Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo.

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Una guerra culturale

Il lavoro del gruppo di studio
che ha dato origine alla pubblicazione scientifica
oggetto di questo articolo
mette una pietra tombale
sulla teoria del riscaldamento globale di origine antropica
e meriterebbe una ben maggiore diffusione
rispetto al silenzio con il quale esso è stato accolto dalla comunità scientifica.
 

Superga, 75 anni fa la tragedia del Grande Torino,​

il 4 maggio 1949 la scomparsa degli invincibili:​

"Solo il fato li vinse"​


Lo sgomento fu enorme ed il compito più triste di tutti toccò a Vittorio Pozzo,
che dovette procedere al riconoscimento delle salme dei suoi ragazzi.

Nella tragedia di Superga perirono trentuno persone fra atleti, dirigenti, giornalisti e membri dell'equipaggio.

Nell'incidente persero la vita:
i giocatori Valerio Bacigalupo, Aldo Ballarin, Dino Ballarin, Emile Bongiorni, Eusebio Castigliano,
Rubens Fadini, Guglielmo Gabetto, Ruggero Grava, Giuseppe Grezar, Ezio Loik, Virgilio Maroso,
Danilo Martelli, Valentino Mazzola, Romeo Menti, Piero Operto, Franco Ossola, Mario Rigamonti, Giulio Schubert

e gli allenatori Egri Erbstein, Leslie Levesley, il massaggiatore Ottavio Cortina
con i dirigenti Arnaldo Agnisetta, Andrea Bonaiuti ed Ippolito Civalleri.

Morirono inoltre tre dei migliori giornalisti sportivi italiani:
Renato Casalbore (fondatore di Tuttosport),
Renato Tosatti (Gazzetta del Popolo) e
Luigi Cavallero (La Stampa)

ed i membri dell’equipaggio Pierluigi Meroni, Celeste D’Inca, Celeste Biancardi e Antonio Pangrazi.
 
Una lunga, ininterrotta processione rese omaggio alle bare allineate a Palazzo Madama
e mezzo milione di persone partecipò ai funerali il 6 maggio 1949.

L'intera città di Torino si strinse attorno alla squadra, vero simbolo di un'epoca.

Erano presenti alle esequie rappresentanze di tutte le squadre italiane e di molte squadre straniere,
un giovane Andreotti in nome del governo ed il Presidente della Federazione Gioco Calcio, Ottorino Barassi,
che fece l'appello della squadra come dovesse scendere in campo.

Scrisse Indro Montanelli: "Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede.
E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto in trasferta."

Di quella grande squadra si salvarono solo tre giocatori
che per svariati motivi non parteciparono alla trasferta portoghese:
il secondo portiere Renato Gandolfi che cedette il posto a Dino Ballarin,
Sauro Tomà infortunato al ginocchio e
Luigi Gandolfi, un giovane del vivaio granata.

Si salvarono anche Ferruccio Novo, alle prese con una brutta broncopolmonite,
ed il grande telecronista Nicolò Carosio che rimase a casa per la cresima del figlio.

La stagione 1948/49 fu portata a termine dalla formazione giovanile del Torino,
che disputò le restanti quattro gare contro le formazioni giovanili delle altre squadre.

Il Torino vinse tutte le rimanenti partite, chiudendo il campionato 1948/49 con 60 punti,
cinque di vantaggio sull’Inter, seconda in classifica.

Ma fu un trionfo amaro, segnato dall’indelebile ricordo della tragedia.

Il 26 maggio 1949 venne organizzata allo stadio Comunale una partita
il cui incasso era destinato ai familiari delle vittime.

Contro il grande River Plate si schierò il Torino Simbolo,
un gruppo di undici fuoriclasse prestati da tutte le squadre, che indossarono la maglia granata.

Per il Toro giocarono Sentimenti IV, Manente, Furiassi, Annovazzi, Giovannini, Achilli, Nyers,
Boniperti, Nordhal, Hansen, Ferrari II, Lorenzi, mentre stella degli argentini era Di Stefano.

In un Comunale al limite della capienza la partita-spettacolo terminò 2-2.

Aveva così inizio il dopo-Superga.
 
Ottima nel tennis ed ora sublime.

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Soprannominata La Tigre Siberiana, è stata considerata una delle tenniste più forti della sua generazione.[
 
Gli manca la terra sotto ai piedi.
L'impero si sta sgretolando.

I capipopolo della politica
hanno aizzato la massa social,
radicalizzata in un'idea di politica a senso unico,
contro i giornalisti che non hanno aderito allo sciopero Rai,
minacciati ed etichettati come "fascisti".

"ci sono state alcune giornaliste della Rai,
del tg1 in particolare,
che non hanno aderito allo sciopero,
tra cui la giornalista Laura Chimenti
che ha letto le edizioni del Tg1,
che sono state oggetto di aggressioni violentissime
e di minacce di morte persino sui social".

Tante sono le minacce giunte in privato alla giornalista
ma tanti sono anche i messaggio che si possono trovare pubblicamente.
 
Il diritto allo sciopero,
per l'opinione pubblica della sinistra incivile,
si è trasformato in un obbligo allo sciopero
e chi non ha partecipato è stato etichettato come "fascista".

Il clima da caccia alle streghe,
l'integralismo della massa,
pronta ad aizzarsi contro chiunque non abbia lo stesso pensiero,
sta assumendo contorni inquietanti e lo dimostrano tweet del calibro di:

"Quindi tutti i giornalisti visti oggi al Tg1 e Tg2
che hanno boicottato lo sciopero Usigrai sono proni al governo Meloni.
Buono a sapersi. Un coming out di massa".

Il tutto, con tanto di foto della giornalista.
 
E ancora:

"È sempre stata di destra la Chimenti, stessa cosa Matano,
Rai 1 puzza di fascio da una vita ormai ed è inguardabile".

Per il popolo dei social,
radicalizzato in un'idea estremista di politica,
chi non ha scioperato ha boicottato perché

"si sciopera tutti, da sempre"

e non può esistere nessuno, in Rai, che non abbia la tessera Usigrai.

Chiunque non segua i diktat di quel sindacato,
"unico riconosciuto" secondo alcuni,
quindi unico titolato a esistere, è fascista.

Alla faccia del pluralismo che dovrebbe caratterizzare una democrazia.

"Mi piacerebbe che la Commissione
esprimesse la sua solidarietà nei confronti delle giornaliste
che hanno deciso di lavorare
e che invece stanno subendo un'aggressione
per il clima che si è venuto a creare per questo sciopero esagerato",

ha proseguito Rossi.
 
Il clima di caccia alle streghe è alimentato, com'è ovvio,
dai capipopolo politici che danno fuoco alle ceneri
e fomentano il sentimento di rabbia,
parlando di "regime",
colpevolizzando chi ha semplicemente deciso di lavorare.

E non stupisce che Serena Bortone
si sia messa a capo di queste rivolte,
avendo lei seguito
come responsabile della comunicazione e ufficio stampa
una campagna elettorale del Partito democratico,

partito che in questi giorni si straccia le vesti
cavalcando l'onda in vista delle Europee.

È un film già visto meno di due anni fa,
con la campagna elettorale per le politiche:
agitare lo spettro del fascismo
per spaventare gli elettori e allontanarli dal centrodestra.

AHAHAHAH VEDREMO I RISULTATI ELETTORALI.
 

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