Altre "impegnate" pidiote.
“Sono solo canzonette” cantava
Edoardo Bennato.
E il fatto stesso che sentisse l’esigenza di giustificarsi dimostra che già quando, diversi lustri fa,
cantava quelle strofe la situazione non era la più propizia per chi non avesse risposte e volesse fare solo rock’n roll (come diceva nel testo).
Delle due l’una:
o scrivi canzoni politiche,
quelle ove il “messaggio” che mandi è più importante di quello che suoni e canti,
oppure ti impegni in altro modo o comunque fai qualcosa che ti possa far riconoscere come uno che “sta dalla parte giusta”.
Allora come oggi
non avere il “bollino rosso” aveva un immediato riscontro sul portafoglio.
Perché allora non adeguarsi?
Perché fare gli eroi?
Anzi, rinforzare il messaggio dichiarandosi indignati per la “fascista” Meloni che sta per conquistare l’Italia,
come fanno le Elodie e Giorgia?
Oggi, in verità, la sinistra Spectre egemonica esige molto di più da quelli che chiama eufemisticamente “artisti”:
non basta una generica dichiarazione o comparsata nei posti giusti per farsi accettare, si punta dritto al contenuto e al messaggio.
D’altronde, il progresso dei progressisti è proprio questo:
avanzare sempre di più, in una marcia inesorabile verso l’obiettivo, e cioè verso la soppressione delle libertà individuali .
Oggi
la canzonetta le devi riempire di messaggi “inclusivi”,
devi cantare contro le “discriminazioni” e i razzismi, le xenofobie e la famiglia tradizionale,
la coppia etero e lo Stato nazionale.
Se fai “solo canzonette”, non entri da nessuna parte e anzi sei considerato un “fascista” anche tu.
Sanremo non canta più l’amore o i sentimenti, ma la fluidità gender trionfante.
In pochi resistono all’andazzo, molti non possono permetterselo.
Il disimpegno e la leggerezza di una “canzonetta” è oggi più rivoluzionario e meno conformista
di un bacio lesbo esibito sul palco o di una bestemmia al Dio cristiano urlato a squarciagola in un microfono.