Ora, prescindendo dall’andazzo urlato e barricadero
che sta sempre più caratterizzando la stessa opposizione in Parlamento,
in cui sembra che la rissa sia diventato il suo metodo privilegiato di “discussione”
nel luogo della massima rappresentanza democratica,
sul tema dei citati blocchi stradali e ferroviari,
al pari di altre iniziative di protesta che ledono i diritti altrui, non credo si possa parlare
di una legittima e costituzionale facoltà
di esprimere in modo pacifico e non violento un dissenso o una protesta.
In realtà, per dirla con una pillola di saggezza,
si può tranquillamente sostenere che una medesima espressione di protesta o di dissenso
sia pacifica e non violenta solo quando non viola intenzionalmente il diritto di altri cittadini,
impedendo loro di, ad esempio, recarsi in orario al lavoro o di eseguire una propria consegna nei tempi previsti.
In questo caso la presunta, pacifica e non violenta protesta
si manifesta in una vera e propria forma di sopraffazione
nei riguardi dell’ignaro automobilista, trasportatore o viaggiatore che dir si voglia.
Come diceva il grande e troppo spesso citato a capocchia Immanuel Kant,
“la mia libertà finisce dove comincia quella degli altri”.
Ebbene, sarebbe veramente il caso
che questi sinistri sostenitori dei diritti a corrente alternata
rifacessero un corposo ripasso di storia della filosofia;
male non farebbe loro.