C’è in ballo
la libertà residua,
la salute, per chi ancora la conserva,
la possibilità di continuare a vivere come cittadini in un regime di garanzia invece che come servi,
mattoni compressi che si bloccano e si controllano l’un l’altro, senza più volontà, senza speranza, senza dignità.
Quanto a dire le istanze politiche ed etiche che dovrebbero costituire l’orizzonte di una destra moderna,
mondata da nostalgie fosche, capace di guardare avanti, al ritorno dell’individuo, all’affrancamento dallo statalismo dirigista.
Ma Meloni e il suo cerchio magico provengono dalla destra sociale novecentesca,
dal provvidenzialismo autoritario paternalista di stampo socialfascista e non ne guariscono,
restano tenacemente nella percezione del Paese come substrato della cosa pubblica che resta un bell’osso da spolpare.
Dal totalitarismo pandemico sono passati due anni
ma non cessano gli effetti e non cessa il trauma diffuso:
nessuno si è più ripreso,
molti sono sprofondati nella depressione endemica,
la violenza spicciola, in particolare giovanile, è esplosa,
tanti hanno perso lavoro e possibilità di recuperarlo.
Senza contare gli effetti sulla salute:
i morti,
le famiglie decimate,
gli ammalati cronici,
gli invalidi a vita.