Macroeconomia Usa-Europa strategie di investimento (1 Viewer)

mariougo

Forumer storico
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Focus: la politica valutaria della Cina preoccupa
Le turbolenze del mercato finanziario in Cina sono solo in parte
da attribuire ai peggiori dati congiunturali. L'indice dei responsabili
degli acquisti di Caixin ha deluso all'inizio dell'anno. Nel
complesso però pochi segnali indicano che ultimamente il rallentamento
della crescita nella seconda economia del mondo
ha registrato un'accelerazione. L'attuale volatilità del mercato è
piuttosto anche una conseguenza dell'erratica politica dei tassi
di cambio e delle ripetute svalutazioni dello yuan da parte della
Banca centrale cinese (PBoC). Queste ultime hanno alimentato
i timori di ulteriori deflussi di capitale e rafforzato la svendita
sulle borse.
Dal 2014 la Cina si trova di fronte a deflussi di capitale, che
mettono la valuta sotto pressione di vendita. Ciò dipende dal
rallentamento della crescita dell'economia cinese, che negli ultimi
due anni si è accentuata. In precedenza, per molti anni lo
yuan si era sempre rivalutato e le aspettative del mercato erano
praticamente solo rialziste, il che con le graduali aperture dei
mercati ha favorito ulteriormente gli afflussi di capitali. La Banca
centrale teneva sotto controllo la rivalutazione della valuta con
acquisti di divise. Anche nell'attuale fase di svalutazione punta
a un processo di adeguamento lento e controllato. La PBoC interviene
quindi sul mercato delle divise e vende regolarmente
valute estere dalla metà del 2014. L'enorme consistenza di divise
della Banca centrale si è pertanto ridotta fino a dicembre
2015 da USD 4.0 a 3.3 bilioni.
Nonostante i continui interventi sul mercato delle divise, la
Banca centrale ha consentito ripetutamente forti salti del tasso
di cambio. Alla fine dell'anno la Banca centrale ha di nuovo suscitato
aspettative di svalutazione rispetto all'USD, il che a dicembre
ha determinato il calo mensile finora più elevato delle
riserve di divise. La causa è stato l'annuncio della PBoC di voler
abituare maggiormente gli attori del mercato al tasso di cambio
ponderato su base commerciale. L'obiettivo sarebbe quello di
mantenere stabile la valuta del paese rispetto a un paniere valutario,
invece di legare lo yuan all'USD. Nel complesso negli
ultimi mesi si sono formate quindi aspettative unilaterali del
mercato per ulteriori svalutazioni, il che contrasta l'intenzione
della PBOC di indebolire lo yuan in modo controllato. Ultimamente,
anche il ruolo della Banca centrale nel «fixing» giornaliero
del tasso di cambio è stato ambivalente e ha determinato
confusione. Nella determinazione giornaliera del valore di riferimento
(«fixing»), attorno al quale lo yuan nella negoziazione
quotidiana può registrare oscillazioni del 2%, la PBoC ha sempre
un notevole margine di manovra discrezionale. Dall'agosto
scorso si basa sul corso di chiusura del giorno precedente, il che
concede un maggiore peso alla determinazione del mercato.
Negli ultimi giorni, la PBoC non ha però più rispettato questa
regola. Indipendentemente dal corso del giorno precedente la
PBoC ha imposto invece uno yuan leggermente più forte, che
però non ha potuto tranquillizzare i mercati.
Nonostante gli interventi valutari, la grande maggioranza degli
analisti prevede per lo yuan un ulteriore indebolimento nel
corso dell'anno. La previsione del consenso per l'USD/CNY alla
fine dell'anno è di 6.8, che corrisponde a una svalutazione moderata
del 3% dall'attuale livello. Fino a che punto avverrà veramente
l'adeguamento dipende oltre che dall'andamento congiunturale
anche dalla politica monetaria USA. Se come previsto
la Fed dovesse aumentare i tassi solo lentamente, la pressione
sulla PBoC per svalutare la valuta dovrebbe diminuire. Vi sono
inoltre ulteriori motivi importanti che sono contro una svalutazione
più forte: da un lato il timore di deflussi di capitale. Inoltre,
il supporto più importante della crescita in Cina è il consumo
privato e non le esportazioni. Uno yuan sensibilmente più debole
determinerebbe un aumento dei prezzi all'importazione e
avrebbe un effetto negativo sulla fiducia dei consumatori. Inoltre,
le aziende cinesi sono fortemente indebitate anche in USD.
Nel corso dell'anno prevediamo quindi anche noi solo una graduale,
moderata svalutazione e nessun improvviso e forte adeguamento,
come viene richiesto da alcuni funzionari governa
tivi. La premessa è che il rallentamento della crescita dell'economia
cinese proceda sempre in modo controllato. Per il momento,
l'incertezza sulla futura politica valutaria della PBoC dovrebbe
però continuare e preoccupare ulteriormente i mercati.
La pressione ribassista sullo yuan cinese determina deflussi
di capitale e un calo delle riserve di divise
 

mariougo

Forumer storico
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I premi di rischio per obbligazioni di bassa qualità del
credito sono nettamente aumentati durante le turbolenze
dei mercati. Invece, la bassa inflazione continua
a penalizzare i rendimenti dei titoli di stato, nonostante
l'inversione dei tassi USA. Le obbligazioni
societarie di media qualità del credito rimangono
ben supportate.
High yield indebolite dopo il rally
A seguito dei bassi tassi sul mercato obbligazionario, le
obbligazioni di società con bassa qualità del credito hanno
tratto profitto dalla ricerca di rendimento da parte degli
investitori. Le obbligazioni high yield hanno registrato corrispondenti
aumenti dei corsi. Di recente, però, al mercato
high yield è stato inferto un duro colpo. Negli USA, le relative
obbligazioni erano già da molto tempo sotto pressione
a causa della situazione tesa dei produttori di petrolio,
per cui abbiamo sottoponderato il segmento USA e
mantenuto questa sottoponderazione. La decisione della
BCE a dicembre di non aumentare il volume degli acquisti
di obbligazioni ha generato una forte vendita anche per le
obbligazioni in EUR. Per il negativo inizio d'anno sono
state decisive tuttavia le turbolenze sui mercati finanziari
che hanno provocato una riduzione degli investimenti particolarmente
a rischio, cui senza dubbio appartengono le
obbligazioni high yield. I rendimenti alla scadenza sono
conseguentemente aumentati . A nostro parere,
turbolenze durature sul mercato obbligazionario verrebbero
però contrastate dalla BCE, per cui confermiamo
la leggera sovraponderazione nelle obbligazioni high yield
in EUR.
Focus del portafoglio sempre su media qualità del
credito
Le obbligazioni di media qualità del credito non sono state
colpite dalla svendita. Infatti, nonostante gli ostacoli congiunturali
dall'Asia, l'Europa e gli USA si trovano su un solido
percorso di crescita. I rischi di perdita per le obbligazioni
di media qualità del credito dovrebbero quindi avere
un andamento stabile, rendendo interessanti i rendimenti
supplementari rispetto ai titoli di stato. Le obbligazioni
della qualità del credito BBB fruttano in CHF di nuovo
l'1.0% circa. Un punto percentuale in più si può ottene. Con una ripresa prevista in EUR/CHF
una leggera sovraponderazione delle obbligazioni in EUR
è opportuna
Titoli di stato indifferenti a inversione dei tassi USA
Finora, l'inversione dei tassi cominciata a dicembre 2015
negli Stati Uniti non ha messo sotto pressione il mercato
dei titoli di stato. Durante le turbolenze del mercato, la domanda
di titoli di stato sicuri è aumentata e le aspettative
inflazionistiche rimangono basse a causa del prezzo del
petrolio. Inoltre si fa strada l'opinione che gli aumenti dei
tassi statunitensi nel 2016 avverranno solo in dosi omeopatiche.
Dall'inizio dell'anno, le aspettative del mercato
circa un ulteriore aumento tassi dello 0.25% sono diminuite
. Il rischio di un rapido aumento dei rendimenti
obbligazionari rimane contenuto.
 

mariougo

Forumer storico
genn

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§ Mercati azionari sempre nervosi
§ I rischi di crescita globali aumentano


I mercati azionari globali si trovano questa settimana ancora in
una situazione difficile, poiché oltre alla Cina anche il calo sorprendentemente
forte del prezzo del petrolio continua a provocare
nervosismo. Il prezzo per un barile di Brent è sceso per
la prima volta dal 2003 sotto il livello di USD 30. Il ruolo centrale
della grande eccedenza dell'offerta di petrolio è indiscusso.
Tuttavia, sui mercati finanziari ci si chiede con sempre
più insistenza fino a che punto il basso prezzo del petrolio riflette
anche una debole domanda. Domina inoltre la preoccupazione
per le conseguenze negative del ribasso del prezzo del
petrolio. Infatti, nei paesi produttori il recente andamento dei
prezzi ha inasprito ulteriormente la situazione tesa, soprattutto
in Russia e Brasile. Entrambi i paesi si trovano già in una grave
recessione e il nuovo calo del prezzo del petrolio fa dubitare
che quest'anno il calo del PIL si ridurrà veramente di molto
come finora previsto. Di conseguenza, ultimamente il rublo
russo e il real brasiliano sono di nuovo sotto pressione di vendita.
La persistente debolezza nei paesi emergenti è il motivo principale,
per cui questa settimana il Fondo Monetario Internazionale
ha rivisto al ribasso la sua previsione di crescita per l'economia
mondiale. Ma anche l'aumento dell'incertezza sul futuro
andamento congiunturale nei paesi industrializzati, soprattutto
negli Stati Uniti, fa sì che i mercati azionari globali
attualmente non si stabilizzino. In genere, per molti settori
dell'economia USA il calo dei prezzi dell'energia è positivo. Tuttavia,
negli ultimi mesi la propensione ai consumi non è ulteriormente
aumentata, nonostante i bassi prezzi della benzina.
Il rallentamento della crescita nel settore del fracking è invece
peggiorato, il che colpisce nel frattempo anche altri settori,
come per esempio l'industria siderurgica. Intanto a causa del
dollaro sempre forte anche molti altri settori industriali continuano
a essere sotto pressione. La prossima settimana gli ordini
per beni durevoli dovrebbero confermare di nuovo questa
situazione. Con la dinamica industriale sempre debole e la zoppicante
economia mondiale aumenta il rischio di un rallentamento
della crescita.
Dall'altro lato, gli attuali indicatori dell'economia globale non
segnalano un indebolimento molto forte, poiché il settore dei
servizi ha un andamento sempre robusto. Lo stesso vale anche
per la Cina, dove le forti perdite sui mercati azionari sono sproporzionate
rispetto agli attuali dati congiunturali. Anche
nell'ultimo trimestre 2015 la dinamica del PIL cinese si è indebolita
solo moderatamente. Il raffreddamento congiunturale
dovrebbe continuare. Nel complesso, tuttavia, le previsioni di
un atterraggio morbido dell'economia cinese sembrano intatte
– grazie all'importanza sempre maggiore del settore dei servizi.
Anche le ampie misure di stimolo ammortizzano il calo, come
per esempio ultimamente si è visto nei prezzi immobiliari, che
aumentano di nuovo beneficiando delle condizioni allentate di
finanziamento. Inoltre la correzione delle azioni non deve necessariamente
frenare la propensione ai consumi, come dovrebbe
confermare la prossima settimana. Infatti, solo una percentuale
relativamente piccola della popolazione possiede
azioni.
Anche nell'Eurozona gli attuali dati congiunturali non sono così
negativi come i mercati azionari hanno fatto supporre questa
settimana. Le prime indicazioni sulla crescita del PIL della Germania
alla fine dell'anno segnalano una dinamica simile a
quella dei trimestri precedenti. Lo stesso vale per la Francia, il
cui risultato del PIL sarà pubblicato già la prossima settimana.
Anche gli indici sulla fiducia delle imprese per gennaio dovrebbero
rimanere sempre resistenti. I dati francesi INSEE sono stati
solidi questa settimana. Ciononostante, con la persistente debolezza
dei mercati emergenti e il minaccioso rallentamento
della crescita negli Stati Uniti i rischi congiunturali sono aumentati.
Poiché inoltre in seguito all'andamento del prezzo del petrolio
anche quest'anno non è prevedibile una notevole ripresa
dell'inflazione, durante la recente riunione del Consiglio della
BCE Mario Draghi ha prospettato un ulteriore allentamento
della politica monetaria.
Considerando tutti questi fattori diversi, diminuisce la probabilità
di ulteriori aumenti dei tassi da parte della Banca centrale
USA. I mercati a termine scontano solo un aumento dei tassi
per il corrente anno, ossia a settembre. La prossima settimana,
le recenti turbolenze dovrebbero riflettersi nel comunicato in
occasione della stima sulla situazione della Fed. Altrimenti, la
riunione del FOMC dovrebbe svolgersi senza avvenimenti di rilievo.
Sui mercati azionari c'è invece di nuovo il rischio di una
settimana volatile. Solo se il nervosismo causato dalla Cina e
dal prezzo del petrolio diminuirà, i mercati azionari dovrebbero
tranquillizzarsi.
 

mariougo

Forumer storico
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Focus: mercati azionari in balia del prezzo del
petrolio



Attualmente i mercati azionari si trovano in balia del prezzo del
petrolio. Da quando le quotazioni dell'oro nero sono vicine al
livello di USD 30 al barile, superando al ribasso questa soglia
addirittura più volte dall'inizio dell'anno, si manifesta una correlazione
nettamente positiva tra le oscillazioni dei prezzi del
greggio e la direzione degli indici azionari. Infatti, negli ultimi
trenta giorni per molti indici azionari la correlazione con il
prezzo di un barile di petrolio del tipo Brent è stata superiore a
0.9. Nell'ottica di un'osservazione continuativa questo valore
negli ultimi dieci anni è stato mediamente molto al di sotto di
0.3 – per lo SMI svizzero addirittura solo di appena 0.16. Evidentemente
gli investitori all'attuale livello del prezzo del petrolio
non sembrano considerare solo gli aspetti positivi dei bassi
prezzi dell'energia, che per i paesi importatori di petrolio in generale
e per i settori a intenso consumo di petrolio in particolare
hanno l'effetto di un enorme stimolo.
Sono piuttosto gli scenari negativi e le preoccupazioni che vengono
associati ai bassi prezzi del petrolio a influenzare negativamente
l'umore degli investitori. Per esempio una possibile
estensione della difficile situazione dei produttori di petrolio e
delle loro ditte fornitrici e di attrezzature agli altri settori economici.
Oppure il timore di una svendita forzata di azioni di grandi
fondi statali a causa delle disposizioni d'investimento, come per
esempio del fondo pensioni statale della Norvegia. Allo stesso
tempo, sui mercati domina una preoccupazione latente per
l'entità del coinvolgimento delle banche nella problematica produzione
di petrolio non convenzionale. Infatti, senza dubbio durante
il boom del fracking e ai tempi dei prezzi del petrolio attorno
a USD 100 con contemporanei bassissimi tassi ci saranno
stati finanziamenti di crediti di imprese di fracking. Quest'ultime
dovrebbero avere i giorni contati, considerati gli attuali prezzi
del petrolio. E non da ultimo, tra gli investitori non mancano
certo quelli che ritengono il rapidissimo crollo dei prezzi del petrolio
un segnale di una flessione economica mondiale – che si
può vedere in modo esemplare nel continuo calo della dinamica
di crescita in Cina e in un ciclo molto avanzato negli Stati Uniti.
Non giustificato dal punto di vista fondamentale
Anche se i singoli aspetti fino a un certo punto non sono completamente
assurdi, la correlazione attualmente quasi perfettamente
positiva tra il prezzo del petrolio e i mercati azionari dovrebbe
essere da attribuire più all'umore degli investitori che a
giustificabili variazioni fondamentali. Infatti, nel complesso per
il settore petrolifero e i paesi produttori di petrolio non ha
grande importanza che le quotazioni siano di poco sopra o
sotto USD 30 al barile, poiché in qualunque caso per molti produttori
e per i bilanci statali dipendenti dalle entrate petrolifere,
la situazione è precaria o estremamente drammatica. Anche la
preoccupazione per l'entità di una bolla del credito per il settore
del fracking, analoga a quella dei crediti subprime durante lo
scoppio della crisi finanziaria, dovrebbe essere esagerata. Infatti,
secondo le stime, i crediti bancari in essere concessi ai produttori
non convenzionali di petrolio statunitensi ammontano a
circa USD 240 miliardi, iI che è nettamente inferiore agli stimati
USD 600 miliardi di crediti, che solo nel 2006 sotto forma di
prestiti ipotecari erano stati concessi a debitori di bassa solvibilità.
Oltre ai minori volumi dei crediti si aggiunge il fatto che la
vulnerabilità delle banche alle perdite sui crediti dovrebbe essere
molto minore rispetto alla crisi subprime, per via dei requisiti
più severi in materia di fondi propri.
Che i mercati proprio con un prezzo del petrolio del livello di +/-
30 dollari al barile reagiscano in modo molto sensibile alle oscillazioni
dell'oro nero, dovrebbe essere quindi in definitiva il risultato
di un comportamento dettato dall'istinto gregario sui mercati
azionari: singoli investitori hanno identificato il calo del
prezzo del petrolio come il fattore determinante dal loro punto
di vista per i loro posizionamenti azionari e moltissimi investitori
si sono lasciati contagiare da questa percezione. Questo stretto
collegamento dei mercati azionari con il prezzo del petrolio può
tuttavia di nuovo scomparire tanto rapidamente come si era
formato. Infatti uno sguardo al passato mostra che i corsi azionari
in molte fasi hanno avuto un andamento scollegato dai
prezzi del petrolio e che una relazione di base di per sé non
esiste.
Il petrolio e le azioni non si muovono sempre parallelo ?
 

mariougo

Forumer storico
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Focus: l'ondata di fusioni e di acquisizioni continua

Le voci durate settimane sull'acquisizione di Kuoni sono terminate
nella settimana uscente. Il management di Kuoni è favorevole
all'offerta di acquisto di una società di private equity di
circa CHF 1.5 miliardi. La seconda offerta di acquisizione della
settimana è di un'altra dimensione. Con Syngenta, la cinese
ChemChina ha preso in considerazione il più grande produttore
di fitofarmaci del mondo. In Svizzera, Syngenta è un peso
massimo per quanto riguarda posti di lavoro e capitalizzazione
di mercato. Dopo l'annuncio dell'acquisizione, l'attuale valore
di borsa negoziato di Syngenta ammonta a CHF 37 miliardi e
mostra quindi la settima capitalizzazione nello SMI .
La transazione è ancora in sospeso, poiché i regolatori
statunitensi potrebbero impedire l'acquisizione a causa di un
possibile controllo del mercato o per timori sulla sicurezza. A
causa di questo rischio, l'azione Syngenta viene scambiata nettamente
al di sotto dell'offerta di acquisizione di circa CHF 480
per azione
I tassi e le consistenze cash favoriscono le acquisizioni
Non solo in Svizzera l'attività di fusione e di acquisizione è elevata.
Con quasi 2'700, il numero mensile globale di transazioni
è al livello record dell'estate 2007. A causa di alcune grandi
transazioni, nel 2015 il volume delle transazioni è stato addirittura
del 20% superiore al precedente anno record 2007 e ha
raggiunto un valore di oltre CHF 5'000 miliardi (convertiti). La
correlazione con l'andamento del mercato azionario è evidente.
Di norma, nelle fasi di ripresa le fusioni e le acquisizioni
aumentano nettamente . I rispettivi prezzi di acquisizione,
che per lo più hanno un premio rispetto ai corsi
azionari attuali, rafforzano in genere la tendenza positiva sul
mercato azionario. Tuttavia, attualmente il clima del mercato
e i dati delle transazioni divergono. L'ondata di acquisizioni e
di fusioni continua nonostante i deboli mercati azionari. Questo
andamento viene alimentato non da ultimo dai tassi storicamente
bassi, che favoriscono le transazioni finanziate dal
credito. Per esempio, a metà gennaio 2016 il produttore di
birra AB InBev ha ottenuto convenientemente quasi USD 50
miliardi sul mercato dei capitali per finanziare l'acquisizione di
SABMiller. Secondo l'agenzia di rating Fitch, la quota di transazioni
finanziate da terzi è tuttavia minore rispetto all'enorme
aumento delle acquisizioni del 2007. Le consistenze cash accumulate
da una parte delle aziende indicano però che le acquisizioni
possono essere portate avanti anche in futuro con le
proprie forze, senza capitale di terzi.



I mercati azionari rimangono volatili
Le azioni interessate da acquisizioni e da fusioni possono beneficiare
a breve termine delle fantasticherie sui prezzi, ma il
mercato complessivo continua a non trarne profitto. I rischi
congiunturali globali sono ora nettamente nel focus. Le prospettive
per la crescita aziendale organica rimangono quindi
negative. Guadagnare quote di mercato e migliorare il knowhow
è invece relativamente privo di rischi nel caso delle acquisizioni.
Per una duratura evoluzione positiva del clima di mercato
si dovrebbe però avere più fiducia nel miglioramento delle
prospettive per le aziende e nel fatto che queste possano crescere
anche senza transazioni sul mercato finanziario. Questo
non si sta però delineando, perlomeno non a breve termine,
poiché l'indebolimento della crescita in Cina, l'avanzato ciclo
congiunturale negli Stati Uniti e il prezzo del petrolio continuano
ad avere un effetto negativo.
 

mariougo

Forumer storico
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Focus: rischio di una recessione USA non acuto


Oltre alla Cina, attualmente sono aumentate anche le preoccupazioni
per la crescita dell'economia statunitense. Ciò dipende
soprattutto dal fatto che il calo della produzione industriale statunitense
penalizza anche il settore dei servizi. La fiducia delle
imprese molto ottimistica dei fornitori di servizi statunitensi si è
decisamente raffreddata in pochi mesi. Inoltre, a gennaio l'indice
dei responsabili degli acquisti per l'industria manifatturiera
è rimasto sotto il livello di 50. Ciò induce alcuni osservatori a
previsioni di recessione. In sondaggi tra economisti la probabilità
di recessione viene stimata per quest'anno al 20% circa,
molto più elevata di un anno fa.
Tuttavia, il settore dei servizi continua a espandersi. Con 53.5,
il rispettivo indice dei responsabili degli acquisti è a un livello
adeguato. Anche l'aumento delle vendite di autovetture e dei
crediti al consumo non segnala alcun crollo della congiuntura
interna. La Fed di Atlanta, una succursale della Banca centrale
USA, a febbraio ha addirittura aumentato la sua autorevole previsione
del PIL. Nel T1, invece dell'1% si aspetta adesso una
crescita del 2.5% annualizzato. A causa del calo del tasso di
disoccupazione e dell'aumento dei salari prevede ancora un
consumo privato resistente.
L'economia USA dipende unicamente dalla propensione ai consumi.
E qui, secondo la nostra opinione, la previsione fondamentalmente
positiva non è sensibilmente peggiorata. Le famiglie
sono in una buona situazione finanziaria grazie al processo
di riduzione del debito degli ultimi anni, agli aumenti dei redditi
e ai bassi interessi debitori . Inoltre, diversamente
dal 2008, oggi i consumatori non si trovano di fronte a un collasso
dei loro valori immobiliari, che continuano a rappresentare
una parte significativa del loro patrimonio.

Un rischio per lo sviluppo dei consumi è rappresentato tuttavia
dall'andamento del mercato azionario attualmente negativo.
Circa la metà della popolazione statunitense detiene azioni, il
che nel confronto internazionale è un valore elevato. Analisi
empiriche mostrano per gli Stati Uniti un significativo effetto
patrimoniale di forti movimenti del mercato azionario sui consumi
degli investitori. Attualmente non si registra ancora alcun
grande effetto negativo. Se il ribasso azionario dovesse però
continuare per molto tempo o addirittura rafforzarsi, anche la
propensione ai consumi dovrebbe peggiorare
Anche la domanda globale e l'andamento industriale rimangono
fattori d'incertezza. Il rallentamento della crescita nell'industria
manifatturiera potrebbe compromettere ulteriormente
il settore dei servizi, anche se questo beneficia da un resistente
consumo privato. Infatti, di una rapida ripresa dell'industria non
vi è alcun segnale. Nel corso dell'anno prevediamo solo una leggera
normalizzazione del forte USD e del basso prezzo del petrolio.
Pertanto, gli ostacoli per gli esportatori e per l'industria
del fracking non dovrebbero ridursi sensibilmente.
 

mariougo

Forumer storico
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 Previsioni inflazionistiche USA diminuite su larga scala

I dati congiunturali provenienti dall'Asia all'inizio della settimana
sono stati decisamente deludenti. I dati commerciali cinesi
per gennaio sono scesi in modo inaspettatamente forte.
Rispetto all'anno precedente, le esportazioni nominali sono diminuite
del 6.6%. Mentre il PIL giapponese, dopo un provvisorio
aumento nel trimestre precedente, è sceso di nuovo dello
0.4% alla fine dell'anno. Ciò non ha tuttavia alimentato ulteriormente
la discesa sui mercati finanziari. Anzi, i mercati azionari
sono riusciti a recuperare nettamente. Il miglioramento
dell'umore è stato favorito tra l'altro da due importanti sviluppi
positivi. In primo luogo, alla fine della settimana scorsa negli
USA i fatturati delle vendite al dettaglio hanno sorpreso positivamente.
Pertanto, i timori di recessione dovuti alla debolezza
dell'industria USA sono di nuovo leggermente diminuiti. I consumi
USA continuano a essere solidi. In secondo luogo, dopo
il Capodanno per l'inizio dell'anno della scimmia la Banca centrale
cinese ha lasciato rivalutare sensibilmente lo yuan rispetto
all'USD. In precedenza i funzionari cinesi avevano sottolineato
la loro intenzione di difendersi dagli attacchi degli speculatori.
Il recente intervento dovrebbe aver ridimensionato le aspettative
di una marcata debolezza dello yuan.
È però ancora troppo presto per parlare di una duratura stabilizzazione
sui mercati. Non da ultimo il basso prezzo del petrolio
mantiene alte le preoccupazioni per possibili, fortissime perdite
sui crediti nel settore dell'energia e penalizza il settore
bancario . Sotto la guida
della Russia e dell'Arabia Saudita questa settimana sono iniziate
trattative per un congelamento dei volumi di estrazione
al livello dell'inizio dell'anno. Ma non tutti i grandi paesi produttori
vogliono partecipare e di certo non si procederà a una
necessaria diminuzione della produzione per ridurre le elevatissime
scorte.
Anche i dati dell'industria USA rimangono complessivamente
deboli. La produzione industriale a gennaio è stata migliore del
previsto, il che suscita speranze di una stabilizzazione. La situazione
degli ordinativi rimane però difficile, il che dovrebbe riflettersi
la prossima settimana nei dati sugli ordinativi per beni
durevoli. Per il momento rimangono quindi i timori che la debole
industria e le turbolenze sui mercati finanziari facciano
rallentare i robusti consumi USA. Inoltre, le aspettative inflazionistiche
sono in calo, nonostante la buona dinamica sul mercato
del lavoro. Nell'ultima stima della Fed sulla situazione è
stato già sottolineato l'ulteriore calo delle previsioni inflazionistiche
basate sul mercato. Il vicepresidente della Fed, Dudley,
alla fine della settimana scorsa ha inoltre osservato che di recente
anche le aspettative inflazionistiche a lungo termine delle
famiglie sono diminuite. Nell'ambito del sondaggio tra i consumatori
dell'University of Michigan le previsioni inflazionistiche
a 5 anni sono scese a un nuovo minimo record, passando
dal 2.7% al 2.4%. Le aspettative del mercato per un 2° aumento
dei tassi della Fed durante la sua prossima riunione a
marzo rimangono quindi vicine allo 0. Attualmente, per il 2016
non si prevede alcun altro aumento dei tassi, che è anche il
nostro scenario di base.
Mentre per la normalizzazione dei tassi USA si delinea già una
pausa, la probabilità di un ulteriore allentamento da parte della
BCE è elevata. Con una crescita trimestrale dello 0.3%, i dati
del PIL per l'Eurozona nel quarto trimestre hanno mostrato una
continuazione della ripresa alla velocità dei trimestri precedenti.
Anche i livelli dei sondaggi tra le imprese non segnalano
alcun indebolimento della congiuntura nell'Eurozona. Ciononostante,
il Presidente della BCE, Mario Draghi, ha ripetuto
questa settimana la disponibilità ad adottare ulteriori misure.
Questo era chiaro anche nel verbale dell'ultima riunione del
Consiglio della BCE. A causa delle esperienze di dicembre si
vuole però evitare di alimentare aspettative troppo elevate. La
prossima settimana, gli indici provvisori dei responsabili degli
acquisti dell'EZ per febbraio e gli importanti indicatori nazionali
sulla fiducia delle imprese forniranno altri indizi sulla robustezza
della congiuntura dell'Eurozona.
 

mariougo

Forumer storico
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Focus: turismo svizzero – asiatici invece di europei
La prossima settimana saranno pubblicati i dati sul PIL svizzero
per l'ultimo trimestre 2015. Dopo la stagnazione nel trimestre
precedente, l'aumento dei dati delle esportazioni, una stabilizzazione
della produzione industriale e un miglioramento della
fiducia delle imprese indicano un leggero aumento trimestrale
L'anno scorso, la produzione
economica dovrebbe quindi essere aumentata dello 0.7%
circa. Si tratta certo di un forte calo rispetto al +1.9% del 2014,
considerando tuttavia i timori dopo l'eliminazione della soglia
minima del tasso di cambio è un risultato rispettabile.
L'anno scorso non si è registrato alcun crollo del settore delle
esportazioni. Anche nel settore turistico, ugualmente colpito in
modo duro dal forte franco, i tagli sono rimasti contenuti. I dati
annuali pubblicati questa settimana per i pernottamenti mostrano
complessivamente per il 2015 un calo dello 0.8%. La
correzione è stata quindi nettamente inferiore rispetto a quella
registrata dopo l'ultimo aumento del tasso di cambio all'apice
della crisi del debito europeo. Sia nel 2011 che nel 2012, il numero
dei pernottamenti è diminuito rispettivamente del 2% rispetto
all'anno precedente.
Gli importanti dati sui pernottamenti dei turisti svizzeri, leggermente
aumentati dello 0.2%, hanno avuto un effetto stabilizzante,
mentre sono mancati maggiormente i turisti stranieri. In
modo meno sorprendente, il calo del numero dei pernottamenti
è stato determinato dalla diminuzione dei visitatori dei vicini
paesi europei. Soprattutto i turisti tedeschi nel 2015 hanno registrato
un calo di oltre mezzo milione di pernottamenti. Anche
il calo per francesi, italiani e olandesi è stato forte. Un vero e
proprio crollo ha registrato inoltre la domanda dalla Russia, con
un calo di oltre il 30%.
La diminuzione dei visitatori dell'Europa, dovuta principalmente
al tasso di cambio, è stata però in gran parte compensata
dall'aumento del numero di visitatori di altre regioni. I pernottamenti
di cittadini statunitensi sono sensibilmente aumentati,
supportati dal forte USD, che l'anno scorso si è addirittura rivalutato
rispetto al franco. Sempre in forte aumento sono i dati
dei turisti dell'Asia e della regione del Golfo. I pernottamenti dei
turisti cinesi sono aumentati più del 30%. Oltre alla crescita del
ceto medio, la forza della valuta cinese ha avuto un effetto positivo,
come nel caso degli Stati Uniti. Poiché la maggioranza
dei turisti cinesi prenota viaggi tutto incluso verso diversi paesi
europei, l'aumento del livello dei prezzi incide meno sul prezzo
complessivo. Dall'altro lato, la durata del soggiorno dei cinesi è
tuttavia solo la metà circa di quella dei turisti europei e le loro
spese per altri servizi turistici sono in linea di massima minori –
a parte i prodotti di lusso.
Un calo maggiore dei turisti stranieri durante l'anno scorso è
stato impedito probabilmente anche del momento dell'eliminazione
della soglia minima del tasso di cambio. A metà gennaio
gran parte delle vacanze invernali era già prenotata. La diminuzione
dei pernottamenti di turisti europei ha subito un'accelerazione
dopo la fine della stagione invernale. Inoltre è l'estate
la stagione principale per i turisti asiatici. Nel semestre estivo i
pernottamenti di cinesi sono più che doppi rispetto al semestre
invernale. La scorsa estate il numero dei cinesi che hanno visitato
la Svizzera è stato pari quasi a quello dei turisti tedeschi
 

mariougo

Forumer storico
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l'economia svizzera si mostra resistente


Nel 2015, la produzione svizzera è aumentata dello 0.9%. Nonostante
un franco nettamente sopravvalutato e l'indebolimento
della crescita negli Stati Uniti e in Cina, la congiuntura
svizzera ha ottenuto un buon risultato. Le previsioni di recessione
molto diffuse dopo l'eliminazione del corso minimo
dell'euro il 15 gennaio 2015 non si sono quindi realizzate. La
crescita economica svizzera ha registrato un forte rallentamento,
ma non c'è stato alcun crollo. Lo shock del tasso di
cambio non è però affatto assorbito. Le nostre prospettive di
crescita per il 2016 rimangono quindi moderate.
Soprattutto nell'ultimo trimestre del 2015 l'economia svizzera
ha sorpreso positivamente. Dopo un leggero calo del PIL nel
trimestre precedente, nel T4 la produzione è aumentata dello
0.4%. Tuttavia, le componenti della crescita nel quarto trimestre
non fanno pensare a un'inversione di tendenza. Infatti, il
consumo privato e gli investimenti edilizi hanno registrato solo
un leggero aumento. Gli investimenti per impianti e attrezzature
sono stati addirittura molto inferiori rispetto al trimestre
precedente. Il commercio estero ha fornito un negativo contributo
alla crescita, poiché le importazioni sono aumentate più
delle esportazioni. Alla fine dell'anno, la crescita è stata notevolmente
alimentata da una costituzione di scorte, che nei
prossimi trimestri difficilmente dovrebbe continuare.
Uno sguardo all'intero 2015 conferma che l'anno scorso le
esportazioni non sono crollate, nonostante l'improvvisa rivalutazione
del franco. Alla crescita del PIL dello 0.9% nel 2015 ha
contribuito il commercio estero con 0.7 punti percentuali. Negli
ultimi anni, un contributo nettamente negativo del commercio
estero è stato registrato quindi solo nel 2009 e nel
2011. Nel 2009 era stata la debole domanda globale dopo la
crisi finanziaria a frenare le esportazioni. Nel 2011 la rivalutazione
del franco svizzero in seguito alla crisi del debito dell'Euro
è stata accompagnata da un forte calo della congiuntura europea
– il che a settembre 2011 ha determinato l'introduzione
del limite minimo dell'euro di 1.20. Il positivo contributo del
commercio estero nel 2015 non significa però affatto che lo
shock del franco nel settore delle esportazioni sia già stato superato.
Infatti, molte aziende industriali lavorano continuamente
in perdita e hanno portato a termine ordini esistenti. I
risultati societari e sempre nuove decisioni di tagliare posti di
lavoro nell'industria in Svizzera fanno ritenere che non sia in
vista alcuna rapida ripresa.
Un contributo costantemente positivo alla crescita economica
svizzera deriva dal consumo privato, alimentato dalla forte crescita
demografica. Anche nel 2015 il consumo privato ha contribuito
con poco più di 0.5 punti percentuali alla crescita economica.
Tuttavia la dinamica del consumo nell'ultimo trimestre
è leggermente diminuita. Le incerte prospettive di crescita e un
peggioramento lento ma costante sul mercato del lavoro
fanno intuire che le spese per i consumi anche nei prossimi
mesi difficilmente dovrebbero aumentare notevolmente. All'inizio
del 2015, il tasso di disoccupazione svizzero era ancora
al 3.2% ed entro la fine del 2016 dovrebbe aumentare al 3.7%
circa. Quanto agli investimenti edilizi prevediamo una continuazione
della tendenza di saturazione degli ultimi mesi. Per
un aumento degli investimenti per impianti e attrezzature la
previsione congiunturale rimane inoltre troppo incerta.
Al commercio estero dovrebbero mancare anche nel 2016
maggiori impulsi positivi dall'Asia e dagli Stati Uniti. Inoltre, il
franco rimane nettamente sopravvalutato anche con un corso
EUR/CHF di 1.10. Una possibile ulteriore rivalutazione rispetto
all'euro, come riscontrata dall'inizio di febbraio, dovrebbe essere
contrastata dalla Banca nazionale svizzera con decisi interventi
sul mercato delle divise. Con la prudenza sui tassi della
Banca centrale statunitense prevediamo inoltre la fine del
rialzo dell'USD, il che non favorisce ulteriormente le esportazioni
verso l'area del dollaro. La ripresa congiunturale nell'Eurozona
sta invece continuando, anche se solo lentamente e
non dovrebbe quindi peggiorare ancora la situazione per l'economia
svizzera. A febbraio, anche il recente indice dei responsabili
degli acquisti e il barometro congiunturale KOF
hanno indicato che almeno all'inizio dell'anno si delinea una
moderata crescita economica. Con questi dati un'accelerazione
congiunturale quest'anno non è tuttavia prevedibile. An
che nel 2016 l'economia svizzera dovrebbe aumentare solo di
quasi 1%
 

mariougo

Forumer storico
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Nessun titolo in italiano per
oggi, ma esso esprime alla
perfezione quello che sta attualmente
avvenendo sui mercati.
Forse il termine più corretto
sarebbe confusione. Ma
cominciamo dall'inizio. Di
preoccupazioni il mercato finora
ne ha avute ben poche,
perché laddove la situazione si
faceva difficile, ecco che intervenivano
i banchieri centrali. Difficile nel senso del quasi
fallimento della Grecia, del crash della Cina, del «pericolo»
di una recessione congiunturale negli Stati Uniti o
delle preoccupazioni per la deflazione in Giappone. L'incertezza
geopolitica che aleggia intorno al globo è stata
sempre lasciata da parte, ma dall'inizio dell'anno notoriamente
non è più così.
Dal petrolio non si ricava nulla
Al momento il mercato azionario si orienta fortemente ai
mercati delle materie prime, in particolare a quello del
petrolio. Ma le motivazioni qui addotte per il crollo dei
prezzi, fanno rizzare i capelli almeno quanto l'andamento
stesso del prezzo del greggio. E per questo il mercato
delle materie prime probabilmente non è il parametro
giusto per il mercato azionario, che già di per sé non è
facile da comprendere. Ma ciò che sta al momento accadendo
sul mercato del petrolio, sfugge ad ogni ragionevole
comprensione. Basta il fatto che il volume dei contratti
speculativi sia aumentato, in una misura storicamente
mai riscontrata, a dimostrare che qui comanda più
il nervosismo che la ragione. Mentre l'OPEC, dominata
dai sauditi, ma ormai da tempo non più dominante, si
trasforma sempre più in un covo di disaccordo e insensatezza,
le imprese di fracking americane si rivelano essere
importanti guastafeste nel commercio globale del greggio.
E il fatto che l'Iran evidenzi una crescente apertura
verso l'Occidente, porta anch'esso a pensare che il prezzo
del petrolio in realtà non fornisca alcun indizio sul
prevedibile andamento dei corsi delle borse. Così come il
fatto che la borsa manchi degli impulsi che sta ora disperatamente
cercando, dopo più di sette anni di spinta al
rialzo.
Un briciolo di ragione
Forse il fatto che ci siano poche motivazioni fondamentali
per le recenti oscillazioni dei corsi delle borse è un segno
di accresciuto disagio? Del fatto che di recente evidentemente
avviene qualcosa che scatena sempre più disagio.
L'indebitamento? Non è più un tema, poiché in Europa
domina la crisi dei rifugiati, che forse non creerà solo una
divisione bensì addirittura una separazione. Nel frattempo
gli stati membri dell'unione monetaria continuano ad
ammorbidire il limite dei deficit. La congiuntura negli
Stati Uniti? Passa inosservata, in una battaglia elettorale
che Hollywood non avrebbe saputo inscenare meglio.
Solo che si tratta della realtà. Il modello di crescita della
Cina? Opportunamente nessuno si fa più domande, fintanto
che dal Regno di Mezzo, che noi peraltro conosciamo
solo superficialmente, non arriveranno nuove
cattive notizie. Questo meccanismo di rimozione degli
ultimi anni ora sembra non funzionare più. Quindi forzatamente
ecco che un briciolo di ragione torna sui mercati.
E anche la BCE non potrà fare a meno di ammetterlo.
Anche se dovesse riuscire anche questa settimana a scatenare
un piccolo fuoco di artificio, cosa che è tuttavia
piuttosto improbabile. Il mercato ha infatti compreso
ormai da tempo che la liquidità non è la panacea per tutti
i mali.
Non perdere denaro
Nel contesto di tassi zero gli investimenti azionari restano
senza dubbio privi di alternative, poiché si può pur sempre
puntare su un rendimento dei dividendi. Chi tuttavia
è giunto a questa conclusione (solo) all'inizio dell'anno e
ha conseguentemente investito, registra oggi forti perdite
contabili. E chi ha investito in azioni già da tempo, in
segreto probabilmente si pente di non averle vendute a
un livello dello SMI superiore a 9'000. È tempo di ricordare,
una volta ancora, che oggi non perdono denaro coloro
che non investono. Attualmente non vi è alcuna pressione
all'investimento perché l'inflazione, che potrebbe
consumare un patrimonio, per il momento non è d'attualità.
Pertanto la formula è abbastanza semplice: chi oggi
non investe, non perde alcuna occasione unica. Si deve
piuttosto partire dal presupposto che sia possibile trovare
migliori opportunità di accesso. Prima occorre elaborare
le incertezze, anche quelle delle politica monetaria. Nel
2016 il treno della borsa pertanto faticherà a partire. La
frenesia è fuori luogo
 

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