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02/07/2013 09.24
Bric, fine di un'era?
L'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, ha rilasciato a metà giugno le stime preliminari per i Paesi del G20 ed i Bric deludono, con il Brasile che mette in mostra una crescita sostanzialmente stabile, mentre Cina e India sono in vistoso rallentamento. Intendiamoci, la crescita cinese risulta essere la più forte del gruppo con un +7,7% su base annua, ma il ridimensionamento rispetto al recente passato è evidente. Brutto colpo poi per l'India, dove la crescita è passata dal +1,2% dell'ultimo trimestre del 2012 allo 0,5 per cento dei primi tre mesi del 2013. Ma i problemi di questi paesi non stanno solo nella riduzione del tasso di crescita. Lunedi' 24 giugno la borsa di Shanghai ha lasciato sul terreno il 5,3%, la peggiore performance dall'agosto del 2009. La Cina sta affrontando una grave crisi di liquidità, tanto che recentemente sui mercati si era anche diffusa la voce di un default temporaneo della Banca centrale cinese. Il mercato del debito interbancario è in difficoltà, i tassi relativi al repo a 7 giorni sono saliti anche oltre il 12% ed anche se successivamente si sono stabilizzati a circa la metà di quella soglia sono sempre troppo elevati per gli istituti medi e piccoli che dipendono in modo pesante dal debito interbancario. La crescita del costo del denaro non è un fattore esogeno ma risponde ad una precisa strategia del governo cinese che vuole mettere un freno al mercato del credito, in particolare di quello immobiliare. La banca centrale diffonde tramite l'agenzia ufficiale Xinhua comunicati tranquillizzanti nei quali si legge che i livelli di liquidità attuali sono adeguati a dispetto del loro apparente prosciugarsi, ma i mercati sono diffidenti. Goldman Sachs ha tagliato recentemente, come del resto altri principali player internazionali, le proprie stime relativa alla crescita del Pil cinese a causa del peggioramento del quadro finanziario interno al paese. Secondo la banca americana la crescita del prodotto interno lordo sarà del 7,4% nel 2013 dal precedente 7,7% e del 7,8% nel 2014 dal precedente 8,4%. Anche l'agenzia di rating Standard & Poor's lancia un allarme sulla tenuta del sistema bancario cinese. A fronte di una mancata riduzione dei tassi sui prestiti overnight l'economia del Paese potrebbe venire danneggiata anche nel lungo periodo ed a risentirne in particolare sarà la qualità degli asset ed i profitti delle banche. Appare comunque evidente che Pechino ha deciso di iniziare a seguire una strada diversa rispetto a quella percorsa negli ultimi 20 anni, inserendo tra gli obiettivi da raggiungere anche quello della stabilità sociale e non solo quello della crescita, in modo da livellare almeno in parte le significative ineguaglianze venutesi a creare a seguito dell'espansione. Il passaggio da un sistema votato alla quantità ad uno dove è importante anche la qualità, in definitiva il passaggio da economia emergente a matura, non sarà probabilmente facile da gestire, il rischio che l'economia cinese vada incontro ad un hard landing come conseguenza dello scoppio di una delle tante bolle che si sono gonfiate di recente nel Paese esiste ed è quindi necessario ridurre in modo graduale la concessione del credito per stabilizzare il sistema, anche a costo di tirare eccessivamente il freno nel breve termine. Quello che è stato per anni il motore della crescita economica globale potrebbe quindi iniziare a girare più in basso, ed anche la borsa dovrà adeguarsi a queste nuove politiche monetarie ed economiche. Ma non è solo la Cina a denunciare problemi di crescita e di instabilità finanziaria. Ancora più preoccupante è infatti forse la condizione dell'economia indiana: la crescita del Pil nell'ultimo quadrimestre, resa nota a fine maggio, è stata dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, dal 4,7% al 4,8%, l'espansione per l'anno fiscale 2012-2013 si è ridotta al 5% dal 6,2% del precedente anno fiscale. Siamo ben lontani quindi dal 9,3% del 2010-2011 ed anche dalle stime del governo di una crescita nell'intervallo compreso tra il 6,1% ed il 6,7% (ma la Rbi, la banca centrale indiana, si attende un più realistico 5,7%). Il giudizio del Fondo monetario internazionale sulla economia della Russia non è certo più incoraggiante. Gli esperti di Washington hanno evidenziato al termine della visita annuale tenutasi tra il 5 ed il 18 giugno una crescita debole ed una inflazione ancora alta, fattori legati alla debolezza degli investimenti e della domanda estera. I dubbi sull'andamento della domanda di materie prime, e quindi dello loro quotazioni, a causa in particolare del rallentamento di Cina ed India non possono non deprimere anche l'economia, e di conseguenza la borsa, russe: l'andamento del rublo è fortemente legato a quello del prezzo del greggio, così come l'indice di borsa è caratterizzato da una buona presenza di titoli minerari, fattori positivi quando l'economia globale tira ma che si trasformano in zavorre in fasi di incertezza come l'attuale. La crescita economica del paese per l'anno in corso è stimata dal Fondo monetario intorno al 2,5%, del 3,25% nel 2014. L'inflazione rischia di rimanere tra il 5 e il 6 per cento per il 2013 per poi scendere tra il 4 e 5 per cento nel 2014. La ricetta dell'Fmi per rimettere il paese in carreggiata è quella di una politica di medio termine volta ad un maggiore rigore di bilancio, basato sui tagli di spesa, che lasci spazi ad investimenti in infrastrutture e nella spesa sociale. Il calo dei prezzi delle materie prime non colpisce solo la Russia ma penalizza anche l'economia del Brasile. L'Instituto brasileiro de geografia e estatística (Ibge) ha pubblicato recentemente i dati relativi alla crescita del Pil nel primo trimestre dell'anno, un deludente 0,6% rispetto agli ultimi tre mesi del 2012 ed a fronte di attese non inferiori al punto percentuale. Preoccupanti anche le attese per il futuro. L'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nell'ultima relazione semestrale "Prospettive economiche dell'Ocse" prevede sia un forte balzo dell'inflazione rispetto ai target fissati dall'Esecutivo e dal Banco central (Bc), sia uno sviluppo a ritmi più moderati rispetto a quelli previsti dalla stessa Ocse solo sei mesi prima. In concomitanza con questa situazione di incertezza la Banca centrale ha deciso di alzare di mezzo punto percentuale il costo del denaro (mentre le attese del mercato erano per un rialzo dello 0,25%) per tenere sotto controllo l'andamento dell'inflazione, già scesa ad aprile rispetto a marzo dal 6,6% al 6,5%. -------------------------------------------------------------------------
(AM)
(FTA Online News)