un,dos,tres,un pasito bailante by mototopo

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DIETRO LO SCANDALO MONTE PASCHI SI NASCONDE IL CUORE MARCIO DEL SISTEMA

Il "suggerimento" di Giorgio Napolitano ha già prodotto i primi effetti. Lo scandalo Monte Paschi, che per dimensioni e ramificazioni fa impallidire anche la famosa inchiesta sulla maxi tangente Enimont, è già finito nascosto nelle pagine interne dei grandi quotidiani nazionali. L'ordine è quello di sopire, rallentare, mistificare, confondere, nella speranza che gli italiani non comprendano fino in fondo la portata sistemica di un' inchiesta in grado potenzialmente di svelare il cuore marcio del potere decisionale transnazionale che, aldilà di quello che ingenuamente si pensa, è oggi esercitato dai tecnocrati e non dai politici. Per capire velocemente il livello di gravità della situazione, vi consiglio di soffermarvi e riflettere sull'ammontare complessivo delle somme che ballano intorno alla vicenda. Per l'acquisto della Banca Antonveneta, il Monte dei Paschi ha sborsato un cifra complessiva che si aggira intorno ai 17 miliardi di euro ( clicca per leggere ). Una cifra mostruosa, ingiustificabile e paradossale, probabilmente frutto di operazioni poco limpide ora al vaglio della magistratura inquirente. Tanto per avere un termine di paragone esemplificativo, vi basti sapere che la Troika ha preteso l'applicazione di misure economiche assassine per permettere ai greci di ottenere cifre simili a titolo di "aiuto" (clicca per leggere). Questo per chiarire che le somme che basterebbero all'intero popolo greco per poter sfamare i bambini e affrontare l'emergenza umanitaria equivalgono al volume di affari di una singola operazione finanziaria di medie proporzioni. Questa consapevolezza fattuale dovrebbe indurre tutti a comprendere che il caso greco, lungi dall'essere frutto di non meglio precisate congiunture negative o, peggio, risultato di fantomatici errori commessi in un passato lontano, è, viceversa, interamente addebitabile ad una precisa e malefica volontà politica mirante all'annientamento di una intera nazione. L'inchiesta Monte Paschi è per sua natura un'inchiesta sistemica come, al tempo, lo fu quella passata alla...



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Pubblicato daMaurizio Barbero *****************Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su Facebook




Reazioni:

 
Lo smemorato Bersani andava in Bankitalia per sponsorizzare Mps

http://www.google.com/gwt/x?source=...-sponsorizzare-stampalibera.comps-881403.html


http://www.ilgiornale.it/news/interni/smemorato-bersani-andava-bankitalia-sponsorizzare-stampalibera.comps-881403.html







Il mantra è del segretario democrat è: il Pd non si occupa di banche. Ma nel 2004 chiese a Fazio di favorire l'operazione con Unipol e Bnl. L'allora governatore fu interrogato a Milano su Ricucci e Fiorani: "Fassino e Bersani vennero da me per la fusione"










Stefano Zurlo – Sab, 02/02/2013 – 08:07
 
Olanda: banca nazionalizzata e risparmi espropriati. Può succedere la stessa cosa ad MPS?

L'Olanda ha deciso. La Sns Bank, quarto istituto del Paese, verrà nazionalizzata ed i risparmi degli investitori che possiedono obbligazioni subordinate e azioni verranno azzerati.

Ad annunciarlo tramite una lettera inviata al Parlamento è stato pochi giorni fa il Ministro delle Finanze olandese Jeroen Dijsselbloem. Sì, proprio lo stesso che due settimane fa è stato nominato presidente dell'Eurogruppo e successore di Jean-Claude Juncker.

I risparmiatori, tra cui molti italiani, vedranno così (...)
 
04/02/2013
I sei miliardi perduti da JP Morgan di Andrea Baranes
03/02/2013


I sei miliardi perduti da JP Morgan


04/02/2013




Crimini, truffe e scandali della finanza emergono ormai su base quotidiana, e forse non molti ricordano il caso della “London Whale”, la balena londinese, uomo chiave della banca d’affari Usa JP Morgan

Era quello il soprannome di uno dei trader d'assalto della City, a capo dell'ufficio investimenti londinese del colosso JP Morgan Chase & Co. Il soprannome “balena” era legato alla dimensione delle transazioni che gestiva. È finito sulle prime pagine dei giornali quando una di tali operazioni ha causato una perdita da miliardi di sterline nei conti della banca statunitense.
Gli strumenti alla base di queste operazioni erano i Credit Default Swap o CDS. In breve i CDS sono derivati nati come assicurazione contro il rischio di fallimento di un ente terzo. Ad esempio ho dei titoli di Stato italiani e ho paura che l'Italia possa fare default e non rimborsarmeli. Posso allora stipulare un CDS sul fallimento dell'Italia con una controparte, tipicamente una banca. Se l'Italia effettivamente non rimborsa i titoli, la banca è tenuta a coprirmi le perdite. All'apparenza uno strumento del tutto innocuo, quindi, e simile alla polizza furto e incendio che possiamo stipulare per la nostra automobile. In cambio del premio annuale, se qualcosa va male, l'assicurazione rimborsa. La differenza sostanziale è che nella finanza non devo avere l'automobile per comprarmi l'assicurazione. Posso in pratica scommettere anche sul fatto che la macchina del mio vicino vada a fuoco, e guadagnare se succede davvero.
Così, compro una montagna di CDS sul fallimento dell'Italia, anche se non ho nessun titolo italiano. Se dopo qualche tempo la situazione in Italia peggiora e girano voci su un suo possibile fallimento, il costo delle “assicurazioni” aumenta. A quel punto rivendo i CDS che avevo pagato un prezzo più basso e intasco un gruzzolo realizzato scommettendo sul fallimento di un intera nazione.
Bene, la nostra balena londinese scommette sul fallimento, o almeno sul peggioramento, di alcuni emittenti, e le cose non vanno come previsto. 6,2 miliardi di dollari di buco per la banca per cui lavorava. Seivirgoladuemiliardi di dollari. Anche se in ambito finanziario siamo ormai abituati a numeri spropositati, forse è utile ricordare che parliamo di una cifra paragonabile al PIL del Kosovo, circa il doppio di quello della Sierra Leone. Persi da una persona con una scommessa andata male.
Ma questo non è nulla, tenetevi forte. Quello che è emerso negli ultimi giorni è che il trader della JP Morgan aveva realizzato queste scommesse con delle controparti. Come posso fare io se scommetto un caffè con un mio amico sul risultato di una partita. Bene. In questo caso, per alcune delle scommesse portate avanti, la controparte della JP Morgan era... la JP Morgan. Alcuni trader della banca avrebbero raccolto scommesse in derivati piazzati dalla balena londinese, a capo dell'ufficio investimenti della stessa banca (www.huffingtonpost.com/2013/01/29/jpmorgan-london-whale-trade-bet_n_2576684.html?utm_hp_ref=business o www.cnbc.com/id/100418362).
Negli anni scorsi si è molto parlato di banche “too big to fail”, troppo grandi per potere essere lasciate fallire senza mettere a rischio l'intera economia, e che potevano quindi ricattare i governi, costringendoli al salvataggio quando le cose andavano male. Altri segnalano che il sistema finanziario nel suo insieme è oggi “too big to save”, troppo grande per potere essere salvato se ci fosse una nuova crisi. Ma ora siamo entrati in una nuova dimensione: le banche “too big to manage”, talmente grandi che è semplicemente impossibile gestirle.
In pratica la JP Morgan ha perso miliardi, parte dei quali per scommesse contro la JP Morgan. Il tutto sembra però sia avvenuto all'insaputa della JP Morgan. Lo scandalo è emerso perché la JP Morgan si è trovata a bilancio delle perdite che la JP Morgan non riusciva a giustificare. È subito scattato l'allarme in JP Morgan, ma in una conferenza stampa la JP Morgan ha smentito le voci allarmistiche. È stata la JP Morgan, si sono giustificati, noi della JP Morgan non c'entriamo nulla.
Se quest'ultimo paragrafo vi sembra una follia, pensateci bene. Potrebbe non essere poi così distante dalla realtà.

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Berlusconi e la Spagna affondano l'Europa: tiene banco il nuovo capitolo della guerra tra le due Cristine





di Sergio Di Cori Modigliani




Dalla prima linea del fronte della “guerra delle due Cristine”.
Che succede in giro per il mondo? Leggendo e ascoltando i nostri media sembra che non stia accadendo nulla di particolarmente nuovo, né interessante per noi, con l’aggiunta della doverosa tara di cinismo italiano. In Siria si massacrano senza esclusione di colpi, in Iraq muoiono come mosche, in Mali i bombardieri francesi fanno il loro lavoro, preannunciando l’inevitabile avanzata di terra che –da qui a due mesi- imporrà l’intervento della cosiddetta “forza di pace” europea (tra cui i nostri soldati), in India la popolazione si indigna per gli stupri quotidiani di gruppo, e in Usa dei dementi uccidono innocenti, sequestrano bambini, e così via dicendo. Così va il mondo.
Le vicende internazionali del nostro pianeta ci vengono presentate nella sua veste ottimale, da cui ne viene fuori -come inevitabile reazione- l’orgoglio di sentirsi europei. Da noi va tutto bene, con la chicca del nostro circo italiota in piena campagna elettorale, tanto per aggiungere delle spezie divertenti.
Le persone, quindi, sono più che autorizzate a pensare che da noi (in Europa) non sta accadendo nulla se non le consuete mestizie propagandistiche nostrane e speriamo che vinca il migliore (cioè il partito per cui uno ha deciso di votare).
Poi, all’improvviso, compare su qualche giornale un annuncio direi quasi comico. Viene data la notizia che la presidenta argentina Cristina Kirchner, due giorni fa, ha inviato 28 tweet in 26 minuti al segretario del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, come se avesse avuto una specie di attacco isterico o come se stesse protestando per qualche ragione che non viene spiegata, una specie di sfogo pubblico, come se fosse Belen Rodriguez che parla di Fabrizio Corona. I giornali europei ne parlano molto poco (quelli italiani quasi per nulla) e compaiono due articoletti su La Stampa e Il sole 24 ore.
Ma che cosa sta accadendo, in realtà?
E che cosa ha a che vedere con noi?
Direi molto di più di troppo: praticamente tutto.
Perché quei 28 tweet sono la traduzione mediatica immediata, da applicare sui social networks, di furibonde battaglie al fronte di una guerra che non è una querelle isterica tra due donne potenti, non è una questione periferica in quel di Sudamerica, ma che ci riguarda in prima persona tutti. Intendo dire tutti gli italiani. E non solo.
Perché si avvicina la resa dei conti.
Perché l’Argentina, per ovvi motivi storico-politico-culturali, è legata a doppio filo con la Spagna, dove sta esplodendo la loro prima tangentopoli che riguarda Banco Popular, Caxia Bank, Banco Libertador e (surprise!) il Banco Santander con i loro legami con lo Ior e l’opus dei e con le banche italiane (vera motivazione del fatto per cui oggi, 4 febbraio 2013, l’intero comparto bancario europeo va a picco in borsa).
Perché i sindacalisti spagnoli sono andati a spiegare che cosa sta accadendo da loro alla televisione argentina, brasiliana, cilena, uruguaiana. I responsabili del partito socialista spagnolo, intervistati dalla televisione argentina, hanno cominciato a dare specifiche e precise informazioni, con nomi, date, dati, cifre, su “un vasto sistema di corruttela diffusa in tutte le nazioni dell’euro dove una ristretta pattuglia di oligarchi aristocratici si è messa al servizio dei colossi finanziari e prende ordini direttamente dal Fondo Monetario Internazionale devastando e distruggendo l’intera struttura industriale europea, provocando disoccupazione, crollo dei consumi, abbattimento del mercato del lavoro, impoverendo il tessuto sociale, anche e soprattutto dal punto di vista psicologico-esistenziale” (suona, per caso, familiare?).
Il tutto (ovverossia la reazione kirchneriana tweettata) nasce come risposta a un attacco condotto da Christine Lagarde che ha fatto sapere di aver già denunciato l’Argentina presso le organizzazioni internazionali del commercio, prefigurando una possibile espulsione del paese da organismi globali. Perché? Di che cosa è imputata l’Argentina? E perché adesso? Chi è sul banco degli imputati?
Sul banco degli imputati ci sono tre leggi fatte approvare di recente dal parlamento argentino: 1) il divieto per le banche nazionali di operare finanziariamente sui derivati e l’esclusione di investimento da qualsivoglia forma di speculazione sui derivati, con la specifica che il profitto le banche lo devono realizzare facendo affari con le imprese per le imprese. 2) l’applicazione di un piano (lanciato un anno fa) di protezionismo nazionale applicato a tutte le multinazionali (soprattutto europee) che investono in Argentina nel segmento di mercato “alto” che ha imposto loro il seguente dispositivo subito applicato: “volete vendere le vostre auto di lusso qui a Buenos Aires visto che c’è un grosso mercato? Bene, lo potete fare alle seguenti condizioni: o pagate una aliquota del 50% allo stato per entrare nel mercato, dato che i vostri prodotti non sono essenziali per la felicità della nazione se non per i ricchi che possono permettersi l’acquisto di una vettura che costa 35.000 euro, oppure vi diamo un’altra opzione: il profitto che realizzate lo depositate nelle banche nazionali in modo tale da garantirci che non finiranno nel calderone dei derivati, dopodiché lo investite in loco creando lavoro e occupazione oppure acquistando merci prodotte dall’agricoltura argentina –versione green economy biologico eco-sostenibile- che poi rivendete in Europa e che statisticamente finisce sotto la dizione “esportazioni argentine” e il profitto ricavato lo reinvestite nel paese d’origine. 3) diritto di salario minimo garantito di cittadinanza che rialza di un 4% l’inflazione.
Veniamo al punto 2. Le imprese europee all’inizio hanno protestato con la Lagarde, la quale alla fine è stata costretta a cedere. E che cosa è accaduto? La BMW, la Mercedes Benz, la Audi, la Maserati, Prada, Bulgari, Christian Dior, Ferragamo, La Perla, ecc., hanno scelto di accettare pur di non perdere il mercato. Vendono da matti perché lì i ricconi sono tanti, hanno aperto società che acquistano riso, vino, formaggio, prodotti ortofrutticoli, pelli conciate e semiconduttori elettronici, e li rivendono in Europa e Usa con notevole profitto. Quindi funziona.
Ed è iniziata la guerra. Perché se passa questo modello e la gente lo viene a sapere poi lo vuole imporre dovunque e finisce che si viene a conoscere (nel senso di capire, comprendere) che esiste un’alternativa, che si chiama “glocal” e che ruota intorno a un perno centrale dell’economia che va nella direzione opposta a quella di Bersani/Berlusconi/Monti/Draghi e che consiste nel creare ricchezza nei singoli territori obbligando le imprese e le aziende a reinvestire il profitto per rilanciare l’occupazione creando ricchezza.
In Confindustria hanno perso davvero la testa, perché se passa questo concetto saltano le mafie dell’allaccio diabolico italiano tra aziende/partiti/finanza.
Qui di seguito vi propongo, in copia e incolla, l’opinione della nostra crema industriale, laddove “Il Sole 24 ore” ieri presentava la situazione argentina. Vi riporto l’articolo per intero.
L'assurda politica di Cristina Kirchner.

articolo3 febbraio 2013
Un'idea bizzarra, a dir poco. Apparentemente senza senso. Che se funziona non può essere definita in altro modo che geniale, quasi rivoluzionaria, nel suo piccolo. Ma i risultati dicono che le cose vanno diversamente. L'idea è sbagliata, non solo bizzarra.
Anzi peggio, dannosa. Il genio mancato è quello di Cristina Fernández Kirchner, il presidente argentino che assieme ai suoi ministri sembra aver perso oltre al consenso di inizio mandato, anche il senso della realtà. Per sostenere la bilancia commerciale, ha imposto alle imprese multinazionali che producono sul territorio nazionale di diventare esportatori di prodotti argentini: importi materie prime e semilavorati per cento? Devi esportare specialità tipiche per cento. È così che Bmw è stata costretta ad esportare riso dall'Argentina, Porsche vino e Pirelli miele. Senza arrivare a nulla. Mentre altre società, come l'italiana Indesit o la cinese Huawei, scoraggiate dai vincoli governativi all'import-export hanno rinunciato in partenza a produrre in Argentina. Che idea, signora Kirchner!
La redazione economica






 
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sera posto gnocca che alza il morale
 

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