Thread Ufficiale Unificato delle Discussioni Politiche Generali

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favorevole a Monti?

  • si

    Votes: 6 27,3%
  • no

    Votes: 14 63,6%
  • indifferente

    Votes: 2 9,1%

  • Total voters
    22
Zarine e furbetti




Per la serie «Ai confini dell’impossibile» vorrei prendere le difese della signora Irene Pivetti, la pensionata più giovane d’Italia a cui dal 2013 la Camera dei deputati intende togliere proditoriamente le segretarie, gli uffici e altri bonbon. La ex presidente di Montecitorio (carica da lei occupata nell’ultimo decennio del millennio scorso con dispendio notevole di foulard) ha reagito coi consueti toni sommessi, parlando di «tagli forcaioli come nella Russia zarista». Un paragone su cui già si stanno arrovellando gli storici, dal momento che a toglierle le prebende non è stato Rasputin, ma lo sbarbatissimo Fini.

Però, però. L’astuto Fini non ha applicato la medesima mannaia a tutti i suoi predecessori. Con una capriola sintattica che potrete assaporare nell’articolo di Carlo Bertini, ha salvato i presidenti della quindicesima e sedicesima legislatura: Violante, Bertinotti e Casini, cioè i tre che in politica pesano ancora e che potranno godere di ricchi premi e cotillon fino al 2023. Giù dall’albero della cuccagna sono cascati solo gli ex che non contano più niente: l’antico Ingrao e la zarina Pivetti, il cui grido di dolore non può lasciarci insensibili, anche se magari non nel senso che vorrebbe lei. Mi chiedo, e chiedo all’onorevole Fini, che cosa ne sarebbe di questo Paese se l’emendamento pro Casta da lui escogitato fosse democraticamente esteso a tutti i cittadini e l’aumento delle tasse e dell’età pensionabile venisse rinviato all’anno di grazia (ricevuta) 2023.
 
Zarine e furbetti




Per la serie «Ai confini dell’impossibile» vorrei prendere le difese della signora Irene Pivetti, la pensionata più giovane d’Italia a cui dal 2013 la Camera dei deputati intende togliere proditoriamente le segretarie, gli uffici e altri bonbon. La ex presidente di Montecitorio (carica da lei occupata nell’ultimo decennio del millennio scorso con dispendio notevole di foulard) ha reagito coi consueti toni sommessi, parlando di «tagli forcaioli come nella Russia zarista». Un paragone su cui già si stanno arrovellando gli storici, dal momento che a toglierle le prebende non è stato Rasputin, ma lo sbarbatissimo Fini.

Però, però. L’astuto Fini non ha applicato la medesima mannaia a tutti i suoi predecessori. Con una capriola sintattica che potrete assaporare nell’articolo di Carlo Bertini, ha salvato i presidenti della quindicesima e sedicesima legislatura: Violante, Bertinotti e Casini, cioè i tre che in politica pesano ancora e che potranno godere di ricchi premi e cotillon fino al 2023. Giù dall’albero della cuccagna sono cascati solo gli ex che non contano più niente: l’antico Ingrao e la zarina Pivetti, il cui grido di dolore non può lasciarci insensibili, anche se magari non nel senso che vorrebbe lei. Mi chiedo, e chiedo all’onorevole Fini, che cosa ne sarebbe di questo Paese se l’emendamento pro Casta da lui escogitato fosse democraticamente esteso a tutti i cittadini e l’aumento delle tasse e dell’età pensionabile venisse rinviato all’anno di grazia (ricevuta) 2023.

Zarine e furbetti - LASTAMPA.it

Gramellini

interessante suggerimento editoriale, magari ne facciamo una rubrica
 
30 marzo

Nell’ambito di una maxi operazione anti-ndrangheta, condotta dai carabinieri del comando provinciale di Cosenza, dai Ros e dalla Dda di Catanzaro, è stato effettuato un arresto anche a Gropello. In manette è finito Guerino Folino, residente a Gropello, accusatoi di associazione a delinquere di stampo mafioso e di estorsione. Una perquisizione anche a Zinasco. L’operazione anti-ndrangheta ha portato all’arrresto di 63 persone in Calabria, Lombardia e Lazio.
 
CALABRIA, TUTTI I NOMI: Raggiri milionari, sott'inchiesta 99 persone. L'ex assessore provinciale Pietro Ruffolo (Pd) accusato di associazione per delinquere e truffa

Truffe... medianiche. Compiute grazie ad un "fantasma" tornato in vita dopo quattro anni. Una "entità" rientrata nella materia per chiudere contratti, acquistare la titolarità di aziende e far sparire quanto più denaro possibile. Per mobilitarlo al servizio d'un presunto gruppo delinquenziale, responsabile di lucrosi raggiri e dell'emisione di fatture illecite per quaranta milioni di euro, non c'è però voluta una seduta spiritica. Sono bastati una carta d'identità e il codice fiscale. Due documenti intestati al defunto-risorto e mostrati con impudenza e supponenza a notai e consulenti finanziari impegnati a trattare la cessione di rami d'impresa oppure a perfezionare il trasferimento di proprietà di quote societarie. Il resuscitato aveva infatti l'aspetto rassicurante di un distinto signore che parlava in perfetto italiano e sembrava aver dimestichezza con il diritto commerciale. L'ipotizzato sodalizio – smascherato dalla magistratura inquirente con un'articolata inchiesta – aveva fatto assumere ad uno dei suoi più scaltri componenti l'identità del "dipartito". Il primo ad accorgersi che non c'era stato un miracoloso ritorno dall'aldilà d'una persona scomparsa da tempo è stato il sostituto procuratore generale di Catanzaro Eugenio Facciolla. Fatti accertamenti e compiute adeguate verifiche, il magistrato ha infatti scoperto che il morto era morto per davvero. E così, smascherata l'ingegnosa trama, il pubblico ministero – d'accordo con il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano – ha delegato ai finanzieri del colonnello Alessandro Primavera mirate indagini nei confronti di tutte le persone che erano risultate in contatto con il "fantasma". Il quadro che è emerso dall'inchiesta ha fatto sobbalzare i togati sulle sedie. I finanzieri hanno disegnato in un monumentale rapporto la mappa di un'associazione per delinquere specializzata nell'evasione e la frode fiscale, la truffa aggravata in danno dello Stato, l'usura, il riciclaggio e il reimpiego in altre attività economiche di denaro, beni e utilità di provenienza illecita. Novantanove i soggetti coinvolti negli "affari" della consorteria: tra questi un sottufficiale della Guardia di finanza di Paola, un ufficiale giudiziario di Scalea, un consigliere comunale di Cetraro, un ex assessore provinciale del Partito democratico, oltre a imprenditori e professionisti dal buon nome e dalla rispettabile fama. Il sodalizio era promosso, organizzato e diretto da Agostino Briguori, 41 anni, imprenditore di Bonifati e Tommaso Leale, 48 anni, finanziere di Rende ma in servizio nella cittadina tirrenica. Il ruolo di partecipi di primo piano della supposta organizzazione viene contestato a Francesco Amato, 55 anni, ufficiale giudiziario di Scalea, Settimio Rugiero, 49, imprenditore di Bonifati, Giuseppe Nigro, 49, imprenditore di Belvedere Marittimo, Dino Iacovo, 40 anni, consigliere comunale di Cetraro, Agostino Iacovo, 31 anni, imprenditore di Cetraro, Marco De Seta, 36, imprenditore di Paola, Franco Borrelli, 36 anni, imprenditore di Bonifati, Pasquale Imbelloni, 59, imprenditore di Verbicaro, Tamarro Della Gatta, 35, imprenditore di Scalea, Carlo Scaccia, 43, imprenditore di Rende. Un ruolo di partecipi avrebbero avuto, tra gli altri, Pietro Ruffolo e Francesco Avolio, rispettivamente di 61 e 62 anni, funzionari di banca residenti a Rende ma in servizio a Belvedere Marittimo, Pietro D'Anello, 37 anni, commercialista di Belvedere. L'associazione – secondo la tesi d'accusa – avvalendosi di attività economiche riconducibili direttamente o indirettamente ad ognuno dei singoli associati, anche in forma societaria, nonchè di altre imprese solo formalmente intestate a terzi soggetti, faceva registrare l'emissione e utilizzazione di false fatture per importi milionari. Le fatture, oltre che per ottenere indebiti vantaggi fiscali, venivano utilizzate per mascherare rapporti di usura nel frattempo venutisi a creare con imprenditori locali. E, ancora, per ottenere l'erogazione di fondi Por per l'ampliamento di un albergo di Rende; per finanziare un programma d'investimenti nel settore dell'informatica e per operare truffe in danno di banche e società finanziarie a seguito della concessione di finanziamenti o linee di credito ottenuti mediante la presentazione appunto di documentazione contabile fittizia. Centinaia gli atti passati al setaccio dai finanzieri e altrettanto numerose le intercettazioni telefoniche compiute per mesi. Il presunto gruppo aveva le sue basi operative a Paola, Belvedere, Scalea, Bonifati, Rende, San Marco Argentano e Cosenza ed avrebbe agito dal 2003 sino all'aprile 2009. Tra le società finanziarie raggirate c'è la Fincontrol spa mentre tra le banche figura l'Unicredit. I due istituti sono stati truffati perchè indotti a concedere finanziamenti e linee di credito sulla base della presentazione di false fatture, false informazioni e fittizia documentazione. Pietro Ruffolo, fino a pochi mesi addietro assessore provinciale di Cosenza all'Edizilia scolastica per il Partito democratico, e Avolio funzionario di banca, avrebbero agito secondo il pm Facciolla «quali collettori di numerose domande di fido e dunque come elementi di collegamento con lo specifico ambiente esterno, svolgendo così un ruolo attivo e insostituibile per il raggiungimento delle finalità illecite del sodalizio e per l'acquisizione di disponibilità economiche ingenti in danno dell'Unicredit, attraverso la concessione indebita a numerose imprese intestate anche a soggetti prestanome e poi rivelatesi inesistenti o inattive (scatole vuote), l'erogazione di prestiti ed altre linee di credito da parte della Unicredit. Ciò è avvenuto – continua il Pm – a mezzo di finanziamenti proposti o comunque istruiti presso la filiale di Belvedere in assenza di garanzie e di verifica sul cliente, operazioni anomale ed in violazione alle vigenti disposizioni di legge ed interne che regolamentano i rapporti tra cliente ed istituti di credito». Altri tre bancari, in servizio nella filiale di Bellaria- Igea Marina della Ubi-Banca risultano inoltre coinvolti nell'inchiesta. Si tratta di: Giorgio Mosconi, 60 anni, di Bellaria (Rimini), direttore di filiale, e di Elisabetta Negrisolo, 37, di Cervia, e Maddalena Fazi, 29, di Jesi, impiegate. I tre sono accusati di aver consentito a Briguori di aprire conti correnti in Romagna sui quali – a parere del pm Facciolla – «transitavano operazioni senza disponibilità di contante ed in mancanza di idonee garanzie finalizzate a giri di assegni». Tutti gl'incriminati, cui è stato notificato un avviso di chiusura delle indagini, si protestano innocenti e tali dovranno essere considerati sino alla definizione della vicenda. Arcangelo Badolati - GDS
 
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