Un piddiota che trova un altro piddiota che è talmente piddiota da non aver letto gli atti.
Sei mesi di reclusione.
Questa la pena chiesta dal pubblico ministero onorario del tribunale di Lecce
per tre giornalisti, rispettivamente del Fatto Quotidiano, di La 7 e del Tempo,
per aver riferito di una causa di lavoro, quella promossa contro l’ex ministra Teresa Bellanova
dal suo precedente addetto stampa.
Mary Tota, Danilo Lupo e Francesca Pizzolante sono stati infatti prima accusati
di diffamazione e concorso in tentata estorsione, poi soltanto di diffamazione.
Il procedimento era iniziato 8 anni fa, avviato dalla querela dell’ex esponente del Partito Democratico
Come riportato, l’ex addetto stampa aveva citato in giudizio l’ex ministra
per vedersi riconoscere il giusto inquadramento contrattuale e la giusta retribuzione.
Su questa vicenda, di recente, la Corte d’Appello di Lecce aveva dato ragione al lavoratore,
accogliendo le sue richieste e condannando Bellanova.
Nonostante questo, il procedimento penale per diffamazione a mezzo stampa,
nel quale è imputato anche l’ex addetto stampa e per il quale la richiesta del pm onorario è di un anno di reclusione, è andato avanti.
La richiesta di pena del pm onorario, arrivata a sorpresa, ha provocato la protesta del sindacato dei giornalisti.
In una nota congiunta Raffaele Lorusso (segretario della Federazione della Stampa) e Bepi Martellotta (presidente dell’Assostampa Puglia)
hanno definito la situazione come
“paradossale e pericolosa.
Non solo viene richiesta una condanna per un giornalista
che si è limitato a denunciare il mancato riconoscimento dei propri diritti di lavoratore
ma si vogliono colpire anche i cronisti che hanno fatto il loro lavoro, informando correttamente l’opinione pubblica.
L’auspicio è che il pm onorario che ha formulato le richieste di condanna
non abbia avuto il tempo di leggere la sentenza della Corte d’Appello
che ha accolto il ricorso dell’ex addetto stampa dell’ex ministra Bellanova
e che, in sede di decisione, il giudice monocratico sappia riconoscere le ragioni
di chi si è battuto per i propri diritti e di chi ha esercitato correttamente il diritto di cronaca”.