La continuità di interessi del ministro Passera | Linkiesta.it
Lo “strano” caso dell’ex banchiere. Che si tratti di Alitalia o di Telecom, delle acciaierie Riva, dei treni Ntv di Montezemolo, di cui Intesa ha il 20%, o anche delle opere pubbliche affidate al viceministro Mario Ciaccia, che di questo si occupava peraltro in Banca Intesa, nel caso del ministro dello Sviluppo più che un conflitto c’è piena continuità di interessi da portare avanti.
Un disastro ambientale doloso, si legge nelle motivazioni del Tribunale del Riesame che ha confermato il sequestro degli impianti, «determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti». La proprietà ha un nome: Emilio Riva, storico cliente di Intesa Sanpaolo. Già processato e condannato due volte, sempre per reati ambientali, Riva è stato un buon cliente di Intesa.
Quando nel 2008 c’è stato da congegnare il “salvataggio di sistema” di Alitalia, operazione su cui Passera si giocava la sua credibilità di banchiere di sistema, l’attuale ministro non ha fatto fatica a trovare un socio pronto a mettere sul tavolo 120 milioni di euro: era Riva. «Sappiamo bene che non ci guadagneremo», disse l’industriale dell’acciaio, ma un grande paese come l’Italia «non può fare a meno di avere una compagnia di bandiera». Nemmeno può fare a meno di avere una grande acciaieria. E infatti, coerentemente, Passera ha espresso da subito, non senza ragioni, la sua contrarietà a «decisioni irrimediabili come lo spegnimento», facendosi garante di un percorso di ritorno alla legalità che tenga insieme ambiente, salute, posti di lavoro e, ovviamente, il business dei Riva.