Jesi (Ancona), 13 marzo 2014 - «ADESSO la banca è in ordine. Conosciamo esattamente la situazione dei conti, punti di forza e di debolezza. Il lavoro di risanamento ancora non è finito, anzi, ma continua con tranquillità, seguendo la linea di una sana e prudente gestione. Ad oggi nessun investitore interessato alla banca ci ha contattato, ma le porte sono aperte: chi vuole può farsi avanti, l’importante è che abbia a cuore il bene di questo istituto». Giuseppe Feliziani e Federico Terrinoni sono i commissari che hanno in mano le redini di Banca Marche. In questo colloquio esclusivo con il Resto del Carlino fanno il punto sullo ‘stato di salute’ della banca, realtà forte di circa 3.200 dipendenti e 320 filiali, radicate non solo nelle Marche, ma anche in Emilia Romagna, Abruzzo, Lazio, Umbria e Molise, 550mila clienti, 17 miliardi di impieghi. Un gruppo di dimensioni non trascurabili che stava scricchiolando pericolosamente gravato soprattutto da zavorre di crediti a rischio, concessi senza complimenti. A fine agosto, dopo l’ennesima semestrale da allarme rosso — tant’è che sulla banca ad oggi graverebbe un ‘buco’ di circa 800 milioni di euro —, ecco la decisione della Banca d’Italia di intervenire pesantemente, prima con una gestione provvisoria e dopo, da ottobre, con l’inizio dell’amministrazione straordinaria. Tanti saluti, quindi, ai vecchi vertici: tutto azzerato. Una missione di risanamento non facile affidata appunto a Feliziani, già al vertice della bolognese Carisbo e responsabile territoriale per Intesa Sanpaolo di Emilia Romagna, Marche e Abruzzo, e di Terrinoni, 40 anni di carriera in Vigilanza. Al loro fianco un comitato di sorveglianza e l’intera forza lavoro del gruppo, deciso a risalire la china. Poche parole, molto impegno.
«IL COMMISSARIAMENTO ha creato smarrimento sia dentro che fuori la banca. Una delle nostre prime fatiche è stata quella di portare serenità, cercando anche di ricompattare le fila», ricordano Feliziani e Terrinoni. «Abbiamo incontrato fin da subito — continuano — i rappresentanti di istituzioni, associazioni e categorie, portando avanti un lavoro capillare dove operiamo. Doveva passare un messaggio chiaro: questa banca è al sostegno del territorio. Volevamo conquistare fiducia: dalle imprese e dalle famiglie. Sforzi che ci hanno premiato. Abbiamo più clienti che entrano rispetto a quelli che escono. Questo è importante, perché significa che non ci siamo indeboliti. Inoltre avevamo promesso di tornare a essere uno dei motori della regione Marche. Così è stato: lo dimostra il plafond da 20 milioni di euro per finanziamenti al turismo alberghiero, appena stanziato. E a breve ce ne sarà un altro per l’agricoltura». In questi mesi, l’impegno dei commissari si è concentrato sulla riorganizzazione del gruppo dal punto di vista gestionale e commerciale. Con l’arrivo ‘da fuori’ di nuovi dirigenti.
«Intanto — spiegano i commissari — l’entrata di manager non è un’offesa verso chi già lavorava per Banca Marche. Le chance ci sono per tutti. Era necessario però creare una osmosi tra diverse capacità ed esperienze. Ora l’istituto ha un comitato di direzione centrale incaricato di indirizzare e di controllare la rete». Un segnale di discontinuità e di ‘rottura’ con una gestione poco produttiva? «Adesso l’attività è più stabile e ordinata — rispondono i commissari —. Il mercato è diverso dal passato, le abitudini dei clienti sono cambiate, hanno bisogno di risposte veloci, di prodotti specifici, moderni. Infatti stiamo rivedendo e riaggiornando il nostro portafoglio di offerte. Dobbiamo anche riorientare al meglio il modello di servizio della rete, con più attenzione verso esigenze diverse della clientela, che fisicamente viene sempre meno in filiale, servendosi per i servizi di strumenti sempre più evoluti». Sotto la lente è finita anche la rete delle filiali, che potrebbero subire una sforbiciata. Azione comune a molte banche che cercano di spostare tanti servizi sempre più sul web. «Cercheremo efficienza dove ci sono sovrapposizioni — osservano Feliziani e Terrinoni —. In assoluto non ha senso avere due filiali piccole a poca distanza una dall’altra. Una agenzia con più dipendenti ha una forza di urto maggiore e con servizi di qualità più alta, rispetto a una piccola e con poco personale».
L’AMMINISTRAZIONE straordinaria scadrà dopo l’estate, con la possibilità di essere rinnovata per un altro anno. «Il nostro compito non è finito — ribadiscono —, c’è ancora da fare. Uno dei primi obiettivi era di non perdere posizioni, ci siamo riusciti. E questo anche grazie alla volontà di tutti i dipendenti di riconquistare quote di mercato. Vogliamo rendere più fluida e meno complessa la catena di comando, è in corso una revisione del portafoglio prestiti, stiamo affrontando problemi di costi e di dimensione». Ma sotto Banca d’Italia non c’è il rischio che l’istituto sfilacci il legame con le Marche? «Niente di più sbagliato. Noi stiamo ricostruendo il feeling con questo territorio, che era stato perso. Banca Marche aveva molte attività lontane dalla sua regione e invece adesso ci stiamo impegnando — spiegano — perché questa sia una banca per il territorio e non del territorio. Tornando alle origini, rifocalizzandosi sulle province dove è nata». Feliziani e Terrinoni si sono trovati in mano alcune patate bollenti. Il primo scoglio, a dicembre, è stato superato, con la firma di un accordo coi sindacati che prevede l’addio, su base volontaria, di 360 lavoratori, «una intesa importante, con uscite non traumatiche e che ha già visto un’adesione quasi totale». L’altro, non archiviato, vede i sindacati in subbuglio per il dubbio sul rinnovo del contratto a termine di 180 precari: «E’ da quel bacino, di persone formate e che conoscono il gruppo, che sicuramente in futuro si attingerà se le esigenze della banca lo richiederanno». Sui sindacati aggiungono: «Siamo partiti da punti distanti. Hanno capito la gravità della situazione, che non andava sempre tutto bene come in passato, ma ora stiamo ricreando le basi per tornare a confrontarci».
INSOMMA il risanamento va avanti. Creando le condizioni per una ricapitalizzazione — si è parlato di 700 o 800 milioni —, e permettendo così l’ingresso a nuovi soci. Ma ad oggi nessuno interessato a entrare come partner o a comprare la banca si è fatto avanti. «Nessuno — ribadiscono Feliziani e Terrinoni — ha contattato noi o la Banca d’Italia. Né cordate di privati, né gruppi bancari, né dall’Italia e neanche dall’estero. Noi abbiamo le idee chiare, possiamo aprire una data room in qualunque momento. Quindi nessuna preclusione. L’importante, per noi, è lavorare con tranquillità».