Dilemma sudafricano
Perché una moneta troppo forte mina la ripresa.
di Michele Esposito
Moneta forte e bassa inflazione non sono indicatori sempre positivi per un'economia nazionale. Basta chiederlo alla leadership del Sudafrica, il Paese con il prodotto interno lordo più alto del continente africano.
Luogo dalle potenzialità infinite, all'inizio del 2000 si è reso protagonista di un vero e proprio boom economico, sfruttando al meglio il flusso di investimenti e capitali dall'estero unito a una certa stabilità finanziaria e soprattutto valutaria. Proprio quest'ultima, però, si è trasformata in una sorta di boomerang: una valuta forte scoraggia, infatti, gli investitori stranieri da cui il Paese non può prescindere.
RAND FORTE, ECONOMIA DEBOLE. Così, nei primi due mesi del 2011, il dilemma degli economisti sudafricani ha assunto un nome ben preciso: rand, ovvero la moneta ufficiale in vigore dal 1961, anno dell'indipendenza nazionale.
A una valuta robusta si è affiancata poi un'economia ancora fragile che, negli utlimi due anni, complice la crisi finanziaria globale, ha frenato il suo trend positivo. Un andamento che, se il nuovo rebus finanziario non sarà risolto, è destinato a un ulteriore, preoccupante calo. «La valuta forte sta derubando il Sudafrica della sua crescita potenziale», è stato l'allarme lanciato al
Wall Street Journal da Colen Garrow, analista della Brait SA, la più importante società di private equity del Paese.
Il Paese potrebbe crescere solo del 3,5% invece del 5,5%
Il cambio Rand-dollaro oggi è di circa sette a uno e, nel dicembre scorso, ha toccato il picco di 6,55 rand per un dollaro. Secondo Garrow il cambio tra la moneta sudafricana e quella statunitense dovrebbe scendere almeno a otto a uno per far sì che la crescita del Paese «raggiunga un incremento del 4% nel 2011».
DUBBI SULLE POLITICHE OCCUPAZIONALI. In caso contrario per il Paese che ha ospitato i Mondiali di calcio del 2010 potrebbero prospettarsi tempi difficili con un ulteriore taglio degli investimenti stranieri che, negli ultimi mesi, sono già diminuiti a causa del calo generale dei prezzi e dell'incertezza sull'esito delle recenti politiche occupazionali, in particolare legate al lavoro minerario, varate dal governo.
Se il Sudafrica non riuscirà a conciliare la sua moneta forte con un'economia ancora debole, il tasso di crescita atteso per il 2011 sarà di circa il 3,5%, inferiore quindi all'incremento atteso per l'Africa sub-sahariana nel suo complesso, che dovrebbe collocarsi al 5,5%. E per la maggiore economia dell'area il contraccolpo sarebbe notevole visto che, ancora oggi, un quarto della popolazione naviga nella disoccupazione.
Lo slancio economico del Mondiali di calcio 2010
Paese di forti contrasti, il Sudafrica tra il 2004 e il 2007 si è reso protagonista di una rapida e massiccia crescita economica, partita grazie alla ricchezza di materie prime e giunta a influenzare i servizi commerciali e finanziari delle metropoli sudafricane, su tutti Johannesburg, cuore economico della nazione.
In seguito, la crisi della maggiore compagnia elettrica, la Eskom, che, per problemi legati alle centrali più obsolete fu costretta a tagliare le fornitura in diverse città, e la caduta dei prezzi e della domanda di commodity dovuta allo tsunami finanziario mondiale hanno minato il trend di crescita di un Paese costretto comunque a far fronte a pesanti diseguaglianze sociali figlie dell'apartheid e a un sistema di trasporti inadeguato.
PIL 2010: 527 MILIARDI DI DOLLARI. Nel 2009, il Pil nazionale, dopo anni di crescita, registrò un calo del 2%. Poi, al pari di altri grandi Paesi emergenti del pianeta, è subentrata una leggera ripresa, che ha avuto il suo picco con l'organizzazione dei Mondiali di calcio dello scorso anno, durante i quali più di 1 milione di stranieri hanno visitato il Paese.
Nel 2010, così, grazie a un ritrovato sviluppo (+3%), il Pil, nonostante il Sudafrica sia lontano dai nuovi grandi colossi economici del pianeta come Cina e Brasile, ha raggiunto quota 527 miliardi di dollari, posizionando la patria di Nelson Mandela al 26esimo posto nel mondo.
Distribuzione iniqua della ricchezza nazionale
Il reddito pro-capite - 10.700 dollari, al 105esimo posto nella classifica globale - resta invece basso, prova tangibile di una distribuzione delle risorse ancora lontana dall'equità. Ora, per uno dei maggiori produttori mondiali di oro, platino e diamanti, il dilemma della valuta potrebbe oscurare un 2011 che invece era stato considerato come l'anno del rilancio definitivo dell'economia.
Del resto, la vivacità dei mercati capitali mondiali non permette di individuare il tasso di cambio 'perfetto' per la crescita di un Paese che, in ogni caso, non vuole spaventare i suoi investitori.
EXPORT A RISCHIO. Un massiccio intervento da parte della Banca centrale per svalutare la moneta condurrebbe a una rapida e certa inflazione dei prezzi dei prodotti, allontanando così non solo le esportazioni (la cosiddetta 'moneta calda') ma anche gli investimenti diretti dall'estero che, lo scorso anno, hanno subito una brusca caduta, precipitando a 1,3 miliardi di dollari.
Un ulteriore calo potrebbe acuire i forti contrasti di un Paese che, con il suo rapido sviluppo, cerca di nascondere problemi sociali ormai decennali.
Venerdì, 04 Marzo 2011