Trading Bar 2011 by gli amici di Windjets (10 lettori)

MATLEY

Forumer storico
Il piano di dismissioni italiano non funzionerà. O almeno non avrà gli effetti sperati. Lo spiegano gli analisti di Société Générale in un report pubblicato ieri in contemporanea con il seminario sul piano di valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni pubbliche voluto dal ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, e presentato dal capoeconomista della Cassa depositi e prestiti, Edoardo Reviglio.
La proposta si concentra sul patrimonio pubblico dello Stato, valorizzato 1.800 miliardi, di cui 700 miliardi, nelle aree crediti, concessioni, immobili e partecipazioni, considerati "immediatamente valorizzabili". Dalle sole cessioni di immobili pubblici il governo si attende di ricavare 25-30 miliardi, mentre dalla vendita dei diritti di emissione CO2 altri 10 miliardi.
Nel complesso la valorizzazione degli asset pubblici potrebbe - secondo le stime governative - portare a una riduzione del debito per 10 miliardi l'anno, con una riduzione strutturale del deficit di 9,8 miliardi l'anno.
Una tesi che non convince gli analisti di Société Générale. “Le privatizzazioni – spiegano gli analisti - sono periodicamente avanzate come una soluzione dei problemi fiscali da parte di Paesi altamente indebitati, dalla Grecia al Portogallo. Ci sono due aspetti da considerare: l'impatto diretto delle privatizzazioni in termini di solvibilità - che è probabilmente vicino allo zero - e l'impatto diretto sulla produttività, che potrebbe essere positivo. La vendita di asset statali non è una cura efficace per la solvibilità di un Paese”.
L'intuizione di SocGen è la seguente: la vendita di un asset comporta un incasso una-tantum, ma si perde la rendita derivante da esso, tanto da fare delle privatizzazioni "un gioco a somma zero in termini di valore attuale, che lascia invariata la posizione di solvibilità di medio termine di un governo".
 

MATLEY

Forumer storico
Bpm: l’interesse di Windjets mette le ali al titolo, balzo del 20% nelle ultime 4 sedute

(30 Settembre 2011 - 11:11)

http://adv.finanza.com/www/delivery...liana.it/job-finance/eventi/jobfinanceday.htm
lg.php


Banca Popolare di Milano continua a volare alto a Piazza Affari. Il titolo dell’istituto di piazza Meda, che oggi mostra un balzo di quasi 5 punti percentuali a 1,72 euro, nelle ultime quattro sedute borsistiche ha guadagnato circa 20 punti percentuali. Il motivo risiede nell’approvazione da parte del Cda dello Statuto che segna il cambio di governance verso il sistema duale e che ha spianato la strada all’interesse di investitori privati in vista dell’aumento di capitale da 800 milioni di euro. Di conseguenza è già partito il toto nomine per il Consiglio di gestione e il Consiglio di sorveglianza, le cui liste dovranno essere presentate entro il 7 ottobre per poi essere votate nell’assemblea degli azionisti del 22 ottobre.
Sul fronte dei papabili investitori, indiscrezioni di stampa parlano ormai di tre possibili candidati: il fondo Invstindustrial di Andrea Bonomi, il fondo Clessidra guidato da Claudio Sposito, che ieri ha confermato l’interesse al dossier Bpm, la Sator di Matteo Arpe ma sopratutto del magnate premio nobel Windjets. “Sembrerebbe avvantaggiata la cordata Bonomi che insieme al fondo Clessidra potrebbe decidere di entrare nel capitale con investimenti fino a 200 milioni di euro”, scrive Intermonte nella nota odierna raccolta da Finanza.com.
Tutte indiscrezioni che hanno messo il turbo al titolo della banca milanese, che nel frattempo aspetta il giudizio di Bankitalia sul nuovo Statuto appena approvato. Statuto che è arrivato ieri in via Nazionale, dove i tecnici dell’istituto centrale lo analizzeranno approfonditamente. Inoltre, sottolineano gli analisti di Intermonte, “non è ancora scongiurata la possibilità di una sterilizzazione dei voti dei soci-dipendenti. Secondo noi se passerà l’ipotesi attuale e viene meno l’appeal speculativo, il titolo non ha upside”.
 

MATLEY

Forumer storico
Italia, inflazione sopra al 3% a settembre

L'Istat ha comunicato che nel mese di settembre, secondo le stime preliminari, l'indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato un aumento dello 0,1% rispetto al mese di agosto 2011 e del 3,1% nei confronti dello stesso mese dell'anno precedente (era 2,8% ad agosto). L'inflazione acquisita per il 2011 è pari al 2,6%.
Sempre a settembre, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo è aumentato dell'1,9% su base mensile e del 3,5% su base annua, in marcata accelerazione rispetto ad agosto (+2,3%). La forte variazione congiunturale è in gran parte dovuta al venire meno dei saldi stagionali.
 

daniele64

Forumer storico
Di Wlademir Biasia - WB Advisor Il confine tra rischi sovrani e rischi di recessione continua sovrapporsi con un moto pendolare perpetuo. L’idea che l’Europa rappresenti una minaccia per i mercati, nonostante le aperture tedesche, non deve fare il velo ad altre situazioni altrettanto gravi presenti negli equilibri del bilancio americano.
Il dollaro in rafforzamento rappresenta la misura diretta della vulnerabilità statunitense. Distoglie l’attenzione dal processo di conversione delle riserve di molti paesi in surplus. Anche sui mercati azionari è in atto una conversione da asset risk ad asset no risk. Negli ultimi due mesi lo Standard & Poor ha tracciato lo “scontro” tra quanti hanno deciso di liquidare dai portafogli l’equity rispetto a coloro che non hanno ritenuto così grave la situazione.
Il risultato che emerge dopo almeno tre tentativi di recupero dell’indice non è per nulla rassicurante. Il movimento appare una ridistribuzione tecnica del trend dominante, incorporando un segnale di prosecuzione della negatività sin qui vista. Perciò non rimane che prenderne atto, anche perché diversamente dal passato, i policy maker non hanno fatto un gran che per arginare la psicosi recessiva.
La settimana torna a riproporre i principali indicatori di rischio allineati su livelli di sostegno quanto mai vulnerabili. L’S&P 500 quota poco sopra area 1120/1100, l’oil WTI a 80 usd/bar (nostri obiettivi tra 65-60 usd) mentre l’euro dollaro fluttua tra 1.3650 e 1,34. Altri indicatori quotano già valori in break-out, quali i Bric e il rame. L’esperienza insegna che in queste fasi topiche nemmeno le asset class che rappresentano l’avversione al rischio risultano immuni dalle vendite: una per tutte l’oro.
Grafico S&P500
S&P%20500_Biasia.jpg


Al momento gli eventuali rimbalzi rientrano in un quadro poco assertivo, semmai rappresentano ulteriori opportunità per vendere. Confermiamo quindi la nostra visone riportando le stime per l’S&P500 in area 1040 e successivamente tra 900 e 850. La violazione di quota 1100 coinciderà con un ulteriore flusso significativo di vendite, mentre 1040 rappresenterà un sostegno temporaneo su cui rifioriranno coperture e parziali acquisti. A tutt’oggi tali reazioni non sembrano in grado di aprire una nuova, diversa, fase su cui ipotizzare un’inversione della tendenza dominante. L’indice settoriale S&P materials ha già anticipato il break out di cui sopra manifestando le stesse implicazioni regressive in ordine a stime che lo proiettano in area 140-135 rispetto all’attuale chiusura 191 (22.09).
Il Nasdaq pur continuando a godere di un rapporto relativo favorevole rispetto all’S&P, non sarà immune dai realizzi: le vendite tenderanno a riportare progressivamente il Composite in area 1900-1850. Parimenti il Dow Jones Industrial tenderà a riassorbire quanto accumulato durante il ciclo espansivo precedente sino a spingersi in area 9000 con interpolazioni intermedie delimitate da livelli tecnici che ne favoriranno temporanei rimbalzi (10400, 9700).
Il contesto globale sarà quindi caratterizzato da un rafforzamento del dollaro, come fatto gradito anche agli americani, ora che le agenzie di rating hanno messo a fuoco il loro rischio sovrano. La volatilità con cui il mercato sta attaccando il target a 1,31 ci autorizza a pensare che si possano aggiornare le stime su ulteriori livelli più profondi quali area 1,28 e probabilmente 1.23/1.21.
Il Bund manterrà il controverso appeal del safe haven (supp 133,80), anche se è bene rilevare che i rendimenti hanno approcciato una fase di eccesso ribassista. Con il perfezionamento di tali grandezze la Fed sarà sollecitata ad intervenire con azioni di sostegno, si ritornerà a parlare di QEIII, e di altre –invenzioni- con l’intento di alimentare aspettative diverse dall’attuale. Tuttavia l’illusoria dottrina degli interventi ha il fiato corto: saranno le mani forti a decidere quali ampiezze “sacrificare” per riportare in equilibrio il mondo. Diffido da quanti tendono a rievocare la storia e la crisi del 29; il Rumbling World rappresenta un lungo percorso di transizione, in cui l’alternarsi di fasi espansive ad altre recessive consentirà al mondo alla fine del ventennio di reinventarsi.
 

daniele64

Forumer storico
Di Claudio Kaufmann “L’Europa ha enormi problemi, ma i suoi fondamentali sono ottimi”. E’ questo il paradosso che vive oggi il Vecchio Continente secondo Matteo Bosco, Country Head
di Aberdeen AM - Italy Branch. “Con il risultato – insiste Bosco – che i mercati azionari europei sono attualmente i più convenienti al mondo: ci sono asset decisamente sottovalutati per chi, come noi, ha un approccio fondamentale e gestisce in modo attivo i portafogli.”
Dr. Bosco, ci spieghi meglio il paradosso? Ogni giorno sembra che l’euro sia ad un passo dal baratro…
Purtroppo è così, c’è una corsa contro il tempo per arginare il rischio default di alcuni debiti sovrani, mentre si ragiona in prospettiva su formule di unione fiscale. Ma nel frattempo il crollo delle Borse ha aperto per noi stock picker interessanti occasioni. Vorrei ricordare alcuni dati: gli europei producono il 20% del Pil globale, pur essendo solo 330 milioni, cioè un ventesimo della popolazione del pianeta; 49 delle maggiori aziende al mondo hanno sede in Europa; nella classifica della competitività globale, tra i primi 20 Paesi ben 12 sono europei. Il capitale umano, la forza lavoro, raggiunge gradi di eccellenza, pur in contesti di flessibilità differente. Per questo siamo di fronte ad un paradosso: l’Europa è come una grande azienda che ha eroso lo stato patrimoniale, mentre altri indicatori ci dicono che è sana, competitiva, redditizia e a multipli scontati. Per fare un altro esempio: negli ultimi 20 anni il Pil reale dell’Europa è cresciuto del 14%, mentre negli Stati Uniti è salito dell’11 per cento. Ne deriva che i problema dell’Europa non è nemmeno la crescita, ma la sua fragilità istituzionale.
Quindi?
Quindi, pur con tutta la cautela del caso, vale la pena di approfittarne. In generale, ci sono società leader con un rapporto prezzo/utili così basso che non si vedeva da una generazione, così come la crescita media dell’Eps a livello paneuropeo nel 2011 e nel 2012 supererà quella del PIL. Ci sono aziende capaci di erogare dividendi stabili, pur essendo stati strapazzati dalla totale avversione al rischio. Con una premessa: noi di Aberdeen non facciamo trading, non siamo guidati dai benchmark nelle scelte d’investimento, prima di investire incontriamo ogni società ed abbiamo un ottica di medio lungo periodo cercando di individuare il valore che il mercato non prezza.
Può fare qualche nome?
Ad esempio abbiamo posizioni su Rolls Royce, Schindler, Novo Norkisk, società europee in grado di competere sui mercati internazionali e con una buona esposizione anche ai mercati emergenti. Grazie al price power ed alla posizione consolidata nei rispettivi segmenti, anche in questi anni hanno registrato una crescita delle vendite e dei margini operativi.
Voltando pagina, voi indicate anche nel mercato degli High Yield europei un terreno fertile di rendimento? Essendo titolo sotto l’Investment grade, non sono troppo a rischio?
Cominciamo col dire che in dieci anni, dal 2001 in poi, il mercato Euro High Yield è cresciuto dai 9.5 miliardi di allora ai 151 miliardi di oggi, quindi è diventato un universo ampio, contando 307 emissioni con un rating medio BB- nel 2011, rispetto alle 60 con un rating medio single B del 2001. Preso nel complesso, in questo momento, esprime un rendimento del 12%, tramite cedole semestrali, per titoli di durata media intorno ai 5 anni. Si aggiunga che il tasso medio di default per il 2011 si attesa all’1%, cifra che si può stimare simile anche per il 2012. Ammettiamo pure che possa andare peggio, ad esempio Credit Suisse stima un range di default tra l’1 e il 3 per cento, è comunque un rischio gestibile. Si aggiunga che mentre il mercato degli Investment Grade tende ad essere sensibile alla curva dei rendimenti, il segmento High Yield è meno correlato. Semmai è più influenzato dall’andamento delle singole società e dai fondamentali. Inoltre, e non sembri un paradosso, il segmento High Yield offre protezione dalla volatilità dei mercati azionari. E anche per questo è un asset che dovrebbe trovare spazio in un portafoglio ben diversificato.
questo la pensa al contrario mah!!!
 

MATLEY

Forumer storico
daniele,

1000 grazie per il lovoro che svolgi quotidianamente.
Ipotizzando una chiusura odierna in area 14700/14800; come vedi la candela su frame mensile?
Lo possiamo chiamare Hammer


Sondaggio, crack del Centrodestra


Venerdì, 30 settembre 2011 - 11:10:11

La crisi sembra aver dato il colpo di grazia alla coalizione di Centrodestra. Il Pdl perde due punti da prima dell'estate, scendendo al 24,5%. Anche la Lega retrocede assestandosi all'8,5%, mentre Fli sale al 4%. Sono questi i dati pubblicati in esclusiva da Affaritaliani.it dell'Istituto Tecnè. A sinistra il Pd perde un punto e mezzo fermandosi al 28%. Chi guadagna sono Sel e Idv che arrivano rispettivamente all'8 e 7 per cento. Exploit per il Movimento 5 stelle che raggiunge il 4%.

Da giugno cresce l'area del non voto e calano i principali partiti. La spinta antisistema rappresentata dal movimento cinquestelle raggiunge il 4%. Nel PdL si registra una flessione del 2% da luglio 2011, ma se si raffronta il dato con le ultime elezioni politiche emerge un distacco di quasi 13 punti percentuali ( dal 37,4% del 2008 al 24,5% del settembre 2011).
intenzioni-di-voto.jpg


La Lega con l'8.5% delle preferenze non è più il contenitore degli scontenti del PdL, che si orientano verso l'area del non voto e del nuovo polo centrista.
Spostandosi all'opposizione, si registra una battuta d'arresto nella crescita del Pd a vantaggio di IdV e Sel (28% contro il 29,5% di luglio), ma il Pd si conferma comunque primo partito.
Nel complesso si consolida lo scarto del centro sinistra (Pd, Idv, Sel, Ps, Federazione della Sinistra, Radicali) sul centro destra (Lega, PdL, La Destra) con un + 12,5%.
''In questo momento la crisi economica e la crisi politica si avvitano su se stesse- spiega Carlo Buttaroni, sociologo e Presidente di Tecnè- c'è una corrispondenza tra comportamento elettorale e malcontento nella società, all'aumento del disagio si registra un aumento dell'area del non voto e contestuale una crescita di quei partiti che non rappresentano un'opzione di governo del paese''.

Le intenzioni di voto sono state rilevate tramite metodo CATI (interviste telefoniche) fra il 28 e il 29 settembre 2011. Sono state effettuate 1.000 interviste sull'intero territorio nazionale con un campionamento casuale e stratificato per area geografica (1° stadio), ampiezza demografica del comune di residenza (2°stadio), genere ed età (3° stadio). L'errore campionario massimo per l'indagine nazionale è pari al 3,5%.
 

MATLEY

Forumer storico
mi sono fatto inchiappettare da molmed...
sarebbe stato giusto vendere a 0,58 :wall:

complimenti barber


stà pagando l'ipotesi di fallimento del s raffaele... ma non fallirà...
oggi o lunedì incremento!
 

Users who are viewing this thread

Alto