mariougo
Forumer storico
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Focus: la politica valutaria della Cina preoccupa
Le turbolenze del mercato finanziario in Cina sono solo in parte
da attribuire ai peggiori dati congiunturali. L'indice dei responsabili
degli acquisti di Caixin ha deluso all'inizio dell'anno. Nel
complesso però pochi segnali indicano che ultimamente il rallentamento
della crescita nella seconda economia del mondo
ha registrato un'accelerazione. L'attuale volatilità del mercato è
piuttosto anche una conseguenza dell'erratica politica dei tassi
di cambio e delle ripetute svalutazioni dello yuan da parte della
Banca centrale cinese (PBoC). Queste ultime hanno alimentato
i timori di ulteriori deflussi di capitale e rafforzato la svendita
sulle borse.
Dal 2014 la Cina si trova di fronte a deflussi di capitale, che
mettono la valuta sotto pressione di vendita. Ciò dipende dal
rallentamento della crescita dell'economia cinese, che negli ultimi
due anni si è accentuata. In precedenza, per molti anni lo
yuan si era sempre rivalutato e le aspettative del mercato erano
praticamente solo rialziste, il che con le graduali aperture dei
mercati ha favorito ulteriormente gli afflussi di capitali. La Banca
centrale teneva sotto controllo la rivalutazione della valuta con
acquisti di divise. Anche nell'attuale fase di svalutazione punta
a un processo di adeguamento lento e controllato. La PBoC interviene
quindi sul mercato delle divise e vende regolarmente
valute estere dalla metà del 2014. L'enorme consistenza di divise
della Banca centrale si è pertanto ridotta fino a dicembre
2015 da USD 4.0 a 3.3 bilioni.
Nonostante i continui interventi sul mercato delle divise, la
Banca centrale ha consentito ripetutamente forti salti del tasso
di cambio. Alla fine dell'anno la Banca centrale ha di nuovo suscitato
aspettative di svalutazione rispetto all'USD, il che a dicembre
ha determinato il calo mensile finora più elevato delle
riserve di divise. La causa è stato l'annuncio della PBoC di voler
abituare maggiormente gli attori del mercato al tasso di cambio
ponderato su base commerciale. L'obiettivo sarebbe quello di
mantenere stabile la valuta del paese rispetto a un paniere valutario,
invece di legare lo yuan all'USD. Nel complesso negli
ultimi mesi si sono formate quindi aspettative unilaterali del
mercato per ulteriori svalutazioni, il che contrasta l'intenzione
della PBOC di indebolire lo yuan in modo controllato. Ultimamente,
anche il ruolo della Banca centrale nel «fixing» giornaliero
del tasso di cambio è stato ambivalente e ha determinato
confusione. Nella determinazione giornaliera del valore di riferimento
(«fixing»), attorno al quale lo yuan nella negoziazione
quotidiana può registrare oscillazioni del 2%, la PBoC ha sempre
un notevole margine di manovra discrezionale. Dall'agosto
scorso si basa sul corso di chiusura del giorno precedente, il che
concede un maggiore peso alla determinazione del mercato.
Negli ultimi giorni, la PBoC non ha però più rispettato questa
regola. Indipendentemente dal corso del giorno precedente la
PBoC ha imposto invece uno yuan leggermente più forte, che
però non ha potuto tranquillizzare i mercati.
Nonostante gli interventi valutari, la grande maggioranza degli
analisti prevede per lo yuan un ulteriore indebolimento nel
corso dell'anno. La previsione del consenso per l'USD/CNY alla
fine dell'anno è di 6.8, che corrisponde a una svalutazione moderata
del 3% dall'attuale livello. Fino a che punto avverrà veramente
l'adeguamento dipende oltre che dall'andamento congiunturale
anche dalla politica monetaria USA. Se come previsto
la Fed dovesse aumentare i tassi solo lentamente, la pressione
sulla PBoC per svalutare la valuta dovrebbe diminuire. Vi sono
inoltre ulteriori motivi importanti che sono contro una svalutazione
più forte: da un lato il timore di deflussi di capitale. Inoltre,
il supporto più importante della crescita in Cina è il consumo
privato e non le esportazioni. Uno yuan sensibilmente più debole
determinerebbe un aumento dei prezzi all'importazione e
avrebbe un effetto negativo sulla fiducia dei consumatori. Inoltre,
le aziende cinesi sono fortemente indebitate anche in USD.
Nel corso dell'anno prevediamo quindi anche noi solo una graduale,
moderata svalutazione e nessun improvviso e forte adeguamento,
come viene richiesto da alcuni funzionari governa
tivi. La premessa è che il rallentamento della crescita dell'economia
cinese proceda sempre in modo controllato. Per il momento,
l'incertezza sulla futura politica valutaria della PBoC dovrebbe
però continuare e preoccupare ulteriormente i mercati.
La pressione ribassista sullo yuan cinese determina deflussi
di capitale e un calo delle riserve di divise
Focus: la politica valutaria della Cina preoccupa
Le turbolenze del mercato finanziario in Cina sono solo in parte
da attribuire ai peggiori dati congiunturali. L'indice dei responsabili
degli acquisti di Caixin ha deluso all'inizio dell'anno. Nel
complesso però pochi segnali indicano che ultimamente il rallentamento
della crescita nella seconda economia del mondo
ha registrato un'accelerazione. L'attuale volatilità del mercato è
piuttosto anche una conseguenza dell'erratica politica dei tassi
di cambio e delle ripetute svalutazioni dello yuan da parte della
Banca centrale cinese (PBoC). Queste ultime hanno alimentato
i timori di ulteriori deflussi di capitale e rafforzato la svendita
sulle borse.
Dal 2014 la Cina si trova di fronte a deflussi di capitale, che
mettono la valuta sotto pressione di vendita. Ciò dipende dal
rallentamento della crescita dell'economia cinese, che negli ultimi
due anni si è accentuata. In precedenza, per molti anni lo
yuan si era sempre rivalutato e le aspettative del mercato erano
praticamente solo rialziste, il che con le graduali aperture dei
mercati ha favorito ulteriormente gli afflussi di capitali. La Banca
centrale teneva sotto controllo la rivalutazione della valuta con
acquisti di divise. Anche nell'attuale fase di svalutazione punta
a un processo di adeguamento lento e controllato. La PBoC interviene
quindi sul mercato delle divise e vende regolarmente
valute estere dalla metà del 2014. L'enorme consistenza di divise
della Banca centrale si è pertanto ridotta fino a dicembre
2015 da USD 4.0 a 3.3 bilioni.
Nonostante i continui interventi sul mercato delle divise, la
Banca centrale ha consentito ripetutamente forti salti del tasso
di cambio. Alla fine dell'anno la Banca centrale ha di nuovo suscitato
aspettative di svalutazione rispetto all'USD, il che a dicembre
ha determinato il calo mensile finora più elevato delle
riserve di divise. La causa è stato l'annuncio della PBoC di voler
abituare maggiormente gli attori del mercato al tasso di cambio
ponderato su base commerciale. L'obiettivo sarebbe quello di
mantenere stabile la valuta del paese rispetto a un paniere valutario,
invece di legare lo yuan all'USD. Nel complesso negli
ultimi mesi si sono formate quindi aspettative unilaterali del
mercato per ulteriori svalutazioni, il che contrasta l'intenzione
della PBOC di indebolire lo yuan in modo controllato. Ultimamente,
anche il ruolo della Banca centrale nel «fixing» giornaliero
del tasso di cambio è stato ambivalente e ha determinato
confusione. Nella determinazione giornaliera del valore di riferimento
(«fixing»), attorno al quale lo yuan nella negoziazione
quotidiana può registrare oscillazioni del 2%, la PBoC ha sempre
un notevole margine di manovra discrezionale. Dall'agosto
scorso si basa sul corso di chiusura del giorno precedente, il che
concede un maggiore peso alla determinazione del mercato.
Negli ultimi giorni, la PBoC non ha però più rispettato questa
regola. Indipendentemente dal corso del giorno precedente la
PBoC ha imposto invece uno yuan leggermente più forte, che
però non ha potuto tranquillizzare i mercati.
Nonostante gli interventi valutari, la grande maggioranza degli
analisti prevede per lo yuan un ulteriore indebolimento nel
corso dell'anno. La previsione del consenso per l'USD/CNY alla
fine dell'anno è di 6.8, che corrisponde a una svalutazione moderata
del 3% dall'attuale livello. Fino a che punto avverrà veramente
l'adeguamento dipende oltre che dall'andamento congiunturale
anche dalla politica monetaria USA. Se come previsto
la Fed dovesse aumentare i tassi solo lentamente, la pressione
sulla PBoC per svalutare la valuta dovrebbe diminuire. Vi sono
inoltre ulteriori motivi importanti che sono contro una svalutazione
più forte: da un lato il timore di deflussi di capitale. Inoltre,
il supporto più importante della crescita in Cina è il consumo
privato e non le esportazioni. Uno yuan sensibilmente più debole
determinerebbe un aumento dei prezzi all'importazione e
avrebbe un effetto negativo sulla fiducia dei consumatori. Inoltre,
le aziende cinesi sono fortemente indebitate anche in USD.
Nel corso dell'anno prevediamo quindi anche noi solo una graduale,
moderata svalutazione e nessun improvviso e forte adeguamento,
come viene richiesto da alcuni funzionari governa
tivi. La premessa è che il rallentamento della crescita dell'economia
cinese proceda sempre in modo controllato. Per il momento,
l'incertezza sulla futura politica valutaria della PBoC dovrebbe
però continuare e preoccupare ulteriormente i mercati.
La pressione ribassista sullo yuan cinese determina deflussi
di capitale e un calo delle riserve di divise