Una poesia al giorno leva il virus di torno

Più che una poesia una citazione, più che una citazione una rivelazione!

“Are you looking for me?
I am in the next seat.
My shoulder is against yours.
you will not find me in the stupas,
not in Indian shrine rooms,
nor in synagogues,
nor in cathedrals:
not in masses,
nor kirtans,

not in legs winding around your own neck,
nor in eating nothing but vegetables.
When you really look for me,
you will see me instantly —
you will find me in the tiniest house of time.
Kabir says: Student, tell me, what is God?
He is the breath inside the breath.”


― Kabir
 
Khalil Gibran (1883-1931) non è stato soltanto l'autore de "Il Profeta", un libro che ha segnato la mia vita, è stato anche un poeta e un pittore.

Qui sotto una sua poesia ed un suo dipinto, che se è vero che "un poesia al giorno toglie il virus di torno" è anche vero che "un dipinto ogni tanto porta luce al cuore infranto"


Amore e morte

Mi dice la mia casa: “rimani, il tuo passato è qui!”
Mi dice la strada: “seguimi, il tuo futuro e qui!”
Io dico alla mia casa e alla strada:
“non ho passato, non ho futuro,
se resto c’è un andare nel mio restare,
se vado c’è un restare nel mio andare,
solo l’amore e la morte cambiano ogni cosa”.

- Kahlil Gibran


Kahlil Gibran 1883-1931 - Tutt'Art@ (51).jpg
 
"La non violenza è la più forte arma mai inventata dall'uomo." Mahatma Gandhi

Il suo esempio non ci dice nulla?
Ecco una sua poesia.

Prendi un sorriso

Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.


Fonte: Poesie sulla Speranza: le 15 più belle per affrontare la Vita con coraggio
 
La luna di Kiev
Chissà se la luna
di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…
“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!
Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.
Gianni Rodari

fonte: “La luna di Kiev” di Gianni Rodari: testo e analisi della poesia
 
"La ninna nanna della guerra" di Trilussa

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna:
dormi, dormi, cocco bello,
sennò chiamo Farfarello
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone,
Gujermone e Ceccopeppe
che se regge co le zeppe,
co le zeppe d'un impero
mezzo giallo e mezzo nero.

Ninna nanna, pija sonno
ché se dormi nun vedrai
tante infamie e tanti guai
che succedeno ner monno
fra le spade e li fucili
de li popoli civili

Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

fonte: La ninna nanna della guerra di Trilussa
 
LA PIOGGIA NEL TINELLO



Taci. Su le soglie
della sala da pranzo
non odo parole che dici
umane; ma odo
sguazzare parole più nuove
su pentole e piatti
lontani.

Ascolta. Piove
dal soffitto sbrecciato
Piove sopra il brasato
salmastro ed arso,
piove sui vini
neri o rosati
piove da tutti i lati
su le finestre aulenti
di fritti antichi
piove sui fichi
con le gocce possenti
piove su i nostri volti
sgomenti
piove su le nostre mani
ignude,
sul nostro vestimento
che prude
sulla bistecca di ieri
che l'anima perde
novella,
su la tavola bella
che ieri
t'illuse, che oggi m'illude,
Arpagone

Odi? La pioggia cade
su la mal cotta
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria siccome bombe
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
alla goccia una doccia
presso le scale ,
pieno il boccale
non impaura,
né il buco nel soffitto.
E il fritto
ha un suono, e il contorno
altro suono, e il grissino
altro ancora, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nella pioggia epocale,
ha sciolto tutto il sale
e il tuo volto ebro
è molle di orrore
e di vapore,
ed il formaggio
prese l’odore
di un pezzo di sapone
o creatura terrestre
che hai nome
Arpagone.

Ascolta, Ascolta. Il tacchino
sembra un corvo, ed il vino
a poco a poco
più acquoso
si fa sotto il fiume
che cresce;
dall’acqua esce un pesce
per gioco
e poi laggiù si perde,
nella muffa ormai verde.
Più nulla si salva
s’ammolla ogni cosa
e tu prendi una posa:
e come una candela
che morendo mugugna,
ti gonfi e mi sembri una spugna.
Ed ecco per tutto il tinello
che bello!
arriva l’onda
che monda,
e il croscio asseconda
secondo la sponda
più varia, men varia.
Ascolta.
La goccia nell'aria
è muta: ma cadendo nel pieno
di questo tinello allagato,
sciolse tutto il gelato,
disperso nell’acqua più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove sul tuo testone,
Arpagone.

Piove su le banane nere
e intanto tu le succhi
con gran piacere; non stanca
ma fesca come pesce
che dal lago se n’esce.
E tutta la cena è ormai andata
bagnata,
ed il filetto è come pietra
intatta,
sul vassoio i finocchi
come palle di marmo,
escon fuori dagli occhi.
E andiam di frutta in frutta,
la buttiamo via tutta
(e le fragole marce
spappolate galleggiano,
la corrente le porta
chi sa dove, chi sa dove!)
E piove sulla cucina
ormai morta,
piove su le nostre mani
grinzose,
su i nostri condimenti
leggeri,
su i foschi pensieri
che l’acqua dischiuse
novella,
su la cenetta bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Arpagone.
 
Mi chiedo se è corretto occuparsi solo degli autori famosi (Leopardi, Foscolo, Pascoli ecc...). Allora ecco una poesia opera del minore Luigi Orsini (ma poi ... minori solo perchè non li studiamo a scuola?) da un numero de l'Eroica del 1913. Ho tagliato il capolettera 'B' :)

1.jpg

2.jpg

3.jpg

4.jpg
 
Ultima modifica:

Users who are viewing this thread

Back
Alto