Certo. In breve: a partire dal 2010, la percentuale di "creazioni" nel settore dell'alta tecnologia (in particolare, nello sviluppo del software) è aumentata moltissimo in Asia e in altri Paesi che di solito consideravamo meno sviluppati sotto il profilo tecnologico, come il Brasile, giusto per citarne uno.
Ciò produce due effetti, tra i tanti:
a) taglia il fatturato, quindi gli investimenti, per i produttori tradizionali (Europa, USA) impoverendoli
b) scatena una corsa verso nuove tecnologie che avrà, tra gli altri, l'effetto di ridurre la quantità di lavoro umano necessaria per le attività quotidiane, aumentando potenzialmente il numero di persone disoccupate o sotto-occupate
L'Occidente, e l'Europa in particolare, non possono sostenere lo stile di vita di cui abbiamo goduto fino a qualche anno fa (salute, educazione, sostegno alla disoccupazione, ma anche diritti umani e civili, minore - rispetto a oggi - disuguaglianza tra le classi sociali) a meno di non avere una politica economica, finanziaria e fiscale
realmente condivisa dal numero più grande possibile di Paesi. La concorrenza è troppo forte e spregiudicata per pensare che i singoli Paesi da soli, agendo in maniera non armonizzata, possano farcela.
Ecco perché, in maniera molto sintetica, mi trovo molto vicino ai post di Paolo Baroni. La strada è lunga (e chi sa agire nel breve fa bene a provarci, io non sono in grado) ma ritengo che lì si arriverà.