Obama contro S&P | Phastidio.net
Martedì scorso, l’Amministrazione Obama ha formalmente accusato l’agenzia di rating
Standard& Poor’s di aver mentito agli investitori sul reale stato del mercato immobiliare statunitense nell’imminenza dello scoppio della bolla
subprime, perché ciò avrebbe significato perdere clienti, cioè le società che richiedono l’emissione di un rating su proprio debito. La mossa ha conseguenze potenzialmente di vasta portata, non solo per S&P ma più in generale per tutto il sistema delle agenzie di rating, ed è verosimilmente destinata a causare ampi fraintendimenti anche a casa nostra, dove già vi sono evidenze di un improprio protagonismo di frange della nostra magistratura inquirente, nella più placida inconsapevolezza di una politica che ha ormai perso il polso dei tempi. Ma andiamo con ordine.
Intanto, l’azione legale è di tipo civile e non penale, ed è promossa dal Dipartimento di Giustizia del governo federale, a cui si sono finora affiancati gli
attorney general di sedici stati oltre al District of Columbia. L’accusa per S&P è di aver deliberatamente gonfiato i rating di titoli di debito aventi come sottostante mutui ipotecari di tipo subprime, non procedendo a revisioni al ribasso del merito di credito pur in presenza di evidenze di deterioramento del mercato immobiliare già dal 2004. Il Dipartimento della Giustizia chiede a S&P un risarcimento di 5 miliardi di dollari, che è pari ad un multiplo del fatturato annuale di S&P (pari a 1,77 miliardi di dollari nel 2011) e quasi eguale all’intero giro d’affari della sua controllante, la casa editrice
McGraw Hill, che nel 2011 è stato di 6,25 miliardi di dollari.