Zaleski a caccia di liquidità: minusvalenze a 1,7 miliardi
di Laura Galvagni e Marigia Mangano
8 ottobre 2008
Romain Zaleski passa alla cassa. Il finanziere franco polacco, spinto dalla crisi dei mercati e sollecitato, secondo quanto risulta da Il Sole 24 Ore, dalle banche verso le quali è maggiormente esposto, ha capitalizzato buona parte delle partecipazioni all'estero. Ciò per potere far fronte alle richieste di reintegro delle garanzie avanzate dai finanziatori. In quest'ottica, va ricordato, che tra i principali istituti creditrici risulterebbero Intesa Sanpaolo (per circa 1,8 miliardi), UniCredit (2,3 miliardi), Bnp Paribas (1,1 miliardi) Royal Bank of Scotland (1 miliardo) e poi in misura minore Mps, Ubi e la Popolare di Milano.
Così, proprio a fronte della pressione delle banche, Zaleski avrebbe smobilizzato pacchetti per un controvalore di poco superiore ai 2 miliardi. In questo quadro rientrerebbe anche l'alleggerimento della quota detenuta in Intesa Sanpaolo che dal 5,89% sarebbe scesa attorno al 5%. E c'è chi, alla luce delle forti vendite registrate nelle ultime due sedute, collega la debolezza del titolo con un ulteriore disimpegno del finanziere. Fatto sta che Zaleski, che a fine agosto aveva debiti al netto della liquidità di 7,7 miliardi, si ritrova oggi con un portafoglio partecipazioni ormai dimezzato, come valore e come quote. Più nel dettaglio, risulta che la minusvalenza complessiva in Italia sia di 1,7 miliardi. Ciò a fronte di un valore di mercato delle partecipazioni di 4,7 miliardi, una cifra che solo due mesi fa superava i 9 miliardi.
Capitolo a parte merita il portafoglio estero. In questo caso voci insistenti riferiscono di un consistente ridimensionamento delle posizioni in essere. Le vendite più importanti avrebbero riguardato i pacchetti detenuti in colossi come Arcelor-Mittal piuttosto che Edf. Voci che trovano parziale conferma se si consulta l'elenco soci delle varie società fornito periodicamente da Bloomberg. Risulta che Zaleski abbia drasticamente ridimensionato lo 0,87% di Pesco, il 4% di Apac, il 2,96% di Arcelor Mittal, lo 0,23% di Edf e il 13,17% di Eramet. Partecipazioni che un mese fa valevano quasi 5 miliardi e che, invece, ai prezzi attuali non arrivano nemmeno a 2 miliardi. Se si tiene conto però dei valori di carico di queste partecipazioni, che si possono evincere dai bilanci del gruppo Carlo Tassara, è probabile che le operazioni si siano chiuse in utile. Riguardo a ciò, non è stato possibile contattare la Carlo Tassara per ottenere una posizione ufficiale.
Inoltre, risulta, che Zaleski abbia montato negli scorsi mesi delle operazioni collar per proteggere le proprie partecipazioni blindando una parte del portafoglio. Anche se, uno sguardo approfondito sui pacchetti detenuti in Italia mette in luce le difficoltà del finanziere. Basta guardare la quota in Intesa Sanpaolo, scesa al 5%. La partecipazione è in carico per 3,1 miliardi mentre in Borsa ne vale poco più di 2 miliardi. La minusvalenza potenziale si aggira dunque attorno a 1 miliardo. Da qui le voci di un ulteriore alleggerimento della posizione. Altro caso esemplare l'ingresso in Monte dei Paschi di Siena. Il pacchetto, attualmente intorno al 2%, evidenzia un valore di carico intorno ai 400 milioni, ma la stessa quota in Borsa non arriva a 200 milioni. La perdita secca, dunque, è di circa 220 milioni. Importanti minusvalenze potenziali, nell'ordine di 135 milioni ciascuna, le registrano le quote in Mediobanca (2,2%) e Generali (2,2%), ma anche Bpm (41,6 milioni), A2A (41,7 milioni) e Telecom Italia (73 milioni). Restano ancora in positivo gli investimenti su Ubi Banca (24 milioni), Edison (59 milioni), Cattolica (3 milioni) e Mittel (18 milioni).
Fonte:
Il Sole 24 Ore