MILANO, 8 agosto (Reuters) - La crescita del costo del debito in Italia, nel 2011, e la riduzione del credito bancario, dal 2008 al 2011, hanno inciso e talvolta reso insufficienti le possibilità di remunerazione del capitale d'impresa da parte degli imprenditori. Il risultato è una "distruzione" di ricchezza che colpisce in particolare le grandi imprese, mentre migliori sono i risultati del 'made in Italy' e delle aziende medie e medio-grandi. Negli ultimi dieci anni, inoltre, sono cambiate le modalità di finanziamento delle imprese italiane, la cui esposizione debitoria nei confronti delle banche è calata di oltre il 25%.
Questa analisi è contenuta nel rapporto annuale dell'Ufficio studi di Mediobanca, il quale prende in esame i dati cumulativi di 2032 società con sede in Italia, nelle loro attività con ricaduta sull'economia domestica.
Secondo lo studio, nel 2011 il costo del debito è salito dal 5,6% al 6%. Nel contempo, il rendimento netto del capitale (Roi - return on investment) realizzato dalle imprese italiane è stato del 5,8%, ossia insufficiente a remunerare il capitale impiegato nell'industria, sia proprio che preso a debito, il cui costo medio è stato del 7,2%. La differenza tra le ultime due cifre, si legge nell'analisi, costituisce una "distruzione di ricchezza" pari a 1,4 punti percentuali.
Questa tendenza negativa ha colpito in particolare i gruppi più grandi, il cui gap nel 2011 è stato del 5,2%. Inferiore la distruzione di valore sulle imprese medie e medio-grandi (il cosiddetto 'IV capitalismo': -1,3%), mentre le imprese a controllo estero hanno visto una creazione di ricchezza pari a +1,5%, grazie alla elevata redditività del capitale.
Nel 2011, inoltre, il Roe (return on equity) è stato inferiore al rendimento netto degli impieghi finanziari in Btp, passati dal 3,4% al 4,9%. Il differenziale è negativo di 1,5 punti, eccetto per il 'made in Italy' e il 'IV capitalismo'.
Nonostante un aumento del credito bancario nel 2011, la tendenza del triennio 2008-2011 è stata quella di una riduzione dei finanziamenti in arrivo dalle banche italiane pari a 11,5 miliardi di euro in meno, con una "importante contrazione del debito bancario a medio lungo termine" e una contemporanea espansione di quello a breve.
A fronte del credit crunch, poiché negli ultimi tre anni i debiti finanziari complessivi sono comunque aumentati di 6 miliardi di euro, l'ufficio studi di Mediobanca calcola 17,5 miliardi reperiti su circuiti di debito non bancario. In particolare, si tratta di 13 miliardi raccolti con obbligazioni e 4,5 miliardi attraverso finanziamenti intercompany. Di questi ultimi avrebbero beneficiato sopratutto le divisioni italiani di multinazionali o di consociate internazionali.
In totale, nell'ultimo decennio, l'esposizione debitoria delle imprese italiane alle banche è diminuita, passando dal 50,8% del debito finanziario nel 2002 al 37,2% nel 2011.