Proviamo a fare il punto sulle T1 a tasso variabile, visto che nelle ultime settimane non sono mancate le notizie.
Chi segue il forum sa che da parecchi anni si è aperto un dibattito
su questi strumenti.
Le opinioni non si sono diversificate a proposito del loro destino “finale”. Infatti, è pacifico che gli emittenti market friendly le richiameranno nel medio-lungo periodo, anche se perdurano alcune incertezze sulla loro capital eligibility dopo il 2022.
Il dilemma ha riguardato il miglior momento di entrata per chi non intenda semplicemente sfruttare un’onda positiva
di breve periodo.
Se prendiamo il periodo 2010-2016, vediamo che il prezzo di questi strumenti ha avuto un andamento a yo-yo. Risultato: 1 mese fa tutti quotavano al di sotto del livello 2010.
Chi avesse cassettato dal 2010 questi titoli, portatori di una cedola infima, dubito ne abbia tratto grandi soddisfazioni, a meno che si voglia considerare appagante una cedola siffatta per il semplice fatto di averla pari a due volte l’irs….
Ma veniamo al presente. O meglio: a poche settimane fa.
La prima osservazione è scontata: la quotazione di questi strumenti era assolutamente depressa. Tra tutti, i più penalizzati erano i 2 di BaCa, ulteriormente indeboliti dal profilo di Unicredit. Comperare allora (so per certo che era possibile acquistare volumi consistenti a 40 o anche al di sotto) sarebbe stata un’ottima decisione, visto che non si poteva immaginare un’ulteriore perdita di posizione da quei livelli.
Il dilemma, però, era e rimane di attualità: questi titoli hanno iniziato un percorso di graduale crescita verso il valore nominale al 2022 (a meno di piccole correzioni) oppure si può ipotizzare una fiammata, che come tutte le precedenti sia destinata a spegnersi?
Essendoci avvicinati, e di parecchio, al 2022, scadenza oltre la quale il mercato non si aspetta che gli emittenti di qualità tengano in vita questi titoli, è presumibile che molti di più siano coloro che dedicheranno loro una certa quota del portafoglio. Sappiamo poi che LME’s di varia natura potrebbero coinvolgerli, a vantaggio dell’investitore. Da ultimo, il movimento ascensionale dei tassi USA, per quanto lento, potrebbe comunque avere una ricaduta sull’Europa.
Morale: il cassettista a 5 anni che oggi si posizionasse su questi titoli dovrebbe essere molto meno esposto ai “ritorni alla base” ai quali si è giocoforza abituato da 6 anni a questa parte. Per convincersene basta calcolarne il rendimento al 2022: in teoria questi titoli potrebbero assestarsi tranquillamente (anche se in finanza di tranquillo non c’è nulla…
) oltre quota 60, per confermarsi in una graduale crescita nel tempo.
Gli ultimi commenti riguardano alcuni casi specifici:
1)OEVAG: come sappiamo questo TV è schizzato tra le stelle da livelli fallimentari. La ragione di questo movimento sta nel comunicato di inizio luglio della “scatola” che gestisce la liquidazione della bad bank di OEVAG. Vi si diceva che, contrariamente alle previsioni inziali, questi strumenti avrebbero avuto un valore residuale superiore a zero. Tanto è bastato per vedere questo titolo correre alla grande… La natura della cedola a TV non ha nulla a che fare con questo andamento.
2)Erste Bank
: qui la sorpresa è stata enorme. Non era prevedibile il richiamo di 2 titoli che ancora contribuiscono al capitale T1 della banca. La logica avrebbe suggerito al massimo una LME generosa. Per capirne qualcosa di più ho telefonato all’IR, il quale mi ha spiegato che le hanno richiamate per una migliore “streamline” (?) di questi strumenti. Gli ho chiesto in cosa mai potevano consistere i vantaggi dello “streamline”, pagati, peraltro, dalla banca a caro prezzo. L’IR mi è andato un po’ in confusione. Quando poi gli ho chiesto se la ratio fosse il recupero del rapporto con il mercato, incrinato dal coupon-skip del 2014, l’IR ha ammesso che quello aveva contribuito in gran parte alla loro decisione.
Un merito, comunque, quella decisione l’ha avuta: ha riportato questi strumenti così trascurati all’attenzione degli investitori…