Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Inusuale presenza di un paio di elicotteri sopra Ballabio,
uno proveniente dalla sede Areu in Valtellina e il secondo da Milano.

Alla fine si è fermato quello del capoluogo regionale e l’altro se n’è andato.

L’Areu ha comunicato due presumibili incidenti montani, entrambi sul Due Mani,
montagna che sovrasta il paese opposto al versante della Grignetta.


Per ciascuno si tratterebbe di una persona precipitata in zona Bongio, in codice giallo.
Non si conoscono altri particolari.


Curioso che alla stessa ora siano stati indicati due diversi incidenti nello stesso luogo
(è probabile invece che di infortuni se ne sia registrato solo uno).


Sul Monte Due Mani, in prossimità del bivacco Manuela, un uomo di 61 anni
stava scendendo lungo il sentiero 34b ma è scivolato per alcuni metri ed è finito sul greto di un corso d’acqua.

Ha chiamato il 112; la centrale ha attivato l’elisoccorso di Como di Areu-Agenzia regionale emergenza urgenza
e la Stazione di Lecco del Soccorso Alpino, XIX Delegazione Lariana;
pronti a partire per l’eventuale imbarco in elicottero anche i tecnici del centro del Bione.

L’uomo è stato localizzato nei pressi della Baita di Bongio.

Aveva riportato diversi traumi.

È stato valutato dall’équipe sanitaria, imbarellato e portato in ospedale.

Le operazioni sono state complesse perché i tecnici delle squadre territoriali
hanno dovuto sistemare e mettere in sicurezza l’area per consentire il recupero con l’utilizzo del verricello.
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....han dovuto tagliare le piante.......
 
Poi - spiace per loro - ci sono quelli che si avventurano nel lago ......
senza saper nuotare......

L'ennesima tragedia del Lago, che segue solo di qualche settimana
la morte del diciottenne gambiano Bubacarr Darboe sulla sponda opposta,
si è consumata poco prima delle 14, sotto gli occhi di altri connazionali del giovane
che avevano cercato refrigerio in riva al Lario.
Tra loro anche la moglie e il fratello della vittima, residente a Carugo.

Da quanto è stato possibile apprendere il trentenne sarebbe finito nel lago,
a pochi metri dalla riva, da un materassino a forma di fenicottero rosa sul quale si trovava,
nel tentativo di raggiungerne un secondo che stava andando al largo.

Forse si è sbilanciato capottandosi. Cosa sia successo è difficile dirlo.

Ciò che è certo e che, una volta in acqua, il giovane ha cercato in tutti i modi di richiamare l'attenzione,
venendo poi raggiunto da un uomo che, compresa la situazione, ha provato a salvarlo, senza riuscirvi,
correndo anche il rischio di venir trascinato sotto dallo straniero che si dibatteva nel panico, fino a non riaffiorare più.

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1. ILLUSIONE
Un gruppo di persone arriva a condividere una convinzione che non si basa sulla realtà:


un’illusione.

2. CONSENSO
Poiché la convinzione non corrisponde alla realtà esterna,
il gruppo di persone ricorre ad aggrapparsi all’unica cosa che hanno,
un consenso tra loro che l’illusione è la realtà.

Da questo punto, la principale giustificazione dell’illusione diventa questo


“consenso”.

3. INTOLLERANZA
Qualsiasi persona esterna al pensiero di gruppo con una visione diversa
deve essere messa a tacere perché il “consenso” diventa l’unica difesa dell’illusione.

Pertanto il gruppo del pensiero di gruppo ricorre alla censura,


all’intimidazione e alla “cancellazione” di tutte le opinioni critiche.

(Robin Monotti)
 
A metà settembre arriva su Amazon la farsa della farsa nella farsa, la Matrioska di tutte le farse:

i due, più patinati, più irreali che mai, con quella gnagnera da milanesi imbruttiti, di cintura o provincia,
la stessa che aveva lei nel leggere la letterina scritta da se stessa a se stessa,
qualcosa di inascoltabile, di insulso, di pretenzioso, lacrime plastificate,
che ti faceva venir voglia di tirare un mattone contro lo schermo.


Lui, che si vantava di delirare e poi diceva: non ci sto con la testa, i farmaci non funzionano.
Per dire che due con quaranta o sessanta milioni di seguaci, due dai fatturati di multinazionale,
sono una famiglia disfunzionale e lo rivendicano.

Ma più disfunzionali, sono quelli che li seguono, che finora se li sono bevuti.

Da un po’ se li bevono sempre meno: i Federagnez hanno stufato,
le loro pose, le loro false priorità, il loro fare soldi per fare soldi per fare soldi, i loro drammi di cartapesta hanno rotto.
Hanno avuto una discreta emorragia di fresconi, il che significa di fatturato,
e adesso hanno pure il coraggio di dire: vedeteci su Amazon, vi diciamo tutta la verità sul nostro Sanremo.


Un Festival da cui, a forza di voler strafare, di voler fingere sono usciti nudi come il re della favola,
evidenti nella loro mancanza di talento, in quel patetico voler esserci a prescindere:
mediocri, imbarazzanti anche nel leggere una paginetta, nello strappare una fotografia.

I tempi che corrono!

Falsi, artefatti come una moneta da 3 euro e basta il trailer a indurre nuova istintiva (in)sofferenza:
raccontare certi disastri privati con l’occhio fisso all’obiettivo ha in sé qualcosa di anormale, di lunare,
d’accordo, ormai gira così, d’accordo, anche assassini, vittime, parenti di vittime fanno così
ma questo non li rende più umani, li riduce a entità disumane.



Quanti si faranno incantare di nuovo?


Chi ci cascherà questa volta?
 
Lo Stato dov'era ?
Quei soloni radical chic di sinistra ed i sinistronzi che hanno governato, dov'erano ?

Il “Parco Verde” di Caivano, luogo dello stupro delle due ragazzine non ancora tredicenni
per mano di una banda di coetanei – dalle indagini è emerso che solo uno degli stupratori fosse maggiorenne –
non è l’Italia che conosciamo e amiamo.

È doloroso ammetterlo, ma è così.

Parco Verde non è Italia perché lì lo Stato non c’è.

Non ci sono posti di polizia, né uffici dei vigili urbani;
non ci sono i servizi sociali e non c’è la fermata degli autobus;
non ci sono infrastrutture sportive praticabili.

Non c’è nulla che aiuti a stare in un luogo invivibile.
 
Parco Verde è un bubbone sociale che vive una condizione aliena
rispetto alla normalità che la cittadina di Caivano,
comune a nord di Napoli di 36.048 anime censite nel 2021 al netto degli invisibili,
fatica a darsi.

Urbanisticamente è uno sconcio.

Un ammasso di casermoni,
sorti dopo il terremoto dell’Ottanta per dare temporanea ospitalità
a una quota dei 300mila sfollati napoletani dalle proprie abitazioni a causa del sisma,

è divenuto nel tempo un polo permanente di edilizia ultrapopolare degradata.

Lì, la malavita organizzata ha avuto gioco facile a costruire una piazza di spaccio
di proporzioni tali da fare concorrenza a quelle più note di Scampia e di Secondigliano.

Il controllo totale della vita del quartiere da parte della criminalità
ha consentito che si diffondesse una “cultura” della violenza perpetrata a tutti i livelli della vita comunitaria,
incompatibile con le regole e il sentire della nazione che è rimasta a guardare, pressoché inerme,
il distacco di quella pur circoscritta porzione di territorio dall’ordinario svolgersi della convivenza civile.


MA I POLITICI - ESSENZIALMENTE DI SINISTRA - DOVE HANNO VOLTATO LA TESTA ?
 
Sessantamila miliardi di vecchie lire. Trenta miliardi di euro.
Quasi 60mila alloggi costruiti.


I numeri spiegano i fenomeni e ne rendono chiara la portata.


Oggi bisogna partire da quel famoso 23 novembre 1980
per dotarsi delle lenti giuste e per vedere cosa sta avvenendo a Napoli.

Quell’evento storico ha determinato una cesura nella storia della terza città d’Italia.

Ha mosso capitali, prodotto meccanismi criminali e cambiato la vita di migliaia di persone.


Il sisma, invece, creò una scossa sociale di cui paghiamo conseguenze e nessun beneficio.

Trenta miliardi di euro.

Con questi soldi la capitale del Mezzogiorno avrebbe risolto qualsiasi problema
in merito al diritto alla casa e alla domanda di edilizia pubblica.

Con questo fiume di denaro fu inventata la prima grande emergenza
su cui piombarono imprenditori, classe politica e clan della camorra.


La Napoli a cavallo degli anni ’70 e ’80 aveva il primo sindaco comunista a Palazzo San Giacomo: Maurizio Valenzi.


Nella città governata dal Pci con il silenzio assenso della Democrizia cristiana
gli «untori» erano l’unica opposizione che piantava grane e destabilizzava il patto tacito tra i due grandi partiti nazionali.

La loro storia inizia in quei drammatici giorni successivi al 23 novembre 1980:


«Dopo l’immediato tempo del terremoto era quello di un’assoluta mancanza di case.
Un sistema di graduatorie pubbliche manomesse in continuazione,
infatti c’era una situazione clientelare enorme che non si sfuggiva.
Con il terremoto arriva una bomba che acuisce l’emergenza.
Io abitavo nella zona nord e dopo il sisma giravo in continuazione dove avevano costruito le case popolari
per vedere quando occupavano perché era mia intenzione occuparla.

Il giorno dopo il terremoto sono iniziate le occupazioni in maniera spontanea.
La gente ha visto queste case ultimate che erano moltissime.
Solo a Scampìa erano 1.500 appartamenti e si è iniziato con le occupazioni attraverso il passaparola.
Ho notato subito la composizione sociale di chi occupava.
Erano generalmente sottoproletari della periferia nord di Napoli.

Poi c’erano anche gruppi che venivano da altre zone e una grossa fetta che veniva dal centro storico.

E la dislocazione sociale era pari:
sottoproletariato, artigiani che venivano da Napoli, quel magma di persone di condizione umile (lavoratori, manovali).

Dopo alcuni giorni è cominciata l’occupazione della Vela gialla.
Lì c’erano i compagni.
Il punto forte, oltre alla Vela, erano il comparto S e il comparto H
(i sette palazzi, 600 appartamenti), perché erano più numerosi.
Lì avevamo organizzato in maniera capillare con i delegati di scala.
Attraverso questi passavi le notizie e le proposte.
Poi c’era il comparto S con 700 appartamenti. Anche lì un’organizzazione capillare».


«Nelle Vele c’era il nucleo di compagni con collocazione politica diversa e quello del Cim (Centro iniziativa marxista)
che prese la supremazia perché erano bravi nelle assemblee, un po’ meno nell’organizzazione.
Questo è il contesto generale nel primo mese successivo al 23 novembre.
Ci furono alcuni tentativi di sgombero per assaggiare la nostra forza,
ma era chiaro che lo sgombero vero e proprio non ci sarebbe stato perché le famiglie erano tante.
Potevi sgombrare 600 famiglie senza avere un’alternativa?».


«Alla fine erano i sindacati con Sunia e Sicet a fare maggior pressione per il rispetto delle graduatorie:
volevano cacciare noi e mettere chi era in graduatoria.

Una situazione che smontammo subito con due elementi:
illegalità della graduatoria perché reputavamo fosse un meccanismo clientelare di sindacati e partiti,
per noi non rispecchiava il diritto sacrosanto e qui inizia il secondo punto:

chi è venuto a occupare la casa era uno che aveva diritto, altrimenti non veniva in case non finite e in cantieri aperti.

Abbiamo occupato il 23 novembre e a Natale imponemmo all’Enel di mettere i contatori.
Come? Andando all’Enel, occupando le sede e così facemmo con l’Arin.
Facevamo manifestazioni con obiettivi precisi.

Poi ci fu l’eleborazione politica."
 
La pestilenza del XX Secolo che ha ucciso milioni di persone
non fu l’influenza spagnola, né il comunismo, né il fascismo.

Furono gli intellettuali.

Gli intellettuali gettarono le fondamenta e le basi logiche del comunismo e del fascismo,
che provocarono milioni di morti e inibirono scienza, arte e storia.

Non c’è da meravigliarsi che

sia George Orwell (“Gran parte del pensiero di sinistra è una specie di gioco con il fuoco
da parte di persone che non sanno nemmeno che il fuoco è caldo”
)

sia Eric Hoffer (“Quando si esamina la questione di cosa in questo Paese
faccia emergere tutto il rancore e l’odio dell’intellettuale americano,
scopri che quello che non riesce proprio a digerire è la massa della gente”
, cioè l’uomo comune, il “redneck”)

esprimevano un disprezzo profondo per gli intellettuali.
 
Gli intellettuali sono persone che hanno una padronanza delle parole
e sono brave solo con le parole,
o come ha deliziosamente affermato Thomas Sowell,
sono “maestri del virtuosismo verbale”.

L’intera ragion d’essere di alcune discipline si basa su questa capacità.

Esempi sono avvocati, giornalisti, pastori, scrittori e diverse discipline universitarie.



Scienziati e artisti sono quindi esclusi.
Anche se spesso vengono erroneamente raggruppati insieme,
gli intellettuali, a differenza degli scienziati e degli artisti, rientrano in categorie diverse.

In effetti, molto spesso, gli intellettuali sono nemici degli artisti e degli scienziati,
soprattutto di questi ultimi perché si occupano di fatti invece che di opinioni

(va da sé che solo alcuni intellettuali sono ossessionati dal totalitarismo).


Non è un fenomeno moderno.

È con noi da quando alcuni individui furono dotati di diarrea verbale.

Nell’antica Grecia c’erano intellettuali chiamati sofisti,
così famosi per questo che la parola “sofista” è arrivata fino a noi
per indicare qualcuno che è disinvolto nel sostenere un punto di vista assurdo o immorale.

E in epoca romana, Cicerone osservò che “non c’è nulla di così assurdo che non sia stato detto da qualche filosofo”.
 
Una delle cose che ho imparato con mia sorpresa
è che qualsiasi cosa può essere discussa e giustificata.

E intendo qualsiasi!

Nel dipartimento di inglese di un’università,
una volta ho letto l’argomentazione di un intellettuale
secondo cui in Beowulf il mostro assassino dovrebbe in realtà essere visto come l’eroe della storia.

In filosofia, è comune affermare che, solo perché il sole è sempre sorto al mattino, non vi è alcuna garanzia che lo farà domani.

Da allora,
ho visto che con il giusto uso delle parole e nelle giuste circostanze,
un maestro del virtuosismo verbale
può convincere chiunque di qualsiasi cosa,
non importa quanto idiota, moralmente ripugnante o bizzarra.
 

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