”.


Ecco, c’è da chiedersi: ma tutto questo vale per la politica e i politici italiani? Risposta: no di certo.

La motivazione è semplice: nel mercato delle vacche della contesa elettorale,
dovendo peraltro obbedire a una norma contorta e bizantina,
tutti i colpi, sopra e sotto la cintura, sono leciti.

Vediamo (tecnicamente) un attimo il perché.

Innanzitutto, diciamo il nome dell’assassino
che ha ucciso trasparenza, chiarezza e coerenza dei contenuti programmatici,
che sono le vittime predestinate di un sistema fatto apposta per confondere.

Lo scellerato si chiama dunque “Rosatellum”, che se possibile è ancora peggio del “Porcellum” (nomen nominis)
e incomparabilmente meno rispettoso del voto del cittadino, del “Mattarellum” che l’aveva preceduto.

Il latinorum (pessimo e triste, ma mai comico) è un perfetto ritratto della assoluta mediocrità della politica italiana contemporanea.


Tecnicamente, per il prossimo 25 settembre, la regola da rispettare è, in grande sintesi, la seguente.

Per entrambe le Camere, i partiti/movimenti si identificano con un simbolo, un programma,
un candidato leader e concorrono alla ripartizione dei seggi,

37 per cento uninominale (secca: chi prende un solo voto in più vince) e

61 per cento in collegi multinominali, in cui le liste sono, in quest’ultimo caso, “corte” (non più di 4 nominativi)
e bloccate con alternanza e “quote” minimax di genere, sia per i capilista che per i candidati agli uninominali.


Ovviamente, le varie liste si possono apparentare tra di loro in coalizioni elettorali nazionali,
presentando un candidato unico nei collegi uninominali e liste singole collegate tra di loro nei collegi multinominali.

Nel primo caso, si può votare per il candidato
(ma allora il voto si riverbera sulle altre liste collegate, in proporzione ai voti complessivi ottenuti dalla lista nel singolo collegio in questione),
o alternativamente per la lista o per entrambi.


La trappola sta tutta nelle soglie di sbarramento.

Un vero alambicco.

La prima, chiamata “garrota” o ghigliottina,

taglia la testa alla lista che si presenti da sola e non raggiunga il 3 per cento su base nazionale,

venendo così esclusa dalla ripartizione dei seggi
.


Però, nel caso del Senato, se la stessa lista ha ottenuto a livello regionale il 20 per cento, allora concorre lo stesso alla ripartizione.


Più complesso è il destino delle coalizioni di liste.

Per loro, è fissato un tetto del 10 per cento dei voti ottenuti a livello nazionale, ma a due condizioni.

Ovvero, che una delle liste collegate abbia superato il 3 per cento a livello nazionale, o il 20 per cento a livello regionale per il Senato.


Qualora, però, una o più liste collegate abbiano avuto un risultato nazionale inferiore all’un per cento
o, solo per il Senato, non abbiano raggiunto il 20 per cento a livello regionale, allora i loro voti andranno persi per la coalizione stessa.



Questo meccanismo cervellotico è all’origine della più strana corsa elettorale che si sia mai vista dal 1948 a oggi,

in un ginepraio già abbastanza intricato e fitto di contraddizioni rispetto alle battaglie elettorali degli ultimi 75 anni.


Una celeberrima canzone riassumerebbe il tutto nel mottetto “vengo anch’io?”,

con una risposta che è una variazione sul tema: “Dipende”.

Da che cosa?

Non si sa: a contare non è l’ideologia ma sono fatti, tutto sommato, personali.
 
Ciascuno dei possibili attori intenzionati a farsi una lista in proprio ha, per l’appunto,
qualche vendetta personale e/o politica da attuare.


Così la polvere delle Stelle tende a coagularsi in un consistente numero di pianetini che si guardano in cagnesco tra di loro,

mentre una sbalorditiva commedia dell’assurdo si svolge tutt’intorno a un Terzo pol(l)o.


Nel senso che, alla fin fine, i troppo furbi ci lasceranno la coda o lo zampino nella trappola del più forte,

magari giocando il ruolo di “utili idioti” (alla Lenin) per i post-comunisti.


Conoscendoli, di certo i sodali di Enrico Letta contano furbescamente sui “centrini” del Terzo polo, per farne dei polli di batteria,

in modo da rimettere su la solita “ArmadaBrancaleone, onnicomprensiva dei resti stellati che,

nel caso infausto in cui nessuna coalizione ottenga la maggioranza assoluta dei seggi, replichi i Governi-arlecchino a guida Partito Democratico,

come è già accaduto negli ultimi dieci anni, complici le manovre di palazzo e le intese extraparlamentari nate nei sancta sanctorum di Bruxelles.


A parte (si fa per dire) il solito dramma della mancanza di idee e dell’assoluta fumosità,

per non dire irrealizzabilità, di certi programmi elettorali,

rimane sospesa la questione monumentale di “chi” sarà indicato come premier,

per guidare una transizione destinata a durare almeno fino al 2026,

quando avranno termine i finanziamenti europei al nostro Pnrr.



Ancora una volta, a fare la differenza non sarà la politica,

ma le esigenze dell’Europa, dell’America e della Nato


governando come si può (preferibilmente tutti assieme) inflazione a due cifre,

costi energetici alle stelle, autocrazie planetarie e una guerra alle porte d’Europa,

ora in Ucraina e forse, domani, nell’ex Jugoslavia.


Allora sì, dai: balliamo sotto le stelle (o lo Stellone) ancora per un po’!


.
 
Ma quell'ectoplasma esiste o è caduto in un sonno soporifero ?



Un mistero avvolge la delega fiscale, approvata

– con “sfarinamento della maggioranza”,
come dichiarato dallo stesso Presidente del Consiglio,
in particolare sulla parte relativa al catasto

dalla sola Camera dei deputati.


Qualcuno, infatti, sta tentando di riesumarla in Senato nonostante:

1. il 27 luglio, la Presidente del Senato abbia disposto di far procedere solo gli atti dovuti (e questo non lo è),

quelli urgenti connessi ad atti internazionali e comunitari come il Pnrr (e questo non lo è)

e quelli sui quali si registra un ampio consenso (e questo non lo è);


2. il 28 luglio, in Commissione Finanze, esponenti di almeno cinque gruppi parlamentari,

e lo stesso rappresentante del Governo, si siano detti contrari a portare avanti il disegno di legge;


3. sia impensabile che, in caso di approvazione, un Governo dimissionario voglia, a un mese delle elezioni,

attuare la delega attraverso l’emanazione (di fatto senza controllo parlamentare)

dei decreti legislativi delegati su una materia delicata come quella fiscale.




La domanda sorge dunque spontanea: cui prodest?
 

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