Val
Torniamo alla LIRA
In ambito animalistico, la difesa di questa o quella specie appare, agli occhi dei suoi protettori,
come un gesto non solo eticamente necessario ma anche razionale
poiché, si dice, in questo modo si difende la biosfera e l’ambiente naturale.
Questa posizione, in realtà iper razionale, trascura esattamente la complessità di cui sopra.
Ciò non significa che si possa procedere all’abbattimento arbitrario di qualsiasi animale in qualsiasi contesto,
poiché è del tutto prudente limitarci a due regole:
assicurarci l’alimentazione da un lato (magari mitigando le procedure)
e difenderci dall’aggressione fisica.
Regole dure ma che non ci siamo date noi essendoci state consegnate proprio dalla tanto adorata natura.
La difesa di una specie in via di estinzione non è, di per sé, un fatto da incoraggiare
– se non per comprensibili ragioni estetiche o affettive –
poiché nessuno sa quale è l’equilibrio o, se si vuole,
lo stato iniziale in cui si trova la biosfera nel momento in cui intendiamo intervenire su di essa
e, meno che meno, come essa evolverà sulla scorta delle nostre azioni.
Il sistema complessivo della natura è da sempre altamente dinamico e sensibile ad ogni variazione:
mettere le mani su una specie, cioè su una variabile ritenuta arbitrariamente centrale, nonostante le buone intenzioni,
significa mettere in azione una serie intricatissima di interazioni e aggiustamenti decisamente imprevedibili
la cui probabilità di rispondere alle nostre intenzioni è sicuramente molto bassa.
Le specie viventi attualmente sono alcune decine di milioni
e nessuno è in grado di pianificare la loro coesistenza,
fra l’altro ponendo al centro la specie umana.
Per questo i piani per il ripristino di una specie in via di estinzione hanno sicuramente effetti,
ma quasi mai coincidenti con il ritorno ad uno stato precedente
anche perché, nel frattempo, il sistema complessivo è già mutato.
Inoltre, simili interventi sono sempre, per forza di cose, locali
e riguardano quindi questa o quella regione del mondo
senza tenere conto delle retroazioni che, sul piano globale, i ripristini forzati inducono inesorabilmente.
come un gesto non solo eticamente necessario ma anche razionale
poiché, si dice, in questo modo si difende la biosfera e l’ambiente naturale.
Questa posizione, in realtà iper razionale, trascura esattamente la complessità di cui sopra.
Ciò non significa che si possa procedere all’abbattimento arbitrario di qualsiasi animale in qualsiasi contesto,
poiché è del tutto prudente limitarci a due regole:
assicurarci l’alimentazione da un lato (magari mitigando le procedure)
e difenderci dall’aggressione fisica.
Regole dure ma che non ci siamo date noi essendoci state consegnate proprio dalla tanto adorata natura.
La difesa di una specie in via di estinzione non è, di per sé, un fatto da incoraggiare
– se non per comprensibili ragioni estetiche o affettive –
poiché nessuno sa quale è l’equilibrio o, se si vuole,
lo stato iniziale in cui si trova la biosfera nel momento in cui intendiamo intervenire su di essa
e, meno che meno, come essa evolverà sulla scorta delle nostre azioni.
Il sistema complessivo della natura è da sempre altamente dinamico e sensibile ad ogni variazione:
mettere le mani su una specie, cioè su una variabile ritenuta arbitrariamente centrale, nonostante le buone intenzioni,
significa mettere in azione una serie intricatissima di interazioni e aggiustamenti decisamente imprevedibili
la cui probabilità di rispondere alle nostre intenzioni è sicuramente molto bassa.
Le specie viventi attualmente sono alcune decine di milioni
e nessuno è in grado di pianificare la loro coesistenza,
fra l’altro ponendo al centro la specie umana.
Per questo i piani per il ripristino di una specie in via di estinzione hanno sicuramente effetti,
ma quasi mai coincidenti con il ritorno ad uno stato precedente
anche perché, nel frattempo, il sistema complessivo è già mutato.
Inoltre, simili interventi sono sempre, per forza di cose, locali
e riguardano quindi questa o quella regione del mondo
senza tenere conto delle retroazioni che, sul piano globale, i ripristini forzati inducono inesorabilmente.