Utopia o realtà ? La LIBERTA' di espressione va difesa ora, perchè domani sarà troppo tardi......e ce ne pentiremo. (2 lettori)

Val

Torniamo alla LIRA
Utopia o realtà ? ..........mah.


«Non essere riuscito a far fare il lockdown a Milano e a Napoli durante la seconda ondata di Covid-19 in Italia»

è il rammarico più grande di Walter Ricciardi, superconsulente del Ministro della Salute Roberto Speranza per l’emergenza coronavirus.

In un’intervista a “Il Mattino”, il Walterone Nazionale espone una serie di considerazioni
sulla gestione della pandemia negli ultimi due anni, all’indomani della fine dello stato di emergenza.


Probabilmente, con gli occhi lucidi ed una punta di tristezza, l’igienista ha ripensato a quell’ottobre 2020,
imputando la mancata chiusura alla «strenua contrarietà dei sindaci (Sala e de Magistris) che scrissero al ministro.
In realtà avremmo evitato la seconda ondata, bloccato la trasmissione dei contagi e limitato la terza ondata
che hanno coinvolto tutte le regioni italiane provocando 70mila morti.
Venni attaccato da tutti, mentre ci avevo visto giusto», sottolinea Ricciardi.


L’ex attore (va di moda cambiar mestiere) continua

«Per fortuna l’Italia ha avuto un ministro che ha immediatamente capito il rischio che stavamo correndo.
Il binomio tra scienza e politica in Italia ha funzionato».

Secondo Ricciardi il problema è stato «convincere chi invitava ad andare avanti come nulla fosse,
far capire a sindaci e presidenti di Regione che le zone rosse non si potevano evitare.
Dicevamo a tutti che ci trovavamo di fronte a un virus pericoloso.
È stato difficile convincere tutti gli scettici che le misure restrittive erano assolutamente necessarie».


Il consulente però non alcun dubbio su quale sia stato uno dei momenti più belli della sua carriera (e forse della sua vita):

«l’arrivo dei vaccini, il V-Day del 27 dicembre del 2020,
perché avere a disposizione in pochi mesi vaccini efficaci (????????)
non era un risultato scontato».

L’igienista assicura
«Che i vaccini abbiano cambiato la storia della pandemia è stato evidente
sin dai primi mesi successivi alle inoculazioni. Senza avremmo pagato un tributo enorme».


Walter Ricciardi, ormai famoso per le sue previsioni catastrofistiche mai azzeccate
e per la sua innata propensione al “chiudere tutto”
,
ha rilasciato dichiarazioni che, come al solito, hanno scatenato l’ironia del web,
tra cui quella della famosa pagina satirica “Le frasi di Osho”,
che prontamente gli ha risposto

“E chi lo sa… magari un giorno ti aprirai un lockdown tutto tuo”.

La reazione del web arriva anche in concomitanza delle dichiarazioni di Greco del Cts che,
al contrario dell’igienista, ha ammesso che «Il lockdown è stato inutile».



Insomma, come al solito ognuno ha da dire la propria, spesso trovandosi in clamoroso disaccordo con i propri “colleghi”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
“Anche l’isolamento più duro del marzo 2020

non ha sortito nessun effetto sul contenimento dell’epidemia”.


Una sentenza, una pietra tombale di cui qualcuno ora dovrà rispondere.

“L’errore più grande del Cts è stato non aver prodotto comunicazione.


Si è dato spazio a una serie di virologi autonominati che l’hanno gestita.


È vero, abbiamo tenuto una conferenza stampa ogni settimana,

ma senza impatto mediatico perché tutti gli spazi erano occupati.


Noi abbiamo rispettato un vincolo di riservatezza

mentre le virostar hanno avuto accesso ai media in modo intenso

pur non conoscendo le informazioni di chi era in prima linea e non avendo esperienza specifica”


“Ho lavorato in più di 50 epidemie e inevitabilmente spuntano esperti autonominati

che i media scelgono anche per le loro capacità comunicative.


C’erano colleghi con la qualifica di infettivologi clinici, bravi per le terapie

ma di sanità pubblica non ne sapevano niente.


Pregliasco? Si è sempre occupato di virologia dell’influenza. Zangrillo? È un rianimatore, non ci azzecca.


Crisanti? È un polemista, bravissimo con le zanzare e personaggio molto discusso nel mondo accademico.


Viola è immunologa e biologa, brava nella comunicazione sociale”.



Amen.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Questo è quello che succede. E NOI dovremmo difendere simili personaggi ?
Noi stiamo qui a subire delle restrizioni per la loro mentalità oppressiva ?
Ma lo capite che la "loro" mentalità non è la nostra.

Ieri sera, alla puntata di Non è l’Arena di domenica 4 aprile,
si sono ritrovati di fronte il reporter ucraino Vladislav Maistrouk e il collega russo Alexey Bobrovsky.

“Io ho assistito ad una cosa disgustosa – dice Maistrouk – io non so se quando si parla di Shoah si chiama a parlare i negazionisti,
ma noi abbiamo assistito a qualcosa di simile”.

Il riferimento è, ovviamente, alle posizioni filo-Cremlino tenute da Bobrovsky, accusato di bersi tutta la propaganda di Putin.

Il collega risponde, sostenendo di “non negare assolutamente l’olocausto”.


E a quel punto il report ucraino inizia a parlare un russo,

degli “insulti” per poi passare alle minacce vere e proprie.


“Per tutti coloro che sono i mandanti,

per tutti i propagandisti e gli esecutori dei crimini contro i civili ucraini,

dovete avere paura fino all’ultimo giorno della vostra misera esistenza.

Ridi finché puoi.

Poi non riderai più.

Abbi paura fino alla fine dei tuoi giorni.

Perché noi vi troveremo tutti e capirete finalmente la lezioni di Dostowvskj: dei delitti e delle pene”.



Fin qui la cronaca.

Che abbiamo riportato correttamente per evitare fraintendimenti.

C’è spazio però per una riflessione, seppure breve.

Va bene schierarsi con gli ucraini.

Va bene ritenere l’invasione russa una violazione del diritto internazionale.

Va bene denunciare gli eventuali crimini di guerra commessi.


Però da qui a passare alle minacce contro un giornalista russo ce ne passa.


Però provate a immaginare cosa sarebbe successo se un simile invito a

“ridere adesso che poi non ridi più” fosse stato fatto a parti inverse.


Cosa sarebbe successo?

Il finimondo, giustamente.


In questo caso, invece, silenzio.

O quasi.


Si può affermare che “vi troveremo tutti” non è esattamente la frase che vorremmo ascoltare in diretta tv, oppure rischiamo di passare per putinisti?
 

Val

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Ma come è possibile che i media continuino a sostenere

che l’improvviso aumento degli infarti e attacchi di cuore sia un effetto della Covid?


Partiamo dai dati e dalle ipotesi di uno studio.

A parlare chiarissimo sono le cifre.

“Tra febbraio e marzo i ricoveri per infarto e scompenso cardiaco sono aumentati del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso

– rivela Carlo Cernetti, 54 anni, direttore delle unità di Cardiologia di Treviso e Castelfranco –

la recrudescenza di eventi di questo tipo segue una certa stagionalità.

Ma quella attuale sembra essere davvero molto forte e violenta”.



E per questa ragione, il fenomeno sarà al centro di uno specifico studio tra Cardiologia e l’Università di Padova.

Intervistato dal Messaggero, quando gli chiedono
da dove sorga l’aumento di infarti e scompensi cardiaci, il dottor Cernetti spiega:

“La recrudescenza di eventi acuti anche in persone giovani ci ha già portato ad avanzare delle ipotesi.
La prima è che l’epidemia da Covid abbia causato un enorme incremento delle infiammazioni…”


Nell’articolo, e in tanti altri simili che appaiono da mesi in tutti i media,
si avanza solo questa ipotesi: si tratta di effetti della Covid.

L’aumento registrato di attacchi di cuore avviene dal 2021, la Covid però esiste dal 2020.

Nel 2021 ci sono state le iniezioni di Pfizer a cui si è forzata la popolazione,
arrivando persino a togliere lo stipendio a chi non le faceva.


Nel 2020 c’era la Covid e non c’erano i vaccini.

E nel 2020 questa “pandemia da infarto” non c’era.



Si parla di tutto meno del fatto che da un anno si è imposta la vaccinazione di massa.


L’aumento del 25% è tra inizio 2022 e l’anno scorso, cioè inizio 2021.

Ma a inizio 2021 c’era la Covid quanto quest’anno, anzi di più.

Non ha quindi senso logico attribuire ora alla Covid un aumento improvviso di infarti

rispetto al periodo in cui la Covid era al massimo

(visto che anzi un anno fa c’era in giro la versione “Delta” che tutti indicano come fosse più pericolosa).


Un anno fa invece non c’erano ancora le iniezioni di Pfizer e Moderna
.

Un anno fa, tra gennaio e marzo 2001, gli adulti e i giovani non erano ancora vaccinati e adesso invece lo sono per il 90% circa.


Hanno iniziato a vaccinare sotto i 50 anni dopo la primavera.

Di conseguenza, l’esplosione degli infarti e degli attacchi di cuore riportata in questi articoli

confronta adulti e giovani ora vaccinati, con adulti e giovani del 2021 che non erano vaccinati.


E adesso che sono al 90% vaccinati gli infarti aumentano e non risparmiano neppure i giovani.


La Covid lascia una lunga scia di dolore,

ma i vaccini a mRNA hanno molti effetti avversi

e allora ben venga uno studio scientifico sugli aumenti degli infarti,

ma questo studio dovrebbe valutare come ipotesi anche la vaccinazione di massa.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Davanti alle strazianti immagini dei morti per strada e nelle fosse comuni di Bucha chi non fosse colto da un senso di pietà umana, di orrore e di disgusto per la guerra e per chi l’ha voluta sarebbe certamente un uomo senza cuore. Ma è anche vero che sarebbe un uomo senza cervello chi escludesse a priori la possibilità che il filmato diffuso domenica dalle autorità ucraine possa essere in tutto o in parte una macabra messinscena, con una scenografia di corpi umani messi lì ad uso delle telecamere, per suscitare orrore e ulteriori sanzioni europee contro la Russia. Di messe in scena e di “operazioni sotto falsa bandiera” finalizzate a suscitare orrore e ad ottenere vantaggi militari e politici ce ne sono state in tutte le guerre anche recenti, come quella jugoslava e quella siriana.


Il filmato su Bucha diffuso dagli ucraini quattro giorni dopo la partenza delle truppe russe ha mostrato diversi corpi in abiti civili che giacevano in mezzo ad una grande strada. Almeno uno dei morti aveva le mani legate dietro la schiena – il che farebbe pensare ad un’esecuzione a sangue freddo – mentre un altro giaceva a terra con a fianco la sua bicicletta, il che lascia pesare ad un uomo freddato mentre andava tranquillamente in bici. Secondo Kiev si sarebbe trattato di un “massacro deliberato” compiuto, non si sa bene perché (puro sadismo?) dalle truppe russe prima di abbandonare la cittadina il 30 marzo scorso. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha parlato di “genocidio”.


I russi hanno invece definito il filmato una intenzionale “messa in scena”. Ma i russi sono parte in causa e la loro potrebbe essere una autodifesa d’ufficio. Il punto è che anche per un qualsiasi osservatore che non parteggi per alcuna delle parti in conflitto, in quel filmato non mancano aspetti che inducono gli osservatori indipendenti a mettere in dubbio sia la versione di Kiev, sia quella di Mosca.


Il primo dubbio viene per il fatto che il giorno dopo il ritiro russo, il 31 marzo, il sindaco di Bucha, Anatoly Fedoruk, ha confermato in un video che i militari russi avevano abbandonato la cittadina, ma non ha menzionato alcuna strage da essi compiuta, come sarebbe stato logico. La stessa mancanza di morti per strada è stata notata in un filmato girato dalla polizia il giorno successivo, anche se il New York Times ha pubblicato una foto satellitare che mostrerebbe che quei corpi fossero già lì 11 giorni prima. Il secondo elemento di dubbio è, infatti, che la presunta strage per strada sia stata resa nota solo dopo 4 giorni dal ritiro russo. Un ritardo del tutto inspiegabile che lascia spazio al sospetto che in quei tre giorni i servizi segreti ucraini abbiano preparato adeguatamente la scena. Non sembrano invece fondati i dubbi espressi dai militari russi sul filmato.


“È una particolarità che tutti i corpi delle persone le cui immagini sono state pubblicate dal regime di Kiev, dopo almeno quattro giorni, non si sono irrigiditi, non hanno le caratteristiche macchie da cadavere e hanno sangue fresco sulle ferite” hanno indicato i militari russi. Queste osservazioni sono però basate solo su impressioni visive, tratte per di più da immagini televisive. Non possono perciò essere considerate né rilevanti né probanti. Il giornalista Toni Capuozzo ha sollevato dubbi opposti: se si fosse trattato di esecuzioni a sangue freddo, con un colpo alla testa ci sarebbero state ampie chiazze di sangue, che non ci sono, ha detto a “Quarta Repubblica”.


La versione di Kiev suscita dubbi, perché non spiega le presunte motivazioni della strage
attribuendo ai militari russi una sadica volontà di sterminio e addirittura di genocidio
che fa parte della demonizzazione del nemico che la propaganda militare usa fare in tutte le guerre.


“Il massacro di Bucha è stato deliberato.
I russi mirano a eliminare il maggior numero possibile di ucraini.
Dobbiamo fermarli e cacciarli fuori.
Esigo ora nuove e devastanti sanzioni del G7”

ha scritto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, su Twitter.

Questa motivazione suscita dubbi, perché si fa fatica a immaginare come sadici sanguinari
giovani soldati russi di leva che, oltretutto, potrebbero essere un domani testimoni loquaci e molto scomodi per i loro comandanti.

Ieri è circolata una notizia che del massacro sia stato responsabile
un reggimento di soldati jakuti provenienti dalla Siberia orientale comandati da un colonnello già identificato.


C’è da chiedersi poi: come mai quel comandante militare russo non ha temuto di fare un clamoroso autogol?

Non avrebbe dovuto temere le ire di Vladimir Putin, una rimozione, un processo militare e una futura incriminazione internazionale?


Tuttavia l’esperienza passata dimostra che stragi sadiche e irrazionali si verificano in tutte le guerre.

In guerra tutto è possibile.


A ogni modo, la dichiarazione del ministro ucraino è sospetta anche perché, oltretutto,
è esplicitamente intesa a ottenere nuove sanzioni antirusse dall’Unione europea.


In base a un atteggiamento razionale non si può, dunque, che sospendere il giudizio anche sulla tesi di Kiev
in merito alla presunta strage russa di civili a Bucha.


I governi europei, invece, stanno troppo frettolosamente dando per scontata e veridica la versione ucraina



“Le autorità russe dovranno rispondere di questi crimini” ha affermato il presidente francese Emmanuel Macron,
il quale però pensa soprattutto alle imminenti elezioni presidenziali.

Il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, con giovanile solerzia e con furbesco zelo,
si è già mostrato prematuramente certo delle responsabilità russe.

E ha troppo presto parlato di “crimine di guerra” imputato ai russi e di “punizioni”.

Egli ha già annunciato con ostentata fermezza e malcelato entusiasmo “nuove sanzioni” europee,
come si trattasse di un pranzo di gala alla Farnesina.


“Non possiamo rimanere inerti. Bisogna fare qualcosa. Nuove sanzioni.
Rinunciamo al gas e al petrolio russo perché non si può continuare a finanziare la guerra di Putin e i suoi crimini”

dicono oggi molti commentatori, in una gara a chi si dichiari più indigna
to e combattente
(stando ben lontani dalla guerra e al riparo dei propri alti redditi).


Bisognerebbe ricordare a Di Maio e ai nostri volenterosi “combattenti” (per procura)
che le nuove sanzioni, specie se riguarderanno le forniture russe di gas e petrolio,
colpiranno soprattutto interessi europei e italiani.

Bisognerebbe ricordare loro anche che le sanzioni sono sempre un atto ostile
mirante a provocare un (improbabile) “cambio di regime” a Mosca.


È questo, dunque, nonostante le smentite americane, l’obiettivo dell’Occidente imposto da Joe Biden agli europei?



I governi europei farebbero bene invece (come facciamo noi qui) a sospendere il giudizio.


Un’inchiesta indipendente a opera di una commissione dell’Onu è necessaria

ed è stata chiesta sia dagli ucraini, sia dai russi.


Decisioni affrettate potrebbero risultare autolesioniste e anche tragiche.

Anche perché potrebbero segnare una drammatica svolta peggiorativa nella guerra in corso.

Potrebbero rivelarsi un azzardato passo ulteriore verso una progressiva escalation
n direzione di una guerra allargata anche ad alcuni Paesi europei,
dalla quale gli americani contano di restare fuori,
come Biden ha più volte dichiarato poco prima della decisione russa di invadere l’Ucraina.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Venerdì 8 aprile, Confedilizia aggiungerà un altro strumento ai tanti che sta già utilizzando
per contrastare la revisione del catasto contenuta nel disegno di legge delega per la riforma fiscale.

Saremo in piazza in diverse città d’Italia per spiegare che cosa prevede il famigerato articolo 6,
perché è pericoloso, quali partiti lo osteggiano, quali lo sostengono,
quali propongono una soluzione di compromesso (ad esempio, approvare il comma 1 ma non il comma 2).


Inviteremo a prestare attenzione al tema, in particolare, coloro che finora se ne sono disinteressati,
ritenendo di essere al riparo da qualsiasi rischio:

i proprietari, o i prossimi acquirenti, della sola casa di abitazione.

Spiegheremo loro che anche per la “prima casa” deve scattare l’allerta, per almeno tre ordini di ragioni.


1.
I dati catastali influenzano l’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee),
attraverso il quale i cittadini accedono, a condizioni agevolate, alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità.

Tra i parametri con i quali viene determinata la situazione economica del nucleo familiare del richiedente la prestazione o il servizio
rientra, infatti, il valore catastale degli immobili di proprietà, “prima casa” inclusa.

Maggiore è il valore catastale di quest’ultima, dunque, minore possibilità vi è di ottenere la prestazione o il servizio.


2.
Sui dati catastali si fondano i tributi sulle compravendite, in particolare l’imposta di registro.

Maggiore è il valore catastale dell’immobile, maggiore è l’imposta da pagare al momento del suo acquisto.


3.
L’Imu colpisce attualmente le abitazioni principali (le cosiddette “prime case”) solo se sono considerate “di lusso”.

Con l’attuale catasto, hanno questa connotazione le unità immobiliari di categoria catastale A/1, A/8 e A/9.

Al proposito, va considerato che:

a) con i nuovi inquadramenti catastali,
le modalità di individuazione delle abitazioni considerate “di lusso”
potrebbero portare a risultati molto diversi dagli attuali,
con l’inclusione nella tipologia “di lusso” di un numero maggiore di unità immobiliari;

b) la Commissione europea – oltre a raccomandare all’Italia di “aggiornare” il catasto
al fine di compensare con maggiore tassazione sugli immobili una minore imposizione “sul lavoro” –
ha suggerito anche di reintrodurre l’Imu sull’abitazione principale in via generalizzata.


Cioè tasse sulla prima casa.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Una volta tanto sono perfettamente d'accordo con la decisione del governo.
Quanti lavorano in nero ? Hanno reddito basso, ma hanno una casa di proprietà.
Giusto tener conto di tutti i valori positivi.
E certe asociazioni si dovrebbero "vergognare" di fare calcoli
su persone che dispongono di un reddito di 40.000 euro.
BUFFONI. Provate a vivere con 15000 euro di reddito lordo annuo.



Non bastassero le tante preoccupazioni di questi ultimi mesi,
con bollette da record e rincari del carburante,
anche sul fronte dell’assegno unico non arrivano buone notizie per gli italiani:

le famiglie che hanno una casa di proprietà o risparmi liquidi sul conto corrente si vedranno, infatti, penalizzate.

Lo strumento ha preso il il via a marzo 2022 e interessa complessivamente 7 milioni di lavoratori,
anche se al momento hanno presentato istanza poco più di 4 milioni.

Il termine per chiedere gli arretrati è fissato al 30 giugno.

Come spiegato da Giorgia Pacione Di Bello sulle pagine della Verità,
quello che tanti genitori stanno ricevendo in questi giorni è però “una spiacevole sorpresa”:

“L’accredito Inps è nettamente inferiore rispetto a quanto si era abituati a ricevere con le varie agevolazioni separate,
una differenza legata al metodo di calcolo che si è deciso di usare.
Se prima infatti per stabilire la quantità di beni fiscali famigliari si prendeva in considerazione il reddito, adesso si usa l’Isee”.

A pesare, dunque, sono anche gli immobili della coppia, le aree fabbricabili e i risparmi lasciati in liquidità sul conto corrente.

A parità di situazione reddituale, dunque, se una famiglia ha una casa di proprietà e quindi un Isee più alto
si ritrova con l’importo mensile dell’assegno unico ridotto.

Come denunciato da tante associazioni di categoria, una scelta del genere in Italia,
storicamente “Paese del mattone” finisce per penalizzare tante famiglie.

Il centro Studi dei Consulenti del lavoro ha mostrato gli esempi di vari casi.

“C’è il caso dei nuclei che hanno redditi da lavoro dipendenti ‘medio-alti’, con Isee superiore ai 40.000 euro”.

In questo caso, i genitori si troverebbero con un sostegno economico nettamente inferiore rispetto a prima,
situazione che si capovolge invece per quei nuclei che non presentano un indicatore elevato.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Il lockdown avrebbe salvato l’estate.

I vaccini e il Green pass il Natale.

Poi vaccini e Green pass non salvarono il Natale, e allora si parlò di Pasqua.

Ma neanche quella volta, era il 2021, le cose andarono così.

E allora c’era da salvare un’altra estate e un altro Natale,

e quindi inventarono terza dose e Super Green pass, ma nulla.


Ora siamo alle porte di un’altra Pasqua e la litania non è cambiata.


Soprattutto per i vaccinisti e per gli oltranzisti.


Come infatti riporta il Corriere, EasyJet e British Airways hanno dovuto cancellare quasi 500 voli tra sabato 2 aprile e lunedì 4
a causa soprattutto degli assistenti di volo e dei piloti contagiati dal Covid-19.


Si badi bene: per legge erano tutti stravaccinati.
 

Val

Torniamo alla LIRA
L’inflazione non risparmia nemmeno i mutui per la casa, tornati a salire dopo anni di ribasso per i tassi.

Gli indici Euris, che determinano il tasso dei mutui a rata fissa,
hanno infatti invertito il loro trend, in crescita di oltre 40 punti sulla scadenza a 20 anni, passando da 0,85% a 1,27%.

Più cari anche i prestiti a tasso variabile, con gli indici Euribor che da -0,56% sono arrivati a -0,46% ,
con il rischio ora che il super tasso possa bloccare le agevolazioni previste per gli under 36,
che avevano trainato il settore nel recente passato.


Come spiegato da Vito Lops sulle pagine del Sole 24 Ore,
dopo anni di calma piatta e record su record al ribasso per i tassi,
il mercato dei mutui si trova a fronteggiare una fase di inversione.

Per quanto riguarda le nuove offerte, per i nuovi aspiranti mutuari,
“è in corso un adeguamento del mercato al movimento degli indici Euris:
se un mese fa era possibile stipulare un fisso a tasso finito inferiore all’1%,
ora nelle migliori delle ipotesi si riesce a spuntarlo all’1,37%”.

Volendo risparmiare, si può optare per un tasso variabile
che per un finanziamento con caratteristiche simili si attesta allo 0,59,%, quasi 80 punti base in meno del fisso.

Lo scenario sta però cambiando anche sul fronte dei tassi variabili:
“I future sugli Euribor a 3 mesi scontano il ritorno dell’indice su valori positivi già per la fine di quest’anno.
Spostandoci più in là nel tempo e con la sfera di cristallo gli stessi future
proiettano il moltiplicatore delle rate variabili all’1,3% nel 2024, per poi assestarsi su tali livelli fino al 2028.


A inizio anno, i mercati stimavano un’inflazione a 5-10 anni per l’Eurozona dell’1,86%.

Ora le aspettative sono passate al 2,26%.

Secondo il Sole 24 Ore, “non si tratta di livelli di allarme ma di uno scenario che allo stato attuale sembra ottimistico”.

Di conseguenza, “chi ha un mutuo variabile di lungo periodo potrebbe valutare l’opzione di una surroga fisso,
per mettere in sicurezza 15-20 anni di ammortamenti residui.
Vero che andrebbe a pagare fin da subito una rata fissa più alta,
ma a tendere la spesa interessi complessiva potrebbe essere meno onerosa,
qualora la Bce fosse costretta ad alzare i tassi più volte per arginare l’inflazione”.
 

Val

Torniamo alla LIRA
Così si stravolge la VERITA'. Come siamo messi male. Male Male.



Dopo aver cancellato il profilo del professor Orsini,

Wikipedia ha colpito ancora

riscrivendo la storia della strage di Odessa in chiave completamente nuova, e dubitativa.


Non si è trattato di un incendio doloso, ma di un “rogo”.

Non sono stati i nazisti ucraini, ma forse degli ignoti anonimi.

E magari, domani, scopriremo che a bruciare vivi non furono neppure degli ucraini russofoni, ma degli apolidi non meglio identificati.



A furia di evocare Orwell e il suo capolavoro, 1984, lo stiamo inverando in ogni minimo dettaglio.

Persino nella riscrittura del passato che era una delle caratteristiche principali del regime in cui viveva Winston Smith,
il protagonista dell’immortale romanzo.

Il quale, poverino, di lavoro faceva proprio questo: rintracciava vecchie, e scomode, notizie di stampa.

E le “correggeva”.



Qui, però, ci interessa far notare che Winston era una vittima succube del regime.

Invece, gli zelanti “sbianchettatori” dell’era corrente non lo sono affatto.

Sono, a tutti gli effetti, complici del sistema.


E hanno anche un nome, persino un po’ simpatico e ormai abbastanza noto: quello di “sbufalatori”.


I cacciatori di bufale – per come ci vengono descritti – sarebbero dei volonterosi “volontari” innamorati della “verità oggettiva”.

Essi, a tempo perso e per pura passione, si divertirebbero a fare le pulci alle notizie di ogni provenienza

per segnalare agli utenti del web gli errori, i bachi, le fake del circuito dell’informazione di massa; e, in particolare, di quella digitale.




Ebbene, se proverete a studiare a fondo la faccenda,
vi accorgerete che il profilo dello sbufalatore medio è assai diverso, e lontano, dall’identikit romantico e corsaro,
e dalla leggendaria fama di imparzialità irreprensibile, che lo circonda.

Ci sono almeno tre caratteristiche cruciali quasi sempre immancabili negli infervorati missionari anti-bufala.

Primo:
essi sono, sistematicamente, schierati dalla parte del mainstream e si applicano, inesorabilmente,
a individuare le magagne della cosiddetta “contro-informazione”. Il che, se ci pensate, è strano.
Un paladino della verità dovrebbe sapere che la storia la scrivono i vincitori
ed essere molto più attratto dallo smascherare le balle del potere (vincitore per definizione)
e dei suoi tentacoli mediatici, piuttosto che quelle di chi il potere lo avversa.

E non perché la controinformazione sia esente dal rischio bufala.
Ma perché – come innumerevoli e recenti esempi dimostrano –
l’informazione sedicente ufficiale sforna bufale a sua volta, al ritmo di un caseificio campano.


Secondo:
diversi sbufalatori dedicano alla loro opera molto tempo, ed evidentemente molte risorse.
Ergo, non pochi sono anche pagati per fare il loro meritorio lavoro.
E, atteso quanto sopra, non è difficile immaginare da chi.


Terzo:
gli sbufalatori non brillano quasi mai per evidente acume, ma quasi sempre per apparente ottusità.
Si concentrano non sulla verità profonda ed effettiva (nonché taciuta e oscurata) delle trame del potere,
ma semmai su dettagli spesso ininfluenti o secondari del quadro d’insieme.
A loro basta trovare il famoso “pelo” sbagliato nell’uovo.
Perché, poi, ciò gli consente di negare veridicità e sostanza all’uovo tutto intero.


Sono, insomma, degli straordinari manipolatori,

impareggiabili nell’uso di un sottile, quanto perverso “sillogismo”:

se dimostro che è falsa, o erronea, anche una sola delle mille cose che dici,

allora lo sono anche tutte le altre novecentonovantanove.


Per concludere, siamo ormai entrati, a pieno titolo,

in un periodo storico in cui – più che dalle bufale – bisogna guardarsi dai loro cacciatori.


Proprio come il protagonista di 1984 doveva guardarsi dalla psico-polizia.
 

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