FORTEBRACCIO
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Il leader del PD apre la campagna elettorale con al fianco il tricolore. Al termine del discorso canta l'inno di Mameli
Per Veltroni patriottardo e nazionalista non ci sono più nemici e classi sociali
Il suo obiettivo sono le "grandi riforme" per la terza repubblica da fare assieme a Berlusconi
Il 10 febbraio Walter Veltroni ha aperto la sua campagna elettorale all'americana con un discorso tenuto nella cittadina umbra di Spello.
Una location scelta e allestita con cura come un set cinematografico, per ricavare il massimo effetto mediatico sui telegiornali e su Internet e per lanciare una serie di messaggi simbolici in studiata sintonia col suo discorso elettorale.
A cominciare dallo stesso palcoscenico scelto per mettere in scena l'evento: il sagrato di un convento, per richiamare il tono "pacifico" e interclassista della sua campagna, nonché per blandire la chiesa e rassicurare l'elettorato cattolico; dal fondale suggestivo e rasserenante di colline verdi di ulivi e cipressi, per ammiccare all'ecologia e
all'ambientalismo; dal pubblico accuratamente selezionato di giovani supporter, per sottolineare la "novità", la "speranza" e l'apertura al futuro rappresentate dal Partito democratico; dal tricolore piazzato ben in vista al suo fianco e l'inno di Mameli cantato alla fine del discorso, per rimarcare in modo plateale e solenne i suoi numerosi richiami al nazionalismo e al patriottismo.
Di certo, per aprire la sua campagna elettorale, il leader liberale, neonazionalista del PD non ha scelto uno scenario reale e veramente rappresentativo della tragica situazione in cui versa oggi il nostro Paese, dopo cinque anni di governo Berlusconi e due di governo Prodi, quale avrebbe potuto essere, per esempio, la Campania sommersa dai rifiuti, o la Calabria martoriata dalla corruzione politica e dalla criminalità mafiosa, o anche la Torino della Tyssen Krupp, simbolo della drammatica condizione operaia.
Ha scelto invece uno scenario patinato e falso, ad uso esclusivo dei media nazionali ed esteri, un'Italia che non esiste, se non nella mente dei pubblicitari, sondaggisti, venditori di fumo e "curatori di immagine" di cui amano circondarsi ormai anche i leader della "sinistra".
Veltronismo specchio del berlusconismo
Sotto questo aspetto Veltroni dimostra di essere il miglior allievo di Berlusconi nell'arte di manipolare l'opinione pubblica mediante l'uso sapiente dei media, il suo corrispettivo speculare nel campo della "sinistra", come già alcuni osservatori, sia amici che avversari, cominciano ad ammettere.
Si veda per esempio un suo pur insospettabile sostenitore come Curzio Maltese, che su la Repubblica dell'11 febbraio, rievocando la famosa videocassetta con cui il neoduce annunciò 15 anni fa la sua "scesa in campo", scrive:
"Il veltronismo è un berlusconismo rovesciato che usa gli stessi moderni strumenti per comunicare significati opposti.
Il 'discorso per l'Italia' di ieri in fondo riecheggia la famosa discesa in campo del '93:
'L'Italia è il paese che amo...'. C'è il tricolore in bella mostra, il patriottismo continuamente richiamato, il passato gravido di gloria e dolore e il futuro di speranza della nazione come leit motiv, impastati in un ottimismo al limite dell'incoscienza".
E più oltre aggiunge: "Eppure nulla, ora come allora, è lasciato al caso. Il regista governa alla perfezione la scena e il copione".
E infine conclude: "Di sicuro, è il leader di centrosinistra che meglio maneggia l'arma dell'immagine e l'unico ad aver intuito il fascino del berlusconismo fin dalle origini, molto prima della 'discesa in campo'".
Si può concordare sostanzialmente con questo giudizio dell'inviato de la Repubblica, salvo il passaggio, del tutto gratuito e da dimostrare, sui "significati opposti".
Un esperto di comunicazione, come l'autore di programmi televisivi ed ex direttore di Rai2 Carlo Freccero, a sua volta osserva su l'Unità dell'11 febbraio: "C'è da dire che si trattava di tutto fuorché di un comizio, poca gente, solo giovani: c'è nel messaggio un rigore estetico, una precisione, che fa pensare piuttosto ad un video da mettere su Internet, da far girare su You Tube, su tutti i media".
E prevede che il discorso di Spello "è solo una sorta di premessa.
Dopodiché, ad ogni passaggio ci sarà una ulteriore programmazione grafica, estetica e contenutistica precisa.
Quello di oggi è un manifesto".
Dei messaggi simbolici di cui questo manifesto mediatico è infarcito abbiamo già accennato. La simbologia non è però solo un accessorio mediatico, ma ha un'importanza centrale nella strategia elettorale di Veltroni, che sta applicando con scrupolo scientifico i metodi delle campagne elettorali americane, e in particolare ispirandosi a quella del democratico Obama, di cui ha perfino copiato lo slogan "Yes we can", tradotto con il "Si può fare" che è diventato il suo marchio elettorale.
La simbologia e la retorica "buonista" e patriottarda da libro Cuore di cui l'ex neopodestà di Roma fa abbondante uso hanno uno scopo preciso: servono a imbellettare, nobilitare e far digerire meglio alla base elettorale la "rivoluzione copernicana" che ha impresso irreversibilmente al PD, bruciando tutti i ponti alla sua sinistra e candidandolo ad essere il partito che meglio rappresenta i valori e gli interessi della classe dominante: dallo sviluppo capitalistico all'interclassismo, dal nazionalismo patriottardo all'espansionismo interventista, dalle "riforme istituzionali" per rafforzare il sistema capitalista alla "fine delle contrapposizioni ideologiche" tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista, in nome degli "interessi nazionali" e della terza repubblica.
(continua)
Per Veltroni patriottardo e nazionalista non ci sono più nemici e classi sociali
Il suo obiettivo sono le "grandi riforme" per la terza repubblica da fare assieme a Berlusconi
Il 10 febbraio Walter Veltroni ha aperto la sua campagna elettorale all'americana con un discorso tenuto nella cittadina umbra di Spello.
Una location scelta e allestita con cura come un set cinematografico, per ricavare il massimo effetto mediatico sui telegiornali e su Internet e per lanciare una serie di messaggi simbolici in studiata sintonia col suo discorso elettorale.
A cominciare dallo stesso palcoscenico scelto per mettere in scena l'evento: il sagrato di un convento, per richiamare il tono "pacifico" e interclassista della sua campagna, nonché per blandire la chiesa e rassicurare l'elettorato cattolico; dal fondale suggestivo e rasserenante di colline verdi di ulivi e cipressi, per ammiccare all'ecologia e
all'ambientalismo; dal pubblico accuratamente selezionato di giovani supporter, per sottolineare la "novità", la "speranza" e l'apertura al futuro rappresentate dal Partito democratico; dal tricolore piazzato ben in vista al suo fianco e l'inno di Mameli cantato alla fine del discorso, per rimarcare in modo plateale e solenne i suoi numerosi richiami al nazionalismo e al patriottismo.
Di certo, per aprire la sua campagna elettorale, il leader liberale, neonazionalista del PD non ha scelto uno scenario reale e veramente rappresentativo della tragica situazione in cui versa oggi il nostro Paese, dopo cinque anni di governo Berlusconi e due di governo Prodi, quale avrebbe potuto essere, per esempio, la Campania sommersa dai rifiuti, o la Calabria martoriata dalla corruzione politica e dalla criminalità mafiosa, o anche la Torino della Tyssen Krupp, simbolo della drammatica condizione operaia.
Ha scelto invece uno scenario patinato e falso, ad uso esclusivo dei media nazionali ed esteri, un'Italia che non esiste, se non nella mente dei pubblicitari, sondaggisti, venditori di fumo e "curatori di immagine" di cui amano circondarsi ormai anche i leader della "sinistra".
Veltronismo specchio del berlusconismo
Sotto questo aspetto Veltroni dimostra di essere il miglior allievo di Berlusconi nell'arte di manipolare l'opinione pubblica mediante l'uso sapiente dei media, il suo corrispettivo speculare nel campo della "sinistra", come già alcuni osservatori, sia amici che avversari, cominciano ad ammettere.
Si veda per esempio un suo pur insospettabile sostenitore come Curzio Maltese, che su la Repubblica dell'11 febbraio, rievocando la famosa videocassetta con cui il neoduce annunciò 15 anni fa la sua "scesa in campo", scrive:
"Il veltronismo è un berlusconismo rovesciato che usa gli stessi moderni strumenti per comunicare significati opposti.
Il 'discorso per l'Italia' di ieri in fondo riecheggia la famosa discesa in campo del '93:
'L'Italia è il paese che amo...'. C'è il tricolore in bella mostra, il patriottismo continuamente richiamato, il passato gravido di gloria e dolore e il futuro di speranza della nazione come leit motiv, impastati in un ottimismo al limite dell'incoscienza".
E più oltre aggiunge: "Eppure nulla, ora come allora, è lasciato al caso. Il regista governa alla perfezione la scena e il copione".
E infine conclude: "Di sicuro, è il leader di centrosinistra che meglio maneggia l'arma dell'immagine e l'unico ad aver intuito il fascino del berlusconismo fin dalle origini, molto prima della 'discesa in campo'".
Si può concordare sostanzialmente con questo giudizio dell'inviato de la Repubblica, salvo il passaggio, del tutto gratuito e da dimostrare, sui "significati opposti".
Un esperto di comunicazione, come l'autore di programmi televisivi ed ex direttore di Rai2 Carlo Freccero, a sua volta osserva su l'Unità dell'11 febbraio: "C'è da dire che si trattava di tutto fuorché di un comizio, poca gente, solo giovani: c'è nel messaggio un rigore estetico, una precisione, che fa pensare piuttosto ad un video da mettere su Internet, da far girare su You Tube, su tutti i media".
E prevede che il discorso di Spello "è solo una sorta di premessa.
Dopodiché, ad ogni passaggio ci sarà una ulteriore programmazione grafica, estetica e contenutistica precisa.
Quello di oggi è un manifesto".
Dei messaggi simbolici di cui questo manifesto mediatico è infarcito abbiamo già accennato. La simbologia non è però solo un accessorio mediatico, ma ha un'importanza centrale nella strategia elettorale di Veltroni, che sta applicando con scrupolo scientifico i metodi delle campagne elettorali americane, e in particolare ispirandosi a quella del democratico Obama, di cui ha perfino copiato lo slogan "Yes we can", tradotto con il "Si può fare" che è diventato il suo marchio elettorale.
La simbologia e la retorica "buonista" e patriottarda da libro Cuore di cui l'ex neopodestà di Roma fa abbondante uso hanno uno scopo preciso: servono a imbellettare, nobilitare e far digerire meglio alla base elettorale la "rivoluzione copernicana" che ha impresso irreversibilmente al PD, bruciando tutti i ponti alla sua sinistra e candidandolo ad essere il partito che meglio rappresenta i valori e gli interessi della classe dominante: dallo sviluppo capitalistico all'interclassismo, dal nazionalismo patriottardo all'espansionismo interventista, dalle "riforme istituzionali" per rafforzare il sistema capitalista alla "fine delle contrapposizioni ideologiche" tra la destra e la "sinistra" del regime neofascista, in nome degli "interessi nazionali" e della terza repubblica.
(continua)