Da "La Stampa"
Bancarotta fraudolenta: interdizione dagli incarichi per 14 ex manager di Seat
Provvedimento del tribunale: tra i destinatari l’ex Ad Luca Majocchi (oggi numero uno di Emilceramica) l’ex presidente Enrico Giliberti e Nicola Volpi (Cda dell’Inter)
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10/11/2015
MASSIMILIANO PEGGIO
TORINO
Interdizione per un anno da tutte le cariche societarie, né potranno esercitare attività imprenditoriali e professionali. L’accusa è di bancarotta fraudolenta. È il provvedimento cautelare inflitto dal tribunale di Torino e notificato dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza a quattordici ex manager di Seat Pagine Gialle, 11 ex membri dei consigli di amministrazione e tre ex sindaci che a partire dal 2003 aprirono le porte ad un’operazione di acquisto a debito della società da parte di fondi di investimento, causando danni all’azienda ex monopolista degli elenchi telefonici un danno di circa 3,5 miliardi di euro. Nomi di peso nel mondo della finanza, membri di importanti board societari: tra i destinati del provvedimento l’ex amministratore delegato, Luca Majocchi, oggi numero uno di Emilceramica, una delle aziende leader del settore ceramico; l’ex presidente Enrico Giliberti, l’ex manager Nicola Volpi, oggi membro del consiglio di amministrazione dell’Inter, e Lino Benassi, un lungo curriculum di incarichi societari in banche e istituti finanziari. In tutto sono 16 le persone indagate, frutto di un’indagine iniziata due anni fa e coordinata da pm torinesi, Vittorio Nessi e Valerio Longi,
L’ARREMBAGGIO
Questa è la storia di una controversa parabola finanziaria: una società dalle uova d’oro, spolpata e impoverita a più riprese dalla finanza spregiudicata, a danno soprattutto di piccoli risparmiatori che avevano investito nella solidità dell’azienda e nella sua capacità di creare valore, anche quando la comunicazione su carta cominciava a cedere il passo a Internet e alla rivoluzione della new economy. Questa, almeno, era la situazione prima dell’arrivo dei fondi lussemburghesi, Cvc, Permira, Investitori Associati e Bc Partners, che diventano azionisti riversando su Seat i debiti di acquisizione, salvo poi accordarsi un maxidividendo. Nella seconda metà del 2003 la Silver spa, veicolo societario dell’acquisizione, assume il controllo della società delle Pagine Gialle per 3,1 miliardi, di 2,2 accollati a debito alla stessa Seat. Nel 2004 il consiglio di amministrazione, espressione dei fondi di private equity, delibera la distribuzione straordinaria di un dividendo di 3,6 miliardi, facendo ricorso a nuovi crediti. Di questo passo i debiti arrivano a quota 4 miliardi di euro, compresi gli indebitamenti pregressi, creati dai vari passaggi societari avvenuti dopo la privatizzazione da parte del Tesoro nel 1997. Sull’orlo del baratro, a puntellare Seat, resta la Royal Bank of Scotland e gli obbligazionisti che sottoscrivono il prestito Lighthouse di 1,3 miliardi. Il declino però non si arresta: nel 2013 i nuovi amministratori, travolti dalla situazione finanziaria, fanno ricorso al concordato preventivo.
IL CROLLO IN BORSA
Nel 2014 Seat tocca il fondo, quando il titolo perde in borsa quasi il 90 per cento del suo valore. Una tempesta perfetta, legata alla chiusura del concordato, con il pagamento dei creditori privilegiati e dei fornitori e la conversione delle obbligazioni in azioni. Così molti obbligazionisti e le banche, capitanate da Royal Bank of Scotland si ritrovano a detenere il 99,75% della società. Da qui un effetto a catena, con i creditori diventati azionisti che vendono in massa il titolo. Di colpo il titolo si trova a quotare ad un valore prossimo alla zero.
Secondo le Fiamma Gialle, il dividendo straordinario distribuito nel 2004, «era mosso da logiche di puro profitto dei soci di riferimento, contrario agli interessi della società».
I RISARCIMENTI
A inizio dell’anno, dopo la decisione del consiglio di Seat Pagine Gialle, la società ha incassato dagli ex manager e soggetti coinvolti 30 milioni di euro, frutto della proposta transattiva per i dissesti causati tra l’8 agosto 2003 fino al 21 ottobre 2012. Inizialmente il consiglio di Seat aveva chiesto un risarcimento di 1,5 miliardi agli ex amministratori, espressione dei fondi di private equity: Cvc, Investitori Associati, Permira, Bc Partners.