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ROMA (WSI) - In 67 anni di Repubblica un post-elezioni così enigmatico e così incerto non c’era mai stato e in queste ore il compito di provare ad aprire un primo varco se l’è preso il leader del partito di maggioranza relativa, Pier Luigi Bersani.Cosa stai dicendo willis?
Il segretario del Pd ha fatto la prima mossa, l’apertura a Grillo e su questa linea intende giocarsi le sue carte, ma in attesa che i partiti (compreso il Pdl) completino il loro lavoro istruttorio, sono iniziati a tutti i livelli i primi sondaggi per una soluzione diversa. Di tipo tecnico. Una soluzione di emergenza che si imporrebbe nel caso in cui i partiti non trovassero la «quadra» e lo spread tornasse ad impennarsi.
A quel punto la palla tornerebbe nelle mani del Capo dello Stato, al quale non resterebbe che esplorare la strada per un nuovo «Governo del Presidente». Nelle ultime ore un primo, informalissimo sondaggio è stato compiuto per verificare la (eventuale) disponibilità di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, l’istituzione italiana più prestigiosa all’estero.
Contatti super-riservati , destinati ad intensificarsi nei prossimi giorni e a cambiare di qualità nel caso in cui il contesto finanziario ed economico dovesse cambiare. Naturalmente l’ipotesi di un incarico al Governatore non ha nulla di concreto, appartiene alla sfera degli scandagli preliminari e dunque va presa con le molle anche la perplessità al riguardo attribuita al presidente della Bce Mario Draghi, che considera Visco una garanzia assoluta per la Banca d’Italia. Ma l’approdo ad un nuovo governo tecnico è soltanto l’extrema ratio, in un rosario che contempla altre due soluzioni.
La prima è quella manifestata dal Pd nella conferenza stampa di due giorni fa: governo guidato da Pier Luigi Bersani e incardinato su una maggioranza Pd-Grillo. Uno scenario destinato ad incagliarsi davanti ad un ostacolo che al momento pare invalicabile: l’iniziale voto di fiducia al governo che però, proprio Grillo, ieri, ha escluso tassativamente. Di fatto chiudendo questa esplorazione, anche se nei prossimi giorni Bersani potrebbe insistere.
Il secondo scenario è quello delle elezioni anticipate. A parole non le vuole nessuno. Nel Pd e nel Pdl ripetono quasi tutti che in questo momento esporsi ad un nuovo giudizio elettorale equivarrebbe ad offrire a tanti elettori l’arma per lo sfregio finale ai partiti tradizionali. Anche se, ad esempio, nel Pd, c’è chi non teme questa soluzione.
Su «Left wing» il sito dei «Giovani turchi» (Stefano Fassina, Matteo Orfini), si scrive che il Pd «deve scartare ogni ipotesi di larghe intese», puntare su un governo Bersani che punti all’«appoggio esterno» dei grillini e se questo scenario dovesse fallire, «si tornerà inevitabilmente al voto». Un approccio non condiviso né da personaggi come Dario Franceschini ed Enrico Letta, ma neanche da Massimo D’Alema e Walter Veltroni . Entrambi, si dice, potrebbero presto convergere sulla ipotesi del «Governo del Presidente», un’eventualità che marcherebbe le distanze in modo irreversibile da Bersani.
Uno scenario che potrebbe essere favorito dal deterioramento del contesto finanziario. Lo spread ha già ricominciato a salire, la Borsa a scendere, la Consob a vietare le vendite allo scoperto, anche se la partita più grande si gioca sull’asse Berlino-Francoforte: la Germania, in vista delle elezioni di settembre, finora ha coperto Draghi ma se nei prossimi giorni e nelle prossime settimane la Bce fosse costretta ad interventi per tamponare una nuova emergenza-Italia, da Berlino potrebbe partire lo stop e quel circolo «virtuoso» (per l’Italia e la per la Spagna) potrebbe interrompersi.
Creando di nuovo le condizioni per un governo tecnico di «scopo», a scadenza predeterminata,con l’astensione di Pd, Pdl e Area Monti e chiamato - nell’arco di un anno - ad interventi d’urto, altamente simbolici, sia nel campo della «Casta» (dimezzamento dei parlamentari, abolizione del Senato, revisione del sistema di finanziamento dei partiti), ma anche interventi molto energici nel campo economico.
È a quel punto che tornerebbero in campo candidati che oggi appaiono improbabili o poco allineati con lo «spirito del tempo». E dunque Ignazio Visco, Fabrizio Saccomanni, che di Banca d’Italia è il direttore generale. E se lo spread si dovesse impennare fino a vette mai raggiunte finora, ieri nel Palazzo c’era chi cominciava a fare un nome che attualmente sembra bruciato da una competizione elettorale poco gratificante: quello di Mario Monti.
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