Legittimamente impedito Di Pietro non va in tribunale
16 febbraio 2011 |
Di Pietro non si presenta in aula giudiziaria per essere giudicato per truffa aggravata ai danni dello Stato. Legittimo impedimento… Ma non valeva solo per le cariche pubbliche?
Antonio Di Pietro diserta l’Aula. E questa volta non si tratta dell’«onorevole» leader dell’Idv che decide di non prendere parte ai lavori della Camera, ma proprio dell’«imputato», o meglio «convenuto», visto che si tratta di un processo civile, che ieri ha snobbato la convocazione a comparire davanti al giudice del tribunale di Milano.
«Signor giudice, il mio assistito Antonio Di Pietro si scusa con lei per non essere presente ma purtroppo altri impegni l’hanno costretto altrove e quindi, con procura notarile, ha mandato me a rappresentarlo», sono state le parole dell’avvocato Vincenzo Maruccio pronto a scagionare il leader dell’Idv dalla responsabilità di difendersi dall’accusa che mira a far dichiarare la nullità delle delibere assemleari Idv, costate allo Stato svariate milioni di euro.
L’ultimo atto della battaglia giudiziaria tra Mario Di Domenico e il leader dell’Idv Antonio di Pietro è andato in scena. Due ex amici che assieme fondarono l’Idv e che ormai si parlano solo a suon di querele. Un astio cresciuto nel tempo ma che, dopo la pubblicazione del libro di Di Domenico dal titolo
«Il colpo allo Stato», sottotitolo «Da mani pulite a mani libere», ha scatenato le ire di Tonino. Un volume di 413 pagine nel quale l’autore, ex segretario dell’Idv, svela le presunte irregolarità e alcuni reati compiuti dall’ex pm. Tutto comunque da dimostrare.
Un libro che Di Pietro non è riuscito a bloccare per vie legali ma che ha tentato di screditare attaccando l’autore definendolo un «grafomane professionista colpito da ben 18 provvedimenti di diffida da parte dell’autorità giudiziaria». Accuse che Di Domenico, avvocato civilista, ha rispedito al mittente puntualizzando: «Il processo è stato solo uno, e sono stato io a denunciare il leader dell’Idv per truffa ai danni dello Stato».
E, proprio su questa ipotesi di reato, per la quale Di Pietro era già stato prosciolto in sede penale, Di Domenico è tornato a dare battaglia. Questa volta lo ha fatto in sede civile convinto di avere tutte le carte in regola per riportare Di Pietro in Tribunale e dimostrare la «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche».
Tutto ha avuto inizio il 31.03.03 quando a Busto Arsizio, durante una riunione dell’Idv venne approvato il bilancio dell’organizzazione. Un’approvazione arrivata nell’ultimo giorno utile per la presentazione dei conti dei partiti e, grazie alla quale, Di Pietro è riuscito a riscuotere oltre 8 milioni di rimborsi elettorali. E proprio sulla validità di quel documento ha mosso le proprie obiezioni Di Domenico: «Non posso aver firmato io quel documento dato che quel giorno non ero a Busto Arsizio». Parole che Di Domenico aveva detto anche ai giudici del processo penale nel 2008. Con la differenza però che in quell’occasione Di Domenico, non ha saputo dire dove si trovasse. Una mancanza che portò il pm e lo stesso gip a dare validità alla delibera presentata da Di Pietro dando però a Di Domenico un’ultima possibilità: «Valida, fatto salvo non dovesse riuscire a dimostrare il contrario». Detto fatto. Ed ecco che Di Domenico è riuscito a produrre la prova, a suo dire, inconfutabile: «Il tribunale di Roma, attestava (…) – continua nel libro – che quel 31.03.03 io mi trovavo dinnanzi al Cancelliere della sez. XI, per la verifica del fascicolo e costituzione in altro processo».
Una prova ritenuta così schiacciante che lo stesso Tribunale di Milano in data 16.12.2010 ha fissato proprio per ieri l’udienza «nel tentativo di conciliare con le parti» invitando la «parte convenuta a presentarsi in udienza munita della delibera di approvazione del bilancio del 31.03.03» in originale. E così è stato. Il procuratore di Di Pietro ha presentato il documento sul quale però Di Domenico è tornato a sollevare perplessità: «A quel testo mancano tutti i requisiti di completezza e regolarità: la numerazione progressiva delle pagine, la punzonatura del timbro notarile, il nome del notaio che avrebbe provveduto all’obbligo di legge». E poi aggiunge: «Mi era stato chiesto di conciliare ma io ho respinto perché ritengo di non potermi accordare sulla nullità di delibere che hanno comportato esborsi a carico della finanza pubblica dello Stato. Ora ho intenzione di sporgere querela di falso. Ho tempo fino al 10 marzo visto che il giudice ne ha autorizzato la presentazione. Questo è un segno che il giudice ne ha ritenuto il fondamento».
Sulla vicenda avremmo voluto sentire anche la versione di Di Pietro, purtroppo però la sua portavoce non è riusciata a contattarlo per tutto il pomeriggio. Tutto quindi rimandato alla prossima udienza fissata il 5 aprile. Speriamo che almeno quel giorno Di Pietro non sia «legittimamente impegnato».
Alessandro Bertasi